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Il
piano inferiore
Ian
e Iago
Helen
aprì la porta e Scott rimase spiazzato. Era un comunissimo
ascensore, grande un
paio di metri quadrati. Un grande specchio rimandava indietro la loro
immagine.
La ragazza rise alla sua espressione stupita.
“
Anche questo serve per confondere. Dobbiamo scendere al piano
inferiore.”
Dall’indicatore
sulla porta, doveva dedurre che ci fossero almeno quattro piani sotto
il
livello del suolo. Se non si trovavano già ad un livello
inferiore, pensò.
“
Forse quando saremo giù vedrai qualcosa che ti
lascerà stupito. Penso sia
normale. L’importante è che rimani accanto a me,
qualsiasi cosa succeda. Gli
effetti degli inibitori non sono ancora svaniti e saresti troppo
vulnerabile.
Tienilo a mente.”
Scott
guardò la sua immagine allo specchio. Pallido come sempre, i
suoi occhi
saettavano dappertutto
Qualche
secondo dopo le porte si aprirono. Si trovavano in una palestra enorme,
ma
quella era solo la prima impressione. C’erano attrezzi che
non aveva mai visto.
Su una parete era stata ricostruita una parete rocciosa,
dall’altro c’erano
strade asfaltate e sagome di persone. Tutto sembrava così
reale da mettere i
brividi. All’improvviso vide qualcosa sfrecciare verso la
parete rocciosa. Contemporaneamente
vide un ragazzo grosso come un armadio che cominciò a
scalare la parete. Aveva
un’agilità inimmaginabile per la sua stazza.
Aiutandosi con le mani, fece due
salti, arrivando quasi a metà della parete; a questo punto
si voltò e si lanciò
nel vuoto. Chiuse il pugno, preparandosi a colpire. Scotto
riuscì solo a
distinguere qualcosa di bianco che sfrecciava contro il bestione. Il
ragazzo grosso
colpì. Si sentì rumore di metallo, poi qualcosa
si schiantò al suolo. Il
pavimento era di un materiale sconosciuto, capace di assorbire gli
urti.
“
Sei
troppo lento Ian!” gridò il ragazzone.
Scott
seguì il suo sguardo e vide che si stava riferendo ad un
ragazzo magro. Era lui
quella cosa bianca che aveva visto sfrecciare in aria! Scott lo
capì subito,
anche se crederlo gli era ancora difficile.
“
Hai
avuto solo fortuna!” disse il ragazzo magro. Poi so
voltò verso di loro. “ Hey
è tornata la principessa Helen dei Ghiacci. Come va
sorellina?”
Mentre
parlava, mise le mani dietro la schiena, poi fece il gesto di lanciare
qualcosa
contro di loro. Scott non vide assolutamente niente. Sentì
solo Helen che
faceva cadere la cartella che aveva in mano e metteva le mani avanti,
come a
voler respingere qualcosa.
Un
istante dopo, Scott vide cadere a terra quattro shuriken, le tipiche
armi dei
ninja, che somigliavano ad una stella a quattro punte. Solo che questi
shuriken
erano completamente ghiacciati.
“
Quante volte devo dirti di controllarti Ian! Poteva essere
pericoloso!” gridò
Helen.
“
Ma
così è più divertente, no?”
rispose Ian.
“
Idiota” mormorò Helen. Poi lanciò uno
sguardo a Scott. “ venite qui un attimo.
Devo presentarvi una persona.”
In
un
attimo i due ragazzi gli si avvicinarono. Finalmente guardarono Scott.
“
È
il tuo ragazzo, principessa?” chiese Ian.
“
Smettila,
cretino! Comunque penso che voi due vi siate già
visti.”
Scott
annuì. Fino a quel momento era stato in silenzio ad
osservare. Stava accadendo
tutto così velocemente. “ Sì ci siamo
visti… ieri?” Era il ragazzo sullo
skateboard, quello che aveva incontrato prima di salire sul pullman.
Quello che
nella sua memoria continuava a gridare.
“
Sono passati tre giorni, fratello. Comunque io sono Ian del vento,
piacere di
conoscerti.”
“
Ancora
con questi nomignoli, sono infantili.” Sbottò
Helen.
“
E
dai, lo sai che Linus ci tiene. Comunque, piacere.” Ian tese
la mano e anche
Scott si presentò.
Ian
era un po’ più basso di lui, ma aveva un fisico
perfetto. Non era niente
confronto ad Iago, ma era un fascio di nervi e muscoli. Scott
valutò che doveva
avere un’agilità incredibile. I capelli biondi
erano in disordine, come l’altro
giorno, la faccia rotonda, abbronzata. Sembrava un surfista di una di
quelle
immense spiagge australiane. Solo più basso. Scott non
riusciva a collegare
quel viso così solare all’urlo che sentiva ancora
nelle orecchie.
“
Lui
invece è Iago delle rocce. Scusa, solo Iago.”
Disse Ian.
La
stretta di Iago era molto più salda. Aveva un faccione
simpatico, di quelli che
ti fanno sperare di trovarlo sempre sorridente. Era alto, grosso, un
ammasso di
muscoli. Iago delle rocce. Qui era facile capire il perché
del soprannome.
Helen
si fece avanti di nuovo. “ Ragazzi… lui
è il sesto.”
Ian
e
Iago rimasero un attimo in silenzio, stupiti. Poi risero entrambi. Iago
gli
diede una pacca sulla spalla che quasi lo buttò a terra.
“Allora
è vero!” esclamò Ian.
“Pensavamo fossero solo voci! Benvenuto nel gruppo
allora.”
Scott
rimase sconcertato. Con Helen era stato più normale. Era
simpatica, ma
distaccata, professionale. Quei due ragazzi sembravano in pieno
intervallo
scolastico! Possibile che anche loro fossero agenti? E che razza di
organizzazione era quella?
“
Hai
già conosciuto Linus?” chiese ancora Ian.
“
Ehm… no, non ancora. Conosco solo voi tre” Disse
Scott.
“
E
che aspetti! Hai bisogno anche tu di un soprannome se vuoi far parte
della
squadra!”
Iago
ne rise, dando una botta sulla schiena di Ian. Questi si
buttò a terra, come se
fosse stato colpito da un macigno. Nemmeno Scott riuscì a
trattenersi questa
volta, e scoppiò a ridere. Helen era accanto a loro.
“
Ok,
fratello, adesso dobbiamo riprendere
l’allenamento.” Disse Ian.
Scott non era abituato a sentirsi chiamare in
quel modo.
“
Già.
Ricominciamo daccapo. E stavolta cerca almeno di colpirmi.”
Disse Iago.
“
Possiamo fermarci un attimo, Helen?” chiese Scott.
“
Qualcosa non va?” chiese la ragazza, allarmata.
“
No,
no. Volevo vedere l’allenamento. Finora mi hai parlato delle
vostre capacità…
ma non so niente di concreto.” Spiegò Scott.
Sperava di risultare credibile, ma
non sapeva come risultasse la sua faccia quando mentiva.
“
Sì
certo. Spostiamoci di qui, però. Quei due non sono molto
attenti quando si
allenano.”
Helen
lo guidò in una stanza nascosta. Da lì potavano
osservare il campo senza
rischiare di essere colpiti. Scotto continuò ad appoggiarsi
alla stampella,
anche se sentiva di poterne fare a meno adesso. Doveva fare una cosa,
prima di
continuare. Soprattutto, doveva capire se la sua intuizione era giusta.
Ci
siete?
Nessuna
voce gli rispose. No, non andava bene.
Fuori
i ragazzi avevano cominciato ad allenarsi. Scott non li
degnò di uno sguardo.
Aveva altro a cui pensare.
Gli
effetti degli inibitori stavano svanendo. Era il momento per provare.
Immaginò
nella mente la situazione ideale, come era stato il suo primo (ed unico
per il
momento) giorno di scuola. Immaginò di trovarsi in un
caffé, un posto ben
tenuto, accogliente. Tavolini e sedie erano in legno, come anche il
bancone. Il
grande specchio dietro il bancone, costellato di bottiglie di liquori,
rimandava l’immagine di un tranquillo locale di periferia. La
luce era soffusa,
nessuno che veniva a disturbarti. Era perfetto.
Scott era seduto ad un
tavolino, da solo.
Davanti a lui non c’era nessuno. Ma sentì qualcuno
che prendeva posto nel
tavolino dietro di sé. Non poteva voltarsi, ma in fondo non
ne aveva bisogno. Sorrise.
Ci
siete allora.
Non
ci siamo mai mossi di qui, jushi.
Solo che tu eri troppo intontito per sentirci.
Disse la prima
voce. Erano in tre come sempre.
Allora
sapete anche cos’è successo
l’altro giorno? Chiese
Scott.
Certo
che lo sappiamo. Farsi fregare in
quel modo da una stupida jushika è stato davvero…
stupido!
Rispose il
secondo. Era quello che parlava più spesso. Era quello che
l’aveva convinto a
scappare.
Cosa?
Lascia
perdere, pund, non ti sta
seguendo.
Era di nuovo il primo. Quindi… il secondo era pund.
Qualsiasi cosa
volesse dire.
Sentite,
lasciate perdere per il momento.
Io non lo so che sta succedendo! Ho bisogno di chiedervi una cosa.
Quello
che vuoi, jushi. A proposito,
carino questo posto. Pund
sembrava davvero compiaciuto.
Devo
sapere che sta succedendo qui.
Fu
la
prima voce a parlare. Qui intendi in
questo istituto… o qui nella tua testa?
Per
adesso ho bisogno di sapere con chi
ho a che fare. Voi sapete cose che io non ricordo. Dovete essere i miei
occhi.
A
quel punto, per la prima volta, parlò anche il terzo. Finora
era stato in
silenzio, ma la sua presenza era palpabile. La sua voce metteva i
brividi.
Il
jushi comincia ad avere bisogno di
noi.
Pund
e l’altro rimasero muti. Nemmeno un sospiro.
Scott
insistette. Potete farlo?
Lascia
fare a noi, disse
pund. Tu
pensa solo a continuare a fingere di non sentire niente. E se lo vuoi
sapere,
sei bravo a fare il tonto.
Per
adesso poteva bastare. Era folle pensare che quelle voci non gli
appartenessero… ma almeno non era costretto a dividere i
suoi pensieri con
loro. In fondo, non sapeva se poteva fidarsi di loro.
Finalmente
guardò verso il campo. Non sapeva di preciso quanto tempo
fosse passato, ma non
dovevano essere stati più di cinque minuti. Eppure sul campo
sembrava fosse
passato un uragano.
I
due
ragazzi erano fermi al centro, uno di fronte all’altro,
affannati. Intorno a
Iago c’erano decine di shuriken conficcati a terra. Il
ragazzo impugnava una
spada enorme.
Di
fronte a lui, Ian stringeva 2 shuriken. Era in posizione
d’attacco. Sul suo
viso un sorriso di sfida. “ Stavolta ci sono andato vicino,
vero?”
“
Non
abbastanza” rispose Iago.
“
Ho
passato la tua difesa.”
“
Ma
non mi hai colpito.”
Helen
si alzò dicendo: “ Che ne dici di andare via? Non
li sopporto quando fanno
così. Finiranno per farsi male.”
“
Ma…” che hanno fatto?
stava per
chiedere, ma chiuse subito la bocca. Non poteva far finta di non aver
visto
niente.
Jushi,
sei fortunato che ‘sti due non
sono tuoi nemici.
Vuoi
dire che mi posso fidare di loro?
No.
Voglio dire che non ti conviene
averli contro.
“
Ok”
disse. “ Andiamo.”