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Autore: _sverige_    18/09/2013    4 recensioni
Si crede che ogni persona sia affiancata da un angelo che guida le sue azioni e veglia su di lei, ma pochi sanno che vicino a quest’ultimo si trovi anche un diavolo, pronto a sussurrarti seducente nell'orecchio parole di tentazione. Perché ogni uomo essendo libero deve avere le stesse opportunità sia nel bene che nel male, poiché è lui a dover scegliere la propria strada.
Genere: Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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CAPITOLO IV       Il miglior modo per cominciare
 
L’appartamento era più grande di quanto ci si potesse pensare e tenuto in buone condizioni, soprattutto considerando il costo relativamente basso dell’affitto. Appena entrati si incontrava la stanza adibita a soggiorno, la quale incorporava anche un piccolo angolo cucina nella parete opposta all’entrata. Dal salone si accedeva poi ad altri tre spazi: due camere, una doppia leggermente più grande e una singola, e accanto a quest’ultima il bagno.
A Lovino ricordava un po’ la sua casa, forse per le tinte tenui e calde che caratterizzavano sia i muri che i mobili. La consapevolezza di aver cominciato davvero il suo compito lo colpì improvvisamente mentre stava esplorando le stanze, annodandogli lo stomaco e mozzandogli per un attimo il fiato. D’ora in avanti non avrebbe più potuto contare sulla guida di Hellas, come non avrebbe potuto rivedere per molto tempo Bella e i bambini del centro. Avrebbe dovuto contare solo sulle sue forze, da quel momento ci sarebbero stati solo lui, Daniel e Antonio.
 
Dopo aver esaminato la cucina- perché mai c’era una lavatrice sotto il lavello?-, l’angelo aspettò che anche gli altri due finissero la loro ispezione cercando nel frattempo di restare seduto in equilibrio sul morbido bracciolo del divano. Dopo pochi minuti li vide avvicinarsi ai bagagli ammucchiati al centro della stanza chiacchierando insieme. Assottigliò lo sguardo nervoso: quel demone non doveva prendersi troppe confidenze, soprattutto con il suo protetto.
-Ehi Lovinito!-
L’interessato, colto di sorpresa, drizzò il busto con un brusco movimento e, dopo alcuni quando vani tentativi di riacquistare l’equilibrio, cadde all’indietro con un tonfo sordo sulla stoffa ruvida dei cuscini. Restò in quella posizione per pochi secondi sentendo le guance andare a fuoco, ma, deciso a placare i risolini soffocati provenienti da quell’essere di dubbia intelligenza detto anche Antonio, si issò a sedere con nonchalance e li raggiunse calmo, come se non fosse accaduto nulla.
-Si?- Senza farsi vedere dall’ungherese, scoccò un’occhiataccia al demone che di rimando gli sorrise allegro. Ma ormai quel tipo non aveva i crampi alle guance a forza di mantenere quell’espressione perennemente felice? O aveva fatto una qualche specie di paralisi?
Daniel prese la parola
-Io e Antonio stavamo parlando prima delle camere. Siccome ce ne sono…-
Il diavolo fece per aprire bocca quando Lovino lo agguantò per una spalla, portandolo alla propria altezza.
-Io lo so cosa vuoi fare- cominciò serio, ignorando lo sguardo confuso dell’altro –e sta certo che non te lo permetterò. Non ti lascerò stare in stanza con Daniel da solo: Dio solo sa cosa gli potresti fare. Quind-
-Ma Lovi, pensi che io sia un essere tanto orribile? Così mi spezzi il cuore- aveva un’espressione sarcastica in volto. Si avvicinò di più all’angelo, i capelli dell’altro ormai gli solleticavano le labbra. –E poi non posso lasciartelo fare: non sarebbe equo, no?- Gli soffiò piano le parole all’orecchio e Lovino sentì la pelle accapponarsi a contatto con il fiato caldo del demone -Prova a capirmi: dopotutto questo è anche il mio lavoro-
Lovino si allontanò di scatto, spaventato dal cambiamento improvviso dell’altro. Che fine aveva fatto l’Antonio idiota? Quando si voltò a guardarlo, lo vide girato verso Daniel un grande sorriso ad illuminargli il viso. Si accorse allora che l’ungherese continuava fissarli, spostando lo sguardo da Antonio a lui e viceversa.
-Allora che ne pensate?-
Ovviamente nessuno dei due aveva seguito il discorso del ragazzo, troppo impegnati a parlare tra loro tanto da dimenticare momentaneamente la presenza del giovane. Lovino, estremamente imbarazzato dalla situazione, stava per chiedergli di ripetere quando Antonio lo precedette uscendosene con un sicuro “ma certo!”.
-Va bene allora- la sua espressione era più sollevata -Non avrei mai voluto disturbarvi svegliandovi presto o non lasciandovi dormire  con i miei strani orari di studio- E fu così che Daniel si prese la stanza singola.
 
-Cos’è questo?- L’angelo sollevò all’altezza del viso il frutto della sua ricerca tenendolo tra due dita e arricciando il naso davanti a quella mezzaluna arancione e rinsecchita.
Il silenzio pesante che era calato dopo l’assegnazione delle stanze, era stato poi interrotto dallo stomaco di Antonio che, a digiuno dalla mattina, aveva reclamato cibo a gran voce seguito a ruota da quello di Lovino.
Si era dunque deciso di esaminare la dispensa e il frigo in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti, ma a quanto pareva i precedenti inquilini non avevano lasciato molto: a fine esplorazione, allineati sul tavolo c’erano solo un pacco di riso, una scatola di the e una bottiglia, o meglio una tanica, di latte molto probabilmente scaduto.
Richiamati dal verso di disgusto di Lovino anche gli altri due si avvicinarono per controllare. Dopo un’attenta osservazione si arrivò alla conclusione che certe cose era meglio non saperle e abbandonarono l’oggetto al suo triste destino gettandolo nella pattumiera.
-Quindi…- Lovino fissò il loro magro bottino- la casa oggi offre un piatto molto ricercato: riso bollito, in bianco ovviamente. Solo per i più grandi intenditori-
Cominciò ad aprire ogni anta della cucina per poi alzarsi in piedi e guardarsi intorno con espressione corrucciata.
-O forse neanche quello, visto che da quanto posso vedere in questo posto non ci sono pentole-
-A quello ci penso io- Antonio e Lovino si lanciarono un’occhiata perplessa quando l’ungherese cominciò ad estrarre da uno dei suoi borsoni un set completo da cucina. Notando la loro faccia Daniel si giustificò dicendo semplicemente che ci si era affezionato. I due preferirono non fare domande.
 
Davanti a un fumante piatto di riso rigorosamente scondito –com’era possibile che in quella casa non ci fosse neanche un filo d’olio?!- i tre ebbero la possibilità di confrontarsi tra loro per la prima volta.
Daniel raccontò in breve della sua vita da universitario straniero, di come era stato sfrattato improvvisamente dal suo vecchio appartamento e delle cose più strane che aveva visto durante i suoi due anni di permanenza nella capitale inglese.
-E voi come mai siete qui?-
Ecco, a quello Lovino non ci aveva pensato. Qualcosa come “piacere, sono il tuo angelo custode venuto qui sotto copertura per tenerti lontano da Antonio che, indovina, è invece il tuo diavolo personale” non era molto consigliabile.
-Beh, ecco… preferirei non parlarne- non era una granché come scusa, ma era la cosa più accettabile che la sua mente era riuscita a concepire in quel breve lasso di tempo. Si pentì subito della sua risposta vedendo l’espressione delusa di Daniel: non voleva di certo rattristare il suo protetto!
A risollevare l’umore dell’ungherese fu Antonio che con la sua parlantina spiegò il motivo della sua presenza a Londra -“Volevo cambiare aria e visitare posti nuovi”-e riuscì a raccontare per filo e per segno la sua precedente vita in Spagna. Vita mai esistita in realtà.
Lovino dovette ammettere che quel tipo aveva un’invidiabile fantasia ed in aggiunta era anche un bravo oratore: era davvero piacevole da ascoltare e accompagnando le parole con gesti e smorfie riusciva a catturarti e farti rivivere le sue avventure.
 
-Lovino?- l’angelo fu bloccato sulla porta della sua nuova camera dalla voce stranamente bassa e quasi… intimidita?, del suo protetto.
-Posso chiederti una cosa?- negli occhi verdi del giovane si poté scorgere una scintilla di speranza al cenno d’assenso dell’altro. -E’ da prima che ci penso… Come mai non hai una valigia o qualcosa del genere?- si bloccò di scatto per poi affrettarsi ad aggiungere mentre arrossiva –Ma se non vuoi rispondere va bene lo stesso, in fondo sono affari tuoi-
Lovino, non volendo rivedere la faccia delusa del ragazzo, si impegnò davvero nel cercare di inventare una storia credibile, ma con suo disappunto scoprì che in lui l’immaginazione era abbastanza povera.
-Me l’hanno rubato- si complimentò da solo per la grande inventiva e rimpianse di non aver mai seguito i corsi di scrittura creativa quando era ancora a scuola –mi sono addormentato in treno e quando mi sono svegliato non c’era più. E neanche le scarpe-, “Eh già, chi non conosce i famosissimi ladri di sandali inglesi, bravo Lovino, tu si che sei un genio” aggiunse mentalmente.
-Oh, mi dispiace- Cosa? Ci aveva creduto veramente? A giudicare dall’espressione del viso e dal tono in cui aveva parlato sembrava proprio di sì. Chi aveva bisogno di scrittura creativa adesso?
 
L’angelo  si chiuse la porta alle spalle con un sospiro di sollievo: non avrebbe retto ancora molto in quella forma.
-Mettiamo in chiaro delle cose- si voltò verso Antonio, il quale aveva cominciato a sistemare i propri vestiti dentro il doppio armadio in comune.
-Quella è la tua parte di stanza- disegnò una linea immaginaria che divideva la camera a metà indugiando sul mobiletto strategicamente piazzato tra i due letti –puoi tenerti anche il comodino. Questa è la mia parte, dove tu non potrai mettere piede, ok?-
-Ma Lovi, di lì c’è la porta: come faccio ad uscire?-
-Semplicemente resti dentro e preferibilmente lontano da Daniel. O al massimo c’è sempre la finestra, no?-
-Perché fai così Lovinito?- in quel momento la voce del demone era incredibilmente irritante alle orecchie dell’altro –Se dobbiamo lavorare insieme sarebbe meglio andare d’accordo non credi? Io voglio essere tuo amico!-. Dicendo questo si lanciò verso l’angelo a braccia aperte cercando di catturarlo in un abbraccio, ma l’unica cosa con cui fece conoscenza fu il freddo muro contro cui andò a sbattere quando Lovino, che evidentemente non condivideva la sua stessa idea, con un elegante gesto lo schivò all’ultimo secondo.
Avvilito e dolorante, ad Antonio non rimase che finire di ordinare le proprio cose e prepararsi ad andare a dormire. Non ne aveva mai sentito così tanto il bisogno: per uno che come lui non era abituato, il mantenere la forma umana era davvero stancante. Con gioia liberò le ali e la coda, mentre i due piccoli orecchini scarlatti ritornavano alla loro forma originale di corna. Come un bambino salì con un balzo sul letto e si lasciò cadere in avanti. Finalmente! Rimanendo sdraiato stiracchiò le ali allungandole e flettendole alcune volte e facendo ondeggiare la coda raccolse una maglia che aveva lasciato lì vicino per cambiarsi.
All’improvviso la porta si aprì con un cigolio acuto rivelando un Daniel piuttosto confuso davanti a quello che i suoi occhi gli stavano mostrando. Lovino, dapprima sorpreso,  realizzata la situazione lo raggiunse frettolosamente portandolo fuori dalla stanza e scortandolo lontano da lì.
-Avevi bisogno di qualcosa?- esibì un sorriso tirato e nervoso, ma non se ne preoccupò più di tanto. In quel momento la sua priorità era un’altra: cosa aveva visto Daniel? O meglio, quanto aveva visto.
Scuotendo leggermente la testa a scacciare i pensieri, decisamente strani, che occupavano la sua mente in quel momento, l’ungherese tornò a guardare l’angelo ancora visibilmente turbato.
-No niente, ero venuto a chiedervi se volevate un the, credo… Ma Antonio- Lovino trattenne il respiro –aveva per caso le ali?-
L’angelo cercò di mantenere la calma, anche se il leggero tremolio della voce lo tradiva.
-Cosa? Io non ho visto niente del genere. Credo che il trasloco ti abbia un po’ stressato: forse è meglio se te ne vai a letto- Con fare sbrigativo si avviò verso la camera -Ci vediamo domani, ok? Notte-.
-Ehi Lovino…- l’interessato si bloccò attanagliato dal panico mentre il suo cuore cominciava ad accelerare –…dovresti toglierti quei vestiti fradici, ti potresti prendere qualcosa-
-Ehm, si… grazie-
 
Appena varcata la soglia l’angelo si assicurò di chiudere a chiave. Si voltò meccanicamente verso il demone che sorridente lo guardava tranquillo dal letto seduto a gambe incrociate.
-Tu- gli si avvicinò minaccioso, la voce più bassa del solito –Tu, brutto coglione che non sei altro, cosa pensavi di fare?! E se ci scopriva? Non voglio dover lasciare Daniel solo perché tu non sai trattenerti per cinque minuti!- lo afferrò per il colletto della maglia –Ringrazia che se la sia bevuta se no non te la facevo passare liscia- Con uno strattone mollò presa e si diresse verso l’armadio.
-Ma non è successo niente-
Accucciato davanti l’anta aperta, Lovino si limitò ad un secco “ ‘fanculo”. Trovato ciò che stava cercando, si rialzò per cominciare a cambiarsi, e dando le spalle al demone si sfilò con non poca difficoltà la maglietta umida.
-Allora usi anche tu dei tatuaggi-
L’angelo, a metà tra l’ infastidito e l’imbarazzato, spiegò immediatamente le ali andandosi così a coprire.
-Ehi! Non guardare!- le parole gli erano uscite in un tono fin troppo alto e sentiva le guance pizzicare.
-Perché? Anch’io ce li ho: pensandoci sono molto simili ai tuoi, forse un po’ più spigolosi però..- balzò in piedi e mosse qualche passo -Ah, e ne ho uno anche per la coda, lo vuoi vedere?-
Lovino sgranò gli occhi
-Ma anche no-
Già poteva immaginare dove si trovava probabilmente. Quando assumevano forma umana, gli essere spirituali mantenevano comunque le loro caratteristiche, comprese ali, code, aureole e corna. Quindi, non potendo semplicemente eliminarle, si trovavano costretti a “convertirle” in qualcos’altro.
L’angelo si avvolse velocemente nella morbida coperta raccattata poco prima dall’armadio fin appena sotto le scapole, dove si trovava l’attaccatura delle ali.
Girandosi si ritrovò il viso di Antonio più vicino del previsto pensato riuscendo così a studiarne meglio i lineamenti. Notò allora delle piccole fossette ai lati della bocca, anche se la sua attenzione era catalizzata dai quei due specchi verdi traboccanti di vita. Assunse un’espressione pensosa e arricciò le labbra.
-Anche prima eri truccato?- Gli occhi dell’altro infatti presentavano una sottile linea nera nella parte inferiore, come se avesse la matita.
Antonio inclinò la testa di lato confuso, poi cominciò a ridacchiare
-E’ una nostra caratteristica, proprio come lo smalto- alzò le mani mostrando le unghie laccate di nero- ma non mi stupisco che non te ne sia accorto stamattina, preso com’eri a saltellare in giro urlacchiando e chiedendo aiuto-
Lo sguardo di Lovino si inasprì, colpito nell’orgoglio. Con una spinta allontanò Antonio
-E’ tardi- cominciò impassibile –Ti auguro di soffocare nel sonno. E spegni la luce prima di stenderti-
 
Tra quelle quattro mura l’unico rumore percepibile era il cigolio delle molle del materasso di Lovino, il quale, poggiato alla testata per essere pronto a scattare ad ogni evenienza, si continuava a muovere nel tentativo di trovare una posizione più comoda.
-Ehi Lovi- il sussurro di Antonio non ricevette risposta –Non mi dai il bacio della buonanotte?-
Nell’oscurità riecheggiò una sola, chiara parola
-Fottiti-




E con un giorno di ritardo arrivò anche questo capitolo, tutta colpa dei professori senza cuore che si divertono a riempirci di compiti già dal primo giorno. Io fino ad ottobre sono ancora in vacanza col cervello!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, lasciate pure un commentino con critiche o altro che non mi offendo. Ringrazio chi recensisce e ha messo la storia tra le seguite. E anche chi legge e basta, perché comunque è sempre bello sapere che qualcuno effettivamente legge quello che scrivo.
Alla prossima,
  Sve
  
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