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Autore: Judith Loe    20/09/2013    4 recensioni
Espirando pesantemente, guardò verso il basso, cogliendo l’occhio del suo sensei puntato proprio verso di lei, osservandola da sopra le pagine di quel suo stupidissimo libro. In un istante si ricordò di essere appesa al ramo a testa in giù con le gambe a penzoloni. Veloce fece risalire le braccia al bordo della gonna così da potersi coprire le gambe, comunque sufficientemente nascoste dai pantaloncini neri. Arrossendo come un pomodoro, distolse lo sguardo e borbottando un ”Questa è una scemenza…” ritornò all'esercizio.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno, Team 7, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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NOTE1:
 
  ESAMI, ESAMI OVUNQUE! AAAAAAAH D: Detesto la sessione autunnale -.- Quindi se volete prendervela con qualcuno per il ritardo (mostruoso lo so, gomen!), non prendetevela con me ma con i miei professori  che si sono messi d’accordo per bruciarmi le sinapsi a forza di slides e dispense incomprensibili in tempo record U.U Avevo promesso che avrei aggiornato tipo il 5 settembre, ma ehi! Quando l’ho detto ero in vacanza lontana anni luce dal pensiero che, forse, una volta tornata a casa mi sarei dovuta mettere sotto a studiare e…beh. Ho dovuto farlo.
Nonostante tutto la vostra Judith ha avuto la forza di concentrarsi su più cose contemporaneamente, così da riuscire a ritagliare un pochetto di spazio per scrivere qualcosa che spero si possa considerare quantomeno decente XD
 Quindi la pianto di infastidirvi con i miei problemi insulsi e vi lascio alla lettura :D
 
 
 
IV.
 
 
 
   “Sei un idiota dannazione!” stava sbraitando Sakura rivolta a Naruto che, abbattuto, cercava di scusarsi con il piccolo genin ferito. Ma la ragazza non gli dava il tempo di mettere di fila tre parole che lo interrompeva, parlandogli sopra, impedendogli di discolparsi, mentre Sasuke osservava in silenzio la scena ed il genin di tanto in tanto gli lanciava un’occhiata, preoccupato forse che i due iniziassero a mettersi le mani addosso. O meglio, che Sakura le mettesse addosso a Naruto.
 
“Fortunatamente non è profonda piccolino, non ti preoccupare, non resterà neppure la cicatrice” lo rassicurò amorevolmente come era raro vederla, modificando istantaneamente espressione e tono di voce, ma il genin al posto di tranquillizzarsi parve quasi dispiaciuto. Sakura con un sorrisetto dolce credette di comprenderne il perché.
 Una cicatrice era una specie di trofeo per loro shinobi, e quando si era così piccoli ed inesperti era raro trovare qualcosa di altrettanto piacevole come  una bugia fantasiosa da potervi creare dietro, così da darsi importanza. Una semplice cicatrice poteva dare una cosa come cinque anni in più! “Non sono un bambinetto, mamma! La vedi la cicatrice? Eh, la vedete bene tutti? Rischio la vita io! Guardate che ferita! Sono un ninja cari miei: un N-I-N-J-A. Capito bene?”.
 Lei stessa da bambina fu molto fiera di una piccola cicatrice, proprio sotto il fianco destro, che non perdeva occasione di mostrare a destra e a manca, prendendo addirittura l’abitudine di indossare magliette smesse da un po’, che le andassero corte, così che quel piccolo sfregio ogni tanto saltasse fuori da solo, accompagnando sempre il momento con una storia creata a pennello per l’occasione che la vedeva come la coraggiosissima quanto astuta ninja che per aiutare il malcapitato di turno (alle volte un cucciolo, un’anziana signora o il maestro Iruka, in effetti era spesso il maestro Iruka. Aveva notato che quando diceva di aver salvato la pelle al suo sensei le persone ne rimanevano impressionate) se n’era uscita con una ferita di guerra. Ora naturalmente le cose erano un po’ cambiate e la sottile linea rosata che le correva proprio sotto l’elastico delle mutande era tornata ad essere il semplice inconveniente di un’appendice tolta appena in tempo.
 
 Sorridendo ancora si premurò affinché il bambino andasse subito a casa ad informare la madre del piccolo incidente e per un attimo fu tentata dall’andare lei stessa, accompagnandolo fin sulla soglia di casa, se solo non fosse arrivato Kakashi. Il suo solito tempismo.
 Nel vederlo arrivare per poco non sobbalzò rischiando di interrompere il flusso di chakra verde con cui stava finendo di curare la piccola ferita del genin.
 Era ancora arrabbiato? Non le sembrava, ma non osò spiare il suo viso.  Ricordava ancora cosa era successo poche ora prima, il modo in cui l’aveva trattata, la sua rabbia nel sentirsi una bambina al suo cospetto, il suo petto nudo – quello era stata una meravigliosa sorpresa…oh accidenti –  il modo in cui l’aveva fissato come se fosse un’ebete, imbambolata, la sensazione che lui avesse fatto lo stesso…il fatto che dopotutto non le fosse dispiaciuto.
 
 “Premurosa come sempre” esordì il sensei avvicinandosi tranquillo e la ragazza non seppe dire se nella sua voce ci fosse un qualcosa di canzonatorio o sarcastico. Probabilmente stava solo lavorando di fantasia. Con un brivido si rese conto che l’uomo doveva aver assistito all’intera scena o avrebbe chiesto spiegazioni. Da quanto li fissava? Con un gesto frettoloso lasciò ad una sola mano il compito di eliminare la possibile creazione di una cicatrice e si sistemò la maglia che non si era accorta fino a quel momento di quanto si fosse spostata. Sollevò un istante lo sguardo e si accorse che Kakashi aveva osservato anche quel suo movimento. Per un attimo restò così, ferma con una mano a reggere la scollatura della maglietta, senza capire bene se sentirsi o meno in imbarazzo, cosa che l’Hatake non appariva minimamente. Si prese il suo tempo, continuando a guardarla dritta negli occhi, poi si spostò con tranquillità al bambino sotto di lei.
 
 “La nostra Sakura è una maga” gli strizzò l’occhio. Anche questa Sakura non la capì. Si riferiva alla medicazione appena fatta?
 
 “Ecco, finito” disse veloce al piccoletto che ancora guardava Kakashi mezzo incantato. Sapeva per certo che  la fama dell’uomo era parecchio estesa e per ragazzini in accademia Kakashi dello Sharingan era una specie di supereroe.
Mfp. Perché non lo conoscevano abbastanza bene. Si ritrovò a pensare Sakura, ora ansiosa di tirarsi in piedi e di mettere un po’ di distanza tra lei e il sensei. Il piccoletto dopo che Naruto aveva riattaccato con la sua nenia aveva ringraziato ed era corso via salutandoli con la mano.
 
 “Fortuna che c’eri tu Sakura” continuò Naruto abbacchiato, grattandosi la nuca, conscio di averla scampata bella.
 
 “Sei un incosciente, pensa se lo shuriken gli si fosse conficcato più in alto, che ne so, nello stomaco! Sai che divertimento se succedeva?” lo riprese nuovamente la rosa, ma ora con meno enfasi. Si sentiva terribilmente nervosa e le sembrava che quella dannata maglietta di colpo fosse diventata più larga. Continuava a rimettersi a posto la scollatura ma quella pareva sempre più profonda.  Evitò accuratamente di guardare Kakashi. Perché lo faceva? Per paura di vedere i suoi occhi incollati addosso? Per paura che invece non lo fossero?
Oh Kami, non poteva averlo pensato seriamente.
 
 “Dunque, vi ho riuniti perché, come credo ormai saprete tutti, dopodomani saremo nuovamente in missione” iniziò Kakashi. Dopo la prima frase si perse una pausa in cui guardò intensamente Naruto che parve sprofondare ancora di più nel senso di colpa. “Perfetto, a quanto pare anche il motivo per cui ripartiremo è chiaro a tutti” asserì  “Poiché non abbiamo la minima informazione sulle abilità del nostro avversario dovremo partire dal presupposto che esso sia in vantaggio su di noi”.
 
 “Sensei sta esagerando. Era solo un ragazzino spaventato” commentò Naruto in un borbottio risentito.
 
 “Naruto hai commesso un errore, non te lo sto rinfacciando. Ma pensaci un attimo. Lui vi ha visti combattere, conosce quindi le vostre tecniche, ma a quanto pare voi tre vi ha visti anche bene di persona. In particolar modo te, Naruto, che non l’hai finito da quanto ho capito-“
 
 “Oh la fai più complicata di quanto non sia in realtà! Era un piccoletto!” s’infervorò il biondo iniziando a sbracciarsi ed a muovere una mano a mezz’aria tentando di indicare l’altezza del ragazzino che si era lasciato sfuggire “Un nanetto non più grande di quel genin che se ne è appena sgambettato verso casa” continuò Naruto con enfasi crescente. Ed infetti Sakura credette avesse ragione. Il sensei poteva fare il bacchettone quanto voleva, ma Naruto aveva in fin dei conti fatto la cosa giusta. Quello era davvero un ragazzino che con tutta probabilità si era solo trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
 
 “Un nanetto che però faceva parte di quella squadra. Doveva pure avercela qualche dote per essere inserito in un team di jonin, non credi dobe?” questa volta a parlare fu Sasuke e Sakura fu costretta a ricredersi. A questo neppure lei aveva pensato. Ripensandoci bene il ragazzino era vestito esattamente allo stesso modo degli altri ninja, con una fascia rossa posta sulla testa, al posto del copri fronte, ed al fianco portava un pugnale. Certo, non lo aveva neppure sfiorato durante il combattimento, immaginarsi sfoderarlo e puntarglielo contro, per non contare che se l’era data a gambe non appena aveva visto la piega degli eventi, eppure Sasuke doveva averci visto giusto. Perché portarsi appresso un bambinetto incapace di lottare? Che fosse una specie di arma segreta? Un…
 
 “Era il loro piano B” disse piano e Kakashi annuì, confermando il suo sospetto.
 
  “Credo puntassero proprio su di lui nel caso le cose si fossero messe male. Dovevano avere qualcuno a cui consegnare i documenti, così che li portasse in salvo, qualcuno di abbastanza piccolo da passare inosservato, sufficientemente veloce da farvi perdere le sue tracce nel bosco e che conoscesse la zona. Il ragazzo era la loro via di fuga. Probabilmente avevano già ipotizzato vari scenari. Se Naruto non avesse avuto pietà del nemico, loro avrebbero comunque dato fuoco all’accampamento depistandoci in ogni caso, mentre qualcuno sarebbe andato a recuperare il cadavere con i documenti. Non solo il ragazzino ha i documenti: con tutta possibilità non è solo. Deve avere un complice.” Le cose si stavano facendo di colpo serie.
 
 “Quindi non è solo e ci conosce; certamente riferirà tutto ciò che sa al complice e dubito fortemente che questo sia un altro bambinetto indifeso. Con tutta probabilità sarà il mandante dell’intera operazione. E’ per questo che la nostra missione sarà in borghese, non possiamo correre il rischio di essere riconosciuti ed incappare in un’imboscata senza conoscere nulla sul nostro nemico. Perciò: abiti civili ed in pubblico ci muoveremo solo con l’Henge no Jutsu attiva su tutti e tre” annunciò indicandoli e provocando una serie di proteste da parte di Naruto che con la suddetta tecnica non andava esattamente d’accordo. “Considerando che la zona nella quale ci troveremo a viaggiare è abbastanza arretrata rispetto alla Nazione del Fuoco in generale, e che là una squadra di ninja, a meno che non striscino nel sottobosco per tutto il tempo, è evidente come un pugno in un occhio, viaggeremo fingendoci una famiglia. Sarà più semplice pranzare nelle locande, così da poter chiedere informazioni senza destre sospetti e fermarsi a dormire la notte.” Detto questo si infilò una mano in una tasca del giubbotto verdone che tutti i jonin indossavano e ne estrasse una mappa. Fece segno ai tre ragazzi di avvicinarsi. “ Vicino all’ultimo accampamento nemico certo, cioè al punto in cui abbiamo perso il ragazzo, c’è un villaggio dove dalla prossima settimana commercianti di stoffe e lana proveniente da diversi altri villaggi si ritroveranno per un grande mercato.” E gli indicò il luogo esatto sulla carta “È probabile che quello fosse il luogo di incontro prescelto dalla squadra per la consegna dei documenti sin dal principio. Con un sacco di gente riunita in un solo luogo, il movimento sospetto di un signorotto interessato ai nostri documenti non si sarebbe certamente notato troppo.” Una volta lasciata una manciata di minuti ei tre per memorizzare il luogo, ripose la cartina.
 
 “Io sarò in abiti civili, considerando che non sono stato visto dal ragazzino e che quindi non sospettano della mia presenza nel team, mentre voi ragazzi  vi voglio più giovani e con i capelli castani” annunciò e questa volta le proteste arrivarono pure dall’Uchiha. Sakura non poté non ridacchiarne. Aveva gli occhi verdi, lei mora non sarebbe stata male, neppure Naruto in effetti. Quello che ci perdeva sarebbe stato senza dubbio l’Uchiha...
 “Sakura, invece, sarà mia moglie” continuò il sensei e la risata le si strozzò in gola.
 
  “C-Cosa?” esclamò sbarrando gli occhi. “Pensavo che anche io sarei stata…” e si fermò incerta indicando semplicemente i ragazzi e poi se stessa come ad indicare un’unica entità.
 
 “Un uomo che se ne va in giro da solo con tre ragazzini, non sarebbe credibile Sakura” spiegò con leggerezza Kakashi.
  Sakura continuava a guardarlo a bocca aperta senza sapere cosa dire. Perché era così scioccata? Perché gli altri due ragazzi non avevano fiatato? Perché Naruto non si era proposto come suo finto marito al posto di Kakashi? Perché non si  erano messi a sghignazzare maliziosi? Perché sembrava l’unica ad aver colto un qualcosa di sbagliato nel piano ideato del sensei?
Forse per il semplice fatto che non c’era davvero nulla di strano nel piano. In effetti era un buon piano. Certo, questo lo poteva dire solo chi non si era mai ritrovato lo sguardo del proprio sensei addosso, incollato al proprio decolté, mentre Sakura aveva provato l’esperienza da pochi minuti. Ad essere sinceri, con tutta probabilità, si ritrovava a fare simili pensieri perché una parte di lei era rabbrividita nel notare la scivolata che lo sguardo di Kakashi  aveva fatto nella sua scollatura, e si maledisse nuovamente per aver scelto quella maglia quando anche lei di fronte allo specchio era stata un po’ indecisa sull’indossarla o meno. Eppure al momento della scelta un’altra parte di lei aveva sorriso soddisfatta delle curve che la maglia incriminata esaltava ed il pensiero che si era formato in un istante era stato abbastanza scontato.  Forse mettendo in mostra un po’ di mercanzia  Sasuke avrebbe dato una sbirciata. Ovviamente si era vergognata a tal punto della cosa che, neppure l’aveva finita di formulare nella sua testa, e una mano era scatta all’orlo della maglietta pronta per sfilarsela, ma poi si era accorta di come effettivamente facesse caldo e si era arresa ad indossarla. Ora, per quanto la riguardava, a quella maglia avrebbe dato fuoco.
 
Cercò di calmarsi ripetendosi quanto fosse idiota a pensare cose del genere. Gli uomini non si voltavano a guardarla. Non l’avevano mai fatto e non avrebbero iniziato ora che lei faceva prendere un  po’ d’aria alla sua terza scarsa; non credeva di essere bella come Ino, non aveva quei suoi capelli sempre perfetti, tantomeno aveva le tette di Hinata. Sasuke non l’aveva infatti guardata e a Kakashi doveva, per l’appunto, essere solo scivolato lo sguardo, per sbaglio. Non intenzionalmente.  Quindi il groppo che le impediva di deglutire era una cosa patetica e lei doveva farselo passare alla svelta.
 
Essere sua moglie, pff! Una cosa da niente.
 
 
 Si disse un po’ rincuorata dalla calda spavalderia che ogni tanto riusciva a tirare fuori. Sarebbe stata solo una recita, avrebbero finto, dopotutto non era la cosa più idiota che le fosse stato richiesto di fare in missione. E se n’era quasi convinta quando Kakashi parlò nuovamente.
 
 “Bionda, se non ti dispiace” aggiunse facendole l’occhiolino, del tutto inclemente di fronte al rossore che si impossessava prepotente del viso della ragazza e Sakura non poté impedirsi di credere che l’uomo ci stesse trovando gusto. “Questi sarebbero troppo riconoscibili” continuò cercando di giustificare la sua richiesta  e nel dirlo si sporse a spostarle una ciocca di capelli che era caduta tra gli occhi della rosa. Un brivido gelato le si srotolò giù dalla schiena quando le dita dell’uomo le sfiorarono la fronte, represse a malapena l’istinto di balzare all’indietro. Kakashi avvicinò il viso al suo del tutto a suo agio, come se quella fosse una cosa che faceva sempre con lei. Cosa che non era assolutamente un gesto abituale: il massimo che si concedeva era di scompigliarle i capelli di tanto in tanto. Uno di quei gesti che i vecchi fanno con i bambini. I vecchi. Con i bambini. I vecchi, porca miseria! Perché ora non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero che se Kakashi avesse fatto una cosa del genere, lei si sarebbe sciolta in una pozza a terra nel giro di due secondi gemendo come un’imbecille?
Ora era così vicino da percepire chiaramente il profumo della sua pelle entrarle nel naso assieme all’aria che inspirava veloce e che andava a depositarsi proprio sulla sua lingua. Deglutì a vuoto.
 
“Gli occhi non cambiarli però, sono perfetti così” le disse con il solito tono. Quello che non sembrava veramente interessato alla cosa, lo stesso tono con cui durante gli allenamenti la correggeva indulgente, o che la richiamava durante una missione o con cui le chiedeva di passargli la salsa di soia quando uscivano tutti e quattro a cena. Ma l’occhio scoperto la raccontava diversamente e quando le spostò la ciocca portandogliela dietro l’orecchio il cuore di Sakura semplicemente si fece muto. Questo il sensei non poteva di certo percepirlo, ma il fremito che la scosse quando il suo dito proseguì seguendo la linea del suo zigomo fino alla punta del naso fu tanto forte che l’Hatake lo avvertì. Oh sì. Lo capì dal modo in cui il suo solo occhio visibile si era dilatato per la sorpresa e poi assottigliato in un ghigno divertito mentre Sakura doveva trattenere il respiro perché il cuore aveva iniziato una maratona per i cavoli suoi incespicando ogni tanto.   
 Fu solo allora, quando Sakura si rese conto di quanto il sensei fosse effettivamente vicino alla sua faccia che trovò la forza per fingersi indispettita così da schiaffeggiargli la mano che ancora le sfiorava il naso. Quello mollò la presa all’istante e ridacchiando riprese le distanze affondando le mani nelle tasche.
 
 Talmente disturbata da quello scambio di battute – tutte di Kakashi a lei si era annodata la lingua – tanto sconvolgenti da non riuscire neppure ad arrossire, Sakura si guardò attorno alla svelta sperando con tutto il cuore che i compagi non avessero assistito alla scena. Ma quelli erano ancora troppo impegnati a bisticciare sul fatto che sarebbero dovuti tornare bambini da lì a poche ore per accorgersi di ciò che era successo.
Di quello che Kakashi aveva fatto.
 
 Già; ma cosa aveva fatto? Sakura si voltò a guardarlo e lo trovò esattamente dove sarebbe dovuto essere: a qualche passo di distanza, composto con le braccia incrociate che attendeva che i due la smettessero di fare gli idioti. Neppure la guardava. Si stava immaginando tutto? Aveva immaginato il modo in cui le aveva sorriso, la voluta lentezza nei suoi movimenti, il modo in cui il suo viso si era spinto così vicino al suo? Forse stava solo attribuendo strani significati a gesti che chiunque altro avrebbe giudicato per nulla compromettenti, se non normali per lo meno giocosi e nulla più, che due persone che si conoscevano da così tanti anni, seppur allieva e maestro, potevano permettersi.
Le aveva dato un buffetto sul naso. Non era che avesse fatto chissà cosa, come palparle il sedere e-
Chissà come sarebbe stato se lo avesse fatto…
 
Si morse la lingua talmente forte da farsi male sul serio. Un gridolino le sfuggì dalle labbra e Kakashi si voltò a guardarla perplesso.
 
 “Tutto bene?” le chiese con naturalezza.
 
  “N-Niente…è che…che bionda farò schifo” borbottò imbronciandosi. E si rese conto di come la ripresa dallo scivolone che la sua mente aveva appena fatto non fosse per niente una bugia.
 
 Una volta, tremendamente gelosa dei capelli di Ino, tornata a casa dall’accademia si era fatta coraggio spingendosi in un negozietto lontano dalle strade principali ed aveva comprato della tinta sperperando i pochi risparmi raccolti in una vita. Tornata a casa si era chiusa in bagno per un pomeriggio intero, ansiosa di vedersi bionda. Una volta eseguite meticolosamente tutte le istruzioni sul flacone ed aver atteso con impazienza il tempo di posa, si era sciacquata la testa e si era fissata con trepidazione allo specchio. Il sorriso si era ben presto trasformato in una smorfia di disgusto; cos’era la cosa che fissava nello specchio? La massa informe poggiata sulla sua testa? Un gatto morto? Un nido di gallina? Non potevano essere i suoi capelli, oh no. Erano orribili! Per un interminabile istante si convinse che qualcosa di tremendo e schifoso si fosse poggiato sullo specchio, così veloce vi picchiò contro il palmo, ma tutto ciò che incontrò fu la superfice fredda nella quale ora si rifletteva la sua piccola manina rosa. Allora, prendendo coraggio, si era portata lentamente una mano sulla fronte, facendo gradualmente risalire le dita verso l’ammasso di sterpaglie, afferrandone qualche filamento e tirando con cautela. Quando si rese conto che le erbacce bruciate e rinsecchite non sarebbero venute via tanto facilmente,  perché ora le sterpaglie erano i suoi capelli, arrivò il terrore, veloce e tutto in una volta. La delusione fu tale da farla crollare a terra. Sembrava uno spaventapasseri con del fieno in testa. Un brutto spaventapasseri!
 
 Beh, inutile dire che nei tre giorni seguenti aveva finto di avere il mal di pancia pur di saltare lezione, tenendosi stretta in testa una bandana, finché sua madre non aveva mangiato la foglia, scoprendola, mentre ansiosa si affrettava a nascondere una ciocca giallina che era sfuggita alla stoffa che teneva stretta in testa ed assieme avevano rimediato al macello combinato dalla ragazzina. Si era sorpresa di come la madre si fosse prodigata per aiutarla, prendendo in mano l’intera faccenda, non senza beccarsi una bella lavata di capo comunque, e una di quelle punizioni indimenticabili.
La madre fu perfetta in quel frangente tanto disperato. Sembrava il capitano di un team, si era ritrovata a pensare Sakura, scoprendo un lato autoritario che nella madre non aveva mai visto, osservandola meravigliata mentre le diceva cosa fare, come se già lei sapesse tutto di come uscire da quel casino. Per la prima volta Sakura ricordava di aver pensato quanto sua madre fosse tosta e di come anche lei avrebbe voluto essere una tosta, una che non si vergognava dei suoi capelli, del suo aspetto, una donna forte ed indipendente, ecco cosa voleva diventare, come sua madre, che risolse con maestria il problema dei suoi capelli paglierini. Stimò sua madre per la prima volta da che era nata. E le volle un gran bene, provò un senso di fierezza così potente nel poter affermare che quell’eroina, quella donna meravigliosa, fosse sua madre, proprio la sua mamma, un sentimento come si rendeva conto non aveva più provato negli anni a seguire.
  Perché poi qualcosa era cambiato, facendo irrimediabilmente incrinare il loro rapporto. Sì, perché nella sua disperata rincorsa, nel suo tentare di divenire una donna indipendente, se non bella per lo meno fiera, in grado di manovrare il suo destino, di prenderlo per mano e dirigere  liberamente la sua vita, nella sua personale maratona verso quello che era divenuto il suo modello - la sua mamma cazzutissima - Sakura aveva finito con superarla. Senza rendersene conto, da un giorno all’altro, aveva alzato lo sguardo come faceva di tanto in tanto quando per esempio tornava a casa esausta dalle missioni e si ritrovava sul divano a fissare il soffitto soppesando la sua vita, e aveva cercato la schiena della madre divenuta ultimamente più vicina, l’aveva cercata all’orizzonte e si era spaventata nel non trovarla. Aveva guardato indietro ed aveva colto un puntino sempre più lontano.  Distante, irraggiungibile ormai. Si rese conto di non riuscire a rallentare, che la spinta della sua corsa era tale da impedirle di invertire il senso di marcia.
 Sakura era diventata una ninja, già da un po’ aveva imboccato un sentiero che sapeva a senso unico, aveva scelto una vita che l’aveva resa forte, indipendente, proprio la donna supereroe che voleva diventare sin da bambina, ma così facendo aveva perso sua madre. La madre che non aveva mai accettato la sua decisione, la sua tendenza verso un mestiere così pericoloso e sessista, che non aveva riguardi verso le femmine che in un modo o nell’altro si sarebbero dovute sempre adeguare all’andamento dei colleghi maschi. Un lavoro che non avrebbe mai scelto per la sua bambina, il suo piccolo fiorellino di ciliegio.
 Sakura aveva sempre tentato di far ricredere la madre, fiera dei traguardi raggiunti, l’essere jonin, caporeparto in ospedale, membro di uno dei team migliori dell’intero villaggio, sperando di vedere un po’ di fierezza risplendere da sotto l’espressione ormai sempre distaccata della donna…ma quella non aveva mai cambiato idea. Ogni volta che la guardava Sakura si sentiva esaminata, messa sotto esame, come se la madre cercasse i punti che smascherassero i suoi errori.
“Ma dove ho sbagliato con te?” sembravano chiedere i suoi occhi, quando al ritorno da una missione tutto quello che riusciva a vedere erano i lividi, i graffi, e gli strappi sulla divisa, ignorando del tutto la luce che illuminava il bel verde degli occhi della figlia. Non riuscendo mai a lasciarsi contagiare dalla sua soddisfazione  per aver completato con successo un altro compito, per essersi dimostrata la migliore, all’altezza se non addirittura al di sopra delle aspettative.
 
 Così semplicemente Sakura aveva lasciato perdere, stufa di essere la sola a restare ferita da quel comportamento distaccato, abituata a non ricevere l’affetto che avrebbe desiderato dalla madre, un affetto che ormai non si aspettava neanche più di dover meritare.
 La donna che l’aveva cresciuta quando era bambina se la ricordava a malapena dopo tutte quelle delusioni, la sua mamma supereroe che fine aveva fatto? Non era più tanto sicura neppure che fosse realmente esistita. La donna che vedeva oggi era come inaridita con il tempo, consumata da una vita che probabilmente la insoddisfaceva, e da una figlia che aveva fatto scelte che non riusciva proprio a condividere.
Ogni tentativo di riavvicinamento veniva sempre frainteso e il più delle volte finivano col litigare. Sakura era arrivata alla conclusione che lei e sua madre semplicemente non fossero mai state sulla stessa lunghezza d’onda e che mai sarebbero riuscite a capirsi o ad entrare in complicità.
 
 Kami…chissà cosa avrebbe detto se avesse saputo che ora si sarebbe dovuta fingere la moglie del suo sensei. La madre avrebbe potuto creare tali speculazioni, malignità e riflessioni talmente inadatte! Sakura rabbrividì all’idea e si risolse semplicemente con la decisione di non farne parola con la madre.
  Sarebbe stata la cosa migliore per tutti. Per la donna, che non si sarebbe lanciata in assurde meditazioni che non avrebbe perso tempo a riversarle addosso, per lei, che non avrebbe dovuto ascoltare le sue lamentele, e per i suoi ormoni, che da quella mattina correvano impazziti, contagiando i suoi pensieri che a briglia sciolta creavano scenari alquanto indecenti. Tutti rigorosamente incentrati sul petto nudo su cui aveva schianto un pugno non più di tre ore prima.
 
 Scuotendo la testa ritornò al presente. Sasuke e Naruto parevano finalmente essersi dati una calmata e Kakashi li stava rinfrescando riguardo alle tecniche di camufaggio utilizzabili durante il viaggio, in quanto un Henge no Jutsu da utilizzare ininterrottamente su tutto il corpo per l’intera durata della missione oltre a richiedere una quantità spropositata di chakra sarebbe stata anche impraticabile.
 
 “Anche possedendo una tale chakra” stava dicendo concedendosi uno sguardo ammiccante verso Naruto che, lusingato dal sottointeso, gongolò rivolto a Sasuke che sbuffò sonoramente ruotando gli occhi al cielo “l’utilizzo di una quantità di energia così elevata metterebbe senza dubbio in allarme qualsiasi ninja in circolazione e l’ultima cosa che vogliamo è attirare l’attenzione” e questa volta l’occhiata che riservò ai ragazzi fu un chiaro avvertimenti. I due chinarono il capo colpiti in pieno ed affondati. “Seriamente, non possiamo permetterci di tornare nuovamente a mani vuote o l’Hokage verrà a richiedere personalmente la mia pelle e a voi tre verrà stracciato l’attestato di jonin davanti al naso.” E la prospettiva non era per niente allettante. Non dopo tutta la fatica che avevano fatto per meritarselo.
 
“Quindi, ricapitolando” disse indicandoli con il dito “Henge no Jutsu da quando saremo fuori dalla nazione del fuoco, ma sin da subito indosserete abiti che vi possano far apparire più giovani. Io sarò in abiti civili e, Sakura?” richiamò l’attenzione della ragazza che sembrava vagare a migliaia di anni di distanza.
 
 “Sì?” gracchiò la rosa con la stessa espressione di un cucciolo che aspetta di essere sgridato. Kakashi la soppesò per un istante, poi sorrise e si affrettò a rispondere. Non l’avesse mai fatto. A Sakura si accapponò la pelle.
 
 “Tu potresti invece tranquillamente restare bionda per tutto il tempo.” Cos’era quello sguardo che le stava lanciando? Era compiaciuto dall’immagine mentale che si stava creando? “ Magari se accorciassi un po’ i capelli apparresti anche più matura”.
 
L’insinuazione del sensei la pizzicò più di quanto avrebbe dovuto. Cos’è? Non lo trovava abbastanza matura? Sembrava una bambina era questa che stava dicendo?
 In modo infantile si imbronciò incrociando senza un apparente motivo le braccia al petto, come se anche quello fosse stato incriminato.
 
 “Non ci penso minimamente! Ci ho messo una vita a farli ricrescere!”
 
 “Oh beh. Non è importante comunque.” Intervenne veloce Kakashi “basterà il colore diverso dei capelli e dei vestiti più… adeguati.” Sakura assottigliò lo sguardo. Cosa c’era che non andava nei suoi vestiti?
 
 “Non fare quella faccia. È solo per la missione.” Le ricordò l’uomo con un sorriso gentile che la rosa disprezzò apertamente, ma che Kakashi non si sprecò di subire. Così Sakura rimase ad incenerirlo mentre quello si concentrava sui suoi compagni di team. Se pensava che fossero state sgarbate le idee malsane che si erano create fino a poco prima riguardanti il suo corpo mezzo nudo e le sue dita sulla sua faccia, di colpo apparivano se non deplorevoli – non lo erano per niente – per lo meno accantonabili.
 
  “Sono andato a parlare con Tsunade-sama prima di venire al campo e mi ha detto che troverete il necessario per la missione ognuno a casa propria. La tempistica della missione è stata modificata, non staremo via come la volta scorsa fino a quando non troveremo l’obbiettivo, poiché lui giocherà in casa ed avrà un bel vantaggio. Se nel giro di una settimana non avremo una pista torneremo a casa per riorganizzarci sotto indirizzo diretto dell’Hokage stesso. Nel caso trovassimo informazioni precise, invece, la missione continuerà fino al suo compimento. Domande?” chiese guardando con attenzione i propri sottoposti. Quelli scossero la testa mentre Sakura lo fissava truce ancora fortemente piccata.
 
 “Bene direi che è tutto allora. Ragazzi preparatevi e rilassatevi, la missione non sarà di certo una scampagnata” e detto questo si voltò pronto a lasciarli liberi.
 
 Naruto diede di gomito a Sasuke e, dopo essersi lanciati uno sguardo complice, scattò verso il sensei che, con il suo libro in mano, si avviava pacifico verso l’uscita del campo d’addestramento.
 
 “Sensei pensavamo di andare a mangiare qualcosa…non vuoi unirti a noi?” chiese fin troppo entusiasmato dalla proposta.
Andare a mangiare con Kakashi? Sakura fu certa al mille per mille di non  essere nella condizione da poter sopportare la cosa, così si ritrovò a sperare con tutto il cuore che l’uomo declinasse l’invito con una delle sue stupidissime scuse.
 
  “Non oggi ragazzi. Abbiamo solo un giorno per organizzare la missione, ci sono ancora molte cose che devo sistemare, mappe da ricontrollare, persone da consultare..” prese a elencare con tono autorevolmente vago. Cosa che fece capire ai tre quanto stesse mentendo. Kakashi non si preoccupava mai dell’organizzazione delle missioni. O meglio, forse all’inizio lo faceva, ma di certo non più ora. Se prima lo faceva perché costretto, fingeva di farlo da quando loro tre erano divenuti jonin. Da quel momento si era come liberato di un enorme peso dalle spalle, perché non doveva più badare a tre bambini indifesi – come se Naruto e Sasuke lo fossero mai stati – ma a dei suoi pari che senza dubbio erano in grado di cavarsela da soli. E poi ad essere del tutto onesti, lo sapevano tutti che Kakashi Hatake in quanto a stratega non era secondo a nessuno, seppur il piccolo Nara si avviava ad eguagliarlo. L’improvvisazione per quell’uomo non era mai stata un problema. Quindi il modo in cui srotolava quella lista di compiti da svolgere suonò ai ragazzi come una chiara menzogna, neppure troppo elaborata.
 
 “Ah! Ti prego! E chi ci crede dopo tutto questo tempo?” lo schernì il biondo fingendosi offeso. Nel notare che a Kakashi l’insinuazione non faceva ne caldo né freddo assottigliò lo sguardo, lasciando che un enorme ghigno si stendesse sulle sue labbra. “Non è che per caso ha un altro appuntamento?” chiese malizioso scandendo per bene l’ultima parola.
 
 Sakura al pensiero scattò. Oh, ma quanto era sciocca? Come aveva potuto non pensare al fatto che forse quella mattina aveva faticato tanto a trovare Kakashi perché l’uomo si stava godendo ancora tranquillo e beato il suo appuntamento? Questo spiegava senza dubbio il modo rude in cui l’aveva trattata. Probabilmente mentre lei tempestava la porta a forza di pugni non era solo nell’appartamento. Nella più rosea delle aspettative poteva avere svegliato non solo lui, ma anche la sua dolce metà, oppure poteva addirittura aver interrotto qualcosa…
Sakura sgranò gli occhi di fronte a quella possibilità mentre la sua mente le riproponeva l’immagine del suo sensei mezzo nudo. Aveva notato qualcosa sulle spalle, sottili linee rosate , ed altri segni sul collo, quasi fossero-
 Stupida, stupida, stupida!
 
Kakashi questa volta non si lasciò prendere in contropiede dalla curiosità di Naruto. Semplicemente lo liquidò con una scrollata di spalle. “Dovreste prepararvi” suggerì continuando a camminare. “Dopodomani mattina appuntamento alle porte del villaggio.” E detto questo sparì in una nuvoletta di fumo.
 
 “Ah! Perché il sensei si ostina a non volerci raccontare niente?” si lamentò fastidiosamente Naruto, infastidito dalla reticenza di Kakashi.
 
 “E perché mai dovrebbe venire a raccontare delle cose del genere a noi?” si ritrovò a riprenderlo Sakura.
 
 “Non mi dire che non sei almeno un po’ curiosa Sakura-chan” insinuò allora il biondo avvicinandosi inarcando volutamente un sopracciglio con quel suo sorrisetto da ebete. Infastidita Sakura lo spinse via con una spallata “Eh dai! Dopotutto dovrai essere la sua finta mogliettina, non sei per caso un po’ gelosa?” domandò sciabolando le sopracciglia.
 
 Una scossa bollente attraverso la sua mente, andando ad infiammarle le guance. Che fosse consapevolezza? Era gelosa- e di che!? Del suo sensei pervertito? Ma per piacere! Il pensiero la fece infuriare a tal punto da non rendersi conto di come in realtà la domanda di Naruto non avesse nulla di malizioso.
 
 “Razza di idiota!” ululò scaraventandosi sul povero ragazzo che davvero non capiva il motivo per cui la rosa se la fosse presa tanto. In fondo aveva solamente fatto un commento del tutto innocente. Lei sarebbe davvero dovuta essere la finta mogliettina  – come l’aveva definita lui – di Kakashi. La cosa la mandava su tutte le furie. Lei non voleva aver niente a che fare con quell’uomo, o meglio, nulla che la costringesse a stargli troppo vicino. Dannazione! Non da quando l’aveva beccato mezzo nudo e con addosso i segni che dovevano essere la vivida testimonianza dell’appuntamento che fino al pomeriggio prima aveva creduto fosse solo una scusa.
 L’Hatake aveva davvero una donna! Eppure si divertiva a farla arrossire. O forse, ed una parte di lei lo sapeva fin troppo bene per non vergognarsene, era solo lei che voleva disperatamente che l’uomo si comportasse davvero a quel modo con lei.
 
 Veloce represse il pensiero, concentrandosi sui pugni che stava schiantando sulla testa di Naruto.
 
 “Sakura! Ahi! Mi fai male davvero! Ahi! Diavolo, dovresti essere nostra madre, così finirai con l’ammazzarmi!”.
 
 
*
 
Kakashi riapparve poco distante. Ovviamente non aveva molto da preparare, conosceva già il luogo della missione, in quanto ci aveva passato un mese fino a tre giorni prima, impantanato in quella maledettissima foresta piena di insetti e con quei tre ragazzini indisponenti che facevano sempre quello che volevano.   Semplicemente una volta che Sakura se ne era andata, o meglio, dopo che lui le ebbe sbattuto la porta in faccia, aveva trovato incollato alla porta un foglietto ripiegato con il suo nome scritto sopra seguito da un cuoricino. La calligrafia precisa e sinuosa non poteva che appartenere ad Anko. Si scusava per essersene andata così di fretta, ma prometteva che sarebbe tornata da lui nel pomeriggio.
 
 Quindi ora Kakashi, se ne stava tornando al suo appartamento pronto ad avere un po’ del piacere che aveva assaggiato durante la notte, pensando nel frattempo a come spiegare ad Anko che sarebbe dovuto ripartire nel giro di meno di quarantott’ore. Avrebbe capito come sempre.
 Certo, sarebbe stato meglio non farne parola fino a quando non avessero finito con le loro faccende in modo che la notizia non le guastasse l’umore.
 Chissà se Anko era in grado di arrossire con la stessa innocenza di Sakura…
 
Sapeva perfettamente quanto pericolosa fosse la strada in cui si stava volontariamente gettando, ma non poteva farci proprio nulla. Sarebbe stato un bugiardo se avesse detto di non aver trovato eccitante il modo in cui Sakura era rimasta a corto di fiato nel vederlo mezzo nudo quella mattina, per non parlare dell’imbarazzo che le aveva imporporato il viso durante la riunione, quando le aveva sfiorato il viso.
E sì, l’idea della famigliola felice non era esattamente il risultato di un piano ben studiato, anzi era stato lui stesso ad insistere con l’Hokage tentando di apparire il più convincente possibile. E la donna alla fine lo aveva accontentato, sapendo che con lui i ragazzi ed il risultato della missione erano senza dubbio al sicuro.
 
 Beh, le sue intenzioni non erano delle più innocenti, né delle migliori, ma era sicuro di poter fermare quella piccola recita quando più avrebbe voluto. Dopotutto non stava facendo nulla di male. Sakura arrossiva per qualsiasi cosa, cosa che Anko non faceva mai, ed essenzialmente era quello il motivo per cui si divertiva a farla imbarazzare. Nulla di più. Era pur sempre il suo insegnante e capitano, sapeva benissimo che c’erano limiti oltre i quali non si sarebbe mai potuto spingere e che certamente mai avrebbe voluto oltrepassare. Non era un depravato che andava in giro a circuire povere fanciulle ingenue.
 E Sakura lo era di certo.
 Si poteva considerare un po’ come una sorta di allenamento. A insaputa della ragazza la stava allenando alla vita là fuori, quella in cui gli uomini non si facevano scrupoli a corteggiare fiorellini delicati come lei. Le stava facendo un favore tutto sommato.
 
Per ora, doveva solo concentrarsi su Anko, che lo avrebbe raggiunto a breve, e che anzi, magari già lo attendeva, pronta a ricominciare il loro giochetto da dove lo avevano lasciato la sera prima.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE2:
 
  Ed ecco il risultato delle mie immani fatiche! Spero vi sia piaciuto :) Che dire? E’ successo qualcosa finalmente!, direte voi, e sì in effetti mi piace l’idea che Kakashi da stronzo patentato qual è si metta a confondere quella povera testolina di rapa che è Sakura :3
Visto che da dopo questo aggiornamento gli esami dovrebbero più o meno finire :’) credo di poter annunciare finalmente che, giorno più giorno meno, d’ora in avanti la storia verrà aggiornata una volta al mese :D  (sogiàchemipentiròdiavrervipromessounacosadelgenere.-.)
  Ce la farà la nostra eroina? Ah, spero di sìììì perché le vostre recensioni mi scaldano il corazon <3 quindi non siate tirchi e regalate un po’ di gioia a questa studentessa esaurita lasciando un commentino ;)
  Besos Judith :*
   
 
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