Capitolo
XXXII
Cursed
Bite
Zephyr
aveva appena messo piede fuori dalla scuola, quando davanti a lui si parò
Rossana, nella stessa identica posa che aveva assunto nel pomeriggio.
«Zephyr,
vieni qua» disse lei, con lo stesso tono usato in precedenza.
«Devo
per forza? Non è che possiamo risolvere la faccenda in un altro modo?» chiese
Zephyr, nella speranza che la sua compagna non fosse veramente intenzionata a
seguire la via manesca.
Rossana
non rispose e si limitò a distendere il braccio destro e a indicare il
pavimento con l’indice. Un comando silenzioso ed irrevocabile. A Zephyr non
restò che avanzare verso di lei, ritrovandosi poi a dover schivare un sinistro.
«L’hai
schivato, eh?» fece Rossana, recuperata la breve mancanza d’equilibrio. «Allora
preparati: il prossimo farà ancora più male di quanto avrebbe dovuto fare il
primo!».
A
quel punto Zephyr ghignò e si puntò il petto con un dito e disse: «Sempre se
riuscirai a colpirmi… mia bella rossa».
Rossana
aggrottò la fronte e nascose il rossore che le imporporava il volto
scagliandosi contro di lui, sbraitando: «Non chiamarmi così, non dopo aver
fatto il cascamorto con tutte quelle oche cerebrolese della Day Class!».
Il
suo pugno destro sfiorò uno zigomo di Zephyr, il quale tuttavia ne approfittò
per afferrarle il polso e tirarla a sé.
«Sei
riuscita a sfiorarmi, dunque meriti un premio».
«Sì…
vederti conciato per le feste!» replicò Rossana, tentando di liberarsi.
«Veramente
pensavo ad altro…» le sussurrò Zephyr all’orecchio, paralizzandola sul posto.
Rossana
sollevò la testa per vederlo in faccia e lui sfruttò quel momento per
sorprenderla con un bacio. Bacio che non tardò ad essere ricambiato con molto
piacere.
«Bel
premio, vero?» disse Zephyr, con una ciocca rosso fuoco intorno fra le dita,
dopo aver interrotto il bacio prima che si lasciassero prendere dal momento o
che qualcuno li vedesse.
Rossana
non rispose, intenta ad osservare le sue dita e a desiderare che giocassero con
ben altro. Solo quando Zephyr le mise una mano sulla fronte, ritornò in sé.
«Se
sapevo che ero in grado di suscitarti queste reazioni, avrei evitato tutti quei
sotterfugi» disse Zephyr, sghignazzando.
Rossana
scostò la sua mano. «Dovevi pensarci prima, mio caro» ribatté. «Comunque, hai
per caso visto Aura?» cambiò discorso.
«No.
Perché?». Lo sguardo di Zephyr si fece subito serio.
«Oggi
in classe non c’era, e nemmeno nella stanza che abbiamo nel Sun Dorm…».
«Non
mi piace. C’è qualcosa di strano» disse Zephyr, mentre il vento faceva muovere
i suoi capelli neri.
«È
quello che penso anch’io. E il comportamento tenuto da Zero stamani rende il
tutto ancora più strano…» proferì Rossana con una mano chiusa a pugno sotto il
mento.
«Che
comportamento?».
«Quando
gli ho chiesto di Aura, non mi ha risposto. E così ha fatto per tutte le altre
domande successive».
Zephyr
aggrottò le sopracciglia, assumendo un’espressione seria ma al contempo
pensierosa. Il vento aveva smesso d’insinuarsi fra i suoi capelli, quando
mormorò: «Spero che non sia quello che penso…».
«Hai
detto qualcosa?» chiese Rossana, che non aveva sentito il suo sussurro.
«No»
rispose lui, sbrigativo. «Comunque, vedi di strappare qualche parola in più da
quel muro di silenzio che è Zero. Sa di sicuro qualcosa e dobbiamo cavarglielo
fuori a tutti i costi».
«Vedrò
di fare il possibile, ma non posso promettere nulla, Zephyr. Dovresti sapere
che tipo è Zero…» dichiarò Rossana.
«Sì,
so alla perfezione com’è. In ogni caso, vedi di cavargli dalla bocca anche una
singola parola in più del solito. Non si sa mai quando potrebbe tornare utile»
disse Zephyr, iniziando ad allontanarsi dall’edificio scolastico.
«Ehi,
Zephyr, dove stai andando?» gli chiese Rossana, avanzando di qualche passo.
Lui
si voltò e le disse: «Dove vuoi che vada? Me ne torno al Moon Dorm. Non manca
molto al sorgere del sole».
«Ah,
vero…».
«Allora
buonanotte, Rossana».
Rossana
fece per rispondere, ma Zephyr se n’era già andato.
Nei
giorni a seguire, Rossana tentò in tutti i modi di strappare qualche
informazione in più da Zero, ma tutti i suoi tentativi andarono a farsi benedire
sistematicamente. E, come se non bastasse, anche Zephyr aveva preso a
comportarsi in maniera un po’ strana: era sempre assorto nei suoi pensieri,
cosa alquanto insolita, dati gli atteggiamenti che normalmente teneva.
Per
tutti coloro che non sapevano e non si erano accorti della sparizione di Aura,
l’atmosfera tesa che aleggiava sull’intera Cross Academy era inesistente.
Zephyr in particolare aveva una sensazione di gelo addosso, nonostante avesse
sempre la temperatura corporea fredda di suo e la primavera avesse debellato
del tutto ogni traccia dell’inverno.
Zephyr,
senza dire nulla a Kaname, sgattaiolò fuori dal Moon Dorm in piena mattina e si
recò nei pressi della scuola, appostandosi sotto la finestra della classe di
Rossana, Zero, Yuuki e, se fosse stata presente, Aura. Dato che Rossana non era
riuscita a far parlare Zero, per quanto non fosse intenzionata ad arrendersi,
aveva deciso che era giunto il momento di usare un approccio diverso col Level
D-vampire hunter.
Attese
in religioso silenzio la fine delle lezioni e rese nota la sua presenza a
Rossana, sorpresa di vederlo lì.
«Cosa
ci fai qui? Manca ancora un po’, prima delle lezioni della Night Class…» disse
lei.
«Ho
aspettato che le lezioni della Day Class finissero, in modo da poter scambiare
due parole con Kiryu-silenzio-kun. È da tutta la mattina che sono qui, ma non
ha mai messo piede fuori dall’aula» dichiarò Zephyr.
«Cosa?
Ho sentito bene? “Tutta la mattina”?».
«Sì,
proprio così».
«In
ogni caso, dobbiamo darci una mossa, se vogliamo avere almeno una chance di
poter dialogare – sempre che si possa dire così – con Zero» proferì Rossana,
sospirando.
«Bene.
Allora andiamo» tagliò corto Zephyr, intenzionato a non farsi sfuggire Zero e
quel che fino ad ora aveva tenuto per sé.
I
due dovettero fare quasi una corsa contro il tempo per trovare Zero, il quale
si stava dirigendo verso i cancelli del Moon Dorm per il suo solito compito di
Guardian. Avevano poco tempo per bloccarlo e dovevano usarlo bene e subito, se
non volevano perdere un altro giorno.
«Come
facciamo a fermarlo? Se ti avvicinerai a lui, si accorgerà della tua presenza
in men che non si dica» chiese Rossana, affiancandosi a Zephyr, che stava
guardando Zero camminare verso i cancelli.
«Oh,
io dico che questa volta non si accorgerà nemmeno di me…» rispose Zephyr, con
un sorriso vagamente simile a quello di Sebastian.
«Cos’hai
intenzione di fare?».
Il
sorriso di Zephyr si fece ancora più largo e quasi inquietante. «Tu limitati ad
attirare la sua attenzione… Al resto ci penso io».
Zephyr
avanzò verso gli alberi alla sua destra e sparì fra di essi, lasciando Rossana
sola nel mezzo del viale, mentre la distanza tra lei e Zero aumentava ad ogni
passo compiuto da quest’ultimo. Con le mani chiuse a pugno, Rossana si diresse
a passo deciso verso il suo obiettivo, chiamandolo proprio mentre lui stava per
posare a terra il piede destro.
Zero
si fermò e si voltò verso di lei, conscio del fatto che era venuta lì per
assillarlo di nuovo con quelle domande a cui non avrebbe risposto, ma si portò
di fronte a Rossana lo stesso, giusto per sentire cosa voleva, qualche volta
non era lì per fargli domande.
«Cosa
vuoi?» le chiese, con le braccia conserte.
«Hai
per caso visto…» fece per chiedergli Rossana.
«No,
non ho visto nulla e nessuno!» rispose brusco lui.
«Certo
che sei proprio duro di comprendonio, eh».
«Almeno
non sono ripetitivo».
Rossana
sollevò entrambe le sopracciglia. «Io? Ripetitiva? Questa è proprio bella!».
Mise le mani sui fianchi. «Di sicuro non sono una vigliacca che fugge dai
propri problemi o dalle persone».
Zero
stava per ribattere, quando Zephyr comparve alle sue spalle e con un colpo
mirato lo stese a terra, afferrandolo giusto in tempo per evitargli uno scontro
non molto amichevole con le pietre del viale.
«Dovrebbe
mettersi un po’ a dieta il ragazzo» esclamò Zephyr, sdraiando a terra Zero.
«Forse
sei tu che, con l’altezza che ti ritrovi, lo senti più pesante» esordì Rossana,
ridendo.
Zephyr
la guardò seccato, costatando che aveva usato la stessa presa di giro che usava
con la sorella. «Complimenti per il sarcasmo gratuito» le disse, mentre girava
attorno a Zero e afferrava il collo della camicia bianca, iniziando a
trascinarlo lontano dai cancelli del Moon Dorm prima che quelli della Night
Class e le oche arrapate della Day Class, compresa l’incapace Yuuki, si
facessero vivi.
«Mica
te la sarai presa, vero?» chiese Rossana, camminando al suo fianco.
«No,
affatto» rispose lui sorridendo.
Rossana
lo guardò perplessa. «Ok, te la sei presa… ed hai appena sorriso come tuo
cugino».
Zephyr
si voltò verso di lei. «Davvero ho fatto un sorriso come quelli di Sebastian?»
chiese quasi sconvolto.
«Sì,
avresti dovuto vederti!».
«Menomale
che non mi sono visto, altrimenti sarei potuto rimanere traumatizzato a vita…»
esclamò Zephyr, voltandosi nuovamente.
Continuarono
a camminare – e trascinare Zero – fino a che non ritennero di essere lontani a
sufficienza dal Moon Dorm e da possibili sguardi indiscreti, vampiri o umani
che fossero. Zephyr fece qualche altro passo avanti e Zero emise un basso
rantolo, segno che stava riprendendo i sensi.
«Si
sta svegliando…» puntualizzò Rossana, indicandolo.
«A
quanto pare. Menomale che non l’ha fatto mentre lo stavo ancora tenendo per il
collo della camicia…» aggiunse Zephyr, affiancandosi a Rossana e aspettando che
Zero tornasse fra i vivi.
Quando
il vampire hunter dai capelli argentati riprese del tutto i sensi e aprì gli
occhi, di fronte a sé trovò Zephyr e Rossana, i due che gli avevano giocato
quel tiro mancino, con un’espressione ed una posa che dicevano “Ci hai fatto
aspettare un bel po’, sappilo”. Zero si tirò su tenendo la schiena contro
l’albero dietro di sé e mise una mano sul punto colpito da Zephyr, che doleva;
poi guardò i suoi sequestratori e chiese loro: «Perché mi avete portato qui?».
«Glielo
dico io o glielo dici tu?» fece Zephyr, rivolto a Rossana.
«Diglielo
tu» rispose lei. «Fino ad ora gli ho sempre parlato io…».
«Ok,
ci penso io. Tanto non mi cambia nulla» disse Zephyr, scrollando le spalle.
«Dirmi
cosa?» chiese Zero sulla difensiva.
«Il
motivo del tuo “sequestro”» gli rispose Rossana, con le braccia conserte.
Zephyr
si mise una mano fra i capelli, in modo da attirare l’attenzione su di sé per
poi prender parola, una volta che lo sguardo di Zero incontrò il suo: «Se sei
qui, devi solo ringraziare la tua ostinatezza nel non voler dire a Rossana ciò
che sai su Aura. Non so se te ne sei reso conto, ma ci siamo accorti della sua
sparizione e gradiremmo sapere il quando, il come, il perché…Tutto, insomma».
Zero
strinse i denti, intenzionato a non aprir bocca, perché voleva a tutti i costi
sistemare l’intera faccenda da solo. A quel punto Rossana e Zephyr si
scambiarono un’occhiata d’intesa e si avvicinarono a lui, rendendogli
impossibile ogni tentativo di fuga. Resosi conto d’esser praticamente alle
strette, Zero non vide altra scelta che rivelare quello che aveva cercato di
tener per sé a tutti i costi.
«È
stata portata via da Sebastian» ammise, alla fine.
Rossana
spalancò gli occhi dalla sorpresa e dall’incredulità, mentre Zephyr rimase con
la stessa espressione seria che aveva avuto poco prima.
«Me
lo immaginavo» disse lui. «In fin dei conti, non era solo mia sorella a
mancare, ma anche mio cugino».
«Non
ci avevo fatto minimamente caso…» proferì Rossana. «Ma quando è successo?»
chiese a Zero. «Ma soprattutto… come?».
Zero
tacque e fu Zephyr a rispondere: «Per quanto riguarda il “quando”, direi che
sia successo il giorno prima del nostro arrivo. Non è così… Zero?».
«È
la verità?» chiese Rossana, guardando prima Zephyr e poi Zero.
«Sì»
rispose quest’ultimo.
«A
questo punto, ritengo che sapere il come non abbia importanza» dichiarò Zephyr,
pensieroso.
«Perché?»
gli chiese Zero. «Non volevi sapere tutto?».
Zephyr
sollevò lo sguardo e lo fissò negli occhi. «Sì, volevo sapere tutto. Ma me lo farò dire dal diretto interessato:
Sebastian».
Zero
ricambiò lo sguardo serio e deciso di Zephyr e gli chiese: «E come? Non sai
nemmeno dove si trova».
«Ha
ragione lui, Zephyr» affermò Rossana. «Per quanto Sebastian, probabilmente,
possa esser andato lontano, noi non sappiamo dove si trovi. Anche se è sicuro
che non sia qui, alla Cross Academy, visto che non vi sono luoghi dove potersi
nascondere senza esser visti almeno da qualcuno, soprattutto da quelli della
Night Class».
«Ne
sei sicura?» le chiese Zephyr.
«Sì…
perché?».
Zephyr
sorrise furbo. «Perché si dà il caso che vi sia un luogo dove potersi
nascondere…».
Zero
corrugò la fronte. «Non ti starai mica riferendo al vecchio Moon Dorm, vero?».
«Proprio
così» rispose Zephyr, con un sorriso ancora più largo e compiaciuto.
Aura
si risvegliò in un letto che capì subito che non era il suo, dato che non era
ad una singola piazza, senza contare che la stanza in cui si trovava si
presentava in una maniera completamente diversa da quella che condivideva con
Rossana. Dalla finestra alla sua sinistra non entrava luce, quindi ne dedusse
che fosse notte. A quel punto si ricordò di quel che era avvenuto prima di
ritrovarsi dov’era ora, e si chiese quanto tempo fosse passato da allora. Ore?
Quelle di sicuro. Giorni? Almeno uno, sì. Settimane? Impossibile. Non poteva
aver dormito così tanto!
Si
tirò su e scese dal letto, tenendo le mani sulla parete per evitare di sbattere
contro qualcosa, data la poca luce che c’era nella stanza, e raggiunse la
porta; afferrò la maniglia e l’abbassò, ma scoprì che la porta era chiusa a
chiave.
«Sebastian…»
mormorò, lasciando la maniglia.
Nemmeno
il tempo di allontanare del tutto la mano, che udì il rumore di una chiave che
girava nella serratura e la porta che si aprì, facendo entrare un po’ di luce
in più e rivelando la figura di Sebastian.
«Mi
hai chiamato?» chiese quest’ultimo, col sorriso inquietante sulle labbra.
«Veramente
no» rispose Aura.
«Oh,
davvero? Strano… m’era parso d’averti sentito pronunciare il mio nome».
Sebastian
entrò nella stanza dove aveva confinato Aura, chiudendo dietro di sé la porta e
nascondendo la chiave, unico mezzo col quale la cugina sarebbe potuta uscire di
lì, sempre se fosse riuscita a prenderla. Avanzò di un passo verso di lei e la
vide indietreggiare in automatico, come se istintivamente sapesse quel che di
lì a poco le sarebbe successo. Fece qualche altro passo, e la stessa scena si
ripeté; allora decise di smetterla con quel giochetto, per quanto lo trovasse
divertente, e camminò regolarmente, con la conclusione che Aura si ritrovò a indietreggiare
sopra il letto. Comportamento un po’ scontato, secondo Sebastian.
«Hai
paura di me?».
«No»
rispose Aura.
«Perché
indietreggi, allora?».
«Cosa
stai tramando?». Aura venne subito al punto, sorprendendo Sebastian.
Il
purosangue la fissò a lungo, prima di risponderle. «Non sto tramando nulla che
possa nuocerti, se è questo che ti preoccupa. Non farei mai del male a un
membro della mia famiglia».
Aura
strinse gli occhi e lo scrutò con attenzione, alla ricerca di un minimo segno
che potesse darle la certezza che Sebastian stesse mentendo, ma non ne trovò.
Ciononostante, indietreggiò ancora un po’ e si ritrovò con le spalle contro la
testiera del letto.
La
sua fuga era finita.
Sebastian
si sedette sul lato destro del letto, praticamente a pochi centimetri da lei, e
la paura apparve come da copione. Solo quando allungò una mano verso di lei e
la posò sulla sua guancia, anche il panico fece la sua comparsa, congelandola
sul posto. Per un istante ricordò d’essersi trovata nella stessa situazione
quando Zero, Hanabusa e suo fratello Zephyr l’avevano morsa. Da quegli episodi
di tempo ne era passato, ma lei era rimasta uguale sotto quell’aspetto. Non
poté fare a meno di reputarsi patetica.
Dalla
guancia, la mano di Sebastian scese lenta verso il collo, arrestando la sua
discesa proprio alla base di esso, dove iniziava il colletto della divisa nera.
Dopodiché l’afferrò per la nuca e la tirò a sé, passando l’altra mano fra i
capelli del medesimo colore dei suoi. Con quella stessa mano spostò i capelli,
che occupavano l’area del collo, e si chinò in avanti, aspirando il profumo di
Aura e quello quasi impercettibile del sangue che scorreva sotto la pelle in
maniera irrequieta, come se fosse a conoscenza d’esser una preda.
Sebastian
sorrise, quando Aura trovò il coraggio per provare a respingerlo, ma la
differenza di forza tra loro due era abissale. Annullò la resistenza esercitata
dalla cugina con poco ed ebbe la via libera per fare quel che voleva.
«Se
farai la brava, farò in modo che tu non senta male» le sussurrò, con le labbra
che sfioravano la pelle tesa del collo.
Aura
non rispose, ormai rassegnata, e chiuse gli occhi, in attesa dell’inevitabile.
A quel punto Sebastian socchiuse le labbra e le sue zanne scintillarono per un
breve istante nel buio della stanza, prima di affondare nel collo e bere ed
infettare il sangue. Aura abbandonò all’indietro la testa, che venne afferrata
e sorretta dalla mano destra di Sebastian, mentre la sinistra era situata sulla
sua schiena.
Una
volta finito di bere, Sebastian, per completare il rituale, si morse il polso
sinistro, succhiando il suo stesso sangue, si chinò sulle labbra di Aura e fece
scivolare il liquido rosso nella sua bocca, costringendola a ingoiarlo se non
voleva soffocare. Infatti, quando il loro bacio insanguinato s’interruppe, Aura
tossì e Sebastian le sollevò il mento con una mano, per poi passare il pollice
sull’angolo destro della sua bocca, rimuovendo in parte il rivolo di sangue che
era colato.
Aura
afferrò il polso di Sebastian nel tentativo di allontanare la sua mano, il suo tocco, da sé; la ferita del morso
le doleva e il sangue fuoriuscito aveva già iniziato a coagulare, ma non
sarebbe bastato a far passare il dolore.
«Il
tuo sangue è troppo dolce, per i miei gusti. Dovresti fare qualcosa al
riguardo» dichiarò Sebastian.
«Puoi
anche scordartelo» replicò Aura, sempre con la mano serrata intorno al polso.
Sebastian
emise un debole sospiro e la lasciò andare, facendola ricadere sul materasso,
per poi alzarsi dal letto.
«Approfitta
della mia assenza per riposarti e anche per renderti conto del tuo bel
cambiamento. Dovresti essermi grata».
«“Bel
cambiamento” un corno…».
«Oh,
ma lo è. Domani lo vedrai» concluse Sebastian, aprendo la porta e sparendo
dietro di essa.
Aura
portò una mano sul collo, dove i segni del morso erano già spariti. Col fatto
che fosse stata appena morsa da un purosangue, tra l’altro un membro della sua
stessa famiglia, era chiaro che non fosse più un essere che non stava né di qua
né di là, ma si domandava come mai non avesse sete. Poi si ricordò che era
stata costretta a bere ed ebbe la risposta alla sua domanda.
Un
moto di disgusto si fece strada solo per esser bloccato da un altro che era
tutto il contrario. Aura non ebbe il coraggio di toccarsi i canini per paura di
trovarli cambiati, più lunghi e affilati nel peggiore dei casi. Allora fece lo
sforzo di voltarsi su un fianco e chiudere gli occhi, conscia che d’ora in poi
il sonno sarebbe stato solo un ricordo.
Come
promesso, eccomi con l’aggiornamento di settembre! Seba-chan l’ha combinata
grossa, ma qualcuno si sta organizzando per cambiare le carte in tavola e
salvare la principessina, LOL… Riusciranno i nostri eroi nell’impresa?
Chissà chissà :3
Comunque,
come già stavo dicendo di recente, ci stiamo avvicinando alla fine. Anzi, a
dirla tutta, questo è il penultimo capitolo e il prossimo sarà l’ultimo. Ma non
fatevi venire l’amaro in bocca, altrimenti vi rovinate la lettura! Lasciate che
sia solo io a doverne pagare le conseguenze per il brutto vizio di fare seguiti
su seguiti che ci mettono un secolo ad essere pronti…
Beh,
al prossimo e ultimo capitolo! :D
Yuna.