Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: I Fiori del Male    21/09/2013    5 recensioni
Alcuni credono che il nostro mondo sia governato da un’entità superiore, che traccia un percorso prestabilito per ciascuno di noi. Altri preferiscono pensare che caos e caso regnino sovrani. Nessuna di queste ipotesi è valida per Panem, dove la vita di ognuno si regge sulle scelte e sul coraggio che si deve avere per compierle, sull’abilità di governare le fiamme, notoriamente volubili, ma capaci di grandi cose, se utilizzate con abilità e saggezza.
- Io e Haymitch ci guardiamo, non appena lui raggiunge il palco, e senza che Effie lo dica ci stringiamo la mano con gli occhi fissi l’una nell’altro. Un accordo ci unisce. - [Capitolo I]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-2-
[Peeta’s POV]

 
 
Perché l’hai fatto, Katniss?

Nella mia testa, solo questa domanda. Quando il presidente Snow aveva annunciato il regolamento speciale della terza edizione della memoria, tutto quello che mi era passato per la testa era stato di andare da Haymitch e mettermi d’accordo con lui, perché Katniss sopravvivesse anche a questo, contro ogni aspettativa.

Sapevo che Snow avrebbe fatto di tutto per ucciderla, ma non m’interessava. Finché avessi avuto anche la più piccola speranza di tenerla in vita, mi sarei aggrappato a essa e sarei andato avanti. E adesso, scopro che lei e Haymitch avevano un accordo, un patto per tenermi fuori, al sicuro dai giochi.

Perché?

Non so cosa pensare di tutto questo. Katniss non mi ama. Tutti quei baci nell’arena non sono stati che per il pubblico, così come quello che c’è stato durante il tour della vittoria. Eppure non c’era nessun pubblico, quando lei mi ha chiesto di restare, di non andare via; così come non c’erano telecamere a riprenderla, quando ha chiesto a Haymitch di sacrificarsi per me. Che poi in definitiva significava sacrificare se stessa: in qualche modo so che non avrebbe cuore di uccidere Haymitch, così come non ne avrei io. Non il coraggio, no, quello non le manca.

Se si trovasse in una situazione di necessità, se fosse causa di forza maggiore, lo farebbe, ma in questo caso ho il brutto presentimento che preferisca farsi uccidere da lui piuttosto che macchiarsi del suo sangue. E questo è un pensiero che non riesco a sopportare. La sua morte è un’eventualità che non posso accettare.

Lei è tutta la mia vita, sarebbe più semplice accettare di morire io stesso.

In fondo, io non mancherei a nessuno.

I miei genitori sarebbero di certo tristi, ma dopo un po’ troverebbero il modo di andare avanti.

Mio padre forse un po’ meno, ma mia madre troverebbe subito una via d’uscita, incanalando le sue energie nel lavoro, come ha sempre fatto quando qualcosa andava male. Sarebbe semplice anche per i miei fratelli. Come lo so? Non ne ho idea, semplicemente me lo sento.

Per non parlare dei miei amici, che riempirebbero il mio posto vuoto con qualcun altro. Non mi rattrista particolarmente pensarlo, è semplicemente vero, e mi aiuterebbe se rischiassi di morire, sapere di non far soffrire nessuno.

Se lei morisse invece, io morirei con lei.

Sua madre e sua sorella non saprebbero come andare avanti, e Gale non mi perdonerebbe mai di essere rimasto in vita al posto suo.

Almeno mezzo distretto ne piangerebbe la scomparsa, perché è una di quelle persone che ti restano dentro.

Proprio non si rende conto di ciò che suscita nelle persone, adesso lo so. Se lo sapesse, le risulterebbe più difficile congedarsi da questa vita, e invece è piuttosto incline a buttarla via.

Sento bussare alla porta. – Chi è? – ribatto, stancamente. Non ho voglia di stare  a sentire le consolazioni di nessuno.

- Sembri Katniss – ironizza la voce dall’altra parte. Haymitch.

Solo lui potrebbe uscirsene con dell’ironia in un momento del genere.

Se anche non riconoscessi la voce, queste battute fuori luogo sono il suo marchio di fabbrica.

E con lui la mia acidità non funziona. Mi alzo svogliatamente dal letto per aprirgli la porta, che ho chiuso a chiave.

- Questo è ciò che suscita stress in un mentore, Peeta – esordisce lui, chiudendosi la porta alle spalle. – Barcolla un po’, avvicinandosi, così capisco che ha bevuto.

 - Il tuo compito è il più ingrato di tutti, perché devi stare a guardare, accettando l’idea di poter fare poco e niente per migliorare la situazione. Nel migliore dei casi, uno dei due tributi a te assegnati muore comunque, e tocca a te scegliere quale. –

- Tu si che sai come incoraggiare le persone, Haymitch. – ironizzo io. Nonostante la situazione disastrosa, un angolo della bocca mi si solleva automaticamente.

In fondo, la verità è che non resta altro che sdrammatizzare, o morire dentro.  Essendo ora un mentore, già so di non potermi permettere la seconda scelta.

- Non ho intenzione di costringerti a scegliere, Peeta. Eri così arrabbiato, poco fa ... scommetto quel che vuoi che non hai pensato, nemmeno per un attimo, di poter approfittare della tua posizione di mentore, peraltro sicuramente capace, visto quel che sai fare con le parole. Eppure puoi farlo, salvarla intendo, anche se sarà difficile, con Snow che non sogna altro se non vederla morta. –

La sua affermazione mi mette addosso, se possibile, ancor più stanchezza. Mi sta dicendo di abbandonarlo a se stesso per salvare lei.

– Perché mi dici questo, Haymitch? Credi davvero che sarei capace di farti una cosa del genere? –

- No, non lo credo. Infatti, l’ho appena detto: so che non l’hai nemmeno pensato, ma sappi che devi tenerne conto. A un certo punto, nel gioco, dovrai scegliere su chi puntare, su chi utilizzare tutte le armi a tua disposizione, perché se ti ostinerai a dividere le tue forze su entrambi non ne salverai nemmeno uno. Faccio il mentore da venticinque anni, credo di sapere di cosa parlo. – afferma, e il suo sguardo si fissa da qualche parte sul soffitto. Mi chiedo per un attimo a cosa stia pensando.

Seduto sul letto, chino la testa e mi metto le mani tra i capelli, tirando forte. – Haymitch, non posso farlo! – sono talmente angosciato e disperato che vorrei piangere, conscio del fatto che non servirebbe comunque a nulla.

Lo sento sedersi accanto a me, frugare dentro la tasca della giacca e cavarne fuori una bottiglietta certamente piena di liquore.
 
Regna il silenzio per qualche secondo, mentre ne svita il tappo e la agita un po’, come a voler capire quanto alcol ha a disposizione; ma quando ricomincia a parlare qualcosa nella sua voce forse, mi dice che ciò che mi dirà sarà importante, segreto, e lo dovrò ascoltare.  Mi ostino a tenere la testa china, ma presto attenzione.

- Venticinque anni fa, lo sai, ho partecipato anch’io agli Hunger Games, per di più in un’edizione della memoria. Quell’anno fu deciso che ogni distretto sacrificasse il doppio dei tributi. Il mio mentore allora era un vecchio rimbambito che non riusciva a distinguere la destra dalla sinistra, imbottito di Morfamina. Tra i ragazzi che furono sorteggiati, venne fuori un'amica di Ivy*, la mia fidanzata, che quindi si offrì volontaria al suo posto. –

Non posso fare a meno di alzare lo sguardo su di lui. Mi ero sempre chiesto se Haymitch da giovane avesse mai amato qualcuno, ma non credevo di venire a saperlo così.  

- Ivy era del Giacimento, come me, perciò aveva i capelli scuri, gli occhi grigi e la carnagione olivastra, come la maggior parte delle ragazze di lì. È inutile dirti quanto possa farmi male ogni volta vedere Katniss, che le somiglia davvero molto.  E tu, tu sei come me, ironico e, modestamente, brillante, oltre che un bel ragazzo, come io ero una volta. – si ferma per tracannare un altro sorso di liquore bianco.

– Quando lei si è offerta volontaria e tu sei stato sorteggiato, per me è stato un violento ritorno al passato. Mi sembrava di vedere me stesso andare incontro al brutto destino che mi è toccato ... – un altro sorso ancora.  - ... ed io stesso ero un mentore rimbambito, che non sapeva distinguere la destra dalla sinistra, solo che era colpa di questa- e alza la bottiglietta – Invece che della Morfamina.  Poi sono venuto a sapere che eri innamorato di lei ... me l’hai detto tu, ricordi? –

Dire che ricordi è poco. Ogni dettaglio di quel giorno è impresso a fuoco nella mia mente: io e Haymitch dovevamo finire di preparare l’intervista con Caesar Flickerman, ed eravamo alla ricerca di battute da inserire tra una domanda e l’altra, per intrattenere il pubblico.
Haymitch mi disse che avevamo bisogno anche di qualcosa di scioccante da rivelare, perché potessi restare impresso nei cuori della gente, soprattutto degli sponsor.

Stavamo inventando cose a dir poco assurde, ridendo di cuore perché molte di quelle sciocchezze venivano fuori dallo stato alteratissimo di Haymitch, che si era scolato mezza sala bar; quando d’un tratto lui mi disse che Katniss con il pubblico non aveva speranze e che al massimo gli stilisti, con qualche accorgimento, avrebbero  potuto renderla semplicemente splendida; ma che non ci sarebbe stata sostanza.

Gli dissi che lei proprio non era tipo da aprirsi con le persone, e credo di averlo detto in maniera strana, perché Haymitch mi lanciò uno sguardo interrogativo.  
Io risposi a quello sguardo raccontandogli di quando avevo cinque anni e l’avevo incontrata per la prima volta, finendo poi per fargli un resoconto della mia vita, passata a inseguirla, a cercare di cogliere ogni più piccolo dettaglio che potesse lasciarmi dentro qualcosa di suo.

 Ricordo che Haymitch mi prese in giro per un bel po’, dicendomi che ero stato pazzo a innamorarmi di lei, prima che gli venisse in mente di dichiararmi all’intervista.

Quel giorno gli dissi anche che, se necessario, nell’arena mi sarei sacrificato affinché lei vivesse.  Ricordo un attimo di silenzio enigmatico, di cui non avevo mai compreso il significato, fino a oggi.

Annuisco.

– Vorrei aver avuto io la possibilità di giocare da innamorato sventurato – continua lui, svuotando man mano la bottiglietta.

– Ma i suoi genitori nemmeno sapevano che ci vedevamo, io non ero considerato un ragazzo modello come te ... frustrato dalle condizioni della mia famiglia andavo facendo casini in giro, saltavo la scuola, in generale non mi comportavo affatto bene.  In più, come ti dicevo il mio mentore era un idiota. Così lei...insomma, il punto è che non lascerò che uno di voi muoia, se avete la possibilità di restare insieme.–

- Ma è diverso. Lei non mi ama. – ribatto.

Haymitch sbuffa divertito. – Come fai a dirlo? Quand’è che ha dimostrato concretamente di non amarti? –

- Me l’ha detto! – esclamo io. – Sul treno, di ritorno dagli Hunger Games – chiarisco - Ha detto che aveva fatto tutto per le telecamere, per tenerci in vita entrambi. –

- Per tenerci in vita entrambi. – ripete lui. – Rifletti. -

Ci penso. I punti in cui gli aghi inseguitori mi hanno punto sembrano tornare a bruciare, al ricordo.

Lei mi ha buttato addosso un nido di quelle vespe infami perché il suo obiettivo era mettere fuori gioco i favoriti.  Ha smesso di curarsi di me nel momento stesso in cui le è sembrato che fossimo diventati nemici.

Eppure l’ho vista gridare il mio nome, quando Claudius Templesmith aveva annunciato il cambio di regole, consentendo la vittoria di due tributi dello stesso distretto, e l’ho vista prendersi cura di me, ripulirmi, combattendo la sua avversione per la nudità e per le ferite; aiutarmi a mangiare perché non riuscivo a tenermi seduto per via della ferita alla gamba, partecipare a un festino per ottenere la medicina necessaria a guarirmi prima che fosse troppo tardi.

E l’ho sentita stringersi a me con forza, tremando come una foglia per lo spavento, dopo avermi ritrovato ed essersi accertata che non stessi per morirle davanti, perché il cannone aveva sparato.

Anche se per una sola volta, l’ho sentita baciarmi davvero, tra tutti quei baci fasulli.

E tutto questo non può essere stato un sogno. Guardo Haymitch, cercando una risposta.

- Il problema di quella ragazzina idiota è che non sa nemmeno lei cosa pensare, Peeta. Ma certe cose, come quelle che lei ha fatto per te nell’arena, non le fai per una persona che non ti sta a cuore. Tu avresti partecipato a un festino per salvare ... che so, Cato? – sentire il nome di un tributo morto riaffiorare dalle ceneri mi mette i brividi.

Un altro viaggio mentale mi riporta sulla Cornucopia, il braccio di Cato stretto al collo, la sua voce intrisa di disperazione nell’orecchio.

Eppure la risposta è ovvia. – Probabilmente no. – conclude al mio posto, rubandomi i pensieri.  

Poi resta lì a fissarmi, lo sguardo annebbiato dall’alcol, e mi rendo conto del fatto che senza bere non sarebbe mai stato in grado di dirmi tutto questo. Scoppio a ridere e scuoto la testa. Lui sembra contrariarsi, forse ha capito perché sto ridendo.  – Io me ne vado. – dichiara, cupo.

- Grazie – gli dico, mentre lascia scorrere la porta per uscire.

Lui si ferma per un attimo, come a voler rispondere, ma non lo fa. Si chiude la porta alle spalle, lasciandomi solo con nuovi pensieri da tenere a bada.

Resto allungato sul letto, senza sapere cosa pensare, fino all’ora di cena.

Nessuno viene a cercarmi, e così non mi faccio vedere. È notte fonda, quando mi decido ad alzarmi, scoprendo di non poter prendere sonno.

Esco dalla mia stanza e vedo Haymitch vagare barcollante poco lontano, farfugliando in maniera incomprensibile, la lingua impastata.

Da lì riesco a vedere la sala relax del treno, occupata da Effie che scrive ininterrottamente su un foglio. Non mi sfugge lo sguardo che rivolge a Haymitch, di tanto in tanto. Stringe le labbra e lo osserva per qualche secondo, ed io mi sento improvvisamente fuori posto, così giro i tacchi e decido di camminare in direzione opposta, e finisco per passare davanti alla stanza di Katniss.

Mi fermo.

Penso al fatto che a separarci ci sia solo una porta. Mi chiedo se stia dormendo, ma probabilmente il sonno è l’ultimo dei suoi pensieri, e anzi starà cercando di capire come sopravvivere al terrore dei prossimi giorni. 

Ho visto Prim rientrare a casa di corsa oggi, prima della mietitura, piangendo. Deve averle detto addio. Una voragine mi si apre nel petto al pensiero che fra pochi giorni mi toccherà fare lo stesso, tirare fuori da me il meglio che posso, dirle tutto prima che accada l’inevitabile. Sfioro la maniglia con la punta delle dita. Posso aprire questa porta?

Proprio mentre sto per afferrarla, la porta si apre, mostrandomi il volto di Katniss; con gli occhi spalancati per la sorpresa di trovarmi lì.

 
 
[Angolo Autore!!!!] Ciao a tutti!!! :) Eccomi qui col secondo capitolo di questa storia! Spero che vi sia piaciuto, come sempre vi invito a farmelo sapere :D Voglio chiarire un punto, e questo punto riguarda Ivy. So bene cosa Suzanne Collins ha scritto, mi sono semplicemente discostata dalla storia originale. Il personaggio di Ivy non è stato buttato così per caso, lo incontrerete ancora, perciò ricordatevi di lei, e del significato del nome che porta, poiché l’edera è simbolo di fedeltà. Sarà importante, fidatevi ;)
Detto questo, grazie mille ancora per aver letto il capitolo, grazie se lo recensirete, grazie se deciderete di tenermi in conto per passare del tempo a leggere :)
 
May the odds be ever in your favor.

Una rosa di Versailles 

 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: I Fiori del Male