Nota
dell’autrice: Spero vi piaccia il capitolo, siamo sempre
più
vicini allo showdown finale. Buon week end. L.
CAPITOLO
XIV
DI
CALLIGRAFIA, CHIAMATE E CARTA IGIENICA
Percy
tolse gli occhiali e si stropicciò le palpebre gonfie per il
poco riposo. Il
fatto che avesse pianto a lungo la sera precedente non stava certamente
aiutando la sua vista già compromessa dalla miopia. Sapeva
di non avere un
bell’aspetto al momento, aveva gli occhi rossi,
l’incarnato talmente pallido da
far risaltare ciascuna singola lentiggine in maniera quasi grottesca e
borse
talmente pronunciate da ricordargli quelle di Remus Lupin dopo una
settimana di
luna piena. Non gli era mai importato un granché del suo
aspetto, ma ora se ne
curava ancora meno del solito, aveva ben altri pensieri.
L’ultima volta che
aveva studiato un testo con tanto accanimento era stato per diventare
Procuratore dopo la Seconda Guerra Magica. Dopo ciò che era
successo con la sua
famiglia per il suo cieco attaccamento
all’autorità, un cambio di Dipartimento
era necessario per ricominciare tutto da capo e lavorare per consentire
di
giudicare ed eventualmente punire chi si era macchiato dei delitti
più tremendi
durante il ritorno di Voldemort era stata una scelta quasi naturale del
suo
percorso per riconquistare la sua autostima e il rispetto della sua
famiglia,
non poteva dire l’amore perché mai nemmeno nei
momenti più bui del suo
estraniamento dai suoi fratelli e genitori aveva pensato che il loro
affetto
reciproco fosse venuto meno.
Naturalmente
la posta in gioco questa volta rispetto a quel momento era
incredibilmente più
alta: la vita di Audrey e l’esistenza stessa del mondo magico
potevano
dipendere dalle carte che stava esaminando. Era abbastanza per fargli
tremare i
polsi e caricarlo di un’energia nervosa che rendeva ancora
più complesso e
faticoso mantenere la concentrazione, se solo fosse stato in grado di
schiacciare
tutte le sue paure ed le sue preoccupazioni. Purtroppo, qualunque cosa
dicessero di lui gli altri, Percival Ignatius Weasley sentiva
esattamente come
tutti gli altri, solo era più bravo a mascherare le sue
emozioni.
Gli
Auror che lavoravano per Ron erano ottimi professionisti, ma non si
occupavano
di carte processuali quanto era abituato a fare lui e, per questo,
aveva la
speranza – doveva avere la speranza – che fosse
loro sfuggito un particolare.
Dopo
aver letto le carte tante volte cominciava a disperare niente sembrava
fuori
posto o particolare. Aveva focalizzato la sua attenzione su ogni
particolare,
sulle date, sul contenuto di ogni riga. Ci mancava solo che si mettesse
a
controllare l’autenticità delle firme e, poi,
…. Improvvisamente come un
fulmine a ciel sereno, il Procuratore Weasley cercò
freneticamente il decreto
di arresto di Dioscurus Mackenzie per rileggere la firma di chi aveva
eseguito
l’arresto in flagranza. Mentre i suoi occhi scorrevano la
calligrafia antica e
arzigogolata, l’uomo sentì il cuore balzargli nel
petto. S’alzò di colpo
battendo dolorosamente il ginocchio nella scrivania, aveva trovato
l’ago nel
pagliaio. Forse. Gli serviva sua cognata.
**
*
**
La
porta dell’ufficio di Ron
si spalancò facendo sussultare simultaneamente Hermione e
Thabatha.
“Percy,
per l’amor del cielo, pensavo fosse Robards, ci hai fatto
prendere uno
spavento! Sai che io non dovrei essere qui!” lo
castigò la prima, mentre la
giovane Auror raccoglieva gli appunti che aveva fatto cadere per lo
spavento.
“Hermione,
tesoro, scusami…”
La
ragazza lo guardò, cercando di trattenere il sorriso che
minacciava di
illuminarle il volto “Tesoro?!” domandò.
Arrossendo
visibilmente, Percy balbettò “Ehm…
Sì, perdonami. E’ che mamma.. Lei… Lo
sai,
no? Quando Fleur, Angelina o Ginny erano incinta non faceva che
chiamarle
tesoro, m’è venuto così… Non
so cosa abbia pensato..”
La
donna decise di andare in soccorso del suo imbarazzatissimo cognato.
“Non
preoccuparti. Volevi dirci qualcosa?”
Riprendendo
immediatamente la determinazione che l’aveva spinto a correre
nell’ufficio di
suo fratello, disse “Ho il sospetto che l’arresto
di Dioscurus Mackenzie non fu
eseguito da un Auror, ma da un Indicibile. L’incendio doveva
essere solo la
manifestazione di qualcosa di più sinistro.”
Passandole il decreto d’arresto
perché potesse leggerlo, l’uomo spiegò
“Sono quasi sicuro quella davanti al nome
sia una “I” molto arzigogolata. A che punto siete
con il libro?”
Hermione
scrutò la firma, prima di passare il foglio a Thabatha per
avere anche la sua
opinione.
“E’
decisamente una “I”, anche secondo me”
concordò la giovane Auror dopo aver
scrutato il documento con attenzione. “Certo che scrivevano
in maniera strana
all’epoca…”.
“Thabatha
è stata grande, sembra che sia nata per tradurre il latino.
Questo nome sul
decreto mi suona familiare, ma non riesco a ricordare
perché…” aggiunse
Hermione, arricciando intorno all’indice una ciocca di
capelli scuri, come
faceva talvolta quando pensava intensamente.
**
*
**
Il
Capitano Weasley arrivò
alla porta del suo ufficio, trovandola, con sua grande sorpresa e con
un certo
dispetto, aperta.
“Siete
impazziti? Avete proprio intenzione di farvi scoprire da
Robards?” sussurrò ai
presenti, chiudendosela alle spalle. La sua tirata ebbe vita molto
breve.
Girandosi verso i suoi interlocutori notò
nell’ordine due particolari: per
prima cosa suo fratello Percy era nella stanza e stava confabulando
amabilmente
con sua moglie e l’auror Goldielocks, il che deponeva
positivamente per il
caso, in secondo luogo Hermione si stava mordicchiando le labbra e
arrotolando una
ciocca color cioccolato intorno all’indice come faceva sempre
quando era
pensierosa. Ora quest’ultima circostanza avrebbe dovuto
essere molto meno
importante della precedente e passargli del tutto inosservata, ma, per
quanto
Ronald Weasley fosse in piena modalità da missione,
concentrato all’ennesima
potenza, prima di essere un auror era un uomo. Uno che da quando aveva
quattordici anni aveva sempre trovato assolutamente irresistibile
quell’espressione particolare sul volto di una certa brunetta
in particolare:
non sapeva che farci a lui Hermione Granger pensierosa faceva sesso.
Molto più
della più scosciata modella di Playwizard.
Nell’assoluta impossibilità di
cacciare dal suo ufficio gli altri presenti per reclinare sua moglie
sulla più
vicina superficie piana e dare sfogo ai pensieri che si era intrufolati
senza
permesso nel suo cervello, Ron si ripromise di rimandarli ad un
meraviglioso
futuro in cui Diodora Mackenzie fosse ad Azkaban, concentrandosi sulla
missione.
“Mi
spiace, l’ho dimenticata aperta io.”
Confessò Percy. “Ero troppo ansioso di
comunicare a Hermione quello che ho scoperto nel decreto
d’arresto di Dioscurus
Mackenzie.”
Nei
minuti successivi Percy gli riferì esattamente cosa aveva
notato.
“E’
una scoperta importante ed inquietante al tempo stesso. Se
c’è di mezzo il
Dipartimento dei Misteri, Dioscurus doveva avere con sé
qualcosa la cui magia
era tanto particolare e grande da non essere chiara, da dover essere
studiata
in gran mistero e, se si trattava di qualcosa in grado di scatenare un
incendio
delle dimensioni del Gran Rogo, dotata di un potenziale distruttivo
notevole …”
osservò Ron, quando il fratello ebbe terminato di raccontare.
“Anche
noi abbiamo trovato qualcosa, Capitano Weasley.” La
voce di Thabatha
faceva trasparire una certa soddisfazione, i suoi occhi luminosi di
speranza.
Accanto
a lei, Hermione annuì entusiasticamente, osservando.
“Ho sempre pensato che il
mio latino fosse abbastanza buono, Ron, ma questa ragazza qui
è un drago con le
lingue antiche.”
A
quelle parole la giovane auror si girò verso sua moglie con
un tale sguardo di
ammirazione e gratitudine negli occhi che l’uomo dovette
trattenere un sorriso.
“Bene, auror Goldielocks, potrai raccontare ai tuoi nipoti
che Hermione
Granger-Weasley in persona si è complimentata con te. Ora
dimmi che è avete
trovato.” Ordinò, mentre sua moglie gli assestava
una pacca su un braccio,
mormorando sottovoce “Ricorda che grazie a te ho
già vomitato due volte
stamattina, la prossima volta che ti viene in mente di prendermi in
giro.”
Se
c’era qualcosa di certo era che con sua moglie nella stanza,
l’aria marziale e
disciplinata del Dipartimento degli auror lasciava a desiderare, ma in
fondo
quella non era una missione ufficiale, ma altamente ufficiosa.
“Vede
capitano, uno degli ultimi capitoli del libro, spiega il meccanismo
magico che
permette di creare una fiamma che brucia e al tempo stesso è
gelida come il
ghiaccio polare. La cosa estremamente interessante per il caso
è che l’autore,
che sospettiamo essere Dioscurus stesso,
ipotizza che i principi magici alla base della creazione
del fuoco
freddo possano essere utilizzati per privare gli elementi delle sue
caratteristiche intrinseche per sostituirle con altre, preferibilmente
antinomiche, per aumentarne il potenziale distruttivo e accenna a testi
runici
che avevano già affrontato l’argomento.
E’ plausibile che il riferimento possa
essere ai testi tradotti in cornish nella
pergamena che Diodora ha rubato a Selwyn alle isole Scilly.”
Ron
annuì. “Bene, è già un
ottimo inizio, sicuramente spiegherebbe come Diodora
abbia cominciato a formare il suo malefico piano. Percy, pensi che con
l’aiuto
di Thabatha, tu sia in grado di trovare delle informazioni
sull’Indicibile che
ha arrestato Dioscurus?”
Suo
fratello annuì entusiasticamente. “E’
sicuramente una via da provare."
"Bene,
allora andate insieme nella biblioteca del dipartimento. Se qualcuno ve
lo
chiede, state di nuovo cercando informazioni sulla famiglia Mackenzie,
intesi?”
Entrambi
annuirono, uscendo dalla stanza, e lasciando Ron ed Hermione soli.
Ron
scrutò il volto più pallido del solito della
moglie, prima di chiederle. “Come
stai? E voglio la verità, non quelle risposte prestabilite
che prepari per gli
altri, ‘mione.”
“Se
ti riferisci al fatto che ho detto d’aver vomitato,
è normale, lo sai. Anche
Ginny…”
Lui
scosse la testa, prendendole le mani. “Sai che, per quanto
adori James, non mi
piace pensare al fatto che la mia sorellina sia mai stata incinta ed in
ogni
caso non sei la strega più brillante di ogni tempo per caso,
sai a cosa mi
riferivo.”
Hermione
sospirò. “Ho paura, Ron. Paura come non
l’avevo da tanto tempo, ma come abbiamo
deciso insieme, non abbiamo altra scelta. Se il tempo
finirà, se Diodora
dovesse realmente attaccare il Ministero…” La sua
voce si ruppe su quella
ipotesi. “Scusa, sono tutti questi estrogeni
impazziti…” Si giustificò
asciugandosi in fretta gli occhi.
“Balle,
io t’assicuro non ho estrogeni in giro e me la sto facendo
sotto lo stesso.”
Sussurrò nel suo orecchio, abbracciandola più
forte che poteva. L’odore di
vaniglia dei suoi bellissimi capelli era sempre stato confortante per
lui,
quando aveva un problema, ora il solo pensare che qualcosa potesse
accadere ad
Hermione ed alla vita che cresceva dentro di lei sembrava soffocarlo.
“Ho
passato tre quarti d’ora con Neville. Sta preparando un
decotto di erbe, mi ha
anche detto come si chiama, ma non lo ricordo, sarà pronto
tra qualche ora. E’
un fortificante per te e il bambino, dovrebbe aiutarvi a non subire
alcun danno
da tutta la magia che dovrai canalizzare.”
Sentì
Hermione annuire contro il suo petto. “Abbiamo degli amici
fantastici. Ho la
massima fiducia in Neville.”
“Con
tutto l’aiuto che gli hai dato a scuola per non fargli
fondere ancora più
calderoni, non so cosa ti dia questa fede. Certo, con le piante
è un’altra
cosa, per nostra fortuna.”
Hermione
alzò gli occhi verso i suoi, un’espressione di
rimprovero in volto. “Non essere
cattivo, Ron.”
“Amore,
se non sdrammatizzo, rischio di scoppiare e sai che non
posso…”
Sua
moglie lo strinse più forte. “Sei un marito
eccezionale, un grande auror e
sarai il padre migliore che il nostro bambino possa avere. Ti amo
tanto, Ron
Weasley.”
“Anch’io,
più della mia stessa vita.” Cosa avrebbe dato per
non sentire quell’ondata di
terrore che minacciava di soffocarlo, mentre lo diceva.
**
*
**
No,
non stava impazzendo. Quella che sentiva era proprio la voce di Duncan
Seymour.
Gli auror la stavano cercando, tentando disperatamente di mettersi in
contatto
con lei. Poteva solo sperare la trovassero, prima che Diodora portasse
a
termine il suo piano. Se le avesse fatto bere la pozione …
Audrey tremava al
pensiero di quello che sarebbe successo. Non aveva paura di morire, con
la sua
carriera era un rischio che aveva preso in considerazione qualche
volta. Certo
aveva sempre pensato fosse improbabile ed invece… Sapeva che
se la strega l’avesse
costretta a bere quell’intruglio di cui continuava a
decantarle le proprietà
malefiche, non avrebbe avuto scelta. La sua vita contro quella di
migliaia di
streghe e maghi innocenti, non c’era paragone. La vita non
era giusta, non lo
era quasi mai. Cosa avrebbe dato per avere la fortuna di rivedere
Percy, un’ultima
volta, di dirgli esattamente quanto aveva scoperto d’amarlo.
Invece quest’ultimo
desiderio non le sarebbe stato concesso, quell’uomo
meraviglioso non avrebbe
saputo mai esattamente quanto era stato importante per lei.
Concentrandosi
con tutte le sue forze sulla voce di Duncan Seymour, urlò a
pieni polmoni nella
sua testa. “Sono qui, ti supplico Duncan, sono
qui.” Ma dov’era qui? Come
avrebbe voluto saperlo.
**
*
**
Con
un urlo di giubilo, Duncan Seymour ruppe la concentrazione assoluta che
aveva
mantenuto per un numero imprecisato di ore. Forse dodici. Non ne aveva
idea Accanto
a lui, Finnigan e Smith lo guardarono speranzosi. Aveva un mal di testa
così
forte che i loro volti gli si sdoppiavano davanti mentre li guardava,
ma non
importava. Utilizzare tutta l’energia mentale e magica che
aveva usato finora
era stata una sorta di intensa tortura, decine di volte aveva avuto la
sensazione di non farcela più, di doversi fermare, ma sapeva
di non potere
farlo. Doveva trovare Audrey, se lui fosse stato al suo posto la donna
non
avrebbe dormito giorno e notte per scovarlo. La conosceva da anni ed
era una
compagna di lavoro formidabile, nessuno si meritava una fine
così infame nelle
mani di una pazza, lei meno di tutti. La ragazza dal viso severo e la
battuta
pronta, la donna esile ed instancabile, quella pronta a versare fino
all’ultima
goccia di sangue e sudore per un collega e con una parola buona per
tutti, non
poteva finire così. E lui – l’uomo
così insignificante da essere la spia
perfetta, senza nessuno nella sua vita – l’aveva
ritrovata. Ora dovevano
portarla a casa.
“L’ho
trovata! Ho agganciato la sua Aureola! So dov’è
Audrey.” Mormorò. Lo sforzo di
parlare immane. Mentre i suoi occhi rotolavano all’indietro e
tutto si faceva
buio intorno a lui, Duncan aveva un solo pensiero. Dovevano fare presto.
Cercò
disperatamente di focalizzarsi sulla voce di Smith e Finnigan che lo
pregava di
stare con loro, di non svenire, ma fu l’ultimo pensiero
coerente che gli
attraversò la mente prima che il suo corpo
s’accasciasse.
**
*
**
Royalsafe
guardò il Procuratore Weasley passare nel corridoio accanto
alla giovane Auror
con i capelli
violetti, quella che lavorava
per Harry Potter. C’era qualcosa di molto sospetto. Non
sapeva esattamente cos’era,
ma Potter e quell’antipatico di Weasley stavano tramando
qualcosa, ne era
sicuro. Doveva tenere gli occhi ben aperti.
“Ehi,
Royalsafe!” L’auror si girò trovandosi
faccia a faccia con quella specie di
mastino napoletano troppo cresciuto di Hector Rednails.
“Cercavo giusto te!”
Sorridendo
come chi cerca di farsi forza nel bere una posizione particolarmente
disgustoso, rispose “M’hai trovato, ora datti una
mossa a dirmi che vuoi,
alcuni di noi hanno delle cose importanti da fare.”
Hector
sorrise a quarantadue denti, il candore degli incisi contro la pelle
d’ebano,
particolarmente irritante per lui che li aveva sempre giallognoli per
quanto si
affannasse per un sorriso perfetto.
“Sì,
me l’immagino. Alcuni di noi sono sempre così
impegnati, ma ci vorrà un
momento. Ho bisogno della firma di un Capitano su questo documento, e
Proudfoot
è in missione all’esterno lo sai..”
“Carta
igienica? Perché non rompi le palle a Weasley, per queste
stronzate, Hector?!” Lo
rimbeccò lui, firmando quello che pareva essere un
normalissimo ordine di beni
di prima necessità per l’Ufficio del Capitano
Proudfoot.
Assumendo
un’espressione appropriatamente ebete, quello scocciatore
rispose. “Cavolo,
perché non c’ho pensato io. Hai assolutamente
ragione, Royalsafe.”
“Vattene,
prima che decida di chiedere di nuovo al Direttore Robards
perché non ti
mandano ad addestrare i gufi alla Guferia del
ministero…”
L’Auror
riprese la cartellina e si avviò per il corridoio.
**
*
**
Entrando
nel bagno degli uomini, Harry Potter si levò il mantello
dell’invisibilità. Mosse
la bacchetta in un incantesimo protettivo, girandosi con un enorme
sorriso
verso il suo compagno di missione.
L’Auror
accanto a lui lo guardò mormorando nel suo tipico basso.
“Non mi abituerò mai a
vedertelo fare. Quanto volevo prendere a pugni quel pomposo
bastardo.”
“Hector,
tu sei un attore
nato, lasciatelo dire.”
Se
non fosse stato tanto nero, probabilmente l’avrebbe notato
arrossire di
compiacimento. “Diciamo che ero particolarmente motivato,
Capitano. Quindi ora
siamo sicuri che se Royalsafe dovesse dire qualsiasi cosa che riguarda
il
nostro piano a Robards, si riempirebbe di pustole così
purulente ed immediate
da richiedere un subitaneo ricovero al San Mungo?”
Harry
annuì, ridendo. “Assolutamente sì.
Hermione Granger è una donna estremamente
pericolosa, mio caro Hector. Ci vogliono delle palle
d’acciaio per
contraddirla, non a caso l’ha sposata l’uomo
più coraggioso che conosco. Diodora
Mackenzie non ha nemmeno idea contro chi s’è
messa.”
L’Auror
commentò entusiasta. “Spero quasi che quel vecchio
trombone scopra qualche
bazzecola da riferire al Direttore. Vederlo coperto di pustole, sarebbe
il
miglior regalo di compleanno che abbia mai avuto nella mia vita e
l’anno scorso
Adelina mi ha regalato una pluffa autografata da Egisto Miller, il
Cacciatore
dei Tornados, non so se mi spiego.”
“Prima
o poi ci dirai perché lo detesti tanto?”
“Può
giurarci, Capitano.” Assicurò Rednails.