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Autore: Silvar tales    22/09/2013    2 recensioni
"Sei davvero presuntuoso Ratonhakè:ton, se credi di potermi insegnare a cavalcare".
"Cavalcare?" La provocò Connor strizzandole l'occhio. Il cavallo soffiò in direzione di Faline, che arretrò di almeno dieci passi. Ma impiegò soltanto mezzo secondo per recuperare la sua grinta.
"Nel senso primo del termine. Purtroppo credo che per un altro tipo di cavalcata abbia tu bisogno di prendere lezioni da me, Ratonhakè:ton".
Genere: Avventura, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Kenway, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Monmouth



"Lui si chiama Nasir".
"Nasir?" Faline storse il naso, mantenendosi accuratamente a distanza dalla bestia, un cavallo delle praterie adulto, muscoloso e snello allo stesso tempo, maculato bianco e marrone chiaro. Un animale stupendo, a dire di Connor; quest'ultimo gli saltò in groppa senza indugi, si assicurò alla sella con le mani e salì agilmente sul dorso della bestia con solo una lieve spinta delle gambe.
Faline non era certo dello stesso parere.
"Sei davvero presuntuoso Ratonhakè:ton, se credi di potermi insegnare a cavalcare".
"Cavalcare?" La provocò Connor strizzandole l'occhio. Il cavallo soffiò in direzione di Faline, che arretrò di almeno dieci passi. Ma impiegò soltanto mezzo secondo per recuperare la sua grinta.
"Nel senso primo del termine. Purtroppo credo che per un altro tipo di cavalcata abbia tu bisogno di prendere lezioni da me, Ratonhakè:ton", ribatté tagliente, continuando a giocare sull'allusione.
Connor ritirò all'istante il suo sorrisetto soddisfatto e spronò il cavallo verso Faline, costringendola ad arretrare ulteriormente. Afferrò la briglia di un secondo cavallo e fece per porgliela.
"Evidentemente sono abbastanza presuntuoso da ritenere di poterti insegnare", insisté. Almeno per un giorno, voleva a tutti i costi avere la sua piccola rivincita.
Faline scosse la testa, testarda, respingendo i lacci di cuoio grezzo che l’altro le tendeva. Il cavallo scosse la testa, nel tentativo di scacciare le mosche che gli assediavano il muso e la criniera, e sbuffò non meno innervosito di quanto lo fosse la sua aspirante cavallerizza.
"Non credo Ratonhakè:ton, al contrario di voi cavalieri codardi io preferisco combattere a piedi, hai dimenticato forse su cosa si basa il gioco della spada? Piedi e passi. Come posso muovermi in libertà con impicciate le gambe alle staffe e le braccia alle briglie? No grazie, e lo ripeto, no grazie".
Faline gli voltò le spalle e fece per andarsene, quando si bloccò davanti a una schiera di cinquanta uomini, i suoi uomini, a spasso sui pendii delle campagne di Monmouth. Una marmaglia sudaticcia e chiassosa di mercenari, marinari, pirati, predoni, cavalieri nordici e profanatori di tombe dal lontano sud. Ma ognuno di questi uomini aveva una particolarità: un cuore nobile, ardente di libertà e soprattutto fedele fino alla fine alla sua guida. Faline era ben furba, pretendeva che al suo fianco combattessero solo gli uomini più fedeli a lei, solo coloro che la pensavano come lei, ma senza pretendere in nessun modo che fossero disposti a sacrificarsi per lei, perché non si riteneva superiore e più importante degli altri.
L’uomo ha la vita, gli uomini gli ideali, continuava a ripetere come grido di battaglia, come frase di circostanza, come addio per un compagno. E i suoi uomini l'amavano, e l'avrebbero seguita nella fortuna e nella rovina.
"Cosa ci fate qui?" Chiese Faline, stupita e annoiata allo stesso tempo.
"Sai com'è Faline, Monmouth non è parecchio distante da Monmouth", intervenne un ragazzo biondo, di aspetto e portamento nordico e di accento europeo, che si fece avanti dalla folla e andò incontro alla ragazza con un sorriso beffardo e amichevole sul volto.
"Faline è troppo orgogliosa per ammettere di soffrire di un'inguaribile fobia per i cavalli", continuò rivolgendosi a Connor, e accarezzando sul ventre il destriero che cavalcava.
"Ma a voi lo dice", rispose il ragazzo, felice di conoscere finalmente gli uomini che sottostavano agli ordini di Faline. Scese dalla bestia e andò incontro alla piccola squadriglia, ma non vide altro che sguardi ostili e poco amichevoli. Chi lo squadrava torvo, con il viso in ombra e la fronte corrucciata, chi parlottava con il compagno affianco, chi aveva la diffidenza scolpita sul volto, chi sputava a terra e rideva, del tutto disinteressato al ragazzo indiano appena sceso dalla sua cavalcatura, il quale sembrava invece desideroso di instaurare un dialogo.
"Jord, stai parlando con il rampollo di Haytham, lui...!" Azzardò un giovinotto che pareva afflitto da tutte le paure e le disgrazie di questo mondo, gracile, tremante e malnutrito, con sporchi capelli di paglia che gli arrivavano sotto al mento.
Connor alzò gli occhi al cielo. Era esausto di vedere ancora diffidenza attorno a lui per via di suo padre, che oltretutto aveva ucciso con le sue stesse mani non senza provare rimorsi e sofferenze.
Faline, che fino a quel momento era rimasta zitta, ribatté all'affermazione precedente di Connor.
"Ovviamente lo dico a loro e non a te, Ratonhakè:ton. Questi uomini morirebbero per me, mentre io fino a pochi mesi fa cercavo di ucciderti. Trova le differenze".
"E mi chiedo perché ancora non l'hai ucciso Faline", si alzò una voce dal gruppo.
"Non ci hai giocato abbastanza? Ora è il momento di farlo fuori", incalzò un altro, sostenuto da cori di approvazione.
Connor si mise sulla difensiva. Non gli piaceva in nessun modo la piega che stava prendendo la situazione. Ma, nello stesso tempo, era adirato per l'ingiustizia del malanimo che infervorava quella gente.
Jord scosse il capo e sorrise insofferente: anche lui sembrava stanco di quell'insensata faccenda che ancora non dava segni di scioglimento.
"Faline! Dì ai tuoi uomini la verità!"
"Sarebbe?" Lo incalzò la giovane, trattenendo a stento le risate nel vedere Connor timoroso di venire assalito da un momento all'altro da una cinquantina di uomini inferociti per non si sa bene quale motivo.
"Sarebbe che la tua insensata coscienza preferirebbe vedermi morto piuttosto che collaborare per lo scopo che ci accomuna!"
"Non c'è bisogno che io dica loro niente, hanno una testa per pensare. Tuttavia ti salverò anche stavolta dall'incomodo Ratonhakè:ton. Mettete via quelle asce".
Un coro di risate sommesse si levò dal gruppo di mercenari, e tutti rinfoderarono le spade. Anche Faline sorrise ma si trattenne da ridere, paga a sufficienza dell'ennesima vittoria che aveva contratto quel giorno.
"Mi... Mi avete giocato?" Domandò Connor, che invece non rideva affatto. Poco a poco riconosceva nei loro volti gli stessi uomini che pochi giorni addietro avevano brindato con lui a Buckman Tavern per suggellare la loro alleanza, e poco a poco si dava dello stupido.
"Vieni!" Lo incitò Jord dandogli una poderosa pacca sulla spalla, "andiamo a festeggiare al forte di Black Creek!"
   
 
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