Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Nightshade_04    22/09/2013    10 recensioni
“Hai fegato, piccola. Mi piaci. Potresti anche esserci utile nella società.”
“Stai scherzando spero! Io non entrerei mai, e ripeto mai, a far parte della vostra banda!” Esclamai.
“Peccato, tanto talento sprecato.” Sussurrò, poggiandomi la mano sulla guancia e accarezzandomela con il pollice, prima di voltarsi ed andarsene.
Rimasi immobile sul posto, vedendolo allontanarsi. Prima che girasse l’angolo e sparisse in un altro corridoio però, si girò indietro “Comunque, stai bene con questo nuovo look.” E mi fece l’ occhiolino, sorridendomi. Ero confusa, ma non capivo il perché.
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A







† CAPITOLO QUINTO †
 






Punto di vista di Alexa


Mi svegliai di soprassalto, ritrovandomi in un letto che non era il mio. Per qualche secondo fui disorientata, ma poi mi ricordai gli avvenimenti del giorno precedente. Sentivo dietro di me una presenza e quando realizzai che fosse Jakob, sgusciai silenziosamente fuori dalle coperte. Mi chiusi in bagno e mi guardai allo specchio: che cavolo stavo facendo? Mi ero fidata del mio peggior nemico, credendo ciecamente alle sue parole e non avevo nemmeno considerato la versione dei fatti di mio fratello. All’ improvviso mi sentii in colpa, perché nessuno poteva assicurarmi che quello che aveva detto Jak fosse la verità. Magari aveva mentito solo per attirarmi in una trappola. Nah, comunque non avrebbe avuto senso; si era comportato fin troppo bene. A meno che, avesse avuto qualcosa in mente.
Invasa dai dubbi, uscii dal bagno e presi il mio telefono cellulare, che era rimasto acceso tutta la notte in modalità silenziosa, sul comò.
Trovai una ventina di chiamate perse da mio fratello, più 17 messaggi. La maggior parte erano suoi e dicevano:
“Alexa torna a casa subito.”
“Ascoltami, sei in pericolo, quel pezzo di merda ti ha mentito.”
“Rispondimi Alexa, ti scongiuro.”
“Torna a casa.”
“Dimmi che stai bene, per favore.”
“Dove sei? Dimmelo, ti vengo a prendere.”
“Cazzo Alexa, rispondi alle mie chiamate!”
“Scappa, ovunque tu sia, sei in pericolo!”
“Giuro che quel figlio di puttana me la pagherà, fosse l’ultima cosa che faccio.”
“Alexa, sono tremendamente in pensiero. Dammi un cenno di vita, ti supplico!”
“Scusa per tutte le volte che non sono stato il fratello perfetto, ti voglio bene, per favore, resisti.”

Poi ce n’erano sei da parte di Ellen:
“Amica dove ti sei cacciata? Ho provato a chiamarti a casa ma non ho trovato nessuno. Xx”
“Ale, ma ci sei? Ti sei addormentata sulla tazza del WC? xD”
“Oddio, Mason mi ha appena detto quello che è successo! Dove sei?! Come stai?”
“Migliore amica, dimmi che è tutto Ok e che stai tornando a casa, te ne prego!”
“Sono in ansia, appena vedo Black, giuro che gli stacco la testa a morsi!”
“Stai tranquilla, ti troveremo. Stiamo lavorando tutti per te.”

Solo a quel punto mi resi davvero conto di quanto avessi fatto allertare tutti, nella società. Avevo fatto una grande cazzata a seguirlo fin lì, e tutto perché George aveva tentano di portarmi via senza il mio consenso. Non obbligatoriamente però voleva dire che mio fratello volesse realmente vendermi ad uno sceicco Arabo.
Il biondo avrebbe potuto lavorare per un’altra società ed aver complottato contro di noi per tutto quel tempo. Ero profondamente confusa e non sapevo chi fosse il buono e chi il cattivo della storia. Non sapevo a chi affidarmi, non sapevo niente. Una sola cosa dovevo fare in quel momento: parlare con Mason.
Uscii dalla camera, accertandomi che la porta non cigolasse e non svegliasse il ragazzo assopito. Vagai per i corridoi e quando fui abbastanza lontana, aprii la chiamata. Ci furono tre squilli, prima d’ottenere una risposta:
“Alexa, grazie a Dio, sei viva!” Urlò mio fratello, in preda ad una crisi isterica. Dal tono di voce comprendevo che non stava mentendo.
“Ovvio, che ti aspettavi? Che mi sarei lasciata uccidere? Hai proprio una bassa considerazione di me, fratello.” Riuscii addirittura a scherzarci sopra, cosa da non credere!
“Smettila di scherzare, dimmi immediatamente dove ti trovi! È tutta la notte che cerco di mettermi in contatto con te, mi hai fatto stare in ansia!” Mi rimproverò, con il suo solito atteggiamento di superiorità, che non sopportavo proprio.
“Sono a casa di Black. Ho passato la notte da lui.” Ammisi, senza troppi pensieri.
“Tu, cosa?! Ma dico, sei impazzita per caso?!” Come da copione, era andato su tutte le furie. Teoricamente adesso sarebbe iniziata la parte in cui mi faceva la predica su quanti fossi irresponsabile, sul fatto che non ne combinavo mai una giusta e bla bla bla.
“Ma stai calmo, per una volta tanto! Sto benissimo, Jakob non mi ha fatto niente! Piuttosto mi ha aiutata quando George ha tentato di rapirmi, ne sai qualcosa?!”
All’inizio ci fu un silenzio imperturbabile, poi, dopo aver sospirato, riprese parola. “So quello che è successo, mi è stato raccontato da Spencer.  George ha tradito la società e ne pagherà le conseguenze. Mi dispiace davvero, sorellina.” Avrei dovuto credergli? In tal caso avrebbe dovuto anche essere a conoscenza della ragione di quel gesto.
“Hm... E sai anche perché l’ha fatto?” Mi parve di sentire un rumore in lontananza, così mi girai e cercai di capire da dove provenisse. Non trovai una risposta – ma no, non me l’ero immaginato- e mi concentrai di nuovo sulla conversazione con Mason.
“Ho ancora delle perplessità al riguardo. Dice di essere stato costretto, ma non so ne da chi, ne perché.” Oh, grazie tante fratellone, sei stato proprio di grande aiuto!
Mi balenò in mente l’idea che, forse, George fosse la spia degli Skulls. Riflettendoci… no, non aveva senso, sennò cosa cavolo si sarebbe intromesso a fare, Jakob?
O ancora, forse lo aveva fatto proprio perché il biondo si era fatto mettere al tappeto da me in persona, e stavo rovinando il suo piano.
Ma il ragazzo con gli occhi nocciola però, non mi dava l’idea di essere uno che stava tramando qualcosa. Al contrario. Dio Mio, perché era tutto un fottutissimo casino?!
Alexa, ora diventi anche volgare?!
Oh, no! Era vero! Avevo iniziato ad esprimermi come una vera e propria ragazza maleducata dei Danger!
Ecco, appunto.
Ma che facevo, mi mettevo 
pure a parlare  da sola? Avevo perso del tutto la ragione?
Probabilmente si. Eri sempre stata una ragazza strana!
Ora basta!
“Quindi non è vero che volevi vendermi ad uno sceicco arabo?” Domandai. 'Ti prego, dì di no, dì di no!' sperai, incrociando le dita.
“Ma cosa ti salta in mente? Non potrei mai fare una cosa del genere! Chi mai ti ha detto una cazzata simile?” Aveva perso le staffe, irritato dalla domanda –lo conoscevo troppo bene-.
“Nessuno.” Mi limitai a dire e subito ricordai cosa mi era stato detto riguardo alla morte dei miei genitori. Non potei fare a meno di chiedergli se il mio dubbio era fondato, oppure era solo una grande balla. “Mason, Jakob mi ha detto che mamma e papà… Ecco, non sono morti in un incidente…” Cominciai.
Non sapevo in che modo dirlo. Insomma, non potevo mica uscirmene con una frase del tipo: “Ehi, fratello, hai ucciso tu i nostri genitori?”.
 
Sentii il suo respiro aumentare di velocità, mentre soffiava sul microfono del cellulare. “Che ti ha detto quel bastardo?” Disse acidamente. Fortunatamente non era lì con me in quel momento, altrimenti sarei stata certa che sarebbe corso da Black e gli avrebbe spaccato la faccia a suon di pugni.
“Che tu… beh, non è facile da dire…” Ero davvero impacciata e continuavo a girarci intorno.
“Che io, cosa?!” Mio fratello soffriva di una sindrome da perdita rapida della pazienza. Una cosa grave, a mio dire.
“Tu hai ucciso Calla e Ray.” Bene, finalmente avevo lanciato la bomba. Ora bisognava solo aspettare e stare a vedere se sarebbe scoppiata, oppure sarebbe rimasta intatta sul terreno.
Dopo un paio di minuti, che a me sembrarono secoli, ruppi il silenzio. “Mason? Ci sei ancora?” Domandai con voce flebile, un po’ spaventata per la sua reazione.
“Si, ci sono. Senti Alexa, dobbiamo parlare. Ma non tramite un fottutissimo telefono. Ti aspetto tra mezz’ ora al Parco Ovest della città. Non tardare.” E detto ciò, agganciò.
Ottimo, come ci sarei arrivata?
Tornai nella stanza nella quale mi ero riposata: Jakob dormiva ancora, con le labbra leggermente socchiuse e le guance arrossate, mentre stringeva a sé il cuscino. Non seppi perché, ma quella vista mi sembrò davvero tenera, dolce come un bambino appena nato. Afferrai i vestiti che avevo indossato il giorno precedente ed andai a cambiarmi nel bagno. Mi sistemai i capelli alla bell’e meglio, poiché non avevo a disposizione una spazzola. Fortunatamente il giorno prima non mi ero truccata, così non dovetti sistemare niente sul mio viso e mi limitai semplicemente a sciacquarlo. Di soppiatto –mi sentivo tanto come l’agente 007 in missione- presi il mio zaino, poggiato in un angolino sul pavimento e mi avviai verso la porta che riconduceva fuori. Diedi un’ultima occhiata al ragazzo assopito e mi scappò un sorrisino. Avanzai tranquilla e poiché le ante erano chiuse, non distinsi bene le figure attorno a me e colpii con il mignolo del piede, lo spigolo di un mobile. Invocai tutti i santi esistenti ed anche quelli non esistenti. “Ma porca paletta!” Esclamai, presa dal dolore misto a rabbia. Saltellai su un piede verso la porta.
“Che stai facendo?” Chiese lui, dietro di me. Perfetto, si era svegliato! Che mi sarei inventata a quel punto? Cosa gli avrei detto? Che andavo a fare la spesa? Che stavo tornando da Mason, dal quale lui mi aveva messo in guardia?
Due braccia mi circondarono la vita, prima che il suo mento venisse posato sulla mia spalla. “Stai scappando?” Sussurrò, in modo così sensuale, che fui percossa da un brivido. Il suo bacino era premuto contro la mia schiena e solo allora notai quanta era la differenza di altezza tra noi due. Lui mi sovrastava, completamente.
“N-no.” Farfugliai. Accidenti a me ed alle mie stupide ovaie, che mi avevano appena fatto fare la figura dell’ idiota!
“Ne sei proprio sicura?” Alitò sulla pelle del mio collo, facendomi fremere. Come riusciva a causare in me tutto quello scompiglio? Cosa mi stava facendo? L’ Alexa Jersey che si rispettava, aveva sempre i nervi saldi e non si lasciava sopraffare da nessuno.
“Si.” Risposi glaciale. “Allora perché ti sei cambiata e tieni stretto tra le mani il tuo zaino? E perché stavi uscendo di qui di nascosto?” Mi spiazzava sempre, quell’ adorabile ragazzo odioso.
“Perché… ehm…” Forza Alexa, fatti venire una delle tue brillanti idee! Dai! “…perché… volevo andare a prenderti una sorpresa!” Buttai giù ad un tratto. Ma sei cretina? Che cazzate vai a dire? Un sorpresa? No, seriamente, fatti curare in una casa di cura psichiatrica specializzata, eh!
Oltre a me, anche lui rimase interdetto: “Una sorpresa?” Mi sarei voluta tanto prendere a schiaffi con le mie stesse mani, peccato che in quel momento fossi già stata impegnata con altro. “Sul serio?” Domandò, dubbioso. Alla fine feci quello che sapevo fare meglio: dire la verità. “No, è una cazzata, non è affatto vero.”
“Bene.” Affermò, lasciando la presa su di me. “Allora, mi dici che cosa stavi cercando di fare?” Andò alla finestra ed aprì le ante, permettendo alla luce solare di  filtrare attraverso le finestre. Mi girai a guardarlo, mentre il mio cervello elaborava una scusa plausibile. “Niente.”
“Smettila di raccontare cazzate, per favore!” Che soffrisse anche lui dello stesso problema di Mason? L’avrei scoperto molto presto.
“Stavo andando da mio fratello.” Fui schietta, perché non trovai nessun’altra possibilità. Lui s’incupì e mi guardò in modo strano, non fui in grado di decifrare la sua espressione, e a breve fu a pochi centimetri da me.
“Ma davvero?” Aveva un sorrisetto inquietante sulle labbra e per la prima volta da quando stavo lì, dubitai delle sue intenzioni. “Beh, io non credo proprio uscirai da qui.”
Quel ragazzo era un vero mistero per me: un momento era il ragazzo più dolce del mondo, l’attimo dopo, era un duro in tutto e per tutto –è il capo degli Skulls, Alexa, chiediti il perché!-. Jakob si avvicinava ed in automatico io andavo indietro.
Idea! Se fossi arretrata a poco a poco, sarei potuta uscire dalla stanza e provare a scappare! Mi mossi sempre più velocemente e mi voltai anche per un nanosecondo per vedere quando la porta fosse aperta: ahimè, davvero poco, ma comunque era una possibile via di fuga.
Un passo, ancora uno… Quando ero proprio sul punto di darmela a gambe, un braccio del moro si poggiò sul legno alle mie spalle, spingendolo affinché andasse a chiudere il piccolo varco. Maledizione!
“Pensavi sul serio di farcela?” Jakob rise di me e del mio fallito tentativo.
Perché si comportava così? Boh.
Mi ritrovai dunque, incastrata tra il legno ed il bel ragazzo. Déjà-vu.
Non risposi alla sua domanda retorica e subito me ne fu posta un’altra. “Perché vuoi andartene? Non ti sei trovata bene qui?” E forse fu solo una mia impressione –no, non lo fu – ma mi parve dispiaciuto e preoccupato. Che dietro a quell’ atteggiamento prepotente e dominante, ci fosse un animo buono? Ma che dico,  scemenze!
“Non è quello, solo che…” Ero combattuto se dirglielo oppure no.
“Solo, cosa?” Mi guardò con quegli occhi nocciola che mi piacevano tanto –solo gli occhi mi piacevano, non Jakob, sia chiaro- e mi sentii sciogliere.
“Poco fa ho telefonato a mio fratello. Dice che non è vero che voleva cedermi allo sceicco e vuole incontrarmi di persona per parlare della morte dei nostri genitori.”
Ci pensò su un pochino, prima di parlare: “E tu gli credi, Alexa?!” Sembrava scioccato, ma in realtà avrebbe avuto un sacco di motivi per non esserlo.
“Sinceramente, sì! Penso che mi possa affidare di più su mio fratello, che conosco da una vita, che su te, con cui ho “parlato” al massimo un paio di volte ed in entrambe, per insultarci!” Cominciò a tornare la vera me. Lui si passò una mano tra i capelli.
“Ma io ti ho detto la verità, cazzo!” Esclamò, burbero.
“Non lo metto in dubbio, ma prima vorrei sentire la versione di Mason.” Usai un tono deciso e sicuro, che sarebbe sicuramente servito a mio vantaggio.
“Non ti lascerò andare.” La sua voce era distaccata e voleva dare ordini, ma io non ero il tipo da farsi sottomettere.
“Non ti stavo chiedendo il permesso.” Dissi, acida e scontrosa. Si avvicinò ancora di più, premendo il suo corpo contro il mio. Spostò alcune volte lo sguardo dai miei occhi alle mie labbra e mi confuse.
“Peccato che sei a casa mia e qui le regole le decido io.” Si allontanò e mi prese per un braccio, trascinandomi lontano dalla porta. Lo vidi frugare in un cassetto e poi vi estrasse un paio di manette. Oh, mio, Dio. Faceva sul serio? Le aprì e si mosse verso di me, ma prontamente balzai lontano. Feci il giro del letto, finché non mi trovai contro il comodino. “Fai la brava.” Sorrise sghembo. Certo, secondo te mi facevo anche ammanettare? Ma per favore!
Saltai sul letto - chi sene fregava se si sfondava - e lo attraversai, trovandomi all’ altro lato della stanza. Mi gettai fuori dalla stanza e corsi più velocemente che potei.
Se almeno avessi saputo dove diavolo stessi andando! I passi dietro di me mi fecero intuire che fossi seguita. Accelerai e finalmente, voltandomi indietro, notai di averlo seminato –che gioia!-.
Peccato che poco dopo mi trovai in un corridoi senza fine, un vicolo cieco in pratica. Ecco perché aveva rallentato: sapeva che ero in trappola. Merda (secca) –pessima battuta-. Da dietro l’angolo spuntò Jakob, che sorrideva vittorioso.
“Corsa finita, baby.”  Forse aveva ragione, non potevo più fare niente, tanto valeva seguirlo di mia spontanea volontà.
“Ok, hai vinto tu.” Sospirai miseramente. Lui sorrise e mi porse la mano, aspettandosi che l’afferrassi. Ebbi un flashback e mi tornò in mente una mossa, insegnatami da mio fratello, grazie alla quale sarei potuta strisciare attraverso le gambe semi-aperte di Jak e sorpassarlo. Guardando bene però, l’apertura era troppo piccola e non ci sarei passata.
Ebbi un altro lampo di genio. Mi avvicinai moltissimo a lui ed unii le braccia dietro al suo collo. Doveva credere che stessi per baciarlo. Lo spinsi contro il muro, facendo scontrare i nostri bacini. Sciolsi le mani, posandole sulle sue spalle, fingendo fosse per aiutarmi ad alzarmi sulle punte ed unire le nostre labbra. Mi avvicinai fino a quando le nostre bocche quasi non si sfiorarono, poi, gli diedi una ginocchiata nel pacco –non troppo forte, non volevo fargli tanto male- e corsi via, ripercorrendo i corridoi di prima, nella direzione inversa. Lui non se l’era aspettato, così avrei avuto un certo vantaggio. Notai un corridoio che prima avevo del tutto ignorato e lo seguii. In fondo ad esso vi trovai le scale che portavano al piano inferiore! Mi fermai un attimo, contenta del fatto che ce l’avevo fatta.
Ma parlai - o meglio, pensai - troppo presto, perché Jakob nuovamente mi fu alle calcagna. Mi fiondai giù dalle scale: avrei tanto voluto provare a fare come nei film, quando i protagonisti scendono seduti sullo scorri-mano, ma lasciai quell’ esperienza ad un momento migliore. Mancava pochissimo; la porta d’ingresso era là, a pochi metri da me.
Sicuramente la mia fuga avrebbe avuto un buon esito, se non fosse che inciampai nell’ ultimo gradino, finendo come un sacco di patate, a terra.
“Ma vaffanculo!” Imprecai, ed in quel momento, non me ne poteva fregare un fico secco delle buone maniere. Il ragazzo, scendendo la scalinata assassina, rise di gusto, irritandomi.
“Certo che sei proprio un salame!” Continuava a deridermi, cosa che fin da piccola, non sopportavo. La mia prima idea era stata quella di alzarmi e picchiarlo, poi però, ricordandomi che lui sarebbe stato comunque più forte di me, rinunciai. Me ne stetti sul parquet di legno, tutta dolorante. “Sta’ zitto, accidenti!” Gli intimai. Si mise davanti a me: avevo i suoi piedi a pochi centimetri dalla mia faccia. A quella scena, mi venne da dire una cosa. “Dovresti lavarti i piedi ogni tanto, sai? Ed anche farti una pedicure.” Ovviamente, era tutto falso, i suoi piedi erano perfetti, come tutto il resto del suo corpo. Jakob mi credette e si spostò immediatamente, visibilmente a disagio per la mia osservazione. Mi tirai su fino a trovarmi seduta. Guardai negli occhi il mio “amico” e vedendolo con quell’ espressione imbarazzata, mi misi a ridere di lui, vendicandomi per poco prima. “Che scemo, ci sei cascato! Dovresti vedere la tua faccia in questo momento!” Era troppo comica come cosa, non ci potei fare niente.
Realizzando che l’avevo presto per il culo –si, evviva la finezza!- mi si avvicinò e, afferrandomi per le braccia, mi tirò in piedi. A quel punto la sua stretta attorno al mio corpo divenne salda. Jakob mi afferrò un polso e vi ci chiuse attorno alla manetta. “No, tesoro, tu sei scema!” Disse, tornando a fissarmi.
“Proprio qui sbagli. Io non sono scema, semplicemente uso un altro tipo di intelligenza!” Esclamai, ricominciando a ridere come una scema, appunto.
Lui si portò una mano sugli occhi. “Davvero squallida. Una battuta peggiore non la potevi trovare.” Chiuse l’altra manetta attorno al suo polso. Ma che diamine…?
Era ritardato o cosa?
“Ma che fai? Liberami subito la mano!” Provai a tirare per liberarmi, ma l’unico risultato che ottenni, fu quello di farmi male.
“Dai piccola, puoi ammetterlo che provi piacere stando vicino a me!” Ammiccò, facendomi un occhiolino. Di nuovo, si faceva largo il Jakob vanitoso ed arrogante –peccato che mi piaceva anche quella parte di lui. Non è vero, non mi piaceva!-.
“Ma fammi il favore!”
“Non c’è niente di male, sai?”
Mi prese con la mano libera, l’altro polso, portandoselo vicino al petto. Ero in piedi, di fronte a lui, e pochi centimetri ci separavano. Guardai l’orologio appeso alla parete, alle sue spalle e dedussi che ero davvero in ritardo.
“Si, si, non m’importa. Ti prego Jakob, devo andare, Mason mi starà aspettando.” Cercai di convincerlo a lasciarmi andare.
“Quanto mi dispiace, ho perso giusto ieri la chiave di queste manette. Mi sa che se vuoi andarci, dovrai portarmi con te!” Sapevo che era una menzogna; non si sarebbe mai ammanettato a me senza avere la chiave d’apertura. Proprio su questa idea, lo istigai. “Va bene, allora verrai anche tu!”

Non avrei mai creduto avrebbe resistito così a lungo. Alla fine comunque, aveva accettato. Non mi aveva liberato: stava venendo con me –ed intendo proprio con, dato che i nostri polsi erano ancora uniti -. Avevamo indossato entrambi una felpa con il cappuccio - tutte e due di Jakob -, le cui maniche nascosero in parte il metallo grigio delle manette. Stavamo camminando per entrare nel parco: molte persone per strada si soffermavano ad osservare le nostre braccia, incuriositi.
“Ci stanno guardando tutti.” Feci notare al moro, come se non se ne fosse già accorto.
“Lo so.” Annuì solamente.
“E non credi sia arrivato il momento di separarci? Ed intendo nel vero senso della parola.” Domandai, piena di speranze.
“No, non credo. Però se vuoi” Iniziò, prendendomi la mano ed incrociando le nostre dita. “possiamo fare così. Salterà all’occhio a meno persone.” Era chiaro che lo facesse solo per tenermi per mano e non per il parere dei passanti, comunque stetti al gioco. Alcune ragazzine, vedendoci, bisbigliavano tra di loro cose che non compresi, per loro fortuna.
Entrammo nel parco deserto. Mi guardai attorno, scorgendo la figura incappucciata di mio fratello, in piedi davanti ad una panchina.
“È là.” Gli indicai. “Andiamo.”
A passo svelto, arrivammo davanti a mio fratello. Appena mi vide, sobbalzò dalla gioia e lo fece un po’ meno quando si accorse che io e Jakob eravamo ammanettati.
“Black.” Disse sprezzante mio fratello, “salutando” prima lui e poi me.
“Jersey, quanto tempo.” Lo provocò Jakob. Per attirare la loro attenzione, mi schiarii la voce.
“Alexa, mi puoi cortesemente spiegare questo cosa significa?” Chiese, poco gentilmente, Mason.
“Ehm… è una storia un po’ lunga, comunque ora non siamo qui per questo.” Lui annuì poco convinto e continuò a lanciare occhiatacce omicide a Jakob, che mi stringeva ancora la mano, scaldandomela ed infondendomi coraggio.
“Però che cazzo ci fa quel coglione qui con te?!”
“Mason, se è ammanettato a me, penso che tu possa capire il perché sia qui!”
Esclamai, alzando gli occhi al cielo.
“Non posso proprio sopportare questa cosa, Black. Non so per quale assurdo motivo vi troviate in questa condizione, ma sappi, che se non fosse perché sei attaccato a mia sorella e che prendendoti a cazzotti, farei del male anche a lei, avresti già fatto una bruta fine.” Lo minacciò.
“Uh, sono proprio spaventato!” Rispose l’altro.
“Potete finirla?!” Urlai, esasperata. Erano peggio dei bambini dell’asilo, santo cielo! “Mason, se sono qui è perché voglio sapere cosa è successo a mamma e papà.” Dissi seria. Lui mi degnò della sua attenzione, ma appena due secondi e riportò lo sguardo sul ragazzo al mio fianco.
“Non ho intenzione di parlarne con lui che ascolta.” Affermò convinto. Da parte sua, Jak ridacchiò: “Ma dai Mason, che problemi ti fai? Tanto so già tutto, non cambierebbe niente!” In quel momento, l’ipotesi che davvero fosse stato mio fratello l’assassino dei miei genitori, tornò in gioco.
“Stai zitto, lurido figlio di-” Non gli permisi di continuare, poiché mi parai davanti a lui. “Smettila! Avete rotto voi due! Voglio la verità!” Esclamai, mentre la pazienza se ne stava andando a quel paese.
Mason prese un bel respiro. Continuò a fissare il moro alle mie spalle, ma le sue labbra si mossero ugualmente. “Sentimi, non so cosa ti abbia raccontato lui. Comunque devi sapere-” Per l’ennesima volta lo interruppi.
“No, aspetta!” Dissi, veloce. Prima di rovinarmi per sempre la vita, scoprendo chissà quale verità, c’era un’altra cosa che volevo sapere.
“Cosa c’è, stavolta?” Rispose, alquanto scocciato.  Lo conoscevo bene e sapevo che odiava quando qualcuno gli parlava sopra, impedendogli di continuare il suo discorso.
“Prima devo farti una domanda.”
“Dimmi, ti ascolto.”
Acconsentì.
“Davvero mi avresti venduta allo sceicco arabo?” Dato che era il momento delle confessioni, mi sembrava lecito, chiedere. Lui fece roteare gli occhi, altro sintomo di nervosismo. “Ancora con questa storia? Mi sembrava di averti già detto che non era vero!” Era convinto delle sue parole, perciò cercai risposta negli occhi di Jakob, che sembrarono confusi quanto i miei.
“La mia spia però mi aveva informato diversamente.” Precisò Jakob. All’ inizio mi fratello spalancò gli occhi: “Spia, hai detto?!” Era parecchio sconvolto.
“Si, hai capito benissimo.”
“Tralasciando il fatto che, avendomi detto di una spia nella mia società, la troverò e la eliminerò, comunque te lo giuro su tutto quello ho di più caro al mondo, Alexa, non è così. Evidentemente la spia deve aver capito male: la mia idea era quella di farti conoscere lo sceicco, al quale sicuramente saresti stata simpatica, affinché poi lui volesse concludere alcuni affari con noi. Niente che tu non abbia già fatto.”

Tutto aveva un senso. Allora Jakob o si era sbagliato, o aveva mentito. Lo guardai appunto per capire quale delle due opzioni fosse la più corretta. Lui abbassò lo sguardo e si scusò: “Alexa, mi duole ammetterlo, ma credo che tuo fratello non stia mentendo su questo.” Disse, calcando sulle ultime due parole e lanciando a Mason un’occhiata d’intesa. “Evidentemente, la mia spia deve aver capito male.”
Apprezzai molto questo suo gesto, infatti gli sorrisi, dicendogli che non importava.
“Bene, ora che questo dubbio è stato chiarito, puoi raccontarmi dei nostri genitori.” Lo informai e di nuovo, la luce nei suoi occhi si spense.
“Promettimi però che starai ad ascoltarmi fino alla fine.” Mi quasi supplicò, preoccupato. Doveva essere qualcosa di molto, ma molto importante.
“Si, te lo prometto.” Abbozzai un sorriso per incoraggiarlo, ma purtroppo non ebbe il risultato che speravo.
“Alexa, è complicato.” Disse ancora. Non capivo se lo diceva perché non voleva andare avanti, o perché temeva che non avrei mantenuta la parola data.
“Fa niente, parla.” Potevo solo imporgli di proseguire, perché in quel momento ero io a comandare. Strizzò gli occhi e vidi mio fratello in difficoltà, per una delle poche volte nella mia vita.
“Tutto è iniziato un anno prima della loro morte. Papà dirigeva tutto nella società e mamma lo affiancava. Io ero un membro come tutti gli altri, ma ambivo al potere. Chiesi più e più volte di poter ottenere un incarico migliore, un posto di classe superiore, ma niente. Calla e Ray si ostinavano a rifiutare. Quella sera avevo bevuto, non so cosa mi prese.” Vidi i suoi occhi diventare lucidi, mentre raccontava quella parte di racconto. “Andai al centro e trovai mamma e papà che sistemavano gli ultimi affari. Il pomeriggio di quello stesso giorno, aveva fatto l’ennesima richiesta che, come sempre, non mi era stata concessa. Avevano detto che ero troppo immaturo ed irresponsabile e che non sarei mai stato in grado di ottenere una carica di tale livello. Così andai da loro, con una pistola.” Il cuore iniziò a stringersi dentro il mio petto, l’angoscia si diffondeva ovunque. “Li vidi lì, felici… Davvero, non so cosa mi sia passato per la testa, ma…” Ormai la sua voce era rotta dal pianto. “…Li uccisi.” Si fermò un attimo, ed io sentii pizzicare gli occhi, che ben presto si riempirono di lacrime. Non ci potevo credere, non poteva essere!
Non mio fratello, non Mason! Ero disperata, mi aggrappai a Jakob che, rattristito, mi aiutò a rimanere in piedi. Mio fratello, anzi no, per me non lo era più, mi aveva tradito e mentito per tutti quegli anni!
“La cosa peggiore la feci poi.” C’era qualcosa di peggio? Seriamente, cosa potrebbe esserci di più abominevole dell’ assassinio dei propri genitori?! “Presi i loro corpi e li misi nell’auto di papà, guidai fino al fiume, poi mi avvicinai alla riva, sempre di più e quando mancarono pochi metri, scesi dalla macchina, che finì in acqua. Per questo si ipotizzò di un incidente, per questo nessuno, a parte Jakob ed altre due o tre persone della banda, scoprì mai la verità. Mi dispiace Alexa, avrei tanto voluto dirtelo ma…” Stava piangendo, ma non mi faceva compassione. Era un mostro, provavo un odio ed una rabbia repressa dentro di me, che necessitavo  di sfogare.
Lo avrei ammazzato di botte, avrei vendicato mamma e papà. Guardai Jakob e, con la voce più spietata e spaventosa che mai avessi avuto, gli dissi: “Apri le manette, ora.”
Lui infilò la mano in tasca, estraendone una minuscola chiave, con la quale le aprì. Appena fui libera, mi avvicinai ancora di più a mio fratello.
“Tu, lurido verme!” Gli sferrai un pugno sul naso, ma non soddisfatta dalla potenza che ci avevo messo, gliene tirai un altro. Del sangue colò dalla narice, sporcandogli la pelle. “Alexa, fermati!” Mi implorò lui, ma non avevo intenzione di smettere.
“Ti odio, ti odio, ti odio! Come hai potuto farlo, come hai potuto uccidere mamma e papà?! Mi hai mentito, per tutti questi anni, ma nulla in confronto a ciò che hai fatto! Sei un mostro, un abominio, nemmeno ti meriti di vivere ancora su questo pianeta!” Lo presi per i capelli e glieli tirai, facendogli abbassare il capo e lo presi a pugni insistentemente. Lui mi lasciava fare, sapeva che era giusto –per quanto potesse esserlo, picchiare qualcuno- ed avrei dovuto fargli anche di peggio.
L’avrei massacrato di botte, lì, in quel parco, se non fosse stato per la voce di Jakob, che entrò nella mia testa: “Alexa, basta! Capisco che tu sia arrabbiata, ma non è questo il luogo ideale per risolvere la questione. Vieni via.” Mi toccò un braccio, ma gli ringhiai contro, facendolo allontanare. Diedi una ginocchiata nello stomaco a Mason, che si piegò in due, prima di cadere sulla ghiaia del sentiero.
“Alexa, ascoltami.” La voce di Jakob fu come un calmante: mi fece rilassare e distendere i nervi, così, all’ improvviso, smisi di fare quello che stavo facendo.
Quella era stata senza dubbio la giornata più brutta della mia vita. Mi era crollato addosso il mondo, come un grande blocco di cemento.
Feci tre passi indietro e corsi ad abbracciare Jakob, che mi accolse gentilmente tra le sue braccia. Presi a singhiozzare, ma non prestavo attenzione se intorno qualcuno avesse visto l’accaduto. Quando lo feci, comunque, notai che nessuno a quell’ ora era nel parco. Almeno una cosa positiva c’era!
“Jakob, per favore, portami via di qui.”
“Certo, piccola.”













Ditemi cosa ne pensate in una recensione, mi rendereste felice c: Un bacio :-* Grazie a tutti i lettori, a quelli che recensiscono sempre ed a quelli che io chiamo "lettori silenziosi", che si limitano alla lettura.
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Nightshade_04