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Autore: Black Chandelier    22/09/2013    4 recensioni
[Tratto dal 1° capitolo]
Il sole splendeva a Poway: l’estate era finalmente arrivata.
Le persone organizzavano grigliate, feste e andavano in vacanza, la scuola era terminata e per chi lavorava c’erano le ferie.
Preparare una valigia non era mai stato così facile per me, che di estivo non avevo niente se non una o due canottiere nere, per il resto il mio armadio era composto solo da magliette di gruppi musicali.
Non ero molto amante dell’estate, preferivo l’inverno, le cioccolate calde, la neve e il Natale.
I miei migliori amici, Mark e Tom, mi avevano costretta ad andare in vacanza con loro e, come rifiutare davanti a due ragazzi che ti ripetono in continuazione, facendo gli occhioni, “Dai, vieni con noi!” portandoti all’esaurimento nervoso?
Genere: Romantico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Scott Raynor, Tom DeLonge
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Heeey giiirls and boooys!
Salve!
Sono tornata anche io, ahimè, dovete sopportarmi. 
Comunque, il ritorno a scuola mi ha uccisa.
E le idee non finiscono, però sto calma e non scrivo nulla... a parte la song fic che ho pubblicato stamattina su blink, appunto. 
E voi, come state?

p.s. in questo capitolo ci saranno termini volgari, scusate ma era per rendere al meglio la storia. Ah, e il capitolo sembra corto ma è l'editor di efp che accorcia tutto, quindi... non picchiatemi, su Word sono 7 pagine. Buona lettura!


 

 Did you know? I'm here to stay.

 

4) Die Bitch!

 


 

La tranquillità non durò molto.
Il pomeriggio lo passammo insieme fra un gavettone e l’altro, poi conoscemmo meglio Jennifer che reputavo una ragazza simpatica e altruista, si era presentata sia a me che a Mark nonostante ci conoscesse già di vista.
Tom arrossiva ogni volta in cui lei lo guardava o semplicemente gli parlava.
Io li vedevo bene insieme, stranamente lui non faceva il coglione ma rimaneva serio, il che non era una cosa naturale per Tom DeLonge.
Fra una risata e l’altra arrivò l’ora di rientrare in albergo per la cena, eravamo tutti molto affamati, me e Hoppus in particolare.ù
Il problema era che in quel momento Josie era stranamente scesa a mangiare con noi e per poco non mi andò di traverso il boccone che stavo masticando.
Teneva due piattini con verdure miste in mano in quel momento desiderai che gli cadessero su quel vestito provocante che indossava.
“Buon appetito!” Sorrise, la guardai con disgusto mentre sorseggiavo il mio bicchiere d’acqua.
Mark e Tom  risposero, io stetti in silenzio beccandomi una gomitata da quest’ultimo.
“Oh, Kay, mi ha chiamato tua madre prima.”
Quasi mi scappò una bestemmia davanti a tutti, ma  mi trattenni a fatica.
Sicuramente le aveva riferito tutto o si era inventata qualche bugia per peggiorare ancora la situazione, sentivo già la vacanza sgretolarsi mentre giocherellavo con la forchetta.
“Beh? Non vuoi sapere che mi ha detto?” Continuò, mostrandomi un sorrisino falso, ironico, pieno di falsità e menzogne.
“No, in realtà non me ne frega un cazzo di ciò che ti ha detto. E azzardati a dirle qualcosa di falso che ti spacco la faccia, o non ti è bastato il ceffone dell’altro giorno??” Digrignai i denti, ero arrabbiatissima e i miei migliori amici mi guardavano preoccupati.
Stette in silenzio, mi era passata la fame e in realtà mi interessava ciò che si erano dette lei e mia madre, ma non le avrei mai dato quella soddisfazione.
Ad un certo punto, strategicamente, fissai a lungo il bicchiere davanti a me e feci un sorrisino malefico.
Allungai la mano verso di esso e feci finta di giocarci, mentre in realtà puntavo al vestito di mia cugina.
Accadde tutto velocemente, feci cadere il bicchiere e la birra che vi era all’interno finì proprio al centro del vestito di Josie, che immediatamente si mise ad urlare istericamente catturando l’attenzione di tutti i presenti in sala.
Trattenni la risata che stava per uscirmi dalla bocca e sussurrai: “Ops!”, notando la ragazza alzarsi e correre via.
Quando fu abbastanza lontana scoppiai in una grossa risata, che mi provocò il mal di pancia.
“Sei davvero una stronza.”
La frase di Mark mi rimbombò nelle orecchie e mi fermò di colpo, rabbrividii mentre lui si alzò per seguirla.
Ero confusa, arrabbiata, delusa e …
“Che cazzo gli è preso?!?! Se lo meritava quella stronza!”
Mi rincuorava sapere che Tom era d’accordo con me, d’altronde anche lui iniziava a non sopportare Josie, ma mi chiedevo ancora quale fosse il problema di Mark.
Insomma, sapeva ciò che mi aveva fatto e ancora doveva seguire quella falsa sgualdrina.
C’era qualcosa che non andava, sicuramente lei gli aveva riferito qualcosa mentre io stavo facendo la doccia, per ripicca.
 Ero sicura del fatto che lei si fosse inventata una storiella per fargli credere che lei era la pecorella innocente e io il toro incazzato.
No, non si poteva decisamente continuare così.
“Tom, senti, andiamo in spiaggia? Io …” Sentii gli occhi pizzicare, ma mi trattenni, non volevo piangere come una cretina.
“Va bene, Kay. Tanto non ho molta fame, dopo il panino che ho mangiato con Jennifer oggi.”
Ridacchiai vedendolo arrossire e gli scompigliai i capelli, era tenerissimo quando arrossiva ed ero sicura che si era preso una bella cotta per lei.
Scendemmo nella hall e salutammo la proprietaria, che aveva la faccia esausta e stava firmando alcuni moduli.
Dopo essere usciti dall’hotel, come al solito vi era molta gente per strada e c’era della musica, Tom mi guardò e mi sorrise sincero, sapeva che stavo male psicologicamente e ancora non riuscivo a capire quale fosse il problema di Mark.
Era riuscito a farmi sentire colpa di un gesto di cui dovevo andare fiera, e invece rovinava tutto.
Lo odiavo, ero arrabbiatissima con lui e mi stavo immaginando di tutto e di più.
Turbata, guardavo chiunque senza farlo apposta mi sfiorava malissimo, Tom stava in silenzio perché mi voleva far sbollire la rabbia, ma in quel momento era difficile che mi passava.
Stavamo vagando senza una meta specifica, inoltre indossavo una camicia a quadretti con le maniche corte e dei jeans neri accompagnati dalle Converse anch’esse nere, Tom invece indossava una maglietta larga e i soliti pantaloncini da skater.
“Che caldo fa…” si aggiustò il cappellino che come al solito teneva in testa e sospirò, sorridendomi poi.
Istintivamente lo abbracciai e mi sentii protetta fra le sue braccia, nonostante il pensiero precedente mi torturava continuamente.
Mi dispiaceva un po’ per lui, infondo doveva beccarsi le mie lagne.
“Mi dispiace Tom.” Sussurrai, per fortuna eravamo al lato della strada che si affacciava sul mare.
“Non preoccuparti, lo sai che io ci sono sempre.”
“Lo so, ma…” Mi staccai da lui e lo guardai negli occhi, “Ti sto tartassando, sto tartassando tutti, sembro una depressa cronica. Quindi mi dispiace, scusa, non pensavo che la vacanza iniziasse così.” Scossi la testa lentamente.
“Tranquilla. Davvero, io non mi stuferò mai di te. Josie è una stronza, l’altra sera si è pure avvicinata a me, alla festa, notando che Mark non glielo dava. E io l’ho rifiutata, posso essere un coglione ma ci arrivo alle cose.” Mi accarezzò il braccio e mi donò uno dei suoi grandi sorrisi.
Mi sentii un po’ meglio a sentire quelle cose, infondo sapevo che Tom ci teneva a me e non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
“Grazie.” Mormorai, ricambiando il sorriso. “Senti, lasciamo da parte i miei sentimenti da depressa e parliamo un po’ di te?”
Iniziammo di nuovo a passeggiare, non era poi così male passeggiare per strada, c’era un po’ d’aria e, insomma, si respirava.
Il moro annuì e arrossì subito, sapeva già di cosa volevo parlare.
“Beh… che vuoi sapere?”
“Diciamo, ieri mi hai fatto tenerezza. E tu e Jennifer siete perfetti, secondo me anche lei ti trova carino. Insomma, a quanto pare vengono tutti a San Diego in vacanza!”
Rise e mi scompigliò i capelli beccandosi un’occhiataccia dalla sottoscritta.
“Sì, lei ci viene spesso. Beh, che dire di lei? E’ bellissima, i suoi occhi mi fanno innamorare ogni volta.”
Jennifer era davvero una bella ragazza secondo me, i suoi occhioni azzurri facevano un baffo a quella stronza di Josie.
Poi era simpatica e parlava, anche se all’inizio era intimidita dalla nostra presenza poi si è lasciata andare e abbiamo chiacchierato alla grande.
 
 


Dopo dieci minuti di camminata, io e Tom eravamo piuttosto stanchi, così decidemmo di andare in un pub lì vicino dove suonavano musica punk-rock ed era piuttosto carino e accettabile.
Ci eravamo seduti in un tavolino appartato, io quella sera non ero delle condizioni migliori e preferivo che nessuno vedesse le mie occhiaie, così ordinai una birra e Tom anche.
Quando lui chiese alla cameriera delle noccioline scoppiai a ridere e mi disgustò mangiare a quell’ora, infondo erano quasi le 22 e non era una cosa normale.
“Carino questo locale, no?” Ondeggiai appena con la testa stando al ritmo della canzone, c’era un gruppo musicale che suonava su un piccolo palco e non erano male.
“Ce la farò pure io a suonare davanti a delle persone, prima o poi.” Disse, sospirando.
Lui e Mark suonavano rispettivamente la chitarra e il basso, cercavano un batterista con cui fondare una band ma non ne trovavano.
Tom amava la chitarra, quando i suoi gliela regalarono era la persona più felice del mondo e a scuola lo diceva a tutti, me compresa.
Poi quando conobbe Mark – che io già conoscevo – e scoprì che aveva la passione  per il basso, gli si illuminarono gli occhi perché era il suo sogno.
Mentre stavo per rispondere a Tom, la porta del bagno che avevamo di fronte si aprì e uscì chi non volevo vedere per nessuna ragione.
Josie.
Aveva i capelli arruffati, il rossetto era sbiadito e un sorrisino malizioso era stampato sulle sue labbra.
All’inizio pensai che fosse una visione, un mio film mentale… ma fu quando si avvicinò al nostro tavolo compiaciuta che non vidi più nulla dalla rabbia.
Le bestemmiai in faccia, ignoravo le parole di Tom e mi alzai, guardandola in cagnesco.
Il suo sorriso mi irritò ancora di più e mi fece imbestialire, non sapevo da dove iniziare.
“Troia.” Urlai, tanto nessuno ci avrebbe viste o sentite litigare, col casino che c’era.
“Sei solo una puttana.” Continuai, provocandola.
Volevo vedere come reagiva.
“Tuo zio nonché mio padre è un bastardo, come tutti voi ovviamente. Ma tu rimani la prima troia.”
Non ero in me, mi facevo quasi paura ma non l’avrei mai data vinta a lei, a lei e a mio padre che mi stavano distruggendo lentamente la vita.
Quella era la mia vacanza, i miei migliori amici erano miei e non le avrei permesso di rovinarmi.
A quanto pare fu quella frase a far traboccare il vaso, visto che mi spinse e io le risi in faccia, dicendo: “E’ tutto quello che sai fare, puttanella?”
Le sputai in faccia, sembravo una camionista e ne ero consapevole, ma quella ragazza si meritava il peggio.
 Poi la spinsi anche io, facendola cadere e ridacchiai maleficamente, Tom cercava di fermarmi ma io lo scansai e lo guardai male, intorno a noi si era formato un cerchio di persone mezze ubriache che ridevano e ci incitavano a continuare.
La schiaffeggiai in pieno viso, proprio come avevo fatto alla mattina e ne fui felice, fu come sfogarsi contro qualcosa.
La odiavo, la odiavo più di qualsiasi altra cosa.
La cosa che mi fece ridere ancora di più fu quando lei si alzò in piedi, barcollando e aprì la bocca, ma da essa non uscì nessun suono, anzi, scoppiò a piangere come una bambina e corse via, probabilmente fuori dal locale.
“Ma sei impazzita?” Mi urlò Tom nell’orecchio destro, facendomi voltare verso di lui.
“No, se lo meritava. Mi sta portando via il mio migliore amico, quella stronza.”
Sorseggiai la birra e sorrisi al cameriere che ce la portò, che sembrava piuttosto spaventato, ma alla fine non mi importava.
Creeek.
La porta del bagno si aprì.
Uscì un ragazzo dai capelli arruffati e i vestiti stropicciati.
Chiamava il nome di una ragazza.
Josie.
Mi sentivo male psicologicamente e volevo piangere dal dolore che provavo, quella scena era orribile e quel sorriso che era disegnato sulle sue labbra mi stava uccidendo lentamente.
Mark era di fronte al nostro tavolo, Tom lo guardava shockato e io ero … io ero allibita.
“Mark, non dirmi che …”
“Sì, me la sono scopata. Problemi?”
 
 

 
   
 
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