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Autore: Rivaleth    23/09/2013    3 recensioni
Malfoy ha solo trent’anni e tutto ciò che un uomo possa desiderare: potere, successo, soldi e donne. La sua vita è finalmente perfetta.
Ma si sa, i bei momenti sono destinati a durare poco, e lui stesso lo scopre a proprie spese il giorno in cui si ritrova alla porta il figlioletto di sei anni di cui non sospettava neppure l’esistenza. Il destino però non si accontenta solo di mescolare le carte in tavola, ma è deciso a prendersi gioco di lui…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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In due sotto un tetto
 
Malfoy era seduto a gambe incrociate sulla poltrona del salotto, e osservava in silenzio il bimbo di sei anni che gli stava seduto di fronte, appoggiato sul tappeto, intento a scrutare il fuoco che scoppiettava all’interno del caminetto. Draco ne esaminava la figurina piccola e infagottata nel maglioncino di lana azzurra con cui era stato vestito. Lo guardava e si chiedeva come diavolo fosse possibile che fosse un Magonò. Non appena Mrs Smith glielo aveva detto, Draco era sbiancato all’istante, per poi sbatterle la porta in faccia, furibondo per avergli tenuto nascosto un dettaglio così importante, così altamente pericoloso per la sua reputazione di Purosangue. Un figlio Magonò...feccia. Era grave quasi come se si fosse trattato di un Mezzosangue. Un simile aborto di razza significava la fine del suo prestigio a livello personale e sociale. Era un vero e proprio affronto alla casata dei Malfoy. Niente poteri magici, prima di tutto. Niente ammissione a Hogwarts, in secondo luogo.
Draco assottigliò lo sguardo, piantandolo addosso al bambino quasi con cattiveria. Quella pulce lo aveva rovinato. Sarebbe stata messa in dubbio la purezza di sangue di tutta la sua famiglia per colpa di quel microbo, nonché la sua capacità di mettere al mondo un erede sano, sempre ammesso che quello fosse realmente suo figlio. Perché, era bene parlare chiaro, essere Magonò era un evidente sintomo di una qualche malattia nel codice genetico. Forse la famiglia di Astoria si era in qualche modo imparentata con Mezzosangue, o peggio, babbani, alterando così il patrimonio genetico e anche la purezza del sangue.
Una cosa era certa: quel marmocchio non sarebbe rimasto con lui. Un Magonò non aveva nulla a che spartire con un Malfoy, per lui equivaleva a un qualsiasi Mezzosangue o babbano. Se ne sarebbe sbarazzato l’indomani, si ripromise tra sé.
-Ragazzino.- esordì con voce vibrante di collera.
Il bambino trasalì visibilmente, rizzandosi in piedi e voltandosi verso di lui. Era alto al massimo un metro e trenta, non di più. Ed era uguale a lui, in tutto e per tutto. Non c’era nulla in lui che ricordasse Astoria. Il fatto che gli somigliasse così tanto non faceva altro che aumentare la rabbia di Draco.
-E’ giunto il momento di andare a letto.
Il Marmocchio annuì titubante.
-Oggi pomeriggio mi è sembrato di capire che sei dotato del dono della parola, quindi fammi il favore di rispondermi quando ti parlo, capito?
-Sì, signor Malfoy.
Draco sollevò un sopracciglio, sempre più scettico. Non aveva neanche il portamento elegante di un Malfoy, né il cipiglio fiero e arrogante, né tantomeno il tono freddo e pacato. La sua voce, quando aveva mormorato quel flebile “Sì, signor Malfoy” aveva tremato come un foglia.
-L’elfo domestico ti mostrerà la tua camera.- disse Draco, indicando l’elfo che era appena comparso sul ciglio della porta. Il bimbo lo guardò, sgranando gli occhi e impallidendo.
-Signore.- mormorò quasi spaventato. –Gli elfi mi fanno paura.
Gli occhi di Draco si ridussero a due gelide fessure.
-Cosa vuoi che me ne importi, piccolo Magonò? Sono certo che tua madre era altrettanto abituata ad avere elfi domestici in casa.
-No, signore, a me facevano paura, e lei...- si interruppe, perché all’improvviso i suoi occhi si riempirono di lacrime.
-Contieni il pianto finché non sarai in camera tua, non voglio scenate.- disse freddamente Malfoy. –Mi domando come abbia potuto Astoria crescere un figlio così privo di fibra morale. Avanti, segui l’elfo senza fare tante storie, non ti farà niente di male.
Il bimbo obbedì senza più protestare, e riuscì miracolosamente a contenere il pianto mentre l’elfo lo guidava al piano superiore, verso una delle camere da letto degli ospiti. Quanto a Malfoy, si ritirò nel suo studio, a riflettere sul da farsi. Tanto per cominciare avrebbe dovuto annullare ogni appuntamento previsto per il giorno seguente, seppur a malincuore. Doveva sbarazzarsi della palla al piede, ma sapeva che l’operazione avrebbe comunque richiesto parecchio tempo. Inoltre, doveva inviare una lettera di scuse a Miss Dewitt, per spiegarle il motivo della missiva che le aveva inviato tempestivamente quello stesso pomeriggio, scrivendole che era stato trattenuto da un imprevisto e avrebbero dovuto rimandare il loro appuntamento. Lei era al momento uno dei minori problemi, ma Draco non voleva passare per un maleducato, né tantomeno voleva sembrare manchevole. A peggiorare il suo umore, oltre alla mancata serata in compagnia della ragazza, c’era anche il fatto che non era riuscito a farsi neanche un bagno, visto che non appena era rimasto solo col marmocchio era subito corso a vestirsi di tutto punto.
Quella notte dormì poco e male, alternando fasi di dormiveglia a momenti in cui non riusciva proprio a prendere sonno. In quei brevi attimi di sonno, per giunta, fece anche diversi incubi, uno dei quali era stato particolarmente terribile: il suo nome veniva cancellato dall’albero genealogico di famiglia, e tutto il suo patrimonio finiva dilapidato per mantenere lo scricciolo che una vecchia truffatrice si divertiva a spacciare per suo figlio.
L’alba del giorno dopo vide il giovane Malfoy con un aspetto tutt’altro che riposato. Sul viso incombeva una nuvola temporalesca e la pelle era più pallida del solito. Chi ne pagò le conseguenze fu l’elfo domestico, che dovette subire lo sfogo causato dal cattivo umore del padrone.
-Stupida creatura, fila a preparare la colazione se non vuoi che la tua testa finisca appesa sul caminetto come trofeo!
L’animaletto, giunto a domandare cosa avrebbe dovuto preparare per l’ospite del signor Malfoy, fece tesoro del suo consiglio, volatilizzandosi all’istante.
Il mattino ha l’oro in bocca, pensò Draco vestendosi in tutta fretta, perciò la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata riaccompagnare il Microbo nel posto dove era giusto che rimanesse: l’orfanotrofio.
In quel momento era proprio davanti alla porta della stanza degli ospiti. Il bimbetto non aveva osato uscire fino ad allora, forse per paura di imbattersi nell’elfo. Draco aprì la porta, sorprendendosi di trovare il bambino già vestito e seduto sopra al letto perfettamente rifatto.
 -Vai a lavarti i denti.- ordinò Draco con tono imperioso.
Il bimbo si torse le mani, come se stesse cercando di trovare il coraggio necessario per chiedergli qualcosa, poi parlò con voce appena udibile.
-Avrei fame, signore. Posso mangiare?
Draco sbuffò silenziosamente. Per quanto non gli piacesse che un Magonò si sedesse alla sua tavola, non poteva neppure lasciare che morisse di fame, anche solo per il fatto che se fosse morto quando era ancora sotto la sua responsabilità, il colpevole sarebbe stato lui.
-Sbrigati.- gli intimò.
Il Pidocchio non accennava a muoversi però. Si limitava a guardarlo in attesa, valutandolo con i suoi limpidi occhi grigi.
-Beh, che stai facendo lì impalato?- sbottò Malfoy, decisamente spazientito.
-Non so dov’è la cucina, signore.- rispose il piccolo a bassa voce, abbassando immediatamente lo sguardo, puntandolo sulle scarpe firmate di Draco.
Il padrone di casa sbuffò inviperito, voltò le spalle e fece strada al Marmocchio, precedendolo all’interno della cucina, dove l’elfo aveva apparecchiato per due. Giunto davanti al tavolo, Malfoy s’arrestò, guardando sgomento il posto che avrebbe occupato il bambino. Non poteva permettere che un Magonò sedesse a tavola con lui, davanti a lui per giunta! Accidenti a quello stupido elfo!
-Prendi la tua brioche e vai a mangiare in camera tua.- ordinò prepotentemente.
-Potrei avere un bicchiere di latte?- mormorò sempre più timidamente il Pidocchio.
Draco aprì bocca per sputargli addosso un secco “NO!”, ma si costrinse a mordersi la lingua, e fu come ingoiare un bolo amaro. Annuì meccanicamente, restando a osservare lo scricciolo mentre si versava un po’ di latte, neanche metà bicchiere, lanciando di tanto in tanto occhiate ansiose nella sua direzione, come se si aspettasse un attacco improvviso. Poi prese la brioche e si ritirò in tutta fretta, capendo di non essere gradito in quella stanza. Draco sentì chiudere la porta al piano superiore, e solo allora si concesse un sospiro.
Gli servirono tre tazze di caffè nero come la sua anima per riuscire a ingranare dopo la nottata insonne, e il risultato fu quello della sovreccitazione, che lo rese ancora più intrattabile, sia con l’elfo che col Pidocchio.
-Tu.- disse all’elfo quando si trovarono tutti e tre davanti all’ingresso. -Apparecchia per uno stasera.
La bestiola annuì, prostrandosi in un profondo inchino.
-Arrivederci signor Malfoy.- proferì cordialmente.
-Sì, sì, tanti saluti.- commentò sarcasticamente Draco, intento a indossare la giacca lasciata appesa all’attaccapanni accanto al portone. Quando si voltò per chiamare il Pidocchio, rimase sconvolto nel vedere che l’elfo non aveva salutato lui, ma “suo figlio”.
Il bimbo sembrava più perplesso che spaventato. Draco lo vide sventolare una manina e rispondere al saluto con una vocina sottile, prima che si voltasse e lo raggiungesse a piccoli passi.
-Il tuo giubbotto.- disse Draco, livido in faccia, lanciandogli la giacca minuscola con cui era arrivato il giorno prima. –Stupido elfo.- ringhiò tra sé.
Spinse malamente il Pidocchio fuori di casa, superandolo poi a grandi passi lungo il breve vialetto che si affacciava sulla strada, in quella tranquilla zona residenziale di Londra. Era una bellissima via alberata e ombreggiata che si immetteva da un lato su una delle principali arterie stradali della città, dall’altro invece portava dritti a St. Jame’s Park, dove Draco era solito fare lunghe passeggiate serali durante la bella stagione. La sua Ferrari nera era parcheggiata proprio davanti casa, un incantesimo invisibile a proteggerla da eventuali aggressioni da parte di escrementi di volatili o scoiattoli, di rugiada degli alberi e altri simili inconvenienti. Di teppisti non se ne parlava neanche, visto che in quel di Londra era tutto troppo esclusivo e inarrivabile per poter subire simili furti.
A Draco bastò premere il pulsante delle chiavi perché l’apertura delle portiere scattasse con un simpatico suono simile a un bip. Il bimbo guardò l’auto senza lasciar trapelare alcuna emozione sul suo volto. Non sembrava particolarmente colpito da quella aperta ostentazione di ricchezza da parte del suo momentaneo tutore. Un altro punto a suo sfavore, appuntò mentalmente Malfoy.
-Sali dietro.- ordinò gelido, pensando già ai soldi che avrebbe dovuto sborsare per far disinfettare i sedili posteriori.
Il bimbo salì con qualche difficoltà nel chiudere le portiera, troppo dura per le sue esili braccia. Draco ovviamente era già seduto davanti al volante, e non esisteva che uscisse dall’auto per andare a chiudere la portiera a un Magonò. Così rimase a sbuffare e imprecare tra sé finché il Marmocchio non riuscì nella sua impresa titanica.
-Allacciati la cintura.- disse allora, non tanto perché gli stesse a cuore la salute del moccioso, no, sarebbe anche potuto morire per quel che gli importava, ma non voleva che si facesse male prima di averlo scaricato all’orfanotrofio. Guardando dallo specchietto retrovisore comunque, notò che il Pidocchio obbedì immediatamente. Una volta, parlando con alcuni colleghi già padri di famiglia, aveva avuto modo di capire che generalmente i bambini detestavano dover allacciare la cintura in auto, facendo impazzire sia i padri che le madri. Beh, notò con compiacimento, lui non aveva di quei problemi: il Pidocchio aveva talmente tanta paura da non osare quasi respirare in sua presenza.
Partì lentamente, immettendosi nel traffico mattutino senza alcuna fretta, vista la giornata libera che si era preso. Quella mattina aveva inviato un gufo alla sua segretaria, scrivendole che non lo aspettasse fino al giorno seguente perché era stato trattenuto da impegni familiari dell’ultima ora. Uno come lui poteva permettersi anche di dare buche dell’ultimo minuto, nessuno avrebbe osato dirgli nulla. Proprio in quel momento la memoria d’ufficio di cui era dotata l’auto annunciò attraverso la robotica e fredda voce femminile: Un. Messaggio. da. Ronald. Weasley.
Seguì una breve pausa in cui regnò circa un secondo di beato silenzio, poi la voce drammaticamente furiosa del collega sommerse l’abitacolo.
-Malfoy, dove diavolo sei?!- ululò inferocito. –Sono qui da quaranta minuti ad aspettarti come uno scemo e adesso vengo a sapere dalla tua segretaria che oggi non vieni al lavoro!
Malfoy chiuse gli occhi e sospirò profondamente. Nessuno avrebbe osato dirgli nulla, certo, tranne ovviamente Ronald Weasley.
-Lenticchia, calmati.- esordì ostentando una beata indifferenza alle parole del collega. –Ho avuto un contrattempo, recupereremo domani.
-Col cavolo che recupereremo domani!- mugghiò Weasley dall’altra parte dell’apparecchio acustico. -Io e te dobbiamo recuperare oggi i cinque giorni di lavoro già finito nel cesso, Malfoy, quindi, ovunque tu sia, inverti la marcia e porta qui in ufficio le tue chiappe da Purosangue.
Un tic nervoso colpì l’occhio destro di Malfoy, quando vide dallo specchietto che la situazione sul retro dell’abitacolo stava assumendo una strana piega. Il Pidocchio aveva fatto per un attimo una strana faccia, come se si sforzasse di reprimere una risatina.
-Weasley.- disse cupamente. –Sono certo che potrai occuparti di molte altre pratiche stamani. E fammi un favore se dovessi aver bisogno di me, come naturalmente accadrà: non cercarmi.
Detto ciò chiuse la conversazione con l’Inetto. Dietro il Pidocchio non stava più sorridendo.
Con immensa difficoltà provocata dalla mancata frequentazione da parte di Malfoy della periferia di Londra, i due riuscirono a ritrovare l’orfanotrofio dopo circa un’ora passata in auto a cercare di svicolare dall’imbottigliamento del traffico. Draco si era visto costretto a usare l’auto per via della sgradevole compagnia con cui si stava accompagnando da un’ora a quella parte. Non sapeva se i Magonò fossero capaci di usare indirettamente la magia, ma non voleva correre rischi, anche perché era quasi sicuro che il Pidocchio prima di allora non avesse visto molti incantesimi, a giudicare dal modo in cui aveva occhieggiato alla memoria d’ufficio quando si erano trovati in auto. Era chiaro che ne capiva assai poco di magia, e che non soffrisse molto a non poterla usare.
Draco fermò la Ferrari davanti allo spiazzo dell’orfanotrofio, un antico edificio d’età vittoriana, situato all’estrema periferia della città, in una zona che avrebbe definito “carina”. Era immerso nel verde, un po’ isolato rispetto ad altre case, ma imponente e in uno stato di ottima conservazione.
Il Pidocchio scese senza aspettare che Draco gli accordasse il permesso, chiudendo la portiera con eccessiva forza.
-Non sbatterla così forte!- abbaiò Malfoy, facendo il giro dell’auto e dirigendosi spedito lungo le aiuole su cui giocavano alcuni bambini, guardati a vista da diverse istitutrici, molte delle quali erano rimaste stupite dall’arrivo di Draco a bordo della Ferrari. Alcune sgranarono gli occhi quando lo riconobbero, bisbigliando tra loro e salutando il Microbo, che rispondeva ai saluti ansioso di non essere lasciato indietro. Draco se lo sentiva fastidiosamente vicino alle gambe, tanto che più di una volta si girò a guardarlo male, così che il piccoletto indietreggiasse di qualche passo.
-Buongiorno.- disse sbrigativo quando raggiunsero la sala d’accoglienza, dove, seduta dietro a una scrivania, intenta a compilare moduli, c’era una donnona di colore dall’aria di poterlo mettere KO in uno scontro corpo a corpo, la quale gli rispose con uno svogliato “’Giorno”, senza lasciar minimamente intendere di averlo riconosciuto.
-Sono qui per restituire il bambino.- annunciò Malfoy formalmente.
A quel punto la donna sollevò lo sguardo, curiosa di guardare in faccia l’imbecille che parlava di un bambino come se si stesse riferendo a un qualsiasi oggetto.
-La merce non è di tuo gradimento?- domandò sarcasticamente, prima di esclamare un sorpreso “Billy!” quando notò il bambino che faceva capolino dietro le gambe di Malfoy.
-Buongiorno Mrs Cupple.- disse il bambino con un accenno di sorriso.
-Mi chiamo Draco Malfoy.- disse Draco sempre più irritato. –Sto cercando Mrs. Smith.
-Sì, so chi sei.- ribatté la donna senza neanche dargli del lei. –Sei il tizio con tanti soldi e poca voglia di occuparsi di un bambino di sei anni.
-Come si permette?!- si inalberò Malfoy all’istante. –Non la trascino in tribunale solo perché non ho voglia di mischiarmi con zotici come lei, e anzi...
-Buongiorno signor Malfoy.– lo salutò la tersa voce di Mrs. Smith, comparsa da dietro una porta sorridente e affabile. –Ciao Billy. Helga, ci pensi tu al piccolo?
La donnona annuì, strizzando l’occhio al Pidocchio.
-Vieni tesoro, andiamo a vedere se nella dispensa c’è rimasto qualcosa da mangiare, sei via da un giorno e mi sembri già dimagrito.
Draco evitò di commentare quella che sembrava essere una frecciatina, entrando nell’ufficio di Mrs. Smith, la quale lo invitò ad accomodarsi su una delle due sedie davanti alla sua scrivania.
-E’ passato a firmare i moduli di adozione? Sono già stati sottoscritti dall’avvocato di Astoria e da lei stessa, è sufficiente che lei...
-No.- la freddò lui all’istante. –Lascio qui il bambino e me ne torno alla mia vita.
-Oh.- disse solo la donna. –Molla così presto?
Malfoy abbozzò un sorriso gelido, lanciando un’occhiata alla serie di fotografie incorniciate che erano appese sulla parete alle spalle dell’istitutrice. La donna lo osservò curiosa, seguendo il suo sguardo e soffermandosi a guardare le foto anche lei. Sul suo volto non c’era più traccia di sorriso.
-Sono i ragazzi che non siamo riusciti ad aiutare.- spiegò tristemente. –Mi ricordano il motivo per cui non smetterò mai di battermi per bambini come Billy. E’ un bambino che ha diritto a una vita migliore di quella che può offrirgli questo orfanotrofio.
-Non me lo accollerò.- disse Draco, distogliendo lo sguardo dalle fotografie. –Non voglio un figlio Magonò.
Mrs. Smith sospirò stancamente, abbandonandosi contro lo schienale della sedia su cui sedeva. Si stropicciò gli occhi un paio di volte col pollice e l’indice della mano destra, per poi inforcare gli occhiali da lettura che portava al collo, legati a una catenina.
-Dunque, signor Malfoy, la signorina Greengrass le ha lasciato nel testamento una cospicua somma di denaro per le spese del piccolo.
Draco le lanciò un’occhiataccia.
-Non starà cercando di comprarmi?- chiese sulla difensiva.
-Se questo servirà a garantire un tetto e l’appoggio di un famigliare a Billy, sì, sto cercando di comprarla. Anche se dovrà convenire con me che sarebbe piuttosto viscido decidere cosa fare solo dopo aver sentito a quanto ammonta l’entità del lascito.
-Mi spieghi perché non dovrebbe trovarsi bene qui.- ribatté allora Draco.
-Questo, come avrà notato, è un orfanotrofio per soli Maghi o Magonò, non abbiamo né ospiti né personale babbano. Al piccolo verrà assicurata un’istruzione adeguata fino agli undici anni. A quel punto dovremo mandarlo in collegio, e la maggior parte delle volte non si rivela una bella esperienza per i ragazzi.
-Lei capisce che un figlio Magonò per un mago del mio livello è quanto di più vergognoso possa esserci. Non posso rischiare la mia carriera, il mio prestigio, la mia vita.
-Può farlo, se pensa anche alla vita di suo figlio.- ribatté la donna, sollevando il capo in un moto d’orgoglio. -Nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato su di lei dopo il tracollo finanziario e sociale  della sua famiglia, eppure adesso è uno degli uomini più potenti della Gran Bretagna. Billy ha esattamente le sue stesse potenzialità, ma partirebbe con un discreto vantaggio se lei lo prendesse con sé e lo seguisse durante questi anni. Se non vuole farlo come padre io non posso contestarla, ma lo faccia, la prego, lo faccia. Sono certa che tra qualche anno riguarderà dietro di sé, farà il bilancio del suo passato e si renderà conto di non aver mai rimpianto la scelta che le sto chiedendo di fare. Billy può renderla orgoglioso anche se non è un mago.
Tacque, aspettando una risposta che sembrava non volesse arrivare più. Draco in effetti stava pensando. Stava pensando a quanto quella donna gli ricordasse Albus Silente, morto anni prima proprio sotto i suoi occhi. Chissà se il suo spirito non avesse compiuto qualche trasmigrazione finendo nel corpo di quella premurosa e altruista istitutrice. Il pensiero lo fece inconsapevolmente sorridere.
-Molto bene. – disse la donna allungando un foglio sul tavolo. –Qui è riportata la somma del denaro lasciata per le spese, oltre che all’eredità effettiva destinata al bambino...
-Non importa.- disse Draco asciutto. –Non mi interessa.
Mrs. Smith lo guardò supplichevole da dietro gli occhialetti squadrati.
Draco sospirò pesantemente.
-Mi dia il modulo dell’adozione.
 
Dopo aver sbrigato le faccende burocratiche, Mrs. Smith incaricò (con gentilezza) alcuni elfi domestici di sistemare gli effetti personali di Billy Malfoy nel bagagliaio della Ferrari, operazione che richiese diverso tempo, prima di risolvere il problema delle “troppe valigie in un portabagagli troppo piccolo” con un incantesimo estensivo irriconoscibile. Draco assistette alla scena impotente, guardando gli elfi che a turno caricavano una valigia sopra l’altra nella sua amata auto. Era la fine, lo sapeva. Si era già pentito. E di pari passo era cresciuta l’insofferenza verso quel sacco di pulci che gli aveva già rovinato la vita, senza fare praticamente niente, a parte esistere. Il suddetto sacco di pulci in quel momento era in piedi al suo fianco, di nuovo taciturno. Aveva salutato Mrs. Cupple e Mrs. Smith come se fossero amici di vecchia data, e con loro non era sembrato affatto silenzioso come lo era con lui. Ma d’altronde non gliene poteva fregare di meno di come fosse o non fosse il Pidocchio, bastava che facesse del suo meglio per rendersi invisibile. Salirono nuovamente in macchina, e di nuovo ci fu il teatrino fatto alla partenza sotto casa, con Draco seduto al volante e Billy che tirava con forza la portiera per riuscire a chiuderla. Lasciando l’orfanotrofio, Draco avrebbe potuto giurare di vedere una lacrima scorrere sul viso del bambino, prima che si appoggiasse contro il finestrino e si  assopisse.
Raggiunsero la destinazione poco tempo dopo. Non appena Draco spense il motore, il bimbo si svegliò.
-Scendiamo.- disse il mago.
Il bimbo obbedì, scendendo dall’auto e rabbrividendo quando una raffica di vento lo accolse fuori dall’abitacolo confortevole e caldo dell’auto. Draco lo vide cercare di incastrare il collo tra le spalle, visto che il giacchetto non lo copriva a dovere alle base della gola. Per un attimo fu tentato di fingere semplicemente di non aver visto, ma poi pensò che ormai quello era diventato a tutti gli effetti, e per sua volontà, il suo nuovo compagno di vita e, volente o nolente, avrebbe dovuto cercare quantomeno di impedire che s’ammalasse. Così gli prestò la propria sciarpa, visto che lui era già provvisto di giacca a collo alto e mantello invernale.
Il bimbo se l’arrotolò intorno al collo come un turbante, coprendosi anche la testa e le orecchie, affondandoci il viso con palese contentezza.
-Dimmi cosa vedi.- gli disse Malfoy indicando l’ambiente intorno a loro.
Si trovavano in un parcheggio piuttosto grande, in prossimità del vecchio magazzino abbandonato di Purge e Dowse. O almeno, questo era ciò che avrebbe visto un babbano. Per un mago, quello non era altro che il parcheggio dell’ospedale per ferite e malattie magiche San Mungo.
Il bimbo si guardò un po’ intorno, notando il vivace viavai di persone che affluivano dentro e fuori l’edificio.
-Sembra un altro orfanotrofio.- osservò. –Solo che c’è molta più gente.
Il fatto che non avesse descritto un magazzino abbandonato e deserto rincuorò non poco Draco.
-Stammi vicino.- disse riluttante.
Si avviarono verso l’entrata, camuffata in una delle finestre dell’edificio, ed entrarono all’interno. Il marasma di persone era veramente incredibile, e per uno scricciolo quale era il suo, avrebbe certamente significato perdersi. Così a Draco non rimase che prendere la mano del piccolo, il quale sembrava altrettanto contrario a tenergliela, più per timore che per riluttanza.
Di tanto in tanto Draco dovette tirarlo perché rimaneva imbambolato a guardare estasiato tutte le cose strane che gli passavano sotto il naso: gufi svolazzanti, nani, gnomi, folletti, carri pieni di scope bruciacchiate, file di calderoni che lievitavano a pochi centimetri dal soffitto e altre cose piuttosto insolite. Eppure non sembrava spaventato…Draco avrebbe detto curioso.
Giunsero all’accettazione dove numerose infermiere facevano avanti e indietro portando fascicoli, medicinali e quant’altro.
-Buongiorno.- disse una infermiera quando notò lo sguardo disorientato di entrambi. –Ha bisogno d’aiuto?
-Sì. Vorrei sapere dove vengono effettuati i test per malattie genetiche.
La ragazza lo guardò perplessa.
-Al secondo piano c’è il reparto dei batteri magici, ma non troverà quello che sta cercando, temo. Dovrebbe recarsi in un ospedale babbano per quel tipo di test.
-Questo è il miglior ospedale del Regno Unito, e lei mi sta dicendo che non c’è un reparto per malattie genetiche?!- sbottò Draco surriscaldandosi.
-Provi al secondo piano, troverà sicuramente il primario di genetica, ma qui al massimo si effettuano test del DNA, le malattie genetiche tra maghi sono piuttosto rare e...
-Ho capito, siete un branco di incompetenti!- concluse secco Malfoy, puntando verso le scale che portavano ai piani superiori, trascinandosi dietro Billy, che, poverino, doveva praticamente correre per restargli al passo, visto che Draco gli stava ancora stringendo la mano.
Si fecero quattro rampe di scale insieme ad altre numerose persone, e il bambino rischiò di essere calpestato in più di un’occasione, suscitando la rabbia di Draco, che lo sgridò a più riprese, intimandogli di guardare dove metteva i piedi. Giunti al secondo piano, che guarda caso era anche il meno affollato, Draco spedì Billy a sedersi su una delle poltroncine in sala d’attesa, mentre lui si faceva un rapido giro del piano alla ricerca del famoso primario. La ricerca non durò molto tempo, perché scovò senza fatica una porta con una targhetta d’ottone, su cui era scritto a lettere maiuscole PRIMARIO.
Naturalmente non si fece scrupoli a bussare. Aprì la porta ed entrò pronto a dare battaglia al mondo intero pur di riuscire a fare uno stramaledetto test per malattie genetiche.
Solo che il primario non era seduto alla scrivania come lui si era aspettato, anzi, era piegato su un mobiletto, nell’evidente tentativo di riuscire ad aprire quello che sembrava essere a tutti gli effetti un cassetto difettoso. Draco si appuntò mentalmente che il primario non era un uomo, ma una donna, a giudicare dai tacchi che indossava e dallo chignon in cui erano legati i capelli. Non poteva vedere altro, poiché quella era piegata sul cassetto e gli dava le spalle. Quando lo sentì entrare non disse niente, troppo concentrata ad armeggiare col cassetto e borbottare tra sé basse imprecazioni.
-Toc toc.- disse Draco ad alta voce. –E’ permesso?
-Oh, al diavolo il cassetto!- rispose una voce inconfondibile, che ebbe il potere di gelargli il sangue nelle vene. Nell’arco di un nanosecondo valutò il tempo che gli sarebbe occorso per raggiungere la porta e guadagnare l’uscita, ma bastò arrivare alla conclusione che non ce l’avrebbe mai fatta perché la ragazza si voltasse verso di lui e lo riconoscesse, lanciando un urlo tale da poter gareggiare con quello di una mandragola in pieno travaso.
-MALFOY!- gridò indietreggiando e andando a sbattere contro il cassetto, che miracolosamente si aprì.
In un’azione fulminea e del tutto istintiva, entrambi sguainarono le bacchette, puntandosele addosso pronti a tagliarsi a fettine non appena l’altro avesse osato fare un passo falso.
Draco rimase a fissarla scioccato. Non la vedeva da tempo, ma non riusciva a credere che la donna che aveva davanti fosse la stessa che anni addietro lui aveva tormentato fino allo sfinimento. Era più alta, più elegante, più carina...
-Ciao Granger.

**NOTE FINALI**
Piccola annotazione: i capitoli iniziali sono piuttosto corti, ma con l’andare della storia si faranno sempre più lunghi, quindi non me ne vogliate se adesso li finite di leggere in cinque minuti. Cercherò di bilanciare la poca lunghezza con tempi di aggiornamento più brevi:)
A presto!

 
  
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