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Autore: Nyssa    25/03/2008    11 recensioni
L'amore non è solo come una rosa che sboccia o una pesca delicata, l'amore è anche una mela selvatica dal sapore un po' asprigno che nasce al freddo e tra le spine.
L'amore è fatto di tante cose, anche di imprevisti, esattamente come quello che colpisce Draco Malfoy ed Hermione Granger durante una delle loro solite litigate, ma che cosa gli è capitato veramente? E quali sono i tanti misteri della Londra babbana (ma non troppo) che Hermione è più che mai decisa a scoprire? E quali sono gli altrettanto sconosciuti motivi che spingono (o costringono?) Draco Malfoy a seguirla?
Prima classificata al Never Ending Story Awards - Terzo Turno secondo la scelta del pubblico.
Vincitrice nelle categorie: Best Saga, Best Romance, Best Plot e Best Couple (Draco/Hermione)
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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Il corpo di un bambino di dieci anni continuò a galleggiare in mezzo alla stanza finchè la patina nera non fu scomparsa del tutto

Il corpo di un bambino di dieci anni continuò a galleggiare in mezzo alla stanza finchè la patina nera non fu scomparsa del tutto.

Quando anche l’ultima molecola si fu dissolta, la figura infantile cadde a peso morto sul letto, facendo cigolare il materasso.

 

Hermione gli fu vicina in un baleno, prendendogli la mano e sentendogli il polso: inutile, non riusciva a percepire niente.

Strappò i due bottoni della camicia e con le dita gli sentì la pressione tra la gola e il petto, debole, molto debole, quella era avvertibile.

E Draco sembrava quasi che dormisse.

 

Si alzò in piedi e sospirò come la madre che assiste il figlio ferito in guerra; gli mise il pigiama e prego che nessuno avesse percepito il violento scoppio di energia che si era liberato quando aveva richiamato l’Incantesimo Oscuro.

Che cosa doveva fare?

Aveva forse sbagliato a raccontargli tutto subito?

Avrebbe dovuto aspettare? Avrebbe dovuto dirlo diversamente? Avrebbe dovuto dirlo??

E in quel caso, avrebbe poi dovuto fare qualcosa da sola o abbandonare per sempre il proposito di salvare il bambino?

No, non poteva lasciarlo là sotto, a costo della vita, lo avrebbe salvato perché lo aveva promesso a Nicholaa.

 

Di lei si diceva che faceva sempre la cosa giusta, ma in quel momento non era certa che il suo agire fosse stato dei migliori.

Sia perché aveva costretto Draco a fare uso dei suoi poteri, sia perché l’aveva portato in quel sotterraneo maledetto dove ricordi e magie nere tornavano alla luce squarciandogli il corpo dal dolore. Sia perché gli aveva quasi dato il colpo di grazia con la sua ultima frase.

 

Ma quel bambino era senz’altro la persona di cui parlavano Bellatrix e Rodolphus Lestrange alla sala da tè, l’ultimo dell’anno.

Nessuno glielo aveva detto, ma sentiva che era così e lei, proprio lei che si fidava solo di ciò che vedeva, decise di dare credito a quella sensazione.

 

Cosa doveva fare?

Andare?

Non andare?

Salvarlo?

Da sola?

Con Draco?

Senza Draco?

In che modo?

 

Tante domande che non erano neppure la metà degli interrogativi che la perseguitavano, che la assillavano chiedendole chi fosse quel bambino e perché i mangiamorte l’avessero rapito.

Indubbiamente aveva a che fare con Silente, questo era poco ma sicuro, altrimenti non ne avrebbero parlato in modo così vicino a quello del vecchio mago.

E poi, sempre per quanto riguardava Silente, cos’era questo Onore dei Black?

Come a Draco piaceva ripetere, i Black non avevano avuto onore. Mai.

Però il preside li aveva incaricati di trovare questa cosa, ma dove?

Ne avevano parlato, ma sembrava che ci fossero più probabilità di rendere Lavanda Brown intelligente rispetto a quelle di trovarlo…

Non sapevano neppure da dove cominciare, almeno si fosse degnato di concedere loro un indizio! Un piccolo suggerimento!

Niente, muto ed enigmatico come suo solito, anche questa volta, il vecchio Silente non si era smentito.

 

Un’occhiata a Malfoy.

Accidenti anche a lui, maledetto incosciente!

Perché quelle fiamme, poi? Cominciava a sospettare che non fossero proprio casuali le loro apparizioni… c’era dunque qualcos’altro che non le aveva detto?

Quanti altri misteri doveva risolvere da sola prima di riuscire a saperne tanto quanto gli altri sulla faccenda?

 

Le quattro e mezza e il sole era già tramontato… che tristezza che era Londra d’inverno, preferiva molto di più la campagna sterminata intorno alla Scuola.

Quando nessuno se ne accorgeva, a volte il pomeriggio usciva e camminava per i campi, si sedeva su una pietra e rimaneva lì a pensare, c’erano molte cose su cui rifletteva: la sua famiglia, i suoi poteri, i prof e la scuola, le lezioni, i compagni, gli amici…

Un pensiero però tornava sempre e comunque ed era sua nonna.

Aveva voluto bene a sua nonna quasi quanto ad una madre e senza dubbio più che alla sua genitrice naturale; quando era bambina sua nonna abitava con loro e si era sempre presa cura di lei quando i suoi genitori erano fuori e non potevano starle accanto, lei, però, c’era sempre stata per qualsiasi cosa, soprattutto quando i compagni di classe la deridevano dicendole che era una persona “strana” e che non era come loro perché se ne stava sempre zitta in disparte e quando parlava sembrava ogni volta la signorina-so-tutto-io.

A quel tempo ancora non sapeva di avere dei poteri particolari e la lettera di Hogwarts non aveva ancora fatto il suo ingresso in casa Granger.

C’era una e un’unica cosa che rimpiangeva ed era di non aver potuto mostrare la lettera a sua nonna, lei senz’altro ne sarebbe stata fiera e orgogliosa, come lo era sempre di lei, della sua piccola Mione.

Delphie Longfield era la madre di sua madre; non assomigliava molto a sua nonna che era una personcina minuta e socievole a differenza sua, eppure erano affiatatissime insieme.

Sua madre non aveva mai avuto molto tempo da dedicarle, quando era nata erano passati diversi anni dal matrimonio dei suoi genitori, troppi perché quei due potessero ancora amarsi. Entrambi erano all’apice della carriera e non potevano certo occuparsi della marmocchia piagnucolona che avevano messo al mondo… era stata il classico incidente di percorso.

Mamma e papà uscivano presto al mattino e tornavano tardi la sera, vivevano attaccati ad un telefono e frequentavano convegni, cene, conferenze e studi rinomati, rigorosamente separati; avevano una vita lavorativa molto affollata, responsabilità ed incarichi difficili, tanti clienti e molte grane, come tutti; era normale che non potessero dedicarsi a lei e ai suoi infantili problemi che liquidavano con un “tesoro, non devi dargli retta…”.

Ma a sette anni è difficile guardare in faccia un altro bambino che ti ha appena detto che non sei come lui, che sei strana e che non c’è posto per te… sua nonna l’aveva sempre ascoltata ripetere le solite cattiverie che gli altri fanciulli esprimevano senza peli sulla lingua.

Crescendo e poi entrando a Hogwarts si era spesso interrogata sul perché fossero così crudeli nei suoi confronti e, a ben pensarci, doveva davvero essere una persona odiosa, a quei tempi.

Ma nessuno le dava fiducia e lei era sempre stata troppo timorosa per esporsi così tanto, aveva sempre cercato di scongiurare il peggio: la pubblica vergogna.

Quindi, cane mangia cane.

E così faceva la sicura di sé, camminava con mento alto, squadrava tutti e rispondeva con insolenza ai suoi compagni, naturale che la detestassero.

Aveva cercato di cambiarsi, quando aveva preso coscienza di quanto era insopportabile, ma non era riuscita a farlo più di tanto e ancora adesso non poteva dire di essersi davvero aperta con qualcuno, forse neppure con Harry che le voleva davvero tanto bene.

Harry assomigliava un po’ alla nonna, si sedeva lì sul divanetto e ascoltava, lui si metteva sul letto e stava a sentire le sue infinite storie.

Povero Harry, l’aveva addirittura coinvolto in quel progetto semi-fallimentare che era il C.R.E.P.A. e lui non aveva detto una parola.

 

Sua nonna era venuta a mancare un mese prima che arrivasse la lettera e quando l’aveva saputo, non credeva che sarebbe riuscita ad andare avanti. Poi, piano piano, con la missiva magica e tutto, si era fatta coraggio e, allettata dall’idea di andare in un posto dove nessuno la conosceva e dove avrebbe potuto ricominciare una vita da zero, aveva tirato avanti.

La realtà si era rivelata differente perché la sua natura saccente non era riuscita a rimanere imbrigliata nell’autocontrollo che le aveva imposto e per di più, Malfoy era l’incarnazione della brutale sincerità con cui i bambini la schernivano da piccoli.

Con una differenza.

Se i bambini lo fanno senza pensare alle conseguenze e senza curarsi troppo di cosa dicono, il biondastro sapeva alla perfezione che cosa le stava dicendo più o meno tacitamente: tu sei un’ESTRANEA.

 

Aveva negato la cosa fino a farsi del male, prima di accettarla, poi, lentamente, aveva preso coscienza di cosa era e “mezzosangue” non era stata solo una parola di disprezzo, ma anche di orgoglio.

Mezzosangue è una persona i cui genitori non hanno poteri magici e la sua radice significa “nata dal fango” o “sangue sporco”; ma mezzosangue era stato il mago più temuto del mondo magico e mezzosangue era la migliore studentessa di Hogwarts, colei che riusciva a brillare sopra ridde di Purosangue dal passato millenario.

Lei era LA Mezzosangue.

E mezzosangue era solo lei, come diceva Draco, LA Mezzosangue.

Nessun altro era chiamato così, un segno distintivo di orgoglio e spregio, come tutto in lei.

 

Ogni tanto avrebbe ancora voluto avere la nonna affianco, raccontandole cosa faceva a Scuola, come era il mondo magico, facendole vedere le magie.

Sua nonna non c’era più da molto, troppo tempo.

E lei aveva imparato a cavarsela da sola, sacrificando un poco del suo orgoglio e mettendolo da parte.

 

Adesso, però, ne avvertiva la mancanza, avrebbe voluto averla lì perché la confortasse e le dicesse cosa era giusto fare.

Silenzio.

Draco dormiva ancora.

No, non c’era bisogno della nonna per sapere cosa avrebbe dovuto fare.

Non poteva obbligarlo, soprattutto, non poteva coinvolgerlo di nuovo.

Se per lei quello che faceva era alla stregua di un gioco pericoloso, per lui c’era dell’altro, molto altro.

Non poteva permettersi che soffrisse come prima.

Fai ciò che ritieni giusto

Le ripeteva la vecchia Delphie e lei avrebbe fatto esattamente così.

 

Si alzò in piedi.

Guardò un’ultima volta il bambino addormentato nel letto, poi girò su se stessa, raccattò cappotto e sciarpa dall’attaccapanni.

Uno sguardo tutt’attorno.

Da quanto tempo conosceva la magia per distruggere l’incantesimo dei loro braccialetti?

Da sempre.

Fin dal primo momento in cui glielo avevano messo aveva saputo come levarselo, se non lo aveva fatto era solo per paura.

Paura di rimanere sola.

Perfino rimanere con Malfoy era meglio che stare sola.

No, stare con Malfoy era bello, molto bello.

Non doveva mentire a se stessa, come quando era bambina, facendo finta di non essere diversa dagli altri.

Era orgogliosa di esserlo, ora, e poteva dirlo chiaramente, le piaceva stare con lui, era una sorpresa continua e ci si divertiva moltissimo insieme, anche se la causa era quasi sempre un battibecco, un litigio di poco conto, qualche parola scappata.

 

Voleva disperatamente rimanere con lui, ma non era giusto che lui venisse coinvolto in quel suo progetto folle.

Lo faceva anche per lui.

Chiuse la porta e scese dabbasso.

 

*          *          *

 

Draco si mise a sedere non appena la serratura scattò dietro di lei.

Stupida mezzosangue…

Poteva quasi sentire i pensieri che aveva fatto mentre lo vegliava, era sveglio da un po’ e, anche se non aveva usato la legilimanzia, conosceva il soggetto di quelle riflessioni, soprattutto perché conosceva lei.

La gente diceva che Hermione Granger aveva una faccia da poker che non lasciava trasparire le emozioni.

Niente di più falso, lei le emozioni che provava le manifestava tutte, solo che bisognava saper guardare con attenzione, non semplicemente fermarsi ad osservare un sorriso che c’era o non c’era.

 

Sapeva che lei conosceva l’incantesimo per annullare l’effetto dei braccialetti, a ben pensarci, era una cosa assai stupida, una magia quasi elementare.

La conosceva anche lui.

E se erano rimasti insieme era solo perché avevano volto, ENTRAMBI.

Cosa aveva intenzione di fare era lampante, non glielo aveva detto, ma anche lui aveva sentito le parole di Nicholaa risuonargli nella testa: perché le aveva taciuto anche quello?

Le aveva fatto credere di averla messa a parte dei suoi segreti, ma c’era dell’altro che lei non conosceva, piccolezze, ma che potevano minare il loro rapporto.

E forse era riuscito a portarla proprio a quel punto, perfino da abbandonarlo.

 

Dire che cosa doveva fare era come discolparsi e non lo avrebbe fatto perché sapeva perfettamente che cosa c’era da fare in quel momento, bisognava solo trovare il coraggio di farlo.

Il coraggio non gli era mai mancato, non finchè non c’era qualcosa di caro in gioco: non aveva mai chiamato sua madre “mamma” per paura che lei rimanesse scandalizzata. Non aveva mai detto a suo padre che “era uno stupido, ma lo stimava molto per come aveva agito nella questione delle reliquie”, era stato un vero Capofamiglia.

Non aveva detto a Blaise che “era l’unico amico che avesse ed era lusingato che lui volesse rimanere insieme”.

E soprattutto, non aveva mai detto alla mezzosangue che era l’unica che riteneva davvero all’altezza di essere messa a parte di tutta quella vicenda. Non le aveva detto che, anche se forse non era Venere in persona, era una persona splendida.

E non le aveva detto che quel periodo trascorso insieme era stato il più bello della sua vita nonostante grattacapi di sorta, litigi e quant’altro.

Soprattutto, non le aveva detto che voleva rimanere sempre con lei, a lei piacendo.

Forse, se lei lo avesse saputo, non avrebbe avuto così terrore di coinvolgerlo in quella storia.

Avrebbe preferito bruciare nella maledizione delle fiamme nere o farsi consumare il braccio da Marchio Nero piuttosto che lasciarla da sola o esporla anche solo ad un simile pericolo.

Lo avrebbe fatto anche solo per tenersela vicino.

 

Ma era stato codardo e lei era scappata credendo di fare la cosa giusta.

 

Non c’era bisogno di sapere dove si era diretta, non era il caso, lo sapeva benissimo.

Bisognava solo avere il coraggio di andarla a cercare.

Lo avrebbe avuto?

 

*          *          *

 

Se n’era andata, ma non aveva ancora avuto il fegato di lanciarsi nell’avventura che la stava portando lontano da Draco Malfoy.

Aveva terribilmente paura e adesso non c’era il Principe degli Slytherin a proteggerla se fosse successo qualcosa.

Avrebbe dovuto cavarsela da sola, una cosa che, francamente, non le era mai riuscita troppo bene.

Confrontarsi con se stessa era una battaglia persa in partenza su tutti i fronti in cui la si poteva combattere.

 

Avrebbe aspettato fino a domattina, poi sarebbe entrata alla Queen e avrebbe improvvisato.

Già, improvvisato… era una cosa un po’ strana per una persona meticolosa e calcolatrice come lei.

 

Ma dopotutto, non era molto diverso da quello che aveva appena fatto, ritrovandosi in un caffè fumoso e pregno dell’odore della moka e del cioccolato che aveva tutta l’aria di essere lì da sempre.

 

Affianco a lei erano gli ultimi avventori: un paio di uomini leggevano il giornale sportivo dando le spalle alle toilette, due signore di una certa età chiacchieravano in un tavolino affianco alla vetrata, sorseggiando delle cioccolate e bisbigliando di questo e di quello, scrutandosi maliziose attraverso le spesse lenti degli occhiali, protette dai loro consueti maglioncini rosa polvere molto vecchio stile.

Una ragazza era seduta con una pila di fogli davanti ad un tavolo d’angolo e, saltuariamente, scriveva qualcosa per poi continuare o accartocciare la bozza.

Poco distante, alla vetrata che dava sulla strada, uno studente con portatile davanti scriveva qualcosa al computer accompagnato da una pila di tomi di chirurgia.

E per finire altri due clienti erano appollaiati agli alti sgabelli del bancone e chiacchieravano tranquilli lanciando vacue occhiate alle brioches ormai un poco stantie esposte nello scaldapane.

Si sentiva squallida a stare in quel posto frequentato solo da persone che non volevano avere niente a che fare col resto del mondo, per il momento, anche lei ormai era così, ma credeva di avere una ragione migliore per ricercare quella solitudine piuttosto che i piccanti segreti di qualche nipote incinta o della stesura della tesi di laurea.

Tantomeno la solitudine domestica di quei poveretti che mangiavano minestra tutte le sere.

Sospirò mesta e sorseggiò il tè, inconfondibilmente industriale, che le avevano servito.

 

*          *          *

 

C’erano migliaia di posti dove la mezzosangue poteva essersi rifugiata per scappare da lui, al momento, però, escludeva senz’altro la biblioteca: aveva agito d’impulso, ma aveva ancora la testa sulle spalle, non si sarebbe lanciata così alla cieca in una avventura tanto pericolosa, un po’ ci teneva anche lei alla pelle, lo dimostrava il fatto che fosse riuscita a sopravvivere a sette anni in compagnia di Potty.

Senza contare che la Granger aveva senz’altro delle conoscenze a Londra e quindi, volendo, sarebbe anche potuta rimanere da loro per qualche tempo.

Ma l’avrebbe fatto?

Onestamente parlando, gli sembrava più il tipo che si sarebbe tagliata una mano piuttosto che suonare il campanello e chiedere aiuto a qualcuno, il suo orgoglio era maledettamente onnipresente.

 

Si strinse nel cappotto e sistemò la sciarpa intorno al collo, perché mai Londra doveva essere un posto così orribile? Faceva freddo e c’era una puzza di smog che prendeva le narici e le faceva bruciare quasi, per di più il nevischio che non riusciva a fermarsi per strada formava piccole pozzanghere melmose che impiastravano le scarpe e facevano scivolare.

 

Guardò speranzoso dentro ad un locale, chiedendosi se non si sarebbe potuto prendersi dieci minuti per non morire assiderato prima di continuare la ricerca.

Dal di fuori era un incrocio tra un pub malfamato di Nottun Alley e il negozio di Madama Piediburro, l’antitesi fatta casa, vicino al vetro era un ragazzo dal naso prominente e i capelli scomposti che batteva su una specie di macchina da scrivere sottilissima guardando fisso una specie di televisione in miniatura.

Sembrava un posto innocuo, decise che sarebbe stato al caso suo.

Poi un movimento appena catturò la sua attenzione con un flash rosso che sfrecciò dietro le spalle esili del ragazzo:

era lei?

 

Non ne era sicuro, non l’aveva neppure vista, eppure qualcosa dentro di lui gli diceva che doveva andare a controllare perché, secondo il suo strampalato sesto senso, lei doveva essere proprio lì.

Aprì serio la maniglia d’ingresso facendo tintinnare il campanello della porta, il barista e due avventori si voltarono a guardare il bambino che era appena entrato, terminando quello che stavano dicendo

-          Cerchi qualcosa? – gli domandò quello che doveva essere il proprietario e che, al momento, asciugava i bicchieri

Fece violenza a se stesso per riuscire a interpretare una parte decente del bambinetto idiota

-          Faccio una sorpresa alla mamma! – sillabò all’uomo dopo essersi arrampicato su uno degli altri sgabelli, ma era sempre stati così scomodi?

Il proprietario sorrise e gli indicò il corridoio, dopodiché tornò a quello che stava facendo e gli altri due ricominciarono a parlare della partita della domenica prima.

Modestia a parte, era un ottimo attore.

 

*          *          *

 

Hermione si asciugò una lacrima traditrice che le rigò la guancia, fregò la ruvida lana del maglione sulla pelle ed era già scomparsa, peccato che non fosse lo stesso con quel persistente senso di colpa che le rodeva l’animo, come se ci fosse qualcosa che non aveva preso in considerazione durante la sua scelta e adesso le apparisse tutto meno nitido e facile di prima.

 

Quando aprì gli occhi Draco Malfoy era davanti a lei, i piedi da bambino ben piantati sul pavimento, le mani affondate nelle tasche e i capelli coperti dalla neve, sembrava arrabbiato, no, meglio, sembrava davvero furioso!

 

-          Stupida! – le gridò attirandosi l’attenzione delle vecchiette che spettegolavano vicino alla finestra

 

Hermione raddrizzò la schiena e lo guardò senza capire, lui la squadrò truce

 

-          Cosa credevi di fare? – le domandò

 

Le due donne all’angolo tesero l’orecchio, la questione era stranamente interessante, soprattutto se si trattava di seguire la movimentata conversazione tra un figlio che rimprovera la giovane madre!

Draco si voltò un istante verso di loro e le raggelò con lo sguardo, non si poteva certo dire che fosse nei suoi momenti migliori, anzi, se la mezzosangue non fosse stata lì, probabilmente avrebbe lanciato a quelle due impiccione qualche schiantesimo, tanto, rintronate lo erano già di loro…

Vecchietta1 e Vecchietta2 si affrettarono a raccattare cappelli e cappotti e a pagare il conto prima che la testa del biondo si voltasse nuovamente nella direzione della Gryffindor.

 

-          E adesso spiegami quale bacata idea ti è saltata questa volta in quel tuo cervellino malato!

-          Non è un’idea bacata!

-          Da come ti comporti sembra quasi che san Potter ti abbia contagiato con la tua follia del sacrificio totale e incondizionato

-          Faccio quello che voglio della mia vita, Harry non c’entra!

-          Fai quello che vuoi un cazzo! – sbraitò la piccola serpe – non comportarti come se fossi l’ultima donna rimasta sulla faccia della terra, ci sono altre persone nella tua vita, accidenti!

 

Lei si arrestò un attimo, mettendo momentaneamente in stand by la sua aggressività per rintracciare il significato della precedente frase?

Parola d’ordine: non farsi illusioni.

Parola d’ordine ancora più importante: non credere che lui pensi di essere una parte della sua vita sennò i piani vanno a rotoli.

 

Ok, a questo punto era lecito chiedersi cosa volesse dire?

Avrebbe disperatamente voluto che lui intendesse che non voleva che lei agisse così perché erano insieme, però… sarebbe stato come credere al Coniglio Pasquale…

 

-          Ma cosa sei, tarda?

 

Le parole, gentili come sempre, di Messer Furetto la ridestarono dai quesiti esistenziali appena giunti alla sua analisi e fecero saltare lo stand by, riportandola, arrabbiata, al cospetto del biondastro

 

-          Io non sono tarda – protestò piccata

-          Sì, allora vorrei proprio sapere come una persona intelligente possa anche solo lontanamente pensare di andare a lanciarsi in un simile avventura senza una guida, senza una mano, senza un accidenti di nessuno! Perché nessuno sano di mente lo farebbe!

-          Quello che faccio sono affari miei

-          Un corno sono affari tuoi, ci siamo tutti e due sulla barca che cola a picco, o buttiamo fuori l’acqua o affondiamo tutti e due

-          Una metafora molto raffinata – frecciò lei beccandosi l’ennesima occhiata al vetriolo

-          Dimmi che non l’hai fatto… - disse all’improvviso lui cambiando tono di voce, lei ne parve sorpresa

-          Che cosa

-          Credere che questa follia fosse la cosa più giusta da fare, dimmi che non l’hai fatto, che non sei stata così ingenua e così ottusa

 

All’inizio si sentì pronta per rendergli pan per focaccia, non le era certo piaciuto prendere una simile svolta, ma… era come se le parole le fossero morte in gola, era come se le lacrime scendessero da sole, anche se non voleva

 

-          Sarò anche ingenua – rispose tra i singulti, passandosi la maglia ispida sotto il naso – e forse sarò ottusa, ma non mi è piaciuto fare quello che ho fatto

-          Ma come? Ed io che credevo che invece ne fossi così contenta? Dopotutto, cosa conta per te un insulso mangiamorte come me, marchiato fino alla fine, che porta il segno dei suoi errori e che non può nasconderlo? Sei stata crudele, lo sai?

-          Sei un figlio di puttana, Malfoy, lo sai? Sei uno stramaledettissimo, borioso e pieno di sé Principe degli Slytherin a cui tutto gli è dovuto, ma… - si morse la lingua, sarebbe riuscita a sbattergli in faccia la verità? – ma… preferisco mille volte essermi innamorata di un idiota figlio di puttana come te e del mangiamorte che credi di essere stato, piuttosto che dello schifosissimo idiota dalla fedina penale linda e pinta che non capirebbe neppure la metà di quello che ho provato io!

Stupido!

E a proposito, non l’ho fatto per abbandonarti, ma per risparmiarti l’agonia di un altro giretto panoramico alla Queen, l’ultima volta ci stavi quasi per lasciare la pelle! Tu! Non io!

E così dicendo, voltò i tacchi e lanciò due monete al barista

-          Oblivion – fu tutto quello che udì prima che la porta sbattesse e lei cominciasse a correre sul marciapiede.

 

Ma se lei correva, lui non riusciva a muovere un passo, inchiodato alle assi del pavimento, troppo perso nei suoi pensieri per riuscire a muovere anche un solo muscolo.

Cosa aveva detto?

Innamorata?

Naaa, doveva aver sentito male, Hermione Granger non s’innamora di uno come lui, di Draco Malfoy.

E poi?

Che lui capiva più dello stupido dal passato candido?

Ma se non voleva altro!

Sciocca, che cosa andava mai a dire, se avesse cominciato davvero a crederci le cose sarebbero peggiorate…

No, non poteva essere.

No, assurdo, decisamente impossibile! L’acustica di quel locale era pessima, doveva aver detto qualcos’altro!

Eppure…

Eppure c’era una fiammella che bruciava nel suo cuore e che scioglieva quel ghiaccio di cui era ricoperto, piano, lentamente, ma continuatamene.

Accidenti a lei!

 

Corse fuori più veloce che poté e seguì il marciapiedi finchè non incrociò un bivio.

Lo vide da lontano e già cominciò a chiedersi da che parte svoltare, dove era andata quella maledetta strega piantagrane?

Guarda te se doveva andare a combinare certi pasticci! Guarda te se doveva dirgli che era innamorata!

A lui, a Draco Malfoy! DI Draco Malfoy!

 

Si fermò un metro prima del palo che indicava le tre direzioni: dritto, destra e sinistra, tutte ugualmente impersonali, tutte stranamente poco familiari.

Guardò a sinistra, la strafa conduceva in Hyde Park; a destra si dirigeva verso una scuola e andando dritto c’era la strada che costeggiava il grande parco pubblico.

Lanciare un dado sarebbe stato più produttivo, non aveva idea di quale delle tre lei avesse imboccato.

 

…e poi, all’improvviso, comparve da dietro il palo, i capelli scompigliati, le lacrime che sgorgavano copiose.

Beata pazienza, ma chi glielo aveva fatto fare di non correrle subito dietro e abbracciarla?

Come aveva potuto dubitare anche solo un istante di ciò che gli aveva detto?

Sapeva cosa aveva dovuto fare a se stessa per dirgli certe cose, lo sapeva alla perfezione.

 

Lei sorrise.

Lo sapeva anche lei.

Sapeva che lui sapeva.

 

Le corse incontro e l’abbracciò, nei limiti di quello che la sua bassa statura gli permetteva, stringendola a sé.

Povera, piccola mezzosangue, doveva averle reso la vita un vero inferno…

 

-          Sarei stata codarda due volte se fossi scappata anche questa, se tu mi avessi cercata… - gli disse piano inginocchiandosi di fronte e stringendogli le braccia intorno al collo – in realtà – aggiunse – era la paura che mi ha fatto agire così; non avrei potuto portarti ancora con me sapendo quello a cui ti condannavo

-          Io te l’ho sempre detto che passi troppo tempo a riflettere su delle stupidaggini, piuttosto che impiegarlo in modo più intelligente

-          E quale sarebbe il modo più intelligente

-          Se nona vessi dieci anni te lo mostrerei, ma rischieresti di essere condannata per pedofilia, mi sa…

Lei sorrise e si alzò in piedi, lui la tirò per una manica e fece sì che tornasse ad incontrare i suoi occhi

-          Granger – incominciò titubante, glielo avrebbe detto, dopotutto lei gli aveva dato fiducia – ho tre cose da dirti.

Hermione annuì

-          La prima è che non so che cosa risponderti. – lei parve esitare – fino ad oggi è stato facile liquidare le situazioni del genere con le altre, non era amore quello che provavano per me e certo io non lo provavo. Non so cosa sia l’amore, non ne ho mai ricevuto e non so distinguerlo da altri sentimenti complicati, non so come chiamare quello che provo nei tuoi confronti, ma sarei molto orgoglioso se QUELLO fosse AMORE, anche se sei una piccola mezzosangue; e anche se non hai un posto dove stare, tra gli uomini, tra i maghi, sappi che un angolino nei miei pensieri lo avrai sempre e se non saprai dove andare, potrai sempre rifugiarti lì.

La Caposcuola sorrise commossa, fece per replicare, ma lui la fermò

-          La seconda cosa che ti devo dire è che lo conoscevamo entrambi l’incantesimo per spezzare i braccialetti, quindi se siamo rimasti insieme è solo perché entrambi lo volevamo. Quindi non ha senso che tu mi voglia allontanare quando io non voglio farlo, intesi?

La testa scura fece cenno si

-          E la terza cosa… beh, ti ho detto che non so come chiamare quello che provo, è vero, ma voglio dirti quello che sento davvero. Non ho mai avuto così tanta fiducia nelle persone da metterle a parte di qualcuno dei miei segreti, ma soprattutto, dei miei problemi. Gli scheletri rendono l persone vulnerabile ed è una cosa che non ho bisogno di essere; so che tu capisci. – Hermione confermò – ma ho sentito di potermi davvero fidare di te, ho capito che tu non mi avresti tradita, ho saputo che tu saresti stata in grado di tenere quel segreto e anche di starmi accanto. Anche se non me lo hai detto.

Ma soprattutto, l’ho fatto perché ti volevo vicina. Non c’è e non c’è mai stata una persona che avessi così intensamente voluto accanto. Probabilmente non ce ne sarà un’altra. Quindi vedi di non morirmi troppo presto, chiaro?

Annuì

-          Bene, e adesso che abbiamo finito di dare spettacolo in mezzo alla strada, vediamo di tornarcene in casa, fa freddo e dire certe cose di fronte a tutte queste persone è imbarazzante

 

Le sue classiche scuse, il classico Draco Malfoy, lo stesso di cui era innamorata.

Come se uno solo dei passanti si fosse curato di stare a sentire quello che un bambino imbronciato stava dicendo alla sua mamma…

Certo, ricevere una dichiarazione d’amore da un bambinetto non era proprio il massimo, ma probabilmente nessuno aveva idea di cosa rappresentavano quelle parole per lei, quelle frasi, quei sentimenti senza nome.

Solo lei lo sapeva ed era il suo piccolo segreto.

Anzi, no, era il loro piccolo segreto.

-          E a tal proposito, Granger – lei abbassò le iridi dorate – non farmi umiliare più fino a quel punto in mezzo alla strada, ti avevo già detto quanto di dovere nel caffè.

 

Non comportarti come se fossi l’ultima donna rimasta sulla faccia della terra, ci sono altre persone nella tua vita.

 

Ci siamo tutti e due sulla barca che cola a picco, o buttiamo fuori l’acqua o affondiamo tutti e due.

 

*              *              *

 

Spazio autrice: ciao a tutti! Ecco qui il nuovo aggiornamento della storia, vi informo che siamo agli sgoccioli, ormai non manca così tanto, sto giusto progettando il finale, infatti sto scrivendo di qualche cappy più avanti, ehehehe!

 

Come Draco Malfoy, anche io ho tre cose da dire:

 

La prima è che vorrei ringraziarvi tutti per le tantissime recensioni che mi avete lasciato, addirittura 100!!!

Non credo di meritarle tutte e, soprattutto, tutte le belle parole che usate per me e per le mie storie, sono davvero grata a tutti voi, so che a volte non si ha voglia di mettersi lì e formulare due pensieri per un’autrice in crisi depressiva che allunga le storie in maniera indecente con capitoli inutili e scenette insulse (leggi: me!), per questo vi ringrazio, perché tantissime persone mi scrivono e mi lasciano le loro recensioni ogni volta!

Grazie, Grazie e Grazie Mille!

E grazie moltissimo anche a tutti quelli che hanno aggiunto la mia storia tra i preferiti o che, semplicemente, la leggono, vi assicuro che mi fa molto piacere scorgere il numero delle letture e vederlo ogni volta più alto!

 

Ok, come avrete capito, la parte di inchini e salamelecchi non mi riesce tanto bene… quindi passiamo al punto due.

 

Seconda cosa: un po’ di spiegazione al capitolo! Comprendo appieno quelli che vorranno ammazzarmi, visto che la storia non è che si districhi molto se la infarcisco di dichiarazioni smielate, però sono una a cui piacciono le scene sdolcinate, anche se se in questo caso credo che abbia raggiunto livelli diabetici!

Comunque, finalmente arriva il tanto sospirato momento che attende ogni lettore di Draco/Herm, ed io sono la prima, cioè la tanto fatidica dichiarazione d’amore tra i due.

In questo caso credo di aver frustrato le aspettative di tutte perché l’ho fatta fare ad un bambinetto di dieci anni infuriato come un aspide e con una mezzosangue piangente, insomma, sembra di essere in una soap-opera.

A rileggerlo, mi piace molto di più quello che avevo inventato per l’altra mia storia, ma visto che il plagio è reato (anche se plagio me stessa???) ho dovuto favorire qualcosa di nuovo.

 

Terza cosa: perché la vostra detestata autrice ha scritto questa cosa smielata?

D’accordo, con la fic non c’entra, ma ho bisogno di scrivere qualcosa perché quella maledetta Park So Hee, ovvero l’autrice di Gung, mi sta facendo andare in bestia con la sua opera.

Mia zia mi dice sempre che mi faccio del male da sola e, ve lo assicuro, me lo faccio davvero a leggere quel benedetto fumetto! Ora, grazie al cielo non è ancora terminato, anche se bisogna andare avanti con tempi biblici, però ci sono delle scene che mi rendono veramente una iena e quindi ho bisogno di scaricare lo stress da mancanza di affetto dei miei personaggi preferiti in qualcosa di più zuccherino, ecco il motivo per cui posto capitoli un po’ stucchevoli, alle volte.

Per questo mi scuso moltissimo, in effetti c’entra proprio 0, ma credo di dovere qualche spiegazione a voi poveri che mi seguite…

 

Aspetto i vostri commenti sul sedicesimo capitolo, un bacione!

Nyssa

 

 

   
 
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