Il corpo di un bambino di
dieci anni continuò a galleggiare in mezzo alla stanza finchè
la patina nera non fu scomparsa del tutto.
Quando anche l’ultima
molecola si fu dissolta, la figura infantile cadde a peso morto sul letto,
facendo cigolare il materasso.
Hermione gli fu vicina in un
baleno, prendendogli la mano e sentendogli il polso: inutile, non riusciva a
percepire niente.
Strappò i due bottoni della
camicia e con le dita gli sentì la pressione tra la gola e il petto, debole,
molto debole, quella era avvertibile.
E Draco sembrava quasi che
dormisse.
Si alzò in piedi e sospirò
come la madre che assiste il figlio ferito in guerra;
gli mise il pigiama e prego che nessuno avesse percepito il violento scoppio di
energia che si era liberato quando aveva richiamato l’Incantesimo Oscuro.
Che cosa doveva fare?
Aveva forse sbagliato a
raccontargli tutto subito?
Avrebbe dovuto aspettare?
Avrebbe dovuto dirlo diversamente? Avrebbe dovuto dirlo??
E in quel caso, avrebbe poi
dovuto fare qualcosa da sola o abbandonare per sempre il proposito di salvare
il bambino?
No, non poteva lasciarlo là
sotto, a costo della vita, lo avrebbe salvato perché lo aveva promesso a Nicholaa.
Di lei si diceva che faceva
sempre la cosa giusta, ma in quel momento non era certa che il suo agire fosse
stato dei migliori.
Sia perché aveva costretto
Draco a fare uso dei suoi poteri, sia perché l’aveva portato in quel
sotterraneo maledetto dove ricordi e magie nere tornavano alla luce
squarciandogli il corpo dal dolore. Sia perché gli aveva quasi dato il colpo di
grazia con la sua ultima frase.
Ma quel bambino era
senz’altro la persona di cui parlavano Bellatrix e Rodolphus Lestrange alla sala da
tè, l’ultimo dell’anno.
Nessuno glielo aveva detto,
ma sentiva che era così e lei, proprio lei che si fidava solo di ciò che
vedeva, decise di dare credito a quella sensazione.
Cosa doveva fare?
Andare?
Non andare?
Salvarlo?
Da sola?
Con Draco?
Senza Draco?
In che modo?
Tante domande che non erano
neppure la metà degli interrogativi che la perseguitavano, che la assillavano
chiedendole chi fosse quel bambino e perché i mangiamorte
l’avessero rapito.
Indubbiamente aveva a che
fare con Silente, questo era poco ma sicuro, altrimenti non ne avrebbero
parlato in modo così vicino a quello del vecchio mago.
E poi, sempre per quanto
riguardava Silente, cos’era questo Onore dei Black?
Come a Draco piaceva
ripetere, i Black non avevano avuto onore. Mai.
Però il preside li aveva
incaricati di trovare questa cosa, ma dove?
Ne avevano parlato, ma
sembrava che ci fossero più probabilità di rendere Lavanda Brown
intelligente rispetto a quelle di trovarlo…
Non sapevano neppure da dove
cominciare, almeno si fosse degnato di concedere loro
un indizio! Un piccolo suggerimento!
Niente, muto ed enigmatico
come suo solito, anche questa volta, il vecchio Silente non si era smentito.
Un’occhiata a Malfoy.
Accidenti anche a lui,
maledetto incosciente!
Perché quelle fiamme, poi?
Cominciava a sospettare che non fossero proprio
casuali le loro apparizioni… c’era dunque qualcos’altro che non le aveva detto?
Quanti altri misteri doveva
risolvere da sola prima di riuscire a saperne tanto quanto gli altri sulla
faccenda?
Le quattro
e mezza e il sole era già
tramontato… che tristezza che era Londra d’inverno, preferiva molto di più la
campagna sterminata intorno alla Scuola.
Quando nessuno se ne
accorgeva, a volte il pomeriggio usciva e camminava per i campi, si sedeva su
una pietra e rimaneva lì a pensare, c’erano molte cose su cui rifletteva: la
sua famiglia, i suoi poteri, i prof e la scuola, le lezioni, i compagni, gli
amici…
Un pensiero però tornava
sempre e comunque ed era sua nonna.
Aveva voluto bene a sua nonna quasi quanto ad una madre e senza dubbio più che
alla sua genitrice naturale; quando era bambina sua nonna abitava con loro e si
era sempre presa cura di lei quando i suoi genitori erano fuori e non potevano
starle accanto, lei, però, c’era sempre stata per qualsiasi cosa, soprattutto
quando i compagni di classe la deridevano dicendole che era una persona
“strana” e che non era come loro perché se ne stava sempre zitta in disparte e
quando parlava sembrava ogni volta la signorina-so-tutto-io.
A quel tempo ancora non
sapeva di avere dei poteri particolari e la lettera di Hogwarts
non aveva ancora fatto il suo ingresso in casa Granger.
C’era una e un’unica cosa che
rimpiangeva ed era di non aver potuto mostrare la lettera a sua nonna, lei
senz’altro ne sarebbe stata fiera e orgogliosa, come lo era sempre di lei,
della sua piccola Mione.
Delphie Longfield era la madre di sua
madre; non assomigliava molto a sua nonna che era una personcina
minuta e socievole a differenza sua, eppure erano affiatatissime
insieme.
Sua madre non aveva mai avuto
molto tempo da dedicarle, quando era nata erano passati diversi anni dal
matrimonio dei suoi genitori, troppi perché quei due potessero ancora amarsi. Entrambi
erano all’apice della carriera e non potevano certo occuparsi della marmocchia
piagnucolona che avevano messo al mondo… era stata il classico incidente di percorso.
Mamma e papà uscivano presto al mattino e tornavano tardi la sera, vivevano attaccati ad
un telefono e frequentavano convegni, cene, conferenze e studi rinomati,
rigorosamente separati; avevano una vita lavorativa molto affollata,
responsabilità ed incarichi difficili, tanti clienti e molte grane, come tutti;
era normale che non potessero dedicarsi a lei e ai suoi infantili problemi che
liquidavano con un “tesoro, non devi dargli retta…”.
Ma a sette anni è difficile
guardare in faccia un altro bambino che ti ha appena detto che non sei come
lui, che sei strana e che non c’è posto per te… sua nonna l’aveva sempre
ascoltata ripetere le solite cattiverie che gli altri fanciulli esprimevano
senza peli sulla lingua.
Crescendo e poi entrando a Hogwarts si era spesso interrogata sul perché fossero così
crudeli nei suoi confronti e, a ben pensarci, doveva davvero essere una persona
odiosa, a quei tempi.
Ma nessuno le dava fiducia e
lei era sempre stata troppo timorosa per esporsi così tanto, aveva sempre
cercato di scongiurare il peggio: la pubblica vergogna.
Quindi, cane mangia cane.
E così faceva la sicura di
sé, camminava con mento alto, squadrava tutti e rispondeva con insolenza ai
suoi compagni, naturale che la detestassero.
Aveva cercato di cambiarsi,
quando aveva preso coscienza di quanto era insopportabile, ma non era riuscita
a farlo più di tanto e ancora adesso non poteva dire di essersi davvero aperta
con qualcuno, forse neppure con Harry che le voleva davvero tanto bene.
Harry assomigliava un po’ alla
nonna, si sedeva lì sul divanetto e ascoltava, lui si metteva sul letto e stava
a sentire le sue infinite storie.
Povero Harry, l’aveva
addirittura coinvolto in quel progetto semi-fallimentare che era il C.R.E.P.A. e lui non aveva detto una parola.
Sua nonna era venuta a mancare
un mese prima che arrivasse la lettera e quando
l’aveva saputo, non credeva che sarebbe riuscita ad andare avanti. Poi, piano piano, con la missiva magica e tutto, si era fatta coraggio
e, allettata dall’idea di andare in un posto dove nessuno la conosceva e dove
avrebbe potuto ricominciare una vita da zero, aveva tirato avanti.
La realtà si era rivelata
differente perché la sua natura saccente non era riuscita a rimanere
imbrigliata nell’autocontrollo che le aveva imposto e per di più, Malfoy era l’incarnazione
della brutale sincerità con cui i bambini la schernivano da piccoli.
Con una differenza.
Se i bambini lo fanno senza
pensare alle conseguenze e senza curarsi troppo di cosa dicono, il biondastro
sapeva alla perfezione che cosa le stava dicendo più o meno tacitamente: tu sei
un’ESTRANEA.
Aveva negato la cosa fino a
farsi del male, prima di accettarla, poi, lentamente, aveva preso coscienza di
cosa era e “mezzosangue” non era stata solo una parola di disprezzo, ma anche
di orgoglio.
Mezzosangue è una persona i
cui genitori non hanno poteri magici e la sua radice significa “nata dal fango”
o “sangue sporco”; ma mezzosangue era stato il mago più temuto del mondo magico
e mezzosangue era la migliore studentessa di Hogwarts,
colei che riusciva a brillare sopra ridde di Purosangue dal passato millenario.
Lei era LA Mezzosangue.
E mezzosangue era solo lei,
come diceva Draco, LA Mezzosangue.
Nessun altro era chiamato
così, un segno distintivo di orgoglio e spregio, come tutto in lei.
Ogni tanto avrebbe ancora
voluto avere la nonna affianco, raccontandole cosa faceva a Scuola, come era il
mondo magico, facendole vedere le magie.
Sua nonna non c’era più da
molto, troppo tempo.
E lei aveva imparato a
cavarsela da sola, sacrificando un poco del suo orgoglio e mettendolo da parte.
Adesso, però, ne avvertiva la
mancanza, avrebbe voluto averla lì perché la confortasse e le dicesse cosa era
giusto fare.
Silenzio.
Draco dormiva ancora.
No, non c’era bisogno della
nonna per sapere cosa avrebbe dovuto fare.
Non poteva obbligarlo,
soprattutto, non poteva coinvolgerlo di nuovo.
Se per lei quello che faceva
era alla stregua di un gioco pericoloso, per lui c’era dell’altro, molto altro.
Non poteva permettersi che
soffrisse come prima.
Fai ciò che ritieni giusto
Le ripeteva
Si alzò in piedi.
Guardò un’ultima volta il
bambino addormentato nel letto, poi girò su se stessa, raccattò cappotto e
sciarpa dall’attaccapanni.
Uno sguardo tutt’attorno.
Da quanto tempo conosceva la
magia per distruggere l’incantesimo dei loro braccialetti?
Da sempre.
Fin dal primo momento in cui
glielo avevano messo aveva saputo come levarselo, se non lo aveva fatto era
solo per paura.
Paura di rimanere sola.
Perfino rimanere con Malfoy
era meglio che stare sola.
No, stare con Malfoy era
bello, molto bello.
Non doveva mentire a se
stessa, come quando era bambina, facendo finta di non essere diversa dagli
altri.
Era orgogliosa di esserlo,
ora, e poteva dirlo chiaramente, le piaceva stare con lui, era una sorpresa
continua e ci si divertiva moltissimo insieme, anche se la causa era quasi
sempre un battibecco, un litigio di poco conto, qualche parola scappata.
Voleva disperatamente
rimanere con lui, ma non era giusto che lui venisse
coinvolto in quel suo progetto folle.
Lo faceva anche per lui.
Chiuse la porta e scese
dabbasso.
* * *
Draco si mise a sedere non
appena la serratura scattò dietro di lei.
Stupida mezzosangue…
Poteva quasi sentire i
pensieri che aveva fatto mentre lo vegliava, era sveglio
da un po’ e, anche se non aveva usato la legilimanzia,
conosceva il soggetto di quelle riflessioni, soprattutto perché conosceva lei.
La gente diceva che Hermione
Granger aveva una faccia da poker che non lasciava trasparire le emozioni.
Niente di più falso, lei le
emozioni che provava le manifestava tutte, solo che bisognava saper guardare
con attenzione, non semplicemente fermarsi ad osservare un sorriso che c’era o
non c’era.
Sapeva che lei conosceva
l’incantesimo per annullare l’effetto dei braccialetti, a ben pensarci, era una
cosa assai stupida, una magia quasi elementare.
La conosceva anche lui.
E se erano rimasti insieme
era solo perché avevano volto, ENTRAMBI.
Cosa aveva intenzione di fare
era lampante, non glielo aveva detto, ma anche lui aveva sentito le parole di Nicholaa risuonargli nella testa: perché le aveva taciuto
anche quello?
Le aveva fatto credere di
averla messa a parte dei suoi segreti, ma c’era dell’altro che lei non
conosceva, piccolezze, ma che potevano minare il loro rapporto.
E forse era riuscito a
portarla proprio a quel punto, perfino da abbandonarlo.
Dire che cosa doveva fare era come discolparsi e non lo avrebbe fatto perché sapeva perfettamente
che cosa c’era da fare in quel momento, bisognava solo trovare il coraggio di
farlo.
Il coraggio non gli era mai mancato, non finchè
non c’era qualcosa di caro in gioco: non aveva mai chiamato sua madre “mamma”
per paura che lei rimanesse scandalizzata. Non aveva mai detto a suo padre che
“era uno stupido, ma lo stimava molto per come aveva agito nella questione
delle reliquie”, era stato un vero Capofamiglia.
Non aveva detto a Blaise che “era l’unico amico che avesse ed era lusingato
che lui volesse rimanere insieme”.
E soprattutto, non aveva mai
detto alla mezzosangue che era l’unica che riteneva davvero all’altezza di
essere messa a parte di tutta quella vicenda. Non le aveva detto che, anche se
forse non era Venere in persona, era una persona splendida.
E non le aveva detto che quel
periodo trascorso insieme era stato il più bello della sua vita nonostante
grattacapi di sorta, litigi e quant’altro.
Soprattutto, non le aveva
detto che voleva rimanere sempre con lei, a lei piacendo.
Forse, se lei lo avesse
saputo, non avrebbe avuto così terrore di coinvolgerlo in quella storia.
Avrebbe preferito bruciare
nella maledizione delle fiamme nere o farsi consumare il braccio da Marchio
Nero piuttosto che lasciarla da sola o esporla anche solo ad un simile
pericolo.
Lo avrebbe fatto anche solo
per tenersela vicino.
Ma era stato codardo e lei
era scappata credendo di fare la cosa giusta.
Non c’era bisogno di sapere
dove si era diretta, non era il caso, lo sapeva benissimo.
Bisognava solo avere il
coraggio di andarla a cercare.
Lo avrebbe avuto?
…
…
…
* * *
Se n’era andata, ma non aveva
ancora avuto il fegato di lanciarsi nell’avventura che la stava portando
lontano da Draco Malfoy.
Aveva terribilmente paura e
adesso non c’era il Principe degli Slytherin a
proteggerla se fosse successo qualcosa.
Avrebbe dovuto cavarsela da
sola, una cosa che, francamente, non le era mai riuscita troppo bene.
Confrontarsi con se stessa
era una battaglia persa in partenza su tutti i fronti in cui la
si poteva combattere.
Avrebbe aspettato fino a
domattina, poi sarebbe entrata alla Queen e avrebbe
improvvisato.
Già, improvvisato… era una
cosa un po’ strana per una persona meticolosa e calcolatrice come lei.
Ma dopotutto, non era molto
diverso da quello che aveva appena fatto, ritrovandosi in un caffè fumoso e
pregno dell’odore della moka e del cioccolato che aveva tutta l’aria di essere
lì da sempre.
Affianco a lei erano gli
ultimi avventori: un paio di uomini leggevano il giornale sportivo dando le
spalle alle toilette, due signore di una certa età chiacchieravano in un
tavolino affianco alla vetrata, sorseggiando delle cioccolate e bisbigliando di
questo e di quello, scrutandosi maliziose attraverso le spesse lenti degli
occhiali, protette dai loro consueti maglioncini rosa
polvere molto vecchio stile.
Una ragazza era seduta con
una pila di fogli davanti ad un tavolo d’angolo e, saltuariamente, scriveva
qualcosa per poi continuare o accartocciare la bozza.
Poco distante, alla vetrata
che dava sulla strada, uno studente con portatile davanti scriveva qualcosa al
computer accompagnato da una pila di tomi di chirurgia.
E per finire altri due
clienti erano appollaiati agli alti sgabelli del bancone e chiacchieravano
tranquilli lanciando vacue occhiate alle brioches
ormai un poco stantie esposte nello scaldapane.
Si sentiva squallida a stare
in quel posto frequentato solo da persone che non volevano avere niente a che
fare col resto del mondo, per il momento, anche lei ormai era così, ma credeva
di avere una ragione migliore per ricercare quella solitudine piuttosto che i
piccanti segreti di qualche nipote incinta o della stesura della tesi di
laurea.
Tantomeno la solitudine domestica di quei poveretti che
mangiavano minestra tutte le sere.
Sospirò mesta e sorseggiò il
tè, inconfondibilmente industriale, che le avevano servito.
* * *
C’erano migliaia di posti
dove la mezzosangue poteva essersi rifugiata per scappare da lui, al momento,
però, escludeva senz’altro la biblioteca: aveva agito d’impulso, ma aveva
ancora la testa sulle spalle, non si sarebbe lanciata così alla cieca in una avventura tanto pericolosa, un po’ ci teneva anche lei
alla pelle, lo dimostrava il fatto che fosse riuscita a sopravvivere a sette
anni in compagnia di Potty.
Senza contare che la Granger
aveva senz’altro delle conoscenze a Londra e quindi, volendo, sarebbe anche
potuta rimanere da loro per qualche tempo.
Ma l’avrebbe fatto?
Onestamente parlando, gli
sembrava più il tipo che si sarebbe tagliata una mano piuttosto che suonare il
campanello e chiedere aiuto a qualcuno, il suo orgoglio era maledettamente
onnipresente.
Si strinse nel cappotto e
sistemò la sciarpa intorno al collo, perché
Guardò speranzoso dentro ad
un locale, chiedendosi se non si sarebbe potuto prendersi dieci minuti per non
morire assiderato prima di continuare la ricerca.
Dal di fuori era un incrocio tra un pub malfamato di Nottun Alley e il negozio di
Madama Piediburro, l’antitesi fatta casa, vicino al
vetro era un ragazzo dal naso prominente e i capelli scomposti che batteva su
una specie di macchina da scrivere sottilissima guardando fisso una specie di
televisione in miniatura.
Sembrava un posto innocuo,
decise che sarebbe stato al caso suo.
Poi un movimento appena
catturò la sua attenzione con un flash rosso che sfrecciò dietro le spalle esili del ragazzo:
era lei?
Non ne era sicuro, non
l’aveva neppure vista, eppure qualcosa dentro di lui gli diceva che doveva
andare a controllare perché, secondo il suo strampalato sesto senso, lei doveva
essere proprio lì.
Aprì serio la maniglia
d’ingresso facendo tintinnare il campanello della porta, il barista e due
avventori si voltarono a guardare il bambino che era appena entrato, terminando
quello che stavano dicendo
-
Cerchi qualcosa?
– gli domandò quello che doveva essere il proprietario e che, al momento,
asciugava i bicchieri
Fece violenza a se stesso per
riuscire a interpretare una parte decente del bambinetto
idiota
-
Faccio una
sorpresa alla mamma! – sillabò all’uomo dopo essersi arrampicato su uno degli
altri sgabelli, ma era sempre stati così scomodi?
Il proprietario sorrise e gli
indicò il corridoio, dopodiché tornò a quello che stava facendo e gli altri due
ricominciarono a parlare della partita della domenica prima.
Modestia a parte, era un
ottimo attore.
* * *
Hermione si asciugò una
lacrima traditrice che le rigò la guancia, fregò la ruvida lana del maglione
sulla pelle ed era già scomparsa, peccato che non fosse
lo stesso con quel persistente senso di colpa che le rodeva l’animo, come se ci
fosse qualcosa che non aveva preso in considerazione durante la sua scelta e
adesso le apparisse tutto meno nitido e facile di prima.
Quando aprì gli occhi Draco
Malfoy era davanti a lei, i piedi da bambino ben piantati sul pavimento, le
mani affondate nelle tasche e i capelli coperti dalla neve, sembrava
arrabbiato, no, meglio, sembrava davvero furioso!
-
Stupida! – le
gridò attirandosi l’attenzione delle vecchiette che spettegolavano vicino alla finestra
Hermione raddrizzò la schiena
e lo guardò senza capire, lui la squadrò truce
-
Cosa credevi di
fare? – le domandò
Le due donne all’angolo
tesero l’orecchio, la questione era stranamente interessante, soprattutto se si
trattava di seguire la movimentata conversazione tra un figlio che rimprovera
la giovane madre!
Draco si voltò un istante
verso di loro e le raggelò con lo sguardo, non si poteva certo dire che fosse
nei suoi momenti migliori, anzi, se la mezzosangue non fosse stata lì,
probabilmente avrebbe lanciato a quelle due impiccione qualche schiantesimo, tanto, rintronate lo erano già di loro…
Vecchietta1 e Vecchietta2 si
affrettarono a raccattare cappelli e cappotti e a pagare il
conto prima che la testa del biondo si voltasse nuovamente nella
direzione della Gryffindor.
-
E adesso spiegami
quale bacata idea ti è saltata questa volta in quel tuo cervellino malato!
-
Non è un’idea
bacata!
-
Da come ti comporti
sembra quasi che san Potter ti abbia contagiato con la tua follia del
sacrificio totale e incondizionato
-
Faccio quello che
voglio della mia vita, Harry non c’entra!
-
Fai quello che
vuoi un cazzo! – sbraitò la piccola serpe – non
comportarti come se fossi l’ultima donna rimasta sulla faccia della terra, ci
sono altre persone nella tua vita, accidenti!
Lei si arrestò un attimo,
mettendo momentaneamente in stand by la sua
aggressività per rintracciare il significato della precedente frase?
Parola d’ordine:
non farsi illusioni.
Parola d’ordine ancora più importante: non credere che lui pensi di essere una parte della
sua vita sennò i piani vanno a rotoli.
Ok, a questo punto era lecito chiedersi cosa volesse
dire?
Avrebbe disperatamente voluto
che lui intendesse che non voleva che lei agisse così perché erano insieme,
però… sarebbe stato come credere al Coniglio Pasquale…
-
Ma cosa sei, tarda?
Le parole, gentili come
sempre, di Messer Furetto la ridestarono dai quesiti esistenziali appena giunti alla sua analisi e fecero saltare lo stand by, riportandola, arrabbiata, al cospetto del biondastro
-
Io non sono tarda
– protestò piccata
-
Sì, allora vorrei
proprio sapere come una persona intelligente possa anche solo lontanamente
pensare di andare a lanciarsi in un simile avventura
senza una guida, senza una mano, senza un accidenti di nessuno! Perché nessuno
sano di mente lo farebbe!
-
Quello che faccio
sono affari miei
-
Un corno sono
affari tuoi, ci siamo tutti e due sulla barca che cola a picco, o buttiamo
fuori l’acqua o affondiamo tutti e due
-
Una metafora
molto raffinata – frecciò lei beccandosi l’ennesima occhiata al vetriolo
-
Dimmi che non
l’hai fatto… - disse all’improvviso lui cambiando tono di voce, lei ne parve sorpresa
-
Che cosa
-
Credere che
questa follia fosse la cosa più giusta da fare, dimmi
che non l’hai fatto, che non sei stata così ingenua e così ottusa
All’inizio si sentì pronta
per rendergli pan per focaccia, non le era certo
piaciuto prendere una simile svolta, ma… era come se le parole le fossero morte
in gola, era come se le lacrime scendessero da sole, anche se non voleva
-
Sarò anche ingenua
– rispose tra i singulti, passandosi la maglia ispida sotto il naso – e forse
sarò ottusa, ma non mi è piaciuto fare quello che ho fatto
-
Ma come? Ed io
che credevo che invece ne fossi così contenta? Dopotutto, cosa conta per te un
insulso mangiamorte come me, marchiato fino alla
fine, che porta il segno dei suoi errori e che non può nasconderlo? Sei stata
crudele, lo sai?
-
Sei un figlio di
puttana, Malfoy, lo sai? Sei uno stramaledettissimo, borioso e pieno di sé
Principe degli Slytherin a cui
tutto gli è dovuto, ma… - si morse la lingua, sarebbe riuscita a sbattergli in
faccia la verità? – ma… preferisco mille volte essermi innamorata di un idiota
figlio di puttana come te e del mangiamorte che credi
di essere stato, piuttosto che dello schifosissimo idiota dalla fedina penale
linda e pinta che non capirebbe neppure la metà di quello che ho provato io!
Stupido!
E
a proposito, non l’ho fatto per abbandonarti, ma per risparmiarti l’agonia di
un altro giretto panoramico alla Queen, l’ultima
volta ci stavi quasi per lasciare la pelle! Tu! Non io!
E così dicendo, voltò i
tacchi e lanciò due monete al barista
-
Oblivion – fu tutto quello che udì prima che la porta sbattesse
e lei cominciasse a correre sul marciapiede.
Ma se lei correva, lui non
riusciva a muovere un passo, inchiodato alle assi del pavimento, troppo perso
nei suoi pensieri per riuscire a muovere anche un solo muscolo.
Cosa aveva detto?
Innamorata?
Naaa, doveva aver sentito male, Hermione Granger non
s’innamora di uno come lui, di Draco Malfoy.
E poi?
Che lui capiva più dello
stupido dal passato candido?
Ma se non voleva altro!
Sciocca, che cosa andava mai
a dire, se avesse cominciato davvero a crederci le cose sarebbero peggiorate…
No, non poteva essere.
No, assurdo, decisamente
impossibile! L’acustica di quel locale era pessima, doveva aver detto
qualcos’altro!
Eppure…
Eppure c’era una fiammella
che bruciava nel suo cuore e che scioglieva quel ghiaccio di cui era ricoperto,
piano, lentamente, ma continuatamene.
Accidenti a lei!
Corse fuori più veloce che
poté e seguì il marciapiedi finchè
non incrociò un bivio.
Lo vide da lontano e già
cominciò a chiedersi da che parte svoltare, dove era andata quella maledetta
strega piantagrane?
Guarda te se doveva andare a
combinare certi pasticci! Guarda te se doveva dirgli che era innamorata!
A lui, a Draco Malfoy! DI
Draco Malfoy!
Si fermò un
metro prima del palo che indicava le tre direzioni: dritto, destra e
sinistra, tutte ugualmente impersonali, tutte stranamente poco familiari.
Guardò a sinistra, la strafa
conduceva in Hyde Park; a destra si dirigeva verso
una scuola e andando dritto c’era la strada che costeggiava il grande parco
pubblico.
Lanciare un dado sarebbe
stato più produttivo, non aveva idea di quale delle tre lei avesse imboccato.
…e poi, all’improvviso,
comparve da dietro il palo, i capelli scompigliati, le lacrime che sgorgavano
copiose.
Beata pazienza, ma chi glielo
aveva fatto fare di non correrle subito dietro e abbracciarla?
Come aveva potuto dubitare
anche solo un istante di ciò che gli aveva detto?
Sapeva cosa aveva dovuto fare
a se stessa per dirgli certe cose, lo sapeva alla perfezione.
Lei sorrise.
Lo sapeva anche lei.
Sapeva che lui sapeva.
Le corse incontro e
l’abbracciò, nei limiti di quello che la sua bassa statura gli permetteva,
stringendola a sé.
Povera, piccola mezzosangue,
doveva averle reso la vita un vero inferno…
-
Sarei stata
codarda due volte se fossi scappata anche questa, se tu mi avessi
cercata… - gli disse piano inginocchiandosi di fronte e stringendogli le
braccia intorno al collo – in realtà – aggiunse – era la paura che mi ha fatto
agire così; non avrei potuto portarti ancora con me sapendo quello a cui ti
condannavo
-
Io te l’ho sempre
detto che passi troppo tempo a riflettere su delle stupidaggini, piuttosto che
impiegarlo in modo più intelligente
-
E quale sarebbe
il modo più intelligente
-
Se nona vessi
dieci anni te lo mostrerei, ma rischieresti di essere condannata per pedofilia,
mi sa…
Lei sorrise e si alzò in
piedi, lui la tirò per una manica e fece sì che tornasse ad incontrare i suoi occhi
-
Granger –
incominciò titubante, glielo avrebbe detto, dopotutto lei gli aveva dato
fiducia – ho tre cose da dirti.
Hermione annuì
-
La prima è che
non so che cosa risponderti. – lei parve esitare – fino ad oggi è stato facile
liquidare le situazioni del genere con le altre, non era amore quello che
provavano per me e certo io non lo provavo. Non so cosa sia l’amore, non ne ho
mai ricevuto e non so distinguerlo da altri sentimenti complicati, non so come
chiamare quello che provo nei tuoi confronti, ma sarei molto orgoglioso se
QUELLO fosse AMORE, anche se sei una piccola mezzosangue; e anche se non hai un
posto dove stare, tra gli uomini, tra i maghi, sappi che un angolino
nei miei pensieri lo avrai sempre e se non saprai dove andare, potrai sempre
rifugiarti lì.
La
Caposcuola sorrise commossa, fece
per replicare, ma lui la fermò
-
La seconda cosa
che ti devo dire è che lo conoscevamo entrambi l’incantesimo per spezzare i
braccialetti, quindi se siamo rimasti insieme è solo perché entrambi lo
volevamo. Quindi non ha senso che tu mi voglia
allontanare quando io non voglio farlo, intesi?
La testa scura fece cenno si sì
-
E la terza cosa…
beh, ti ho detto che non so come chiamare quello che provo, è vero, ma voglio
dirti quello che sento davvero. Non ho mai avuto così tanta fiducia nelle
persone da metterle a parte di qualcuno dei miei segreti, ma soprattutto, dei
miei problemi. Gli scheletri rendono l persone vulnerabile
ed è una cosa che non ho bisogno di essere; so che tu capisci. – Hermione confermò – ma ho sentito di potermi davvero fidare di te, ho
capito che tu non mi avresti tradita, ho saputo che tu saresti stata in grado
di tenere quel segreto e anche di starmi accanto. Anche se non me lo hai detto.
Ma
soprattutto, l’ho fatto perché ti volevo vicina. Non c’è e non c’è mai stata
una persona che avessi così intensamente voluto
accanto. Probabilmente non ce ne sarà un’altra. Quindi vedi di non morirmi
troppo presto, chiaro?
Annuì
-
Bene, e adesso
che abbiamo finito di dare spettacolo in mezzo alla strada, vediamo di
tornarcene in casa, fa freddo e dire certe cose di fronte a tutte queste
persone è imbarazzante
Le sue classiche scuse, il
classico Draco Malfoy, lo stesso di cui era innamorata.
Come se uno solo dei passanti
si fosse curato di stare a sentire quello che un bambino imbronciato stava
dicendo alla sua mamma…
Certo, ricevere una
dichiarazione d’amore da un bambinetto non era
proprio il massimo, ma probabilmente nessuno aveva idea di cosa rappresentavano
quelle parole per lei, quelle frasi, quei sentimenti senza nome.
Solo lei lo sapeva ed era il
suo piccolo segreto.
Anzi, no, era il loro
piccolo segreto.
-
E a tal
proposito, Granger – lei abbassò le iridi dorate – non farmi umiliare più fino
a quel punto in mezzo alla strada, ti avevo già detto quanto di dovere nel
caffè.
Non comportarti come se
fossi l’ultima donna rimasta sulla faccia della terra, ci sono altre persone
nella tua vita.
Ci siamo tutti e due
sulla barca che cola a picco, o buttiamo fuori l’acqua o affondiamo tutti e due.
* * *
Spazio autrice:
ciao a tutti! Ecco qui il nuovo aggiornamento della storia, vi informo che
siamo agli sgoccioli, ormai non manca così tanto, sto giusto progettando il
finale, infatti sto scrivendo di qualche cappy più avanti, ehehehe!
Come Draco Malfoy, anche io
ho tre cose da dire:
La prima è che vorrei
ringraziarvi tutti per le tantissime recensioni che mi avete lasciato,
addirittura 100!!!
Non credo di meritarle tutte
e, soprattutto, tutte le belle parole che usate per me e per le mie storie,
sono davvero grata a tutti voi, so che a volte non si ha voglia di mettersi lì
e formulare due pensieri per un’autrice in crisi depressiva che allunga le storie
in maniera indecente con capitoli inutili e scenette insulse (leggi: me!), per
questo vi ringrazio, perché tantissime persone mi scrivono e mi lasciano le
loro recensioni ogni volta!
Grazie,
Grazie e Grazie Mille!
E grazie moltissimo anche a
tutti quelli che hanno aggiunto la mia storia tra i preferiti o che,
semplicemente, la leggono, vi assicuro che mi fa molto piacere scorgere il
numero delle letture e vederlo ogni volta più alto!
Ok, come avrete capito, la parte di inchini e
salamelecchi non mi riesce tanto bene… quindi passiamo al
punto due.
Seconda cosa: un po’ di
spiegazione al capitolo! Comprendo appieno quelli che vorranno ammazzarmi,
visto che la storia non è che si districhi molto se la infarcisco di
dichiarazioni smielate, però sono una a cui piacciono
le scene sdolcinate, anche se se in questo caso credo che abbia raggiunto
livelli diabetici!
Comunque, finalmente arriva
il tanto sospirato momento che attende ogni lettore di Draco/Herm, ed io sono la prima, cioè la tanto fatidica
dichiarazione d’amore tra i due.
In questo caso credo di aver
frustrato le aspettative di tutte perché l’ho fatta fare ad un bambinetto di dieci anni infuriato come un aspide e con una
mezzosangue piangente, insomma, sembra di essere in una soap-opera.
A rileggerlo, mi piace molto
di più quello che avevo inventato per l’altra mia storia, ma
visto che il plagio è reato (anche se plagio me stessa???) ho dovuto favorire
qualcosa di nuovo.
Terza cosa: perché la vostra
detestata autrice ha scritto questa cosa smielata?
D’accordo, con la fic non c’entra, ma ho bisogno di scrivere qualcosa perché quella maledetta Park So Hee,
ovvero l’autrice di Gung, mi sta facendo andare in
bestia con la sua opera.
Mia zia mi dice sempre che mi
faccio del male da sola e, ve lo assicuro, me lo faccio davvero a leggere quel
benedetto fumetto! Ora, grazie al cielo non è ancora terminato, anche se
bisogna andare avanti con tempi biblici, però ci sono delle scene che mi
rendono veramente una iena e quindi ho bisogno di scaricare lo stress da mancanza
di affetto dei miei personaggi preferiti in qualcosa di più zuccherino, ecco il
motivo per cui posto capitoli un po’ stucchevoli, alle
volte.
Per questo mi scuso
moltissimo, in effetti c’entra proprio 0, ma credo di
dovere qualche spiegazione a voi poveri che mi seguite…
Aspetto i vostri commenti sul
sedicesimo capitolo, un bacione!
Nyssa