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Autore: Nana_Hale    24/09/2013    0 recensioni
3 anni trascorsi nell'oscurità di un terribile ricordo che schiacca la luce e la bellezza di tutto ciò che hanno trascorso insieme. 3 anni che possono essere spazzati via in una frazione di secondo dalla persona giusta...
Genere: Dark, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes , Sig.ra Hudson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Love is Timeless
 
Aprire gli occhi fu la cosa più dolorosa e difficile che gli capitava di fare da molto tempo.
I raggi di luce del sole che passava dalle tende impolverate sembravano fiamme incandescenti che bruciavano i suoi occhi senza tregua e l'aria, pesante e rarefatta della stanza, gli entrava nelle narici come un fumo velenoso mentre la saliva gli impastava la bocca.
Si alzò il più lentamente possibile dal pavimento, domandandosi come era stato possibile che fosse finitò lì, dall'altra parte del salotto, steso supino sul parquet, ma come riuscì a riacquistare una posizione eretta si sentì mancare il fiato e con un balzo degno di un'ostacolista, si gettò nel bagno con la testa nel gabinetto.
Rimase inginocchiato per quasi 10 minuti tentando di riprendere colore in viso e una lucidità tale da permettergli di arrivare almeno al piano di sotto per farsi chiamare un taxi dalla signora Hudson.
Prese un profondo respiro e si alzò reggendosi al lavandino da cui bevve un sorso d'acqua; poi si poggiò al muro, poi alla porta arrivando quasi per miracolo a recuperare il suo cappotto sull'uscio.
Si schiarì la gola e fece per prenderlo quando una sagoma attirò la sua attenzione facendolo voltare di scatto.
Sul divano, ferma in bella mostra stava la custodia nera di Sherlock, aperta, con il violino poggiato delicatamente al suo interno come se qualcuno lo avesse suonato di recente.
Gli occhi di John si spalancarono increduli e spaventati mentre le sue labbra presero a tremare senza controllo; indietreggiò aggrappandosi all'appendiabiti che si sbilanciò e cadde a terra con ancora la giacca del dottore appesa. Fu un miracolo se Watson riuscì a rimanere in piedi quando le sue ginocchia cedettero improvvisamente.
"Signora Hudson!"
Gridò rimettendosi in piedi e scaraventandosi giù per le scale tentando di non cadere.
"SIGNORA HUDSON!!!"
All'ennesimo urlo, la donna si precipirò fuori dalla porta tutta spaventata.
"Dottore! Cosa c'è? Che succede?"
"Chi... Chi è stato?"

John non riusciva a parlare; aveva la gola chiusa e il respiro accelerato. Inspirò rumorosamente e si chinò poggiandosi le mani sulle ginocchia per tentare di calmarsi.
"Cosa?"
Domandò la signora preoccupata.
"Chi è entrato in casa?"
La incalzò il medico.
"N-nessuno, solo lei. Ma non-"
"NON MI MENTA! CHI E' ENTRATO?"

John all'improvviso la afferrò per le spalle spingendola indietro.
"IL VIOLINO ERA APERTO! QUALCUNO HA SUONATO QUEL VIOLINO! CHI E' STATO?"
Sembrava un'altra persona, completamente fuori di se; tutto il male, la frustrazione, la disperazione che in 3 anni era rimasta nascosta e repressa dentro di lui, ora stava esplondendo come un vulcano.
"Nessuno è entrato, Dottore. Solo lei. N-non so chi l'abbia suonato, non lo so...non lo so."
La donna sembrava atterrita; non per se stessa, sapeva che John non le avrebbe mai fatto del male, ma era terrorizzata da come quell'uomo aveva ridotto se stesso, celando il suo dolore per così tanto tempo.
Aveva gli occhi rossi, lucidi, pieni di paura e pena; le mani gli tremavano strette intorno alle braccia della signora che delicatamente portò una mano sul viso dell'uomo dandogli una gentile carezza.
"Io... non-non so chi sia stato..."
Sussurrò dolcemente e d'un tratto, lo sguardo di John si tinse, ma non di speranza o gioia, solo di una nera e fredda ombra di rassegnazione.
"Sono stato io."
Parlò, ma non riconobbe nemmeno la sua stessa voce; le sue mani scivolarono lungo le braccia della signora Hudson come se ogni traccia di vita fosse improvvisamente scomparsa da esse.
Indietreggiò visualizzando finalemente nella sua mente la sfuocata immagine di un uomo solo, stanco e ubriaco che reggeva fra le mani lo strumento musicale di legno lucido e lo fissava, per ore, perdendosi in dei ricordi che pian piano lo frantumavano da dentro come uno scalpello sulla roccia.
"John..."
La donna mormorò facendolo tornare alla realtà e costringendolo a riportare lo sguardo su di lei.
"Mi dispiace... io... non volevo..."
Si scusò lui con gli occhi pieni di rimorso e paura.
"Devo andare..."
Poi si voltò senza pensarci e uscì dalla porta in tutta fretta senza nemmeno ricordarsi di prendere il suo cappotto. Il lanciò verso la strada sollevando una mano per chiamare un taxi che subito si avvicinò.
Ma in quel preciso momento, una bicicletta lo urtò da dietro le spalle facendolo cadere a terra con la faccia sul marciapiede; la via era quasi deserta a quell'ora del mattino e solo una donna si avvicinò a lui per aiutarlo a rialzarsi.
"Dottor Watson? La prego salga."
John sbattè le palpebre diverse volte cercando di ignorare il dolore alla testa e alla guancia che aveva picchiato a terra.
Girò la testa e a bordostrada vide accostata una macchina nera con i finestrini oscurati; si voltò verso la donna, elegante e curata e un sonoro sbuffo gli uscì involontariamente della bocca.
"Ci mancava anche questa."
Scrollò le spalle e fissando con sguardo truce la ragazza, si infilò nella macchina subito seguito da lei.
Il viaggio fu più breve del solito, quanto bastava a John per rendersi conto che la donna al suo fianco non era la solita che lo aveva sempre recuperato per conto di Mycroft.
L'auto frenò non dandogli il tempo di approfondre il suo dubbio e immediatamente la ragazza scese dal veicolo.
Fece per richiudere la portiera quando il dottore la fermò.
"Scusi? L'ha mandata Mycroft Holmes vero?"
"Chi è Mycroft Holmes?"

Domandò la giovane sorpresa e un po' divertita e senza perdere un secondo di più richiuse la portiera in faccia a Watson, sorridendo maliziosamente. L'uomo rimase a bocca aperta ma non ebbe il tempo di realizzare cosa fosse successo che subito le serrature della macchina scattarono, chiudendolo dentro.
"Che...cosa...?"
Un sussultò di incredulità e panico fece trasalire il dottore che iniziò a guardarsi intorno preoccupato.
"Hey! C'è nessuno? HEY!"
Gridò colpendo il finestrino con una manata.
"HEY! C'E' NESsu..."
Il separè dell'auto iniziò ad abbassarsi pian piano col suo suono ronzante, facendolo bloccare e voltare di scatto; tattenne il fiato soffermandosi sulla nuca, coperta da un cappello nero, dell'autista.
"Mi avevi chiesto un miracolo..."

Tu-tum.

Il respirò sembrò svanire dal corpo di John così come la sua capacità di pensare.
"Ci ho messo un po' ma cel'ho fatta."

TU-TUM.

Il male al petto fu violento e improvviso.
Non sentiva quella voce da 3 anni.
3 anni passati a tentare di dimenticare, 3 anni passati a voler dimenticare ad ogni costo per smettere di soffrire.
3 anni passati a ricordare nonostante il dolore, perchè cancellare quei ricordi voleva dire cancellare...lui.
L'uomo al volante si girò togliendosi il cappello.
Viso pallido ancora più scavato di quanto John lo ricordasse, capelli ricci, scuri, neri come la pece che cadevo su una fronte liscia e morbida.
"Tu..."
Fu l'unica cosa che John riuscì a mugugnare con gli occhi ancora sbarrati e la bocca dischiusa leggermente.
Sherlock sorrise leggermente ma nessuna risposta venne dall'uomo sul sedile posteriore.
Al contrario; uno sbuffo di afflizione, di agonia, di rabbia uscì dal naso del dottore che serrò la mandibola sentendo il suo respiro accelerare senza controllo.
"TU."
Lo scatto fu rapido, selvaggio, violento.
John si gettò oltre la finestrella afferrando Sherlock per il bavero della sua giacca scura e lo spinse all'indietro ringhiando.
I due caddero sui sedili anteriori e quando la portiera del guidatore scattò per sbaglio e si aprì, la testa dell'investigatore scivolò all'indietro mentre il dottore spingeva le sue spalle verso l'esterno.
"MALEDETTO!"
Rimasero incastrati nella macchina per le gambe mentre Watson si dimenava colpendo il moro come meglio poteva con dei pugni assestati a casaccio.
"BRUTTO BASTARDO! MI HAI MENTITO! MIRACOLO UN CAZZO!"
Urlava come un pazzo scuotendo Sherlock senza fermarsi.
"HAI IDEA DI QUELLO CHE HO PASSATO? EH? 3 ANNI! 3 DANNATISSIMI ANNI!"
Finalmente il moro riuscì a liberarsi quanto bastava per tuffarsi fuori dalla macchina ma John non gli permise di scappare. Lo afferrò per un caviglia facendolo scivolare a terra e annaspando si ributtò sopra di lui riprendendo a colpirlo e spintonarlo, questa volta con più forza.
"JOHN!"
"STA ZITTO! COME HAI POTUTO FARMI QUESTO? TI HO VISTO MORIRE, SHERLOCK, MORIRE!!!"

Gridò, urlò, picchiò senza sosta, senza fermarsi mentre nemmeno le lacrime riuscivano a scivolargli lungo il viso per la troppa rabbia che lo stava controllando.
Sherlock sollevò le braccia tentando di resistere alle botte violente contro il suo petto che il dottore gli stava sferrando stando a cavalcioni sopra di lui. D'un tratto, con un gesto fermo, deciso, inaspettato, afferrò il viso di John e lo tascinò contro il suo.
Watson si bloccò rimanendo quesi soffocato e mugugnò sulla bocca dell'investigatore con sorpresa e disappunto; il moro si staccò subito da lui, ma non mollò la presa sul suo volto e rimase a fissarlo, ansimante.
Il dottore tentò di riprendere fiato e, ancora scosso dall'improvviso bacio, si fermò a guardare quegli occhi glaciali, profondi e taglienti che più di ogni altra cosa gli erano mancati in quegli orribili 3 anni passati.
"Sono io... che ti devo molto..."
A quelle parole, mormorate con dolcezza, Watson cedette, definitivamente; una lacrima riuscì a liberarsi dalle sue ciglia e ha scivolare sulla sua guancia, bagnando la mano di Sherlock che con instancabile ardore, tirò di nuovo il suo viso vero il basso con uno scatto unendo le loro labbra.
John gemette nella bocca di Sherlock sentendo le loro lingue accarezzarsi come stavano facendo i loro corpi, pieni di bisogno e desiderio.
Si sfiorarono la bocca l'uno con l'altro continuando a baciarsi per un lungo, infinito momento.
"...ti devo tutto..."
Un sospiro pieno di tristezza, di anni passati in solitudine a vegliare su di un uomo che era tutta la sua vita. Un sospiro finalmente di nuovo vivo, intenso, passionale che dissolse come polevere al vento i minuti, le ore, i giorni che avevano trascorso lontani, separati nel corpo ma mai nel cuore.
 
The End

____________________

Eh si, purtroppo (o per fortuna?) è già finita. Spero vi abbia allietato un po' and now, come di consueto, my drawing for you Here and Here 
Ps: La firma CabaretDelDiavolo è del mio vecchio account in disuso.

Un bacio!
Nana
  
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