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Autore: MeikoBuzolic    24/09/2013    1 recensioni
"Il viaggio durò a lungo. L’altoparlante comunicò «Stiamo per arrivare all’aeroporto di Mystic Falls».
L’atterraggio fu brusco, mi mossi in difficoltà nel piccolo corridoio, scesi, mettendomi le mani alle orecchie per il rumore degli aerei vicini che decollavano. Dopo diversi minuti, arrivarono le mie valige, le misi nel carrello, e seguì i cartelli di uscita. La porta scorrevole si aprì..."
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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9.
Sentì come un brivido quando sfiorò le mie labbra, lo fissai nei suoi occhi intensi, il cuore batteva all’impazzata.
Si avvicinò, non avevo la forza di allontanarmi, sentivo il cuore che batteva sempre più forte, e che lentamente tutto ciò che ci circondava sparisse, come se m’ingoiasse nel suo mondo oscuro.
Le sue labbra erano vicinissime alle mie.
«Signorina Evans» un tono forte e rigido.
Kol si girò, con fare divertito «Buongiorno Alaric».
Sbarrai gli occhi – si conoscono? – mi allontanai da Kol «Professore non è come sembra…» cercai nella mia mente una scusa.
Il professor Saltzman si avvicinò «So quello che sta succedendo: un Originale si trova nel cortile nella scuola dove insegno» spiegò.
Kol sorrise divertito, fissai quei due uomini confusa – come fa a sapere dei Originali? – il mio sguardo andava da un uomo all’altro, cercando delle risposte che non ricevevo.
«Mi dispiace averla disturbata, sarà per un'altra volta» disse Kol, con uno sguardo di sfida rivolto al professore. «Ciao Caitlyn» si avvicinò al mio viso, ma mi scansai.
«Ciao Kol» dissi freddamente.
«Fai la difficile» sussurrò, alzò l’angolino della bocca, e sparì.
Il professor Saltzman si avvicinò a me.
«Professore posso spiegare, io-» m’interruppe.
«Chiamami pure Alaric quando siamo fuori dalla classe» mi sorrise dolcemente, fece cenno di fare una passeggiata.
Annuii, e iniziammo a camminare.
«Mi stavo chiedendo che ci fa una ragazza come te, con un tipo come Kol Mikaelson?» chiese.
«In che senso» lo guardai confusa.
«La tua “Razza” per cosi dire, dovrebbe odiare i vampiri» ribadì.
Rimasi pietrificata, non sapevo cosa dire – cosa faccio adesso? – mi morsi labbro nervosamente.
«So che sei una Strega» aggiunse e sorrise come se voleva tranquillizzarmi, e c’è la fece.
Qualcosa mi diceva cha potevo fidarmi «Sì, lo sono» sorrisi «Ed io non odio i vampiri» sostenni.
«Anch’io, non tutti per lo meno» rise fra sé e sé.
Lo guardai confusa «Signor Saltzman, lei come fa a conoscere Kol?» domandai.
Lui fece per rispondermi, ma suonò la campanella.
«Una storia lunga» spiego, mi sorrise «Vai in classe».
Annuii,  mi diressi in classe, il professore era ancora fermo lì, mi voltai e col cenno della mano lo salutai, lui ricambiò.
 
Ero in classe, la professoressa stava spiegando.
Avevo il braccio appoggiato sul banco, dove sostenevo il mio capo.
Mandai un messaggio a Bonnie:
 
Da: Alice
“Bonnie il professor Saltzman, sa che sono una strega. Come fa a saperlo?”

 
Guardai il libro di matematica, cercando di non far vedere che stessi mandando dei SMS.
Il cellulare vibrò:
 
Da: Bonnie
“Non preoccuparti. Ci possiamo fidare”

 
Lessi il messaggio, e stetti a fissarlo per qualche istante – ha usato il plurale, quindi sa anche di lei? – riflettei.
L’acuto urlo del mio nome, mi riportò in classe «Signorina Evans, non so come funzionava in Italia, ma nella mia classe bisogna stare attenti durante le lezioni. Mi auguro che riesca a prendere almeno una C al compito di domani» espose col suo tono arrogante.
Alzai un sopracciglio, la guardai in quei suoi occhi castani «Senta, prima di tutto non si rivolga con quel tono a me. E secondo non stavo facendo niente» odiavo quando usavano quel tono con me, iniziai ad irritarmi.
Lei spalancò gli occhi.
«Non è abituata a essere pagata co la stessa moneta» aggiunsi.
I suo sguardo si fece furioso «Vada fuori!» esclamò, indicando col dito la porta.
Presi il mio zaino, e uscì sbattendo la porta.
«Fottiti» sussurrai a denti stretti.
Andai in infermeria, chiedendo un permesso per uscire prima.
Uscì dalla scuola.
«Già io ho i miei problemi, ora ci si mette pure lei. Che palle!» mi lamentai fra me e me, accesi una sigaretta. «Ho finito pure il pacchetto, bene!» sclamai furiosa, e misi a moto il motorino.
Parcheggiai davanti al Grill.
Entrai, e trovai il professor Saltzman seduto sul bancone – che ci fa qui? Fino a un ora fa era a scuola? – mi diressi al bancone, cercando di non farmi notare dal professore.
«Scusi vendete sigarette?» domandai alla giovane ragazza alla cassa.
Lei annuii «Carta d’identità, prego» chiese.
Presi il portafoglio dallo zaino, e glie la porsi.
«Non sei troppo piccola per fumare» s’intromise l’uomo seduto nel bancone.
Mi guardai a fissarlo – l’uomo della festa in maschera – cercai di non fissarlo in quei occhi color ghiaccio, che m’incantavano.
«Tu non sei un po’ troppo vecchio per farti i cazzi miei?» riposi irritata, facendo un sorriso isterico.
Lui sorrise, si sposto, stiracchiandosi e dietro di lui il professor Saltzman, spalancai gli occhi – cazzo mi ha sentito – sorrisi.
«Buongiorno professore» sforzai un sorriso.
«Buongiorno Signorina Evans» sorrise, tenendo fra le mani un bicchiere vuoto «Vedo che ha conosciuto il mio amico Damon Salvatore» indicò il ragazzo dai occhi color ghiaccio.
Presi le sigarette, e porsi le mani al ragazzo dalla carnagione chiara, e i capelli color corvino, la strinse e nella mia mante l’immagine scura e offuscata. Quando allontanai la sua presa, respirai profondamente.
Scossi la mano dove tenevo le sigarette «Vado a fumare» informai, fissando il ragazzo. «Arrivederci» salutai, sorridendo al professore.
Uscì dal locale, salì nel motorino cercando un posto più tranquillo.
Ci volle solo pochi minuti per arrivare a una piccola pianura nascosta, nelle vicinanze del ponte di Wickery.
Mi sdraia a terra, appoggiando la testa nello zaino, accesi una sigaretta – perché provo questa attrazione – pensai a Kol, non riuscivo a capire. Pensai ai suoi occhi – quei suoi occhi scuri mi risucchiano in quel suo mondo oscuro, leggo rabbia nel suo sguardo, ma sono certa che non mi farà dal male – appoggiai la sigaretta alle labbra, e ispirai.
Presi il cellulare e selezionai una delle mie canzoni preferite, iniziai a canticchiarla
«Tell me would you kill to save a life?
Tell me would you kill to prove you're right?
Crash, crash, burn, let it all burn
This hurricane's chasing us all underground»
Queste parole mi facevano riflettere – se ci provassi, lui mi vorrà veramente? O e solo un modo per rendermi la vita più difficile? – pensai, e infine tornai a casa.
 
Arrivai a casa.
«Nonna sono a casa» avvisai.
«Ciao, Tesoro!» sentii la sua voce distante.
Mi diressi verso la voce, uscì fuori in giardino, era sotto la tettoia a leggere uno dei suoi libri.
L’abbracciai «Nonna» dissi dolce.
«Tesoro, com’è andata oggi?» chiese, anche se i suoi occhi sapevano tutto.
«Nonna, so che lo sai» ribadii.
Lei mi guardò con aria interrogativa, anche se dentro di me sapevo che fingeva.
Sospirai «Diciamo che in questo periodo non sto molto bene, e che la professoressa mi ha parlato con tono arrogante. E tu sai come sono, e gli ho risposto con lo stesso tono, e mi ha cacciato dall’aula. Io arrabbiata ho chiesto un permesso per uscire prima» spiegai ad un fiato.
La nonna mi abbracciò «Quando sarai pronta, potrai parlarmene» disse saggiamente.
«Lo farò» mi allontanai da quella presa. «Mi serve una serata nonna, devo trovare una risposta» spiegai.
Lei annuì.
Sorrisi, e corsi in camera mia.
Mi infilai sotto la doccia, e iniziai a vestirmi, misi: i miei fedeli jeans strappati, aderenti delineando le mie leggere curve, di un rosso intenso. E una canottiera lunga e larga, con dei tagli obliqui su tutta la parte posteriore, e un teschio nero stampato sulla parte anteriore. Infilai gli anfibi.
Ricorsi in bagno, mi truccai mettendomi: la matita nera, per rendere i miei occhi verdi più grandi, un po’ di eyeliner, e mascara. Piastrai i miei corti capelli rossi.
Presi la mia borsa a tracollo nera, di “Nightmare before christmas”, e scesi giù.
Fissai l’orario del mio cellulare 19:13,  non avevo fame e uscì.
Nel breve tragitto, sentivo lo stomaco contorcersi dall’agitazione, e il mio respiro affannato.
Mi avvicinai al cancello «Niente panico. Posso farcela» m’incoraggiai.
Appoggiai la mano al cancello – dimmi che è aperto – sperai, a quando diedi la spinta, si aprì – grazie al cielo – sospirai, e mi diressi verso la porta.
Sentivo tutto il corpo tremare, quando mi fermai davanti alla porta, non riuscivo a muovermi – posso suonare un campanello non è difficile – ma l’agitazione me lo impediva – da questo gesto dipende tutta la mia vita: Una normale vita con Matt, dove andremo a dei college vicini, e ci sposeremo. O una relazione con Kol dove tutto è buio – strinsi le mie mani tra loro, tritolandole a vicenda dalla troppa ansia.
Improvvisamente la porta si aprì, il nodo allo stomacò aumentò, il mio istinto mi disse di fuggire, ma presi coraggio e stetti immobile.
«Buonasera Caitlyn. Serve qualcosa?» domandò la dolce ed educata voce di Elijah.
«S-sì» balbettai quella semplice parola, «Vorrei parlare con…» mi si fermò il suo nome in gola. Respirai profondamente «Vorrei parlare con Kol, se è possibile» dissi ad un fiato.
Lui sorrise «Certo, accomodati» fece cenno con la mano.
Entrai nella grande casa – non è cambiata affatto – sostenni, mentre l’ammiravo.
Seguì Elijah, ci fermammo vicino alle scale.
Nella mia mente percorsi il ricordo del nostro primo sguardo, sentì i brividi solo a pensarci.
«Kol, c’è qualcuno che ti cerca» disse Elijah, con fare sempre molto raffinato.
Kol scese le scale in modo calmo e graziato, ma questa volta non portava uno smoking, ma dei semplici jeans e una maglietta a maniche lunghe, con i bottoncini aperti, di un colore grigioblu
Quando mi vide sorrise «Sapevo che non potevi resistermi» sostenne.
Sentì quella frase m’infastidì, alzai un sopracciglio «Sono venuta qui solo per parlarti» spiegai.
Elijah ci fissò «Vi auguro buona serata» e salì le scale lasciandoci soli.
«Andiamo a fare un giro» propose Kol.
Mi morsi il labbro, annuii.
Uscimmo dalla grande villa «Andiamo con il mio motorino?» proposi.
«Io ho un mezzo più veloce» informò.
Mi guardai attorno confusa, e lo guardai con sguardo interrogativo.
Lui semplicemente allargò le braccia, e in un istante ero fra le sue braccia.
Lo guardai sbalordita «C-come hai fatto?» domandai.
Lui sorrise «Segreti dei vampiri» sorrise.
Appoggiai la testa fra la cavità tra suo collo e la sua spalla, l’odore della sua pelle era dolce e intenza, in pochi minuti ci fermammo.
Delicatamente mi fece scendere, e ci trovammo in mezzo al bosco, in dei gazebi di legno uniti tra loro. Era tutto illuminato da delle soffuse lanterne, che illuminava tutto dolcemente.
Mi appoggiai sul parapetto in legno, e mi affacciai e vidi il fiume di Wickery.
«È bellissimo» esclamai, fissando la buia foresta che ci circondava, come le luci riflettevano sulle acque scure del fiume, e in lontananza si sentiva una cascata.
Sentì le sue mani appoggiarsi sulle mie spalle, sentì il cuore accelerare, e le mie guance accaldarsi.
«Sono felice che ti piaccia» sussurrò al mio orecchio.
Sentì la pelle d’oca quando sussurrò al mio orecchio, e il mio cuore batté all’impazzata.
Allontanò la presa, e si avvicinò al parapetto dove ci si sedette sopra.
«Kol scendi, è pericoloso. Potresti farti male» dissi preoccupata.
Lui sorrise divertito «Sono già morto» precisò divertito, fece cenno di avvicinarmi a lui.
Mi avvinai lentamente «Non salirò con te» precisai.
Appoggiai la schiena nel parapetto, tra le sue gambe, avvicinò il suo viso al mio orecchio «Chiudi gli occhi» sussurrò.
Lo feci, senza obbiettare, e sentì le sue grandi mani appoggiarsi sul mio viso, coprendo gli occhi.
Quando stavo con lui, era come se stessi sempre ad occhi chiusi, perché tutto mi sorprendeva, anche il più semplice gesto, lui lo rendeva unico e speciale.
«Lo senti?» sussurrò.
Non ebbi il tempo di parlare, che tolse le sue mani dal mio viso. Spalancai gli occhi, e trattenni un urlo.
Ero a pochi centimetri dal precipizio di una cascata.
«È meraviglioso!» esclamai.
Eravamo a pochi centimetri dal fiume al nostro lato, che con una tale forza, scendeva dal precipizio, diventando una potente cascata, e da lontano si vedevano i gazebi illuminati dalle lanterne.
Sentivo il nodo alla gola, dallo stupore, non avevo paura di cadere.
Sentivo che c’era lui a proteggermi per sempre.
   
 
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