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Autore: cold_fire    24/09/2013    3 recensioni
dal capitolo 9:
Ero sempre stata una ragazza forte, non avevo mai pianto dopo la morte di mia madre, ma quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Non avevo pianto alla morte di mia madre, al coma di mio padre, al suo risveglio, al trasloco improvviso, al tumore di Cecilia, agli anni passati come vittima sotto il potere che adesso faceva di Cindy (la nuova moglie di mio padre) la capo famiglia, non avevo pianto ai maltrattamenti subiti da Matteo e nemmeno davanti al suo amore violento e non ricambiato mi ero soffermata per sprecare lacrime. Ma non Roberto, non lui… e non Elisa, non lei! Come avevano potuto… il mio ragazzo e la mia migliore amica... adesso avevo solo la danza.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 3
La notte più lunga della mia vita
 
Don’t try to make me stay, or ask if I’m okay
I don’t have the answer
 
Guardai la sveglia sul comodino e decisi di riprovarci. Erano le due e mezza precise e ancora non riuscivo a dormire. Chiusi gli occhi e feci ogni sforzo possibile per rilassarmi. Impossibile. Provai di nuovo. Niente. Pensai a cose più belle ma non me ne veniva nessuna in mente. Non avevo voglia. Dovevo dormire però. Domani (cioè oggi) sarebbe iniziata la scuola e anche le lezioni di danza. Cosa fare… non avevo nemmeno un briciolo di sonno. Guardai di nuovo la sveglia. Due e trentuno. L’unica cosa che speravo era che quel due diventasse in fretta un sei, almeno mi sarei alzata e avrei fatto qualcosa, al posto di stare a letto ad annoiarmi. Non sapevo se sarebbe stata una giornata positiva o negativa quella di domani. Non ho voglia di tornare a scuola domani pensai chissà cosa mi aspetta… per fortuna ho finito i compiti giusto in tempo… pensavo fossero infiniti… certo… li avrei finiti prima se non avessi passato tre quarti dell’estate in giro a non fare niente, uscendo dalle quattro del pomeriggio fino a mezzanotte. Però domani riinizia anche danza… ed è una buona notizia perché la danza mi leva sempre di dosso tutto lo stress che mi porta la scuola. Ero estremamente confusa. Che fare? Non venendomi in mente niente guardai di nuovo la sveglia. Due e trentaquattro. Sembrava che il tempo andasse a rilento. Avrei tanto voluto andare a scambiare qualche parola con chi lo gestisce. Magari il “proprietario” del tempo si era addormentato. Cosa che io non ero riuscita a fare. Iniziai a pensare alla mia migliore amica Elisa, ai miei amici Manuel, Luca e Fabio… al mio ex Matteo… al mio adorabile fidanzato Roberto… a mio padre… a Cindy… stavo giusto per addormentarmi quando sentii uno strillo acutissimo nella stanza accanto. La mia sorellastra di due anni, Maria, si era messa a piangere fortissimo. Era come se avesse capito che stavo pensando a tutte le persone a cui volevo bene. E a quanto pare aveva capito che in quella categoria non l’avrei mai fatta entrare. Maria era nata due anni prima e per fortuna, anche se molto stranamente, piangeva soltanto. Giuro che maledirò il giorno in cui dirà la sua prima parola. Il problema è che sembra nata per farmi finire in castigo. Ogni volta che le passo anche solo ad un metro di distanza lei si mette a piangere. Poi Cindy arriva di corsa e mi vede ad un metro da lei. Pensa che le abbia fatto qualcosa di brutto e mi mette in punizione. Adesso ho imparato ad uscire dalla stanza appena mi accorgo  di lei, oppure mi allontano facendo finta di niente. A volte funziona, ma ci sono alcuni casi in cui vado in giro per casa con un libro o con il telefono e così concentrata  non mi accorgo nemmeno di esserle passata accanto. E quando succede è snervante perché qualsiasi cosa accada Cindy la difende sempre. Non so perché non mi crede mai, ma dato che inizia a dire che sono egocentrica, pensa che faccio del male a Maria o che le dico brutte cose per attirare attenzione su di me… dice che mi sento esclusa dalla famiglia perché lei non è mia madre. Nel primo anno in cui sono vissuta con lei è stato bello, mi era molto simpatica. Poi è nata Maria e mi sono accorta della sua grande stupidità. Dice che il nome della bambina le è venuto in vocazione, continua a ripetere a se stessa che sua figlia farà grandi cose, senza accorgersi che, benché abbia due anni, non sa ancora parlare. E quando provo a farglielo notare mi mette in castigo. E poi c’è mio padre che da sempre ragione a Cindy e, anche se so che crede a me, mi mette in castigo. Di conseguenza cerco di passare il minor tempo possibile in casa. Vado a scuola, pranzo in mensa, torno a casa alle quattro prendo i libri e poi esco. Vado in biblioteca a fare i compiti. Per cena vado in pizzeria con la Eli. Poi torno a casa, mi cambio e mi lavo, esco con tutti i miei amici e torno a casa per le undici e mezza, quando tutti dormono vado a letto e ricomincio. Adesso Maria aveva smesso di piangere e mi era venuto un po’ di sonno. Guardai per l’ennesima volta la sveglia. Mancavano dieci minuti alle tre. Ero decisamente stanca. Chiusi gli occhi e mi addormentai. Sentii uno strano rumore, come un ticchettio. Aprii gli occhi e vidi la pioggia battere contro la mia finestra. Mi alzai dal letto in punta di piedi e notai che non indossavo più il pigiama ma dei Jeans e una felpa, gli stessi che portavo il giorno in cui ero venuta a vivere in quella casa. Vidi il mio riflesso nel vetro. I capelli erano più scuri del solito, ma erano ancora rossi. Il volto era pallido, molto magro, ma sorridente, benché ero sicura di non star sorridendo. I capelli erano raccolti in un cucù e notai che nel riflesso ero vestita con un tutù bianco e nei capelli era stata messa una specie di corona fatta di piume bianchissime. Non avevo più nemmeno una lentiggine e il contorno degli occhiera stato truccato con l’argento e il bianco, che quasi non si notavano sulla mia chiara carnagione. Quel vestito l’avevo visto indossare solo in una occasione, quando i miei genitori, mio padre e mia madre, mi avevano portata a vedere il lago dei cigni, quando eravamo andati in vacanza a Londra. Quella era stata l’ultima vacanza di famiglia prima che mia madre morisse. Di colpo il riflesso scomparve. Mi avvicinai alla finestra quando mi accorsi che era sparita. In quello stesso istante sentii qualcosa spingermi, una cosa che assomigliava molto al vento. Caddi fuori e nello stesso istante smise di piovere. Sentii un leggero impatto su qualcosa di freddo e vidi una stanza davanti ai miei occhi. Ero in piedi appoggiata ad una parete. Osservai la stanza che si mostrava ai miei occhi. Era abbastanza piccola, ma i mobili la facevano sembrare molto più grande. C’era un vecchio divano di pelle polveroso e una tv di quelle vecchie, con una specie di scatolone sul retro. Ero sicura che se l’avessi accesa le immagini sarebbero state confuse e in bianco e nero, ma non potevo perché qualcuno aveva spaccato lo schermo. Il parchè era stato messo molto male ed essendo anche vecchio rendeva difficile camminare senza inciampare. Il mio sguardo infine si posò sui muri, scrostati e in certi punti perfino anneriti, segno di un probabile incendio avvenuto in passato. Le pareti erano così malmesse, che non se ne capiva il colore originario. Ad un certo punto, senza alcun preavviso, il televisore si accese. Non trasmetteva nessun canale, sembrava più uno specchio, proprio come era sembrato qualche secondo prima con la finestra della mia stanza. Riuscivo a vedere il mio riflesso, ma sfuocato. L’unica cosa che si distingueva erano i miei capelli rosso fuoco, riflessi nel vetro dello schermo. Mi avvicinai di più, per vedermi meglio, ma, velocemente come si era acceso, il televisore si spense. Sentii dei passi avvicinarsi alla stanza in cui mi trovavo. Dovevo preoccuparmi? Non avevo la minima idea di dove mi trovavo in quell’ istante… che fare? Cercai un posto dove nascondermi intanto che la porta si apriva cigolando. Quando una testa bionda con degli occhi azzurro chiaro come solo Dio poteva descriverli  mi fece tirare un sospiro di sollievo, riconoscendo la mia amica Elisa “oh… per fortuna sei te Claire. ci eravamo preoccupati. Magari questo posto non è abbandonato! In cucina c’è ancora del cibo! Vuol dire che qualcuno deve viverci ancora nonostante lo squallore di questo luogo…” disse lei tutto d’un fiato. La domanda che mi ronzava nella testa era un’altra però… lei e chi? Chi altro era capitato in quel luogo? Non riuscivo a smettere di chiedermelo, fino a quando Elisa non mi distrasse porgendomi una borsa. Una mia borsa. Subito la riconobbi. Nera e fucsia con dei ricami bianchi. Era la borsa più grande che avevo e sembrava comunque piena zeppa di cose. La presi senza pensarci due volte e guardai al suo interno. Vuota. Vi era solamente il mio cellulare che si mise subito a vibrare come impazzito intanto che sul display compariva il segnale di chiamata di un numero privato. Risposi immediatamente “pronto?” chiesi “Ciao tesoro. Come stai?” subito mi si gelò il sangue che scorreva nelle vene, riconoscendo all’istante quella voce che speravo di non dover mai più sentire. Avrei voluto non rispondere. Il mio cavolo di ex. Perché mi aveva chiamata? Lui mi odiava! “cosa vuoi?! Sbrigati e sparisci” dissi con il tono più freddo e distaccato che riuscii a mantenere. Ero incazzata nera. Non volevo più parlargli. “che modi bruschi” disse addolcito come se avessi detto la cosa più tenera del mondo “non voglio infastidirti oltre pasticcino. Volevo solo dirti… che presto rimpiangerai tutto quanto. Dall’avermi lasciato all’esserti messa insieme ad un patetico traditore come il tuo attuale ragazzo” non credevo alle mie orecchie, ma lui continuò comunque a parlare “e ho già in mente cosa ti dirò quando tu e lui vi lascerete… che ne dici del buon vecchio stile che cosa ti avevo detto idiota?” gli riattaccai in faccia spaventata da quelle parole. Ok… lui mi odiava era ufficiale, ma non poteva arrivare a tanto! E poi era stato lui a lasciarmi mica io… d’accordo… forse si è arrabbiato perché non ero per niente triste del fatto che mi avesse mollata… ma non potevo mica piangermi addosso, senza fare niente! Probabilmente si era incazzato perché mi ero trovata subito un altro ragazzo… forse mi aveva lasciata solo per vedere se avessi sofferto, se fossi tornata da lui… avevo fatto qualcosa di male per cui mi meritavo di strisciare ai suoi piedi? Non mi sembra… non ero io quella che ci provava con tutte… mi riscossi da quei pensieri e decisi di seguire Elisa fuori da quella stanza. La prima cosa che notai quando uscii da quella stanza erano le finestre. Queste ultime erano state sbarrate malamente con delle assi di legno marce. Dai pochi raggi di luce che vi entravano notai varo granelli di polvere che fluttuavano nell’aria. Era una stanza immensa, praticamente vuota, eccezione fatta solo per qualche mobile polveroso e malandata. Al centro erano stati disposti in cerchio alcuni cuscini, con al centro un tavolino, l’unica cosa che sembrava non essere in cattive condizioni. Sui cuscini erano sedute delle persone. Subito le riconobbi, erano tutte le mie amiche. C’erano due cuscini vuoti sui quali ci sedemmo io ed elisa. Rimanemmo per qualche istante a guardarci in silenzio, avevo voglia di parlare ma non sapevo cosa dire. Eppure la risposta era così ovvia, non mi sarebbe bastato chiedere dove mi trovavo? Mi sembrava la cosa più sensata da dire in quel momento, oltre al perché eravamo li, me compresa, e perché sembrava quasi che mi stessero aspettando. Erano tutte cose che volevo, anzi, che dovevo sapere, ma non le chiesi. Una vocina dentro si me mi aveva detto di non farlo, come se non volesse rompere quel silenzio incredibilmente snervante. Cosa fare? Cosa dire? Non lo sapevo. Non sapevo nemmeno cosa pensare. Come se qualcuno mi avesse ordinato di farlo mi alzai inaspettatamente anche se le altre non diedero segno di essersene accorte. Uscii dalla stanza per cercare una porta che mi avrebbe condotto all’esterno. Quando la trovai appoggiai lentamente una mano sulla maniglia e tirai la porta verso di me. Guardai la luna che spiccava nel cielo notturno in mezzo ad un mare di stelle. La fissai intensamente per poi abbassare lo sguardo notando un zerbino rosso con una scritta dorata Welcome Gordon. Data la probabile età della casa mi sembrava strano vedere uno zerbino in così buone condizioni fuori dalla porta. Rientrai sbattendo la porta notando che aveva iniziato a piovere. Ritornai nella sala dove trovai i cuscini vuoti. Delle mie amiche non vi era traccia. Le cercai ovunque ma non c’erano. Entrai in una stanza e li vidi. Lui era avvinghiato a lei e non riuscivano a staccarsi. Sentii la gola chiudersi senza farmi respirare; il cuore mi si strinse nel petto come se volesse scomparire. Lui me l’aveva detto, aveva ragione. Mi ero fidanzata con uno sporco traditore che ora stava baciando (per non dire cose più porche) niente meno che la mia migliore amica Elisa. E in quel momento una forte  luce invase l’abitato e aprii gli occhi. Un raggio di sole entrava dritto dalla mia finestra. Era solo un sogno, che fortuna! Mi cambiai in fretta e scesi a fare colazione. “Che faccia sconvolta che hai! E’ successo qualcosa?” mi chiese Cindy quando entrai in cucina “solo un sogno” risposi minimizzando il tutto “spero per te che fosse un bel sogno” “e perché mai ti interesserebbe di me quando hai un’altra figlia…?” borbottai interrompendola. “Tu sei come una figlia per me Claire… e comunque volevo solo dirti che ho letto non so dove che prima o poi tutto quello che si vede nei sogni accade, e non vorrei vederti sconvolta così tanto di nuovo” Cindy che si preoccupava per me? Strano, ma… “con quella faccia spaventeresti la piccola Maria” disse con tono sconsolato. Adesso era tutto apposto… non gli importava di me ma “della piccola Maria”. Però speravo con tutta me stessa che quelle fossero solo cazzate… rabbrividii al solo pensiero che quella potesse essere la realtà. Dopo colazione salii in camera proprio intanto che il mio telefono riceveva un messaggio ti devo parlare Claire… e so che non vuoi ma ne ho bisogno. Da Matteo.
Era solo una cazzata. Quello che aveva detto Cindy era e sarebbe sempre stata solo una cazzata. Non poteva essere vero. Presi la cartella e il cellulare e scesi  le scale per prendere l’autobus.
 

 
Ecco qual il mio terzo capitolo escluso il prologo. Lo so, è passato solo un giorno da quando ho postato, ma volevo farmi perdonare per il ritardo del capitolo precedente. In realtà è solo un capitolo di passaggio anche se a volte i capitoli normali mi risultano abbastanza lunghi. Un po’ mi vergogno di questo capitolo perché sono sicura che lo troverete tutti noioso. Non pensate che questa sia falsa modestia, è sincerità. Anche se so che non sarà così, spero comunque che vi sia piaciuto e commentiate in tante. Ancora una volta ringrazio RiccioLilli per il suo supporto e vorrei specificare che è solo un caso se le mie protagoniste si chiamano Claire e Elisa come quelle della sua storia.
Per il resto vi ringrazio di cuore, grazie mille
Un bacione, da Savo!!!
P.S. solo una domanda: cosa pensate riguardo all’affermazione di Cindy?
P.P.S. ho iniziato a scrivere il testo di una canzone in cima ad ogni capitolo (irresistible, one direction) perché da qua che la storia comincia.

 
  
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