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Autore: Gavriel    24/09/2013    1 recensioni
Apollonius e Celiane. Dall'odio viscerale all'amore assoluto, passando per guerra, amore e morte.
Lui era lì, in ogni battaglia: a volte compariva davanti al sole, con le ali possenti come ad abbracciare l’astro, e discendeva terribile sul campo; altre volte era al comando dello schieramento , e ordinava l’assalto con le sue vesti cangianti, coi i capelli in un turbine di fuoco. E Celiane lo cercava ogni volta, quasi con disperazione. Lui d’altra parte faceva sempre in modo di trovarsi nelle vicinanze dell’umana che lo aveva ferito, col feroce desiderio di una vendetta.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Apollo, Apollonius, Celiane, Gen Fudo, Toma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La principessa non aveva completato l’addestramento nelle montagne blu: appena sentito che la minaccia angelica stava incombendo anche su Alisia era tornata contro il volere del padre e come unica figlia ed erede al trono era venuta a vegliare e a proteggere il suo popolo. Tante, troppe cose cambiano in dieci anni: il padre si era ammalato e le sue condizioni erano molto più critiche di quanto non dessero a vedere le sue lettere; i due suoi fratelli maggiori erano morti combattendo gli angeli nelle nazioni alleate; inoltre l’invasione aveva superato da poco i limiti delle loro terre e presto sarebbe arrivata nella capitale, dove la densità di abitanti era più alta. Gen e Celiane continuarono a lavorare sui “velivoli di imitazione angelica a forma di freccia”, abbreviati in vector,  e nel giro di una settimana riuscirono a rendere perfetta una delle due macchine. Perfezione che era raggiunta grazie a nottate chini sui progetti e sui saldatori.
-I reattori originali di un velivolo angelico presentano troppi problemi di innesto energetico, se vogliamo anche questo sia pronto ho paura che dovremo ricostruirne due nuovi in acciaio, come quelli del vector Alfa
Fudo storse il naso:
-Ma il metallo angelico è in lega più leggera ed ha un punto di fusione tre volte maggiore
-Può essere leggero quanto vuoi-sbotto Celiane, strofinandosi uno staccio lurido sulla fronte- ma non vola con quei motori demoniaci, mentre l’Alfa si!
-Oh beh, un’autonomia di trenta minuti è un gran risultato!
-Sempre meglio che rimanere a terra! Domani facciamo ancora un tentativo, se non funziona allora comincio ad ordinare dell’acciaio alla fonderia. Va bene?
Gen  assentì, ma rimase  poco convinto: l’unico modo per tentare di sistemare il vector Beta era fondere i rottami angelici in lega e provare a temprare i pezzi che mancavano, ma non avevano abbastanza metallo, il punto di fusione era praticamente irraggiungibile e per di più le proporzioni dei metalli che formavano la lega era ancora sconosciuta. Celiane aveva ragione, per il momento.
I due si divisero e si diressero nelle reciproche stanze. Una volta salita nei suoi appartamenti situati nella torre est. Celiane si fece un bagno per lavare via l’unto e il sudore della giornata; i reattori dei vector non la lasciavano un attimo libera la mente: era anche vero che non sapeva praticamente nulla di meccanica, ma aveva imparato abbastanza in quelle settimane per rendersi conto che la tecnologia in guerra deve soprattutto essere efficiente e di sicuro il vector Alfa non aveva quella caratteristica.
Celiane si immerse completamente e rimase in apnea per lunghi momenti. Si dice che quando il corpo si sente vicino alla morte il cervello lavori al doppio della potenza. Passarono due minuti, le increspature dell’acqua sopra di lei sembravano durare in eterno. Tre minuti,i polmoni e tutto il corpo le bruciavano: era inferno. Verso il quarto minuto cominciarono le contrazioni addominali, doveva resistere, resis…
 
La terra era bellissima: come un giardino ordinato pieno di infiorescenze e frutti, frutti che andavano mietuti.
 
Il mattino dopo venne svegliata dalla sua ancella,  una vecchietta piuttosto energica; si vestì e attraversò il palazzo verso l’armeria, non senza prima fermarsi nelle cucine per prendere due grossi pezzi di pan dolce e delle mele gialle.
Arrivata, trovò il suo compagno che aveva già cominciato ad aprire le fiancate del vector beta e ad esaminare i reattori per l’ennesima volta, gli lanciò il pan dolce e la mela. Rimasero in silenzio per un po’, poi ricominciarono a lavorare: smontarono i cavi connettivi tra i reattori e i comandi e al convertitore energetico. Avevano disposto tutto sul banco da lavoro quando un garzone entrò nel laboratorio correndo:
-SONO GIÁ QUI! ATTACCANO DALLE COLLINE!
Non fu necessario più di uno sguardo ai due, che si diressero verso il deposito d’armi. Mentre Gen si metteva la cotta di maglia, Celiane, già in armatura completa aveva preso un arco, una balestra di osso e tre faretre di frecce di acciaio, poi memore della sera prima prese anche una corda:
-CI SEI?-
chiese mentre stava salendo sul vector Alfa. Il giovane la guardò come si guarda un serpente con la testa mozzata contorcersi, ma ubbidì: caricò il vector con una gemma dell’anima e lo avviò. I reattori lavorarono molto di più per alzare il vector di mezzo metro, Celiane guardò Gen con disapprovazione
-Volete che scenda?
-Sei troppo pesante, sono troppo pesante, Gen spogliati
-Ma…
La principessa si sganciò la placca metallica centrale e dorsale, quelle sulle gambe, si tolse l’elmo e lanciò tutto per terra, Il giovane la imitò,  ma lei gli ordinò di tenere la placca dorsale e l’elmo: dal momento che non sapeva tirare con l’arco avrebbe guidato il vector.
Quei trenta chili di armatura in meno furono sufficienti per far decollare la macchina e varcata la porta del laboratorio si ritrovarono nell’armeria: sottili colonne sulla destra. sottili colonne sulla sinistra:
-E come speri che possiamo uscire da qua incolumi?
Per tutta risposta Celiane gli tirò il comando dell’acceleratore.
Urtarono tutto colonnato sinistro e finalmente uscirono nel giardino interno e volarono verso le colline.
Celiane non aveva mai partecipato ad una battaglia vera, ma era sicura che uno scenario così non lo potevano immaginare nemmeno i veterani più disillusi: un frangente di angeli in formazione alata lungo quanto l’orizzonte, formavano una linea nera contro il cielo mattutino. Tra quegli esseri alati c’erano non più di trenta velivoli angelici: macchine cuneiformi rivestite di marmo candido e riportanti le insegne degli angeli: un albero. Sotto di loro erano schierate le ordinate fila dell’esercito di Alisia. La sotto, nella cavalleria c’erano anche dei suoi coetanei, amici d’infanzia e di addestramento. L’aria le fischiava intorno alle orecchie, le ghiacciava gli zigomi: mai si era sentita così viva.
L’esercito angelico si abbassò di quota, pronto alla mietitura:
-Celiane…
-Gen, al mio via dirigiamoci verso uno dei velivoli al centro
-Celiane…
La principessa lo guardò
-Celiane, non hanno armatura, nemmeno cavalleria, e quei velivoli sono solo dei porta-bandiera!
Questo era il lato spaventoso degli angeli: niente difese. Erano invincibili, invincibili e superbi.
- Nemmeno noi abbiamo l’armatura, compagno
Gen sorrise dietro la grata dell’elmo. L’armata angelica era ad un metro da terra, l’esercito di Alisia aveva cominciato a correre verso di loro, verso la morte. La principessa sapeva di avere a disposizione meno di venti minuti per raggiungere l’obiettivo, sussurrò al suo amico:
-Avvicinati più che puoi ad uno dei velivoli , ma rimani contro luce
Celiane cominciò ad incoccare delle frecce ed a scagliarle verso il velivolo angelico mirando alle prese d’aria e alle tubature esterne,  i piloti disorientati non tenevano il mezzo in linea con l’esercito; il giovane pilota non trattenne una risata di euforia quando comprese la strategia della sua principessa. Celiane caricò la balestra e annodò all’estremità del dardo la lunga corda, prese la mira e lanciò. Il dardo mancò la sottile fessura tra le lamine di marmo in basso e sbatté contro di esse. I piloti del velivolo angelico si accorsero della freccia cordata e intuirono la posizione del vector. Celiane tirò su il dardo e caricò di nuovo la balestra:
-AVVICINATI ANCORA!
 Le prime frecce angeliche colpivano la copertura metallica del vector quando Celiane scoccò il secondo colpo, che andò a segno. Fu allora che il fuoco nemico riuscì a penetrarvi, la macchina cominciò a fumare e a perdere quota. Celiane fissò la cima della corda allo chassis del vector, poi si rivolse a Gen:
-Sei un uomo prezioso e non vorrei che venissi a mancare quando hai ancora molto da dare , quindi promettimi, anzi, ti ordino di non immischiarti nella battaglia e non morire
Lo sguardo duro ed euforico della sua principessa  non ammetteva repliche: come faceva a dirle che anche lei avrebbe dovuto astenersi dal campo e che non doveva morire in guerra? Gen annuì e basta, poi spostò lo sguardo verso il velivolo a cui si erano attaccati: avevano spinto i motori al massimo per far riprendere quota, ma le prese d’aria e i suoi cavi erano stati sabotati dall’attacco di Celiane. Ora perdeva quota sempre più ripidamente, trascinato al suolo dal vector alfa, che essendo fatto d’acciaio era molto più pesante di quello angelico. Finche non furono atterrati Celiane continuò a mirare ai piloti del velivolo angelico: aveva solo il collo, le spalle e le braccia coperte, mentre in vita portava la cintura rinforzata lungo le cosce, Gen pensò che se anche con un dito un angelo l’avesse sfiorata sarebbe morta.
A circa un metro e mezzo da terra la donna balzò giù dal vector e si diresse in battaglia. Conosceva  indirettamente  la tecnica angelica di combattimento: ciò che cercavano era il contatto cutaneo, attraverso di quello assorbivano prana e prosciugavano le forze della vittima. Vittima. Cercò di non pensare di avere tutto l’addome e la schiena, nonché il viso scoperti, con la mano cercò l’elsa della spada, imprecò quando sentì solo la sua gamba, ne sfilò una da un corpo esanime: non c’era sangue, quei demoni ti carpiscono l’anima. Celiane cercò di non fissarlo per non impressionarsi: in addestramento non c’erano mai cadaveri. Si guardò intorno; la battaglia era in pieno svolgimento, gruppi di soldati si scagliavano sui singoli angeli cercando di trapassarli, ma non c’era niente da fare, pochi fendenti arrivavano a destinazione, e quei demoni sembravano fatti proprio di lega angelica. Non le ci volle molto per comprendere che quella era una strategia che aveva il solo scopo di rimandare il momento in cui gli angeli sarebbero entrati nelle mura, e che avere dei feriti superstiti alla fine della giornata sarebbe stato un miracolo. La sua attenzione si focalizzò su un essere alato, dai capelli piumati candidi come la luce e un abito blu ricamato di cielo, l’unico modo accertato per uccidere un angelo era coglierlo impreparato. Preparò la spada. L’angelo sembrava provare particolare piacere nel tenere per la gola un fante e a togliergli l’anima lentamente –Celiane scattò verso di lui- l’unico modo per uccidere un angelo è colpirlo alle spalle.
Delle scintille, un fuoco rosso, un secondo angelo deviò il colpo e la spada sfiorò soltanto la veste blu, la sua lama bloccata contro quella del pugnale angelico. L’essere guardò indietro, verso il suo simile, poi si rivoltò verso di lei:era terrificante. Celiane sapeva che sarebbe morta in pochi secondi ma l’impatto con il velivolo angelico in picchiata la colse di sorpresa.

 
  
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