Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: queen of night    26/03/2008    10 recensioni
Era stata una stupida: non avrebbe dovuto dargli quello schiaffo, anche se lui stava esagerando. Ora si sentiva in colpa e anche arrabbiata. In colpa, perché non avrebbe voluto mollargli quel manrovescio. Chissà se gli aveva fatto male. Forse gli era rimasto il segno delle dita? Dopo il ceffone, l’aveva guardata stranito, ma non offeso. E poi era arrabbiatissima con se stessa perché si sentiva in colpa, ingiustamente. Insomma, ogni cosa era successa perché Daniel l’aveva svegliata nel cuore della notte. Questo era stato l’evento scatenante di tutto il resto, quindi era davvero ingiusto che ora lei si sentisse così.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Un calore dolce e soffuso le ottenebrava i sensi.

Percepiva la luce del sole sulle proprie palpebre chiuse. E questo poteva significare solo una cosa, ovvero che molto probabilmente era mattino. Peccato che lei non avesse ancora voglia di aprire gli occhi. Inoltre quel tepore che si era formato sotto le coperte non le facilitava di certo il compito. Si stava troppo bene lì, al calduccio.

Pensava questo Andrea, mentre i fumi del sonno evaporavano lentamente, lasciandola via via più lucida.

Solo in un secondo momento, quando ormai riusciva a connettere i propri pensieri con la razionalità, percepì che il calore in questione aveva una fonte e che questa non era costituita solo dal proprio corpo.

Capì anche di avere un qualche peso sopra l’addome, un peso a lei estraneo.

Come se non bastasse, il suo olfatto captò un odore insolito, famigliare, ma che non riusciva bene ad inquadrare.

Un fiato caldo le pizzicava il collo.

Andrea spalancò gli occhi di scatto e si ritrovò di fronte il soffitto bianco della sua camera da letto. Lentamente cercò di voltare il capo alla sua sinistra e con la coda dell’occhio intravide una testa di capelli biondo miele all’altezza della sua guancia. Osservò incredula le ciglia scure di lui, che riposavano sopra il viso sereno.

Il mento di Daniel poggiava contro la sua spalla, mentre il suo corpo aderiva completamente a quello di lei, quasi durante la notte ne avesse ricercato il calore.

Il braccio sinistro del ragazzo sostava sul suo stomaco in tutta la lunghezza dell’avambraccio, per poi piegarsi e tuffarsi nel nugolo arruffato dei lunghi capelli neri di Andrea.

A poco a poco le iridi cenerine si erano andate sempre più dilatandosi, nel contemplare l’immagine dormiente di lui. Il cuore, dopo alcuni colpi pesanti come macigni, aveva preso a batterle più veloce, cancellando gli ultimi cenni di torpore. Andrea non aveva capito di avere una persona di fianco a sé, tanto meno credeva si trattasse di Daniel.

Perché, a proposito, era nel suo letto? Andrea ricordava di aver visto la televisione con lui, la sera prima. Però… però non ricordava di averlo visto tornare nella sua stanza. Stavano guardando l’inizio di un film horror e poi… poi probabilmente si era appisolata quasi subito e Daniel doveva essere rimasto lì con lei.

Si impose di stare calma, poiché non era successo niente di male. Avevano solo dormito assieme e nient’altro. Erano amici, quindi questo non implicava nulla di sentimentale. In fondo, non avevano fatto niente, oltre a stare vicini. Non avevano superato quel limite, pertanto… pertanto andava tutto bene.

Comunque fosse, doveva alzarsi subito o non si sarebbe mossa mai più. La verità, di cui era ampiamente consapevole, era che sarebbe rimasta volentieri tutta la mattina a guardarlo dormire. Daniel era un vero spettacolo durante il sonno: sembrava un angelo biondo. Era così quieto e sereno, che trasmetteva tranquillità: la sua espressione rilassata faceva rilassare a sua volta e i suoi capelli facevano venir voglia di toccarli e di infilarvi le dita in mezzo per saggiarne la sericità.

Andrea, nolente, si ritrovò a provare un sentimento simile alla tristezza, perché era struggente nella stessa maniera, ma era anche molto più intenso e forse… doloroso.

Ma no, si disse Andrea. Dolore? No, impossibile.

Il dolore lo provava ripensando ad Harry…

Andrea sospirò, sconsolata. Aveva appena rotto con il suo ragazzo e la sua mente era già occupata dall’immagine di un altro, per giunta uno con cui aveva sempre avuto un rapporto strano ed indefinibile. Infatti, non si poteva certo dire che fossero veri amici, lei e Daniel; soprattutto se confrontava la loro situazione con il legame sincero che aveva con Albert.

Quella sensazione, o sentimento che dir si voglia, era sbagliato. Non poteva provare una cosa simile. Loro erano solo amici. Coinquilini.

Seguire una mera attrazione fisica sarebbe stato altamente stupido da parte sua, oltre che l’ennesimo segno della debolezza del suo carattere: Andrea era certa che, al momento, si sarebbe avvicinata a qualsiasi persona, pur di sopprimere il senso di amarezza che era derivato dal tradimento del suo ex-ragazzo. E Daniel era un amico: non voleva rischiare di compromettere le cose tra loro.

Però…

Troppi pensieri - specie se contorti - fanno male di prima mattina, decretò Andrea tra sé e sé, decidendosi a richiudere gli occhi.

In fondo, cosa c’era di sbagliato se almeno un pochino si appoggiava a Daniel? Solo per poco tempo, giusto per non sentirsi sola.

Non avrebbe cercato nulla da lui, se non la sua compagnia o un po’ di contatto umano. E comunque non avrebbe mai superato quel limite.

Fu così, dunque, che Andrea si voltò pian piano su un fianco, facendo attenzione a non disturbare il sonno dell’altro. Si girò dalla sua parte, in modo da poterne vedere il viso.

Non poté fare a meno di pensare quanto le piacesse, dopotutto, quel viso addormentato… e di nuovo il sentimento malinconico di prima la attraversò, come una scarica elettrica, facendola sentire strana, stordita.

Si accoccolò contro di lui, frapponendo solo le proprie braccia rannicchiate tra loro, e si avvicinò fino a sfiorare quasi il suo mento con la propria fronte.

Stava quasi per scivolare nuovamente nel sonno, quando percepì vagamente il braccio che Daniel aveva ancora abbandonato su di lei, muoversi, flettersi e aderire alla sua schiena, in una sorta di abbraccio, come a dire che era la benvenuta, sempre.

Forse Andrea aveva semplicemente paura: non voleva accettare di pensare a Daniel e così non lo ammetteva neppure con se stessa, perché farlo avrebbe significato che la relazione terminata da poco era stata superficiale. E lei non voleva essere superficiale. Aveva già un carattere discutibile, senza aggiungerci anche quest’ulteriore difetto.

Inoltre, la confusione ingenera spesso comportamenti anomali, che non si attuano solitamente quando lo stato d’animo è in perfetto equilibrio. Andrea questo lo sapeva e pertanto tentava di porsi un freno.

L’attrazione fisica nei confronti di Daniel era cominciata ormai diversi mesi addietro, quando ancora non stava con Harry. Andrea pensava fosse normale: in fondo, Daniel era un bel ragazzo, chiunque al suo posto non sarebbe rimasta impassibile.

Tuttavia la situazione le era sfuggita di mano, quando lui aveva cominciato a provocarla, a farla arrossire, e aveva continuato, scoprendo quanto fosse divertente metterla in difficoltà. Andrea aveva sempre rifiutato il contatto con Daniel: si sentiva in imbarazzo e per di più, da quando aveva il ragazzo, anche un po’ in colpa (che stupida!).

Ma adesso, non si era forse accoccolata tra le sue braccia in cerca di sostegno? E la sera prima non aveva addirittura pianto contro il suo petto?

Dov’era finita la decisione, presa la sera stessa, di non mostrare più a Daniel il proprio lato debole e fragile?

Troppi pensieri e troppi tentativi di giustificare comportamenti in fin dei conti del tutto naturali.

 

“Mi sembra plausibile che tu abbia ricercato un po’ di calore umano.” confermò Albert, mentre i due si erano ritrovati in cucina a fare uno spuntino pomeridiano.

Erano passati circa due giorni da quando Andrea aveva dormito a stretto contatto con Daniel. Quando si era risvegliata non l’aveva trovato di fianco a sé ed aveva amaramente scoperto che era uscito di casa, senza nemmeno lasciarle un biglietto.

Il week-end era poi trascorso in un battito di ciglia: aveva studiato per l’esame che avrebbe sostenuto quella settimana (precisamente giovedì) ed era andata a lavorare alla Boutique, come al solito.

“Sono una debole!” sospirò Andrea, prima di bere un lungo sorso di the scuro.

“Sei solo un essere umano. Credimi: gli uomini non possono vivere da soli ed è per questo che tutti temiamo la solitudine... Quindi, è normale aggrapparsi agli altri” filosofò Albert, guardandola con molta dolcezza dentro i suoi luminosi occhi verdi.

“Sì, però mi contraddico da sola: al pub gli avevo rinfacciato il fatto che la nostra fosse un’ amicizia superficiale ed ora mi approfitto di lui, solo perché sono… triste.”

Albert scoppiò a ridere.

“Che ci trovi di comico, Al?”

“Il fatto che tu abbia usato la parola “approfitto”! Andy, avete solo dormito abbracciati; non siete mica stati a letto insieme.” rise lui, aggiustandosi gli occhiali sul naso. “Magari le tue parole sull’amicizia, eccetera, hanno colpito Daniel. Magari lui si dimostra gentile per recuperare un po’ il rapporto con te.”

“E magari io sono la fata turchina.”

“Andrea, sai cosa non è normale nel tuo comportamento? Il fatto che mi stai parlando da un’ora di Daniel, senza accennare ad un litigio recente o ad un dispetto che ti ha fatto. Di solito mi parli di lui i questi termini, mentre oggi no… Come mai? Non mi stai nascondendo qualcosa, vero?” chiese Albert, sospettoso.

Già la notizia di loro due che avevano dormito insieme lo aveva sorpreso non poco: era abituato a vederli bisticciare sin dal liceo. Aveva assistito alle sfuriate serie di Andrea, quando Daniel esagerava. Non poteva credere di ritrovarseli andare d’amore e d’accordo così, di punto in bianco. La cosa era alquanto sospetta e ad Albert non sfuggiva mai nulla, nemmeno un particolare.

“Cosa vai a pensare?! Ti sto solo raccontando di quanto sia stato stranamente gentile e carino con me, in questi giorni. Insomma, non sono abituata a questo lato del suo carattere.” spiegò Andrea, gesticolando.

“Sarà anche vero… Comunque, era ora che cominciaste ad andare d’accordo: dopo più di quattro anni di convivenza anche i vicini di casa non ne potevano più.” tentò di ironizzare il moro.

Andrea non rispose, ma si limitò ad addentare il suo tramezzino e a riflettere tra sé e sé. Parlare con il suo migliore amico le faceva sempre molto bene: di solito era un ottimo modo per schiarirsi le idee e capire cosa voleva veramente.

Anche quel pomeriggio fu così: Andrea fece chiarezza per quanto riguardava la sua situazione presente, sentimentale e non, ma ancora non riusciva a capire cosa desiderava.

“Cambiando argomento… ormai ci siamo, vero?” chiese Albert, sorridendo e ridestandola dai suoi pensieri.

Andrea sorrise di rimando, intuendo subito che l’amico si riferiva al suo traguardo universitario. “Giovedì ho il pre-appello di diritto processuale penale II, mentre a gennaio e febbraio cercherò di dare gli altri due esami che mi restano.”

“E la tesi?”

“Sono a buon punto. Credo di riuscire a partecipare alla sessione del prossimo settembre.”

“Bene! Vedrai che festa ti preparerò, dopo la tesi di laurea.” la avvisò Albert, sorridendo sornione.

“Porta male parlarne adesso, comunque. Quindi, discorso chiuso!”

“Volevo giusto chiederti un’altra cosa, che non c’entra nulla: quando pensi di poter partire? Te lo chiedo perché devo prenotare i biglietti.” chiese lui.

“Dopo il mio esame possiamo anche partire subito. D’ora in avanti non intendo seguire più le lezioni.” disse Andrea, con finta nonchalance. “Sono materie che posso studiare bene anche per conto mio.” si affrettò a dire, come a giustificarsi di qualcosa.

Difatti, la ragazza immaginava che Albert lo avrebbe capito subito: non per niente era il suo migliore amico.

Non smentendo le sue supposizioni, lui prese a fissarla intensamente negli occhi per alcuni secondi e Andrea tentò di sostenere il suo sguardo serio. Inutilmente.

“Mi sembra un comportamento stupido, Andrea.” sentenziò Albert, dopo un minuto di silenzio.

La mora sospirò. Non poteva certo lodarsi per l’ennesima debolezza del suo carattere, anche se riteneva che molte, al posto suo, avrebbero agito allo stesso modo.

In fondo, era vero che poteva studiare anche da sola! Non saltava delle lezioni di vitale importanza, si ripeté mentalmente, come per auto-convincersi di essere nel giusto.

“Anche se lo vedrai in classe, che ti cambia? Non sei tu ad avere sbagliato.” proferì l’altro, dandole una carezza sul capo.

“Al, non mi va e basta. E non ne voglio parlare ancora.” sbottò lei, alzandosi.

Il ragazzo la seguì con lo sguardo mentre, imbronciata, usciva dalla cucina. Certe volte Andrea era veramente un testa dura! Albert, però, dovette ammettere che forse per lei era ancora dura affrontare Harry, faccia a faccia. Daniel gli aveva raccontato di come, tre sere prima, l’aveva trovata letteralmente pietrificata davanti al portone d’ingresso, mentre lui la bloccava, infuriato. In quel momento Albert, appena venuto a conoscenza dei fatti, avrebbe tanto voluto essere stato lì anche lui, per dar manforte all’amico.

Se pensava a come quello stronzo aveva preso in giro la povera Andrea, gli ribolliva il sangue nelle vene. Al confronto, anche un farfallone come Daniel aveva più dignità, pensò, concedendosi un ghigno malefico nei confronti del coinquilino, che, d’altra parte della città, starnutì sonoramente.

 

Era infine arrivato il fatidico giorno X. O così era solita chiamarlo Andrea.

Dopo avere studiato duramente, era infine riuscita a ricordarsi più o meno tutte le nozioni, gli istituti e gli articoli richiesti dal programma della materia in questione.

In teoria doveva essere preparata.

In pratica, era nervosa oltre ogni immaginazione.

Le succedeva sempre così, quando doveva affrontare un esame orale: la calma e la normalità cominciavano a dirle “sayonara” già dal giorno precedente: infatti, quel mercoledì non riuscì a ripassare per la troppa agitazione e, come se non fosse bastato, il tempo non le passò mai, perché fu incapace persino di stare ferma a guardare la televisione.

Come da copione, quel giovedì mattina Andrea si era alzata molto presto, dopo una nottata passata a cercare di addormentarsi. Non sapendo che fare, si era sforzata di riguardare i suoi appunti e di ripetere quello che aveva studiato, ma con sommo orrore si era resa conto di non ricordarsi nulla.

Presa dal panico, aveva lasciato perdere il ripasso e, non riuscendo a tollerare il dolce far niente, si era messa a preparare la colazione per sé e per gli amici. Questi, svegliati dal baccano proveniente dalla cucina, si erano poi alzati, preoccupati per la sua salute mentale.

Subito Albert le aveva tolto di mano la sua tazza di caffè, cosa che l’aveva irritata alquanto, peggiorando il suo umore. Nonostante le sue proteste, l’amico non aveva ceduto, sostenendo di farlo per il suo bene: la caffeina l’avrebbe agitata ancora di più, così come la teina. Per questo le aveva preparato una disgustosissima (a parere di Andrea) camomilla, mentre Daniel nel frattempo si era addormentato con le faccia sprofondata fra le braccia, appoggiate sul tavolo della cucina.

Oltre a ciò, Andrea aveva lo stomaco completamente chiuso e una nausea pazzesca si era appena impossessata della sua gola, segno che lo stress e l’ansia stavano agendo anche a livello somatico.

A dispetto di questo, la moretta si era imposta comunque di mangiare almeno un paio di fette biscottate, dato che era soggetta a improvvisi cali di zuccheri e non voleva svenire nel bel mezzo del suo esame. Ciò le avrebbe rovinato tutti i suoi piani di studio.

Con grande sforzo, aveva terminato la colazione, mentre Daniel ronfava beatamente sul tavolo e Albert girava da circa 20 minuti il cucchiaino all’interno del suo caffelatte, reggendosi la testa con una mano.

Quando abbandonò la cucina, Andrea fu persino capace di provare dispiacere per loro, costretti ad una levataccia a causa della sua isteria, prima di tornare subito dopo a concentrarsi su se stessa, nel suo piccolo mondo, fatto di definizioni e articoli codicistici che le saltavano alla mente di punto in bianco, come cavallette o molle impazzite.

Scegliere come vestirsi riuscì a calmarla un poco, poiché per lo meno la sua testa si fissava su qualcos’altro.

Impiegò circa mezz’ora in bagno e quando ne uscì, era bella, linda e profumata.

Lasciandosi dietro una fragranza di fiori e frutta, varcò la soglia di casa con passo “robotico”…

… ritornando dentro un secondo dopo, perché si era dimentica il libretto universitario.

Ed ora, dopo un inizio di giornata non proprio rosa, si trovava là, nell’aula 9, in attesa dell’appello.

Il professore non era ancora arrivato, ma era naturale, dato che era lei ad essere in anticipo. A parte Andrea, pochi studenti erano già arrivati in classe e quasi tutti erano intenti a spulciare il codice penale o a ripassare qualche argomento.

Ecco, se c’era un’altro fatto che Andrea proprio non riusciva a tollerare era quello di aspettare. Inoltre, quel giorno era anche completamente sola.

Di solito, aveva l’abitudine di farsi accompagnare da Albert, ma non perché lei non fosse in grado di fare qualcosa autonomamente. Da sempre, l’amico l’aveva seguita durante i suoi esami, cercando di tranquillizzarla e sorbendosi tutto il suo nervoso. Questo aveva finito col diventare una sorta di “tradizione” per entrambi ed Albert non aveva mai mancato di essere presente ad un orale di Andrea, portandole sempre fortuna (o così sosteneva la ragazza).

Quella era la prima volta che lei andava senza di lui ed il fatto la turbava un poco, aumentando la sua agitazione.

Persa nei suoi pensieri, non si accorse che la sala si stava lentamente riempiendo.

Alle 9.45 circa, il professore entrò in aula, salendo sul palco dove si trovava la cattedra.

E mentre questi apriva un foglio piegato a metà, cominciando a fare l’appello dei presenti, Andrea sentì chiaro e distinto il solito impulso di alzarsi ed andarsene.

Di norma era Albert che la bloccava in quei momenti. Ma lui non c’era quel giorno e Andrea, benché ormai avesse già superato tanti altri esami con successo, si sentiva tesa ed agitata come la prima volta che si era presentata per sostenerne uno: le mani le sudavano e il cuore batteva feroce contro il suo petto. Dei piccoli brividi avevano appena cominciato a farle tremare il busto, quando Andrea, bianca come un lenzuolo, si voltò verso l’uscita dell’aula.

Ma la figura di qualcuno la gelò sul posto.

Seduto nell’ultima fila di scranni accanto alla porta, stava Harry. E la guardava.

Deglutì faticosamente, prima di girarsi da tutt’altra parte.

Doveva immaginarlo di trovarselo lì, pensò Andrea, dimentica del precedente proposito di abbandonare l’esame.

Si impose di calmarsi, ma quando il professore chiamò il suo nome, scattò in piedi come una molla e quasi urlò il suo “Sì, presente”, guadagnandosi un’alzata di sopracciglio dall’ometto e qualche occhiata divertita dai suoi compagni di corso.

Terminato l’appello e cancellati dalla lista tutti gli assenti, il professore lasciò l’aula, dicendo che sarebbe ritornato a breve, cosicché tutti gli studenti poterono alzarsi e consultare l’elenco degli esaminandi, per controllare la loro posizione.

Con sommo orrore, Andrea con la coda dell’occhio vide Harry in rapido avvicinamento e, una volta scoperto di essere la 17esima (che fortuna) in lista, sgambettò velocemente dall’altro capo della sala, uscendo dalla porta-finestra scorrevole che dava sul giardino.

Dato che la nausea era sempre più forte, decise di rintanarsi in bagno, almeno per la successiva mezz’ora. Si avviò verso un ingresso, che immetteva in un altro edificio della facoltà e percorse rapidamente i metri che la separavano dalla sua meta.

Il locale era deserto, quando vi entrò. In effetti, a parte coloro che dovevano sostenere l’esame di diritto processuale, non c’erano molti studenti in giro quella mattina. Molto probabilmente, i più si stavano già godendo le vacanze natalizie, oppure stavano preparando le valigie per tornare alle rispettive città. Gran parte degli universitari, infatti, non abitavano davvero nella capitale, ma venivano dalle altre regioni, attirati probabilmente dal prestigio di quell’ateneo.

Andrea non fece in tempo a rinchiudersi in un gabinetto, che si ritrovò sulla tazza del water a rimettere la magra colazione. Le succedeva sempre così, purtroppo.

Tutta colpa dell’ansia.

Aspettò qualche minuto appoggiata alla parete, prima di alzarsi.

Perfetto: ora, non solo era bianca come un cencio, aveva incontrato Harry e non era in compagnia di Albert! Era addirittura in posizione 17 su quella dannata lista e doveva avere un aspetto certamente orribile!

Un inizio di mattina disastroso, che probabilmente l’avrebbe portata ad un esito ancor più catastrofico.

Mentre pensava questo, il cellulare ebbe il buon gusto di suonare e una allegra suoneria cominciò a riempire il silenzio che regnava in quei bagni. Andrea quasi schizzò in aria, per l’accidenti che si prese.

“Pronto?!” ringhiò, senza nemmeno guardare sul display chi la stesse chiamando.

“Nervosette, eh?” rise una voce maschile, dall’altra parte del telefono.

Ghhhhhh!!!!!

“Daniel, cosa vuoi?? Non sai che ho un esame e sono molto impegnata questa mattina, eh?” sbraitò la ragazza, prima di accucciarsi contro la parete, vittima di un improvviso capogiro.

“Calma, baby. Sei in aula in questo momento?” le chiese l’altro, tralasciando il tono acido con cui lei gli aveva risposto.

Andrea si lasciò andare ad un lungo sospiro e chiuse gli occhi.

“Andy? Ci sei?”

“Sì, scusa… sono in bagno adesso… di cosa avevi bisogno, Daniel?” mormorò la ragazza, con voce flebile. Stranamente, dopo quel picco di rabbia, aveva come ritrovato la calma. Si era sfogata.

Almeno ora si sentiva più tranquilla.

Invece di rispondere alla sua domanda, il biondo terminò la chiamata, lasciandola con un palmo di naso.

Troppo esausta persino per irritarsi, Andrea sospirò di nuovo, rimettendo il cellulare nella borsetta.

Si alzò faticosamente in piedi, raggiungendo la fila di lavabi posti nella parete di fronte.

Passò i successivi 5 minuti a  sciacquarsi più volte il viso e la bocca, per scacciare i residui di vomito e darsi un’aria perlomeno decente.

Proprio mentre si stava dando un po’ di cipria, nella speranza di annullare un po’ il suo aspetto spettrale, la porta del bagno si aprì e Andrea, attraverso lo specchio di fronte a sé, vide Daniel entrare.

“Sempre a darti delle ritoccatine al trucco, Andy” la schernì lui, incrociando le braccia e sorridendole.

La ragazza, rimasta senza parole e con gli occhi sgranati, si voltò pian piano, incontrando un paio di occhi nocciola alquanto maliziosi.

“Questo è il bagno delle donne.” replicò, dicendo la prima cosa che le passava per la mente.

“Ormai sono un affezionato.”

Oddio, non poté fare a meno di pensare Andrea, trovandoselo di fronte. Si stava vergognando come un cane e già sentiva il sangue affluire sulle guance… perché, cielo santissimo, Daniel doveva vederla proprio mentre aveva quell’aspetto orribile? Aveva il volto smunto e dei segni scuri sotto gli occhi, a causa della notte trascorsa insonne.

Era spettinata ed il colore nero dei capelli esaltava ancora di più la sua carnagione cadaverica.

E naturalmente Daniel era biondo, bellissimo nella sua camicia bianca, con un sorriso smagliante e con quegli occhi nocciola terribilmente dolci e sexy allo stesso tempo.

Vicino a lui, anche Bradd Pitt sarebbe passato in secondo piano, pensò la mora, prima di darsi della stupida e voltarsi, dandogli le spalle.

Non voleva farsi vedere con quella faccia obbrobriosa, né voleva che lui si accorgesse di quanto la sua presenza la turbasse. Inoltre, se non diceva nulla, chissà cos’avrebbe pensato lui. Si stava innervosendo. Ed era sicura che la sensazione brulicante alla bocca dello stomaco non fosse più nausea.

“Che ci fai tu qui?!” gli chiese allora Andrea, quando finalmente riuscì a mettere due parole sensate e coerenti di fila.

Daniel parve colpito dalla domanda. Se la aspettava, ok, ma non posta con quel tono quasi irritato. Aggrottando le sopracciglia, l’espressione morbida e serena del ragazzo si indurì un poco.

“Ti do fastidio?”

Non capì il perché, ma quelle tre parole le pungolarono il cuore in modo insistente, tant’è che Andrea si pentì subito di essere stata così scontrosa. Rimise la cipria nella borsa e poi si voltò verso di lui. Si sentiva le guance in fiamme ed era certa che anche Daniel se ne fosse accorto.

Lo vide sospirare e squadrarla attentamente, con cipiglio serio, cosa alquanto insolita dato il suo carattere.

“Sei pallidissima, Andrea. Stai male per caso?” le chiese lui dopo un po’, avvicinandosi e mettendole entrambe le mani sulle gote.

La ragazza rimase di nuovo ammutolita, sia per il gesto “affettuoso” sia per la loro vicinanza.

“Beh… io…”

“Albert mi aveva accennato al fatto che ti agitassi per gli esami, ma non pensavo ti riducessi così.”

Andrea lo allontanò, seccata.

“Al ti ha chiesto di venire a controllarmi?”

“No, mi ha solo detto che gli dispiaceva non poter essere con te oggi, come al solito.”

“Perché allora sei qui?”

“Perché mi andava.”

Rimase basita a quella risposta, ma non aggiunse altro. Si limitò ad annuire e ad abbassare il volto. Non disse nulla nemmeno quando lui la trascinò fuori dal bagno, tenendola per mano e dirigendosi verso il bar della facoltà.

Ma sbagliava a pensare di essere la sola a sentirsi turbata. Anche Daniel non era da meno, in quel momento. Andrea non poteva neanche lontanamente immaginare cosa si agitasse in lui, quali emozioni avessero fatto capolino, quasi furtivamente e timidamente, nel suo cuore. Emozioni subito represse da pensieri più razionali, più adulti e forse anche più coscienti di ciò che era in gioco.

La settimana precedente, risvegliarsi e trovarsi così vicino il volto di Andrea, lo aveva lasciato insolitamente ammutolito. Si era sentito come se all’improvviso qualcuno avesse prosciugato tutto l’ossigeno a disposizione nella stanza: la gola gli si era seccata irrimediabilmente e qualcosa aveva cominciato a premere da dentro il petto, per uscire.

Poi aveva capito di essere stato lui stesso a trattenere il respiro per alcuni secondi e si era dato mentalmente dello sciocco e del patetico.

Per un paio di minuti aveva osservato il volto rilassato di Andrea, la sua pelle chiara, in contrasto con le labbra rosa. Le lunghe ciglia nere. Il piccolo naso, che invitante aspettava solo di essere mordicchiato teneramente. E aveva rievocato nella propria mente il colore dei suoi occhi, velati dalle palpebre…

Quando si era accorto di stare pensando proprio quelle cose, si era come irrigidito e si era allontanato in fretta e furia da quel viso, da quel letto, da quella stanza…

Da Andrea…

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE PERSONALI:

 

 

 

Cari lettori, perchè così pochi commenti nel capitolo precedente??? ç_ç

Ne deduco che non vi è piaciuto molto, ahimè. Se sto diventando noiosa, ditemelo, vi prego!

Vi è piaciuto almeno quest'ultimo aggiornamento? Vi prego, datemi una vostra sincera opinione. Bastano anche poche parole^^

 

Ringrazio di cuore la mia beta Urdi, che mi lascia sempre dei bellissimi e rinfrancanti commenti!!! Me commossa ç_ç

 

Valentina78: felice di sapere che la storia ti piace^^ Allora non sono noiosa?? Aspetto un tuo commento ;-)

 

Kry333: certo che finirò la storia, non preoccuparti! Grazie mille per i complimenti^^ Mi fa molto piacere che segui la mia storia. Cosa ne pensi di questo nuovo capitolo?

 

Silvy49: desolata di vedere che ti hanno bannata :-(   Grazie per la mail che mi hai scritto, ne sono rimasta colpita^^ Piaciuto questo capitolo? Casomai non potessi recensire, inviami una mail, a me non dispiace affatto^^

 

Detto ciò, avviso le mie care lettrici che ho postato un'altra fic originale-romantica, il cui titolo è "Per sempre sepolto nel cuore". Spero che, se la leggerete, mi lascerete almeno un commento ç_ç

Non trascurerò più questa fic, ve lo prometto, quindi non preoccupatevi, anche se gli aggiornamenti non saranno velocissimi!

A presto,

 

Queen

  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: queen of night