La situazione mi puzza di bruciato.
C’è qualcosa di
inquietante nel sentirsi chiamare al cellulare da Gustav
Klaus Wolfgang Schäfer
il venerdì sera per un invito a cena per il giorno seguente,
tanto più che non
credo di aver conosciuto persone meno inclini di lui ad autoimmolarsi
nel
caotico sabato sera di Amburgo, in piena frenesia pre-estiva, per giunta.
Sapevo
che c’era
qualcosa sotto prima ancora che lui aprisse bocca, e ora sono qui,
seduto da
due ore al tavolo migliore del più rinomato ristorante della
città con
l’artefice della serata e due alquanto perplessi gemelli
Kaulitz, a domandarmi
quale metaforico coniglio bianco stia per saltare fuori dal cilindro.
È da
ieri, veramente, che me lo chiedo.
Gustav
è nervoso. È
facile da notare, perché fa di tutto per non farlo notare
affatto: se ne sta
tranquillo nella sua sedia, ad osservare con aria annoiata il bicchiere
pieno
di vino rosso, e non solleva gli occhi di mezzo millimetro dalla
tavola, anche
mentre intenta una conversazione casuale su questi tre mesi di pausa
assoluta
che ci sono stati generosamente concessi. Per la verità il
management non aveva
una gran scelta, stavamo tutti e quattro per essere ricoverati
d’urgenza per
esaurimento nervoso.
“Allora,
Schäfer,”
esordisce Tom, spingendo da parte il piatto ormai vuoto per appoggiare
i gomiti
al tavolo, sfidando apertamente ogni legge di galateo e buona
educazione.
“Fuori il rospo.”
La faccia
da finto
tonto che Gustav si affretta a procurarsi non convincerebbe nemmeno la
forchetta che tiene distrattamente in mano. Non potrà mai
farci niente, è
sincero ed onesto per natura, non è fisicamente in grado di
mentire, e nessuno
meglio di noi lo sa.
“Su,
Jutschel, vuota
il sacco,” lo esorto io. “È tutta la
cena che hai qualcosa sulla punta della
lingua che deve saltar fuori, si vede lontano chilometri che devi dire
qualcosa.”
Gli sto
direttamente
di fronte, ed è inequivocabile il modo in cui il suo pomo
d’adamo sale e scende
mentre deglutisce: è a disagio. Devo dire che comincio ad
essere leggermente
preoccupato.
“Beh…”
Gustav
tentenna come un topo in mezzo ad un branco di gatti affamati. Non
sarà mica
così grave? “Si tratta di
Michelle…”
Ah, lo
sapevo! Lo sapevo! Ha finalmente
aperto gli
occhi ed ha capito che Miss Figlia di Papà non fa per lui.
Meno male, cominciavo
a pensare che prima ho poi avrebbe commesso qualche sciocchezza,
tipo…
“Ci
sposiamo.”
Tipo
questa.
Avverto
distintamente la mia mascella cedere e precipitare verso il basso,
assieme alle
mie braccia. Bill e Tom sono due mie perfette immagini speculari:
atterriti,
scioccati, sconvolti, e chi più ne ha più ne
metta. Ci guardiamo a corto di
parole, e tutti e tre sappiamo cosa gli altri due stanno pensando.
Michelle
è, a suo
modo, una ragazza deliziosa, e certamente esistono interi eserciti di
uomini
che darebbero volentieri qualche organo vitale pur di averla, ma, mi
duole
dirlo, con Gustav ha davvero ben poco a che fare. Lo so che la
diversità in
genere completa vicendevolmente una coppia, ma in questo caso si tratta
dell’eccezione che conferma la regola: non funziona.
L’unico problema è che
sembra che Gustav e Michelle siano gli unici due al mondo a non vederlo.
Eravamo
all’inaugurazione di un nuovo locale, l’anno
scorso, quando abbiamo conosciuto
Michelle Keller, figlia poco più che ventenne del facoltoso proprietario del locale
stesso.
Devo ammettere che a prima vista ha fatto colpo: alta e snella, con un
minuto
abito bianco che le faceva risaltare l’abbronzatura, e due
occhi neri che
incantavano. Sembrava perfetta, un musa scesa in terra per fare la
felicità di chiunque
la incontrasse, ma il problema è proprio quello: Michelle
è veramente perfetta.
Troppo perfetta, per un ragazzo
semplice e alla mano come Gustav. Insomma, hanno cominciato a uscire praticamente per scherzo! E ora stanno per sposarsi. Non ha senso!
“Congratulazioni,
sono felice per voi!” esclama Bill, e mi chiedo dove abbia
trovato abbastanza
faccia tosta da sparare una palla così grossa. Anche per i
suoi standard, è
davvero notevole.
Gustav
pare
rilassarsi un po’ e si concede una mezzo sorriso tirato.
“Grazie.”
Poi guarda
me e Tom, evidentemente aspettandosi degli auguri, o quantomeno un
minimo cenno
di vita.
“Ehm,”
Mi inumidisco
le labbra, supplicando i miei neuroni di tirare fuori al più
presto qualcosa di
intelligente da dire. “A quando il gran giorno?”
Okay,
potevo fare di
meglio, ma se non altro sono riuscito a ricacciare
quell’imbarazzante ‘È
un’emerita cazzata, cretino!’ in qualche oscuro
anfratto della mia testa, dove
spero che resti, almeno finché questa storia non
sarà chiarita.
“Il
diciassette di
luglio.” Risponde lui in tono casuale, vuotando il bicchiere
in un sorso.
Come? Il
diciassette luglio? Scherza, giusto?
“Il
diciassette luglio di che anno?”
indaga Bill, che
evidentemente è scettico quanto me. Gustav lo guarda come se
fosse scemo.
“Duemilaundici.”
Specifica in tono ovvio. Per poco non mi viene una sincope.
“Gustav,”
replico
allibito. “Il diciassette luglio duemilaundici è fra
due mesi.”
Lui inarca semplicemente le sopracciglia.
“Sette
settimane,
per la precisione.” Puntualizza.
“Ma
vi conoscete da
meno di un anno!” insisto, infervorato.
“E
allora?” Gustav
sembra genuinamente stupito. “Stiamo bene insieme.”
Ma che
cazzo di
risposta è?
“Che
cazzo di
risposta è?” prorompe Bill, in perfetta sintonia
con la mia lunghezza d’onda.
Gustav si
limita a
guardarci tutti quanti con espressione vacua, neanche fossimo un trio
di alieni
che parlano lingue strane.
“Un
anno non è
poco,” dice. “Conviviamo da sei mesi, tanto vale
ufficializzare la cosa.”
Okay,
fermi tutti:
chi ha fatto il lavaggio del cervello a quest’uomo? Lui che a
stento riusciva a
stare con una ragazza per più di qualche settimana, adesso
se ne esce con un
annuncio di matrimonio, così su due piedi?
Il mio
impulso è
quello di afferrarlo per il colletto della camicia e scuoterlo fino a
che non
riacquisti un briciolo di sanità mentale, ma ho come la
sensazione che la cosa
darebbe nell’occhio.
“Ed
è stata un’idea
di Michelle?” azzarda Tom, occhieggiandolo circospetto.
Un tempo ci
sarebbe stata l’ombra del suo cappellino da baseball a
coprirgli lo sguardo, ma
ora porta gli irriducibili rasta semplicemente legati sulla nuca.
Un
principio di
rossore sale a sfiorare le orecchie di Gustav, ma lui non si scompone
di una
virgola. Dio, come vorrei che fosse ancora come quindici anni fa,
quando
bastava fissarlo negli occhi per farlo capitolare in una confessione
dettagliata.
“Non
esattamente,”
mormora, sistemandosi meglio sulla sedia. “Noi…
Beh, stavamo guardando un film,
e alla scena del matrimonio Michelle ha detto ‘Che bello,
dovremmo sposarci
anche noi!’ e io, senza nemmeno pensarci, ho risposto
‘Già’, e da lì abbiamo
cominciato a discuterne…”
“E
tu ti sei fatto
infinocchiare.” Completa Tom, con tutto il suo solito tatto.
Gustav
rotea gli
occhi spazientito, emettendo un suono gutturale frustrato.
“Va
bene, vi ho
invitato qui stasera per rendervi partecipi del passo più
importante della mia
vita, ma vedo che siamo in vena di polemiche…”
Sento
dell’acidità
nella sua voce. Qui urge un dietrofront repentino.
“Dai,
non fare
così,” mi affretto a sdrammatizzare. “Ci
hai colti alla sprovvista, tutto qui.”
“Esatto,”
mi da man
forte Bill. “Non ce lo aspettavamo, ecco.”
Gustav ci
scruta uno
ad uno dubbioso e noi cerchiamo di sorridere nel modo più
efficace possibile, e
a quanto pare funziona: Gustav sospira ed annuisce, rasserenato.
“Meglio
così,” dice,
e abbozza un sorriso timido. “Perché ci sarebbe
una cosa che vi devo dire…”
Alt.
Cos’è questa
serietà improvvisa? Cerco di scrutare nei suoi occhi per
capire cosa diamine
stia covando, ma lui non me lo permette. Maledetto, ormai conosce tutte
le mie
mosse e le relative contromosse. Cos’altro potrebbe avere da
rivelare? Non c’è
niente di più eclatante di un matrimonio, nulla di
più sconvolgente, a parte
forse…
No. No,
non può
essere. Mi rifiuto di pensare che loro…
“Non
sarà mica
incinta?” mi precede Tom, quasi urlando, dimostrando per
l’ennesima volta la
propria delicatezza. A Gustav va di traverso il vino; diventa subito
paonazzo
ed è costretto a premersi un tovagliolo sulla bocca per non
sputare in giro.
“Non
dire
stronzate!” biascica, ansimando, mentre Bill ha
l’accortezza di versargli
dell’acqua e dargli delle piccole pacche sulla schiena, ma ha
un’energia tale
che dubito Gustav sia in grado anche solo di accorgersene. Sempre
delicato, il
nostro Bill, non cambierà mai.
Non
appena il
rischio di annegamento asciutto è sventato, Gustav si
ricompone e ci osserva
solenne. Adesso ho seriamente paura.
“Insomma,
abbiamo
fissato una data relativamente vicina, e Michelle ha già
tutte le sue cose in
mente, io le ho dato carta bianca,” borbotta.
“Però c’è un dettaglio che
spetta
solo a me decidere, e questo dettaglio comprende voi tre.”
Sento una
strana
tensione crescere dentro di me, come se il mio sangue stesse diventando
denso e
freddo e faticasse a scorrermi nelle vene, provocandomi un profondo
senso di
stordimento. Dove vuole andare a parare?
Io, Bill
e Tom ci
scambiamo delle occhiate ansiose, pronti per il peggio. Dannazione,
credevo che
questo giorno esistesse solo nei miei peggiori incubi, ma evidentemente
ho
sbagliato qualche calcolo. Gustav inspira e alla fine si decide a
parlare.
“Vorrei
che mi faceste da testimoni.”
Sto per
scoppiare a
ridere, quando mi rendo conto che non è una battuta. Parla
sul serio. Non sta
scherzando, vuole davvero che io e questi due gli facciamo da testimoni.
È
legale fare da
testimone ad un matrimonio al quale si è contrari? E cosa
faremo quando il
prete o chicchessia arriverà al punto del ‘Chi
è a conoscenza di qualche
impedimento per il quale quest'uomo e questa donna non dovrebbero
unirsi in
matrimonio, parli ora o taccia per
sempre’?
Non si
può fare, non
esiste. Adesso tiriamo fuori le palle e riveliamo a Gustav tutte le
nostre
perplessità in merito a questa sua folle decisione.
Proprio
adesso.
Tra un
attimo aprirò
la bocca e gli dirò che non può commettere un
errore simile. Al tre.
Uno…
Due…
“Ne
sarei onorato.”
Mi sento rispondere, ed inorridisco all’istante, ma non posso
certo darlo a
vedere. Bill e Tom sembrano pesci rossi a cui è stato
asportato il cervello:
boccheggiano interdetti, forse sforzandosi di trovare una manciata di
sillabe
da appiccicare l’una all’altra nella speranza che
abbiano un senso compiuto.
“Grazie,
amico, sono
commosso.” risponde Tom, ma il suono della sua voce
è impercettibilmente
strozzato. Bill si schiarisce la gola e in qualche modo riesce a
riesumare un
embrione di sorriso.
“Mi
farebbe piacere.”
Siamo
tutti pazzi,
qui dentro, uno più rincoglionito dell’altro, a
partire da quest’idiota che
vuole accasarsi con la Principessa Perfezione.
Prima che
io possa
mordermi la lingua e sferrare un calcio sottobanco ai due Kaulitz,
Gustav si
alza e in automatico ci alziamo anche noi, ed un istante più
tardi ci stiamo
tutti e quattro abbracciando e dando pacche sulle spalle. Questo non va
bene,
sto mentendo spudoratamente. Mi sto congratulando per qualcosa di cui
sono
tutt’altro che lieto. Io, Georg Moritz Hagen Listing, sono un
amico di merda
che non è capace di dire ciò che pensa veramente
ad una delle persone che più
gli sono care sulla faccia della terra. Grandioso, non
c’è che dire.
“Grazie,
ragazzi.”
Sussurra Gustav, mentre ci risiediamo, e sembra veramente felice.
Che io e
gli altri
ci sbagliamo su di lui e Michelle?
No,
assolutamente
no.
Però
magari…
No! Non
posso essere
complice di questo delitto, mi rifiuto!
Anzi,
dobbiamo
trovare il modo di impedire questo scempio, ma al momento sono
così sconvolto
che la mia mente è tabula rasa.
Gustav fa
portare
dello champagne per brindare, ma i miei pensieri sono già
volati alla scelleratezza
che tra due mesi sarà compiuta: Michelle infiocchettata in
una nuvola di pizzi
e trine candidi, il mio amico intrappolato in uno smoking ridicolo, e
io, Tom e
Bill a fare da spettatori impotenti a tutta la tragica commedia.
In una
sola parola:
disastro.
Tracanno
il mio
calice di champagne con tutta la disperazione consentitami dalle mie
vesti di
neoeletto testimone di nozze che deve dimostrarsi felice e partecipe
della
gioia del momento, pregando che la sveglia suoni e mi riporti alla
realtà, nella quale Gustav ha ancora un senno e nessuno mi da notizie tragiche come
quella che
ho appena ricevuto, ma tanto non succederà.
Farò
così: discuterò con
Bill e Tom di questa storia e insieme troveremo una soluzione. Non
possiamo
lasciare Gustav in balia degli eventi e permettere che si rovini la
vita
legandosi alla persona sbagliata. Siamo dei veri amici, lo salveremo,
punto e
basta.
Questo matrimonio non s’ha da fare.
A/N: bene, eccomi qui, dopo lunghi secoli, con una nuova ff! Sarà a più capitoli, decisamente diversa dai miei lavori precedenti: una commedia romantica con tanto umorismo e tre Tokio Hotel che cercano disperatamente di salvare il quarto dal matrmonio sbagliato... Immaginate un po' voi. Come vedete la storia sarà narrata in prima persona, sotto diversi punti di vista, che saranno sempre specificati ad inzio capitolo. Questo è un capitolo di introduzione ed è relativamente breve, ma i prossimi saranno leggermente più lunghi, quindi non temete, ora che vi ho introdotti nella storia, si potrà entrare nella storia vera a propria... Aspettatevi di tutto!
Ringrazio già ora chi ha
letto e soprattutto chi commenterà.
Dedico questa storia alle mie care MS e ai nostri amati US, BS, OS e PS... Tutte per i Tokio Hotel, Tokio Hotel per tutte!