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Autore: fourty_seven    25/09/2013    1 recensioni
In un futuro molto lontano, su una Terra diversa da come la conosciamo oggi, un ragazzo, che vive in una enorme baraccopoli, sorta attorno ad una città, lotta contro il suo mondo per cambiare il proprio destino
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Per tornare impieghiamo un po’ di tempo; cosa che, assieme molte altre, contribuisce ad accrescere i miei dubbi su ciò che mi è successo. Innanzitutto i miei ricordi sulla fuga sono molto confusi; ho come l’impressione che ci sia qualcosa che mi impedisce di mettere bene a fuoco. Comunque anche se così confusi, qualcosa di strano c’è; ad esempio sono abbastanza sicuro di aver oltrepassato il Muro con un salto, cosa impossibile da fare, dato che è alto più di un centinaio di metri; oppure mi sembra di essermi mosso da un certo punto in poi sui tetti di queste case, però queste non sono le baracche alte pochi metri della mia città, questi sono palazzi enormi, che un semplice uomo non può scavalcare. Quindi come mi spiego i miei ricordi? Erik mi ha detto che tutto mi verrà spiegato, speriamo.
Ed infatti tutto mi viene spiegato; e quando so la verità, vorrei non saperla.
Io mi aspettavo una qualche specie di punizione per il mio gesto, ma non è arrivata; anzi appena tornati siamo stati accolti da un comitato d’accoglienza, composto, così mi ha detto Erik, dai pezzi grossi di questo posto, tutti eccitati ed estasiati, come se avessi appena compiuto qualcosa di veramente eccezionale. Ed è la verità, stando a ciò che mi hanno spiegato; solo che non mi sento eccezionale, ma solo un mostro. In parole povere hanno fatto di me un mostro, nel vero senso della parola; mi hanno trasformato in un essere terrificante; del come hanno fatto ciò, non ne ho idea, e sinceramente non mi importa. Ciò che importa è che adesso non sono più un uomo, sono un mostro; un mostro che non può fare altro che obbedire ai suoi padroni, un mostro il cui compito è quello di trasformare altre persone in mostri.
Dopo quel giorno sono rimasto chiuso in camera, perché adesso, che sono pienamente riconosciuto come mostro, ho il diritto di avere una stanza tutta mia, come tutti gli altri mostri, che vivono in questa struttura. Sono rimasto chiuso in camera, senza mangiare né bere per i primi giorni, ma poi, purtroppo, l’istinto di sopravvivenza ha avuto la meglio. Alla fine riesco a uscire da questo stato, ci riesco grazie ad un pensiero, ad un’idea.
Esco dalla mia stanza e raggiungo gli altri nella mensa, dove abbiamo appuntamento tutte le sere. Lì mi unisco ad Erik, e gli altri tre, di cui scopro i nomi: John, lo sbruffone, Michael e Tom, che è molto più piccolo di noi, praticamente un bambino ancora. Mi aspettavo qualche commento ironico da parte di John, ma sembra aver cambiato atteggiamento. “Ci stanno aspettando; ora che ci sei anche tu, si inizia a fare sul serio” dice Erik, poi si incamminano, io li seguo senza fare domande. Dopo poco usciamo all’aperto, un pezzo di terreno brullo circondato da mura. Mi fermo a fissarle, ancora una volta provo la sensazione che ci sia qualcosa che mi blocchi i ricordi, cosa che mi capita ogni volta che penso a quel giorno. “Abbandona la speranza di poter scappare di nuovo, questa volta non saranno così tolleranti; sei importante per loro, ma non così tanto. Se dimostri di non saper ubbidire, ti uccideranno senza esitazione”, Erik deve aver notato la direzione del mio sguardo e ha tratto le sue conclusioni; gli sorrido, “Non ti preoccupare, quando me ne andrò da questo posto, sarà perché è stato raso al suolo. Da me”; poi seguo gli altri. Quando li raggiungo, vedo che con loro vi è un’altra persona, girata di spalle. All’inizio non la riconosco, ma quando si volta mi ritrovo di fronte, per la seconda volta, l’Uomo Nero, che mi ha rapito. Il mio primo impulso è quello di scappare, perché purtroppo continuo irrazionalmente a provare paura nei suoi confronti; tuttavia riesco a controllarmi, dopotutto sono già fuggito una volta, così assecondo il secondo impulso. Con un grido mi lancio contro di lui; per un attimo ho la sensazione che ci sia qualcosa di strano, poiché mi sembra che quell’uomo sia troppo piccolo rispetto a me, ma è solo una sensazione passeggera; cerco di colpirlo con un pugno, ma mi blocca facilmente il braccio, per poi colpirmi a sua volta, mandandomi al tappeto. Mi metto seduto un po’ frastornato e noto di essere nudo, mentre i miei vestiti si trovano a terra stracciati. Poi mi accorgo di un’altra cosa, Erik, John, Michael e Tom mi stanno fissando un po’ me e un po’ l’altro uomo, sui loro volti si vede un espressione di terrore puro, cosa che mi fa capire ciò che è successo. Ancora una volta, involontariamente, mi sono trasformato nel mostro, sono diventato di nuovo quell’essere creato da loro. Alzo lo sguardo e fisso negli occhi l’Uomo Nero, anche lui si deve essere trasformato, altrimenti non si spiegano i miei confusi ricordi, stranamente non mi sembra arrabbiato per ciò che ho fatto, ma più che altro divertito. “Bene ora che il vostro amico ha esibito la sua forza posso iniziare a spiegarvi cosa farete da oggi in poi”; la sua spiegazione è semplice: ogni sera, prima del tramonto verremo inviati in un luogo preciso della baraccopoli; lì, teoricamente, dovremmo pattugliare la zona e catturare solo coloro che vengono trovati fuori casa dopo il coprifuoco; in pratica siamo più o meno liberi di fare ciò che vogliamo, senza esagerare ovviamente, altrimenti quegli ‘idioti’ degli Umanisti, se scoprissero che c’è stata una strage, comincerebbero a protestare e a creare disordini, cosa non gradita ai Cittadini. Dopo la spiegazione ci lascia, dicendoci di fare un po’ di pratica.
In realtà prima di mandarci fuori a fare il nostro dovere, lasciano passare un altro paio di settimane. E io, durante queste settimane, ho fatto pratica; se nei primi giorni ero terrorizzato da ciò che posso fare, pian piano mi sono abituato; anzi ora comincio a pensare che in fin dei conti non sia così male potersi trasformare in un essere sovrumano, che mi può permettere di fare cose impossibili per un semplice uomo, tra cui anche distruggere questo posto e uccidere tutti gli Uomini Neri. Questo è il solo pensiero che mi impedisce di impazzire. La mia idea è semplice, ma difficile da mettere in pratica. Voglio causare una rivolta, che coinvolga tutti quelli che, come me, rifiutano il destino che gli è stato assegnato, e anche tutte le persone che vivono, o meglio che sopravvivono, oltre i confini della Città. Soprattutto per quest’ultima parte ho bisogno dell’aiuto di Franky, il solo che possa riunire tutte le bande e guidare una rivolta contro la Città. Il problema è riuscire a trovarlo; da quanto ho capito ogni sera ogni squadra viene inviata in un preciso settore, quindi non posso fare altro che aspettare di essere spedito nel luogo giusto, oppure di finire nelle vicinanze e quindi sapermi orientare. In più un altro problema sono i miei compagni di squadra; tranne Erik, che condivide, più o meno, i miei pensieri, tutti gli altri, John in particolare, non vedono l’ora di menare le mani.
 
Appena il sole tramonta ci muoviamo. Ogni squadra è composta da cinque uomini e un mezzo di trasporto, quello che nella mia città viene chiamato Divoratrice. Dato che hanno assegnato a me il comando del gruppo, decido di lasciare John e Michael, i membri più violenti, sulla Divoratrice, con l’ordine di pattugliare le strade, in questo modo spero di limitare i danni; invece Erik, di propria iniziativa ha deciso di muoversi assieme al piccolo Tom, così da proteggerlo da se stesso. Di conseguenza io ho piena libertà di movimento, anche se la zona non mi sembra famigliare, e comunque siamo troppo vicini alle mura, di sicuro non troverò la mia vecchia casa.
Infatti, all’alba, ritorno dagli altri senza aver concluso niente; tuttavia nemmeno loro hanno avuto successo, fortunatamente non sono riusciti a catturare nessuno. Purtroppo John non sembra soddisfatto di ciò e sta sfogando il suo nervosismo su Erik. Penso che dovrei intervenire, ma non ne ho voglia. Veniamo riportati a ‘casa’, dove ci aspetta la cena; poi mi chiudo in camera mia e mi addormento.
Vengo svegliato da Erik alla sera per la cena, dopo andiamo al mezzo.
Quando arrivo sul posto che ci hanno assegnato, capisco una cosa: le zone da pattugliare non vengono assegnate con un ordine logico preciso, ma casualmente; lo capisco dalla posizione del sole, se ieri sera lo avevamo di fronte nel momento in cui stava tramontando, oggi è alla nostra sinistra, nascosto dalle alte costruzioni della Città. In sostanza diventa praticamente impossibile riuscire a ritrovare Franky.
Qualcuno mi appoggia una mano sulla spalla, mi volto e vedo Erik, che sta fissando un punto davanti alla nostra destra, fra le abitazioni, e sembra abbastanza spaventato. Guardo anch’io e ciò che vedo mi fa gelare il sangue: quattro bambini, anzi tre bambini piccolissimi, di non più di quatto anni, e uno un po’ più grandicello, stanno giocando tranquillamente in strada. Rimango immobile per qualche istante, troppo shoccato per agire. Poi mi riprendo, cerco John e vedo che fortunatamente è ancora sul mezzo. Mi rivolgo ad Erik:“Blocca John, non lasciare che li veda, io vado a farli scappare”, ma non faccio in tempo a finire di parlare, che John li nota; “Oh, finalmente!” commenta e comincia a camminare verso di loro. “Fermo!” grido, lui si ferma e mi guarda stupito, io invece lo guardo seriamente, “Non è ancora ora, il sole non è ancora tramontato”, John sorride ironico, “Ma io da qui non lo vedo, quindi per me è già tramontato... No! Stanno scappando”, guardo ancora e vedo che i bambini, avendo probabilmente sentito le nostre voci, hanno pensato bene di darsela a gambe, ma non faranno mai in tempo a mettersi in salvo. Con un urlo, che diviene un ruggito, John si lancia in avanti; una figura enorme tocca il terreno e comincia a correre verso i bambini; ma io non riesco a muovermi, cado a terra in preda ad un orrore profondo. Qualcun altro reagisce. Prima sento un fruscio provenire dalle mie spalle, subito dopo un tonfo sordo e il mostro si ferma. Sulla sua testa c’è una sagoma umana, alta come un uomo, con le forme di un normale essere umano, addirittura si possono vedere i vestiti, ma dalla sua schiena, all’altezza delle scapole, partono delle articolazioni, che poi si allargano per diventare delle ali, talmente grandi che coprono quasi tutto il mio campo visivo. Gli ho già visti entrambi, so che questi due essere sono John e Erik, solo che non gli ho visti con i miei occhi, i miei occhi di semplice essere umano, e solo ora li vedo veramente per quello che sono. Entrambi riprendono il loro vero aspetto, e io cerco di riprendermi. Mi rimetto in piedi e intervengo nella discussione, “Basta!”, John mi guarda con aria di sfida, “Perché mi hai fermato, eh? Mi dici che ti prende? Questo è ciò che dobbiamo fare!” mi inveisce contro, “Fare cosa? Massacrare dei bambini indifesi? No, finché sarai con me non succederà nulla del genere!” ribatto, “Indifesi! Anche noi eravamo indifesi quando ci hanno preso! Tom, lui non era più grande di quel moccioso, quando lo hanno catturato! Ma per noi non hanno avuto pietà!”, non ribatto, “Non sei arrabbiato per quello che ti è successo, non ti vuoi vendicare?” continua John, “Sì certo che mi voglio vendicare, ma contro le persone giuste. Ora basta, iniziamo a fare quello per cui siamo qui, ma guai a chi osa fare qualcosa a quei bambini o ad altri come loro” dico, poi mi incammino nella direzione verso cui sono scappati quei bambini, per vedere se si sono messi al sicuro o se sono ancora per strada. Dopo poco mi raggiunge Erik, “Quello che hai detto prima” mi guarda negli occhi, “Ciò che hai detto mi suona strano, non penso che tu ti riferissi a Franky”, “No non mi riferivo a lui”, “Ho capito” commenta. Continuiamo a camminare. Il giorno in cui sono scappato, al ritorno mi sono confidato con lui e gli ho raccontato di come mi hanno catturato, e anche lui mi ha raccontato la sua storia. “Non pensi che sia rischioso, troppo rischioso quello che vuoi fare?” mi dice, ha già intuito le miei intenzioni, “Sì, ne sono consapevole” ribatto, “Avremo contro più persone di quanti tu pensi1, sono pochi quelli come noi che disapprovano ciò che facciamo; la maggior parte  di loro ormai sono diventate bestie sanguinarie”, annuisco, poi gli spiego chiaramente quali sono le mie intenzioni. “Non penso che cambi qualcosa, il problema di fondo rimane: dovremmo uccidere centinaia di Uomini Neri, fra cui anche John, per esempio. E comunque la Città ha molti altri sistemi di difesa oltre a noi, non riuscirai mai ha cambiare la situazione!” dice, io rispondo: “No, io ci riuscirò”.

  
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