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Autore: TheOnlyWay    25/09/2013    6 recensioni
«Minacciosa, non c’è che dire.»
Violet sospira, incrocia le braccia sotto il seno e si volta verso destra.
James Potter non le piace. Per niente.
È arrogante, sfacciato e insensibile almeno per ventitré ore al giorno. Supponente, offensivo e un po’ troppo spregiudicato, è una di quelle persone che Violet non sopporta. E non solo perché, al contrario del fratello, è un idiota, ma anche perché non si lascia sfuggire occasione per dimostrarlo.
È carino, quello sì. Ma il bell’aspetto non mitiga di certo l’elenco più che infinito dei suoi difetti.
«Non è aria, Potter.» sibila, senza nemmeno rivolgergli uno sguardo. Non vuole parlare con lui, non vuole leggere l’accusa nei suoi occhi. Non vuole che le rinfacci, ancora una volta, quanto il suo sangue sia macchiato.
«Per me sì.» ribatte semplicemente lui.
Tremore alle mani, ansia e fiato corto.
Violet si sente in trappola e le manca quasi il respiro. Spera solo di non andare in iperventilazione, come le è già successo quella mattina. Teme che, se svenisse, James la butterebbe giù dal treno senza troppo riguardo.
«Allora parla da solo. Io me ne vado.» mormora, dandogli le spalle.
Genere: Romantico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo 1.
 
 
 
 
Hogwarts sarà pure casa, ma di certo i suoi studenti non sono una famiglia.
Violet ne è perfettamente consapevole, lo è sempre stata. Di conseguenza, si è circondata solo di pochi eletti, di persone fidate e leali ed ha trascorso i suoi sei anni di scuola senza incappare in quei teatrini stupidi che la maggior parte degli studenti porta avanti con grande interesse.
Ne ha viste di tutti i colori: migliori amiche che si rubano i fidanzati a vicenda, tradimenti, colpi bassi e vendette male orchestrate. Hogwarts è anche questo: un covo di adolescenti repressi, delusi e rabbiosi.
La Casa non fa poi così tanta differenza. A dispetto di ogni apparenza, di ogni sentito dire e di ogni detto comune, anche a Serpeverde esistono persone dotate di anima e di cuore. Certo, ci sono anche gli insensibili, cinici, purosangue viziati da tradizione, ma non sono tutti uguali.
E, comunque, le consuetudini non sono poi così affidabili: i Tassorosso sono lavoratori, i Corvonero sono intelligenti e astuti e i Grifondoro sono coraggiosi e puri di cuore.
Violet può elencare almeno un paio di casi in cui la bontà, l’intelligenza e il coraggio sono assolutamente assenti. Certo, c’è l’eccezione che conferma la regola, ma nella maggior parte degli studenti, le caratteristiche proprie della Casa sono completamente inesistenti.
Ne ha prova quella mattina, quando Savannah Grimes, una Tassorosso del suo stesso anno, le dimostra la sua bontà d’animo accusandola di aver trucidato la ragazza babbana. Violet non risponde, perché sa che qualunque cosa dica sarebbe completamente inutile.
I pregiudizi l’accompagnano da tutta la vita e sa come gestirli senza rimanerci troppo male. Albus, che cammina accanto a lei con aria assorta, rivolge a Savannah uno sguardo gelido. Lei arrossisce, balbetta qualcosa che assomiglia ad un “lo sanno tutti che è rimasta a guardare” e accelera il passo.
«E tutti sanno che ti sbatti Andrew Sommers nel ripostiglio del terzo piano.» sostiene Albus, ad alta voce e con tranquillità.
Savannah, che si è appena accomodata accanto a Phoebe Emerson – sua migliore amica e fidanzata di Sommers – sbianca e sembra sul punto di svenire.
Phoebe le rivolge un’occhiata incredula, tradita e sull’orlo del pianto. Savannah balbetta una serie di scuse, tra cui un patetico “non è colpa mia” e la discussione si accende.
Profondamente soddisfatto, Albus si dirige verso il tavolo di Serpeverde e si accomoda, scivolando sulla panca per permettere a Violet di occupare il posto accanto al suo.
«Non era necessario, Al.» afferma Violet. Non vuole che anche lui sia preso di mira, sebbene sia perfettamente consapevole che per Albus non sarebbe affatto un problema.
È abituato alle dicerie almeno quanto lei, con la sola differenza che a lui non interessa davvero, ciò che la gente pensa. È il figlio del Bambino Che È  Sopravvissuto, sa che gli occhi dei curiosi lo seguiranno sempre. Ed ha imparato quanto prima a concentrarsi sulla sua vita e non sulle aspettative altrui.
In un certo senso, Violet lo invidia. Vorrebbe avere la sua noncuranza: forse vivrebbe serenamente e non in quel perenne stato di apprensione in cui versa ora.
«Forse no, ma è stato divertente.» si giustifica lui, con un’alzata di spalle.
Violet gli sorride e lo ringrazia con un buffetto sul braccio.
A Serpeverde, nonostante il sospetto nei suoi confronti sia piuttosto radicato, nessuno si è ancora permesso di aprire bocca in merito alla situazione, né tantomeno di accusarla. Sanno che nel loro albero genealogico, probabilmente, c’è qualche macchia, perciò stanno in silenzio. Ognuno di loro ha uno scheletro nell’armadio e se diffamare Violet porta il rischio che il segreto venga a galla, be’, meglio tenere la bocca chiusa.
«La Grimes sta piangendo come se le fosse morto il gufo. È un ottimo modo per cominciare la giornata.» cinguetta Erin.
Si è svegliata da poco, ma sembra fresca e riposata come non mai. Gli occhi azzurri sono luminosi, la pelle rosea e riposata e i capelli biondi sono vaporosi e un po’ spettinati, ma le conferiscono un’aria decisamente adorabile. Si versa un po’ di succo di zucca nel bicchiere, poi si sporge in avanti per parlare con Albus.
«Dì un po’, malefico Potter, che le hai detto?» domanda, curiosa.
Erin non è cattiva, né troppo pettegola, ma ha una sorta di intolleranza verso le ragazze come Savannah – e verso la Grimes in particolare – perciò vedere la sua farsa da finta addolorata le fa solo sperare che Albus sia stato più stronzo del solito.
Violet ascolta il discorso tra i due amici con aria distratta. Con la mente è altrove, lontana da Hogwarts, lontana dagli sguardi malevoli e dalle dicerie. È in un posto scuro, gelido e poco ospitale, in cui Spencer soffre le pene dell’inferno, in completa solitudine. Se lo immagina rannicchiato in un angolo, con i capelli castani troppo lunghi, sporchi e la fronte nascosta tra le ginocchia.
Trema, Spencer, vittima di un freddo che si è ormai insinuato nelle ossa e che non gli lascia scampo.
E trema anche Violet, che sente il fiato bloccarsi in gola e il panico assalirla velocemente. Stringe le mani – anche loro tremano, così come Spencer – intorno alla tazza, sperando che il calore le consenta di riprendere un minimo di contatto con la realtà. Ci manca solo che dia spettacolo in piena Sala Grande, come se già non ci fossero abbastanza occhi puntati su di lei.
Stringe talmente forte che le dita diventano bianche, ma il calore ha l’effetto sperato: riprende a respirare normalmente, si concentra sull’aria che entra nei polmoni, la trattiene fino a che non ne può più, poi la lascia andare.
Continua così finché non è del tutto certa di essere di nuovo padrona di sé stessa, solo allora si azzarda a guardarsi intorno.
Albus ed Erin la stanno osservando, improvvisamente dimentichi della discussione intrapresa qualche secondo prima.
«Questo caffè è bollente.» borbotta Violet, in un patetico tentativo di deviare l’attenzione su un campo meno minato. «E Scorpius dov’è?»
Erin inarca un sopracciglio e la guarda con aria eloquente, sperando che capisca che non basta così poco per ingannarla e che, prima o poi, il problema dovrà essere affrontato.
Non in quel momento, ovviamente, visto che sono circondati da orecchie indiscrete, ma presto o tardi Violet dovrà fornire delle spiegazioni dettagliate.
«Starà dormendo, tanto per cambiare.» afferma Albus, tagliente. Scorpius, a dispetto dell’aria raffinata ed elegante, è la pigrizia fatta persona e non perde l’occasione di recuperare un po’ del sonno perduto. Che poi, Albus non si spiega come faccia ad essere sempre così stanco, considerato che non combina niente dalla mattina alla sera.
«Pensi che si alzerà in tempo per la lezione?»
«Non preoccuparti, Vì. Ed ora mangia qualcosa, sei troppo pallida.» Albus le trascina sotto al naso un piatto con del pane tostato e della marmellata di arance, e la osserva fino a che non si decide ad afferrare una fetta di pane e comincia a mangiarla.
«Sai, Al, sei un sacco carino quando fai il fratello premuroso.» sostiene Erin, melliflua. Sa che Albus si imbarazza, quando qualcuno gli fa notare la sua umanità e si diverte da matti a vederlo arrossire.
Che poi, anche in quel caso, non si tratta di un rossore vero e proprio, quanto più di un accenno rosato sulle gote. Non sia mai che Potter perda il suo contegno.
«Anche tu, quando fai la fidanzatina gelosa.» celia Albus, in risposta.
Erin aggrotta le sopracciglia, confusa, senza capire dove l’amico voglia andare a parare. Ha una vaga idea, ma spera proprio di essersi sbagliata.
«Credo si stia riferendo a Scorpius.» le chiarisce il concetto Violet, che ha appena finito la sua fetta di pane e si sta alzando, lentamente, quasi avesse paura di essere attaccata in caso si muovesse più veloce.
«Che cosa? Ma ti sei bevuto il cervello?» sbraita Erin, con le guance rosse e gli occhi lucidi per l’imbarazzo. Albus sghignazza e continua a bere il suo succo di zucca in tutta tranquillità.
«Io? A giudicare da come arrossisci, direi di aver centrato il punto.» e, con quella massima, chiude il discorso. Erin sbuffa, socchiude gli occhi, astiosa e mormora un “me la pagherai” che scatena la risata incontrollata di Albus.
«Che stronzo.»
«Serpeverde, vorrai dire.»
«Sì, be’, è uguale.»
Erin sposta la sua attenzione su Violet, che si sta allontanando di qualche passo, con il volume di Trasfigurazione sotto braccio e il foglio con i nuovi orari stretti nella mano libera.
«Dove vai?» la richiama, perplessa.
«A lezione, devo chiedere una cosa alla Walsh e comunque preferisco arrivare un po’ prima.» spiega Violet, brevemente. In realtà, spera solo di non incontrare troppa gente per i corridoi.
«Ti accompagno.» si offre Albus, in uno slancio di cavalleria che l’anno precedente non avrebbe mai avuto. Violet scuote la testa.
«Non c’è bisogno, Al. Vado da sola.»
Albus la osserva a lungo, indeciso sul da farsi. È ovvio che non possono trascorrere l’intero anno scolastico – che fortunatamente per Violet e Scorpius è anche l’ultimo – a scortarla per il castello. È piuttosto sicuro che Violet, una volta superato il trauma, tornerà quella di sempre e, di certo, non gli perdonerà di averla trattata come una ragazzina indifesa. Non lo è mai stata e questa sua fragilità è momentanea.
Senza dargli il tempo di riflettere oltre, Violet volta le spalle ad Albus e si incammina. Lui sbuffa.
«Erin, tu vai a recuperare Scorpius, io l’accompagno.» comunica, prima di correre dietro a Violet. Una volta che l’ha raggiunta, le circonda le spalle esili con un braccio e le sorride sornione.
«Ho proprio voglia di fare una passeggiata.» afferma, rilassato.
Violet gli rivolge un’occhiata rassegnata ed alza gli occhi al cielo. Tuttavia, sapere di averlo al suo fianco le è di inestimabile conforto. Ancora non sa se sarà in grado di sopportare tutto quanto da sola.
«Solo per oggi.» ribatte, con voce morbida. Vorrebbe essere più scontrosa e ritrovare la sua acidità, la sua forza e qualunque cosa le abbia permesso, in quei sei anni, di sopravvivere all’interno della scuola.
«Mi piace camminare, sai?» continua Albus, svoltando nel corridoio sulla destra e fermandosi in prossimità di una porta in legno scuro. Violet prova ad aprirla, inutilmente. Sono in anticipo di qualche minuto, ma il corridoio comincia ad affollarsi e, insieme agli studenti, compaiono di nuovo anche le occhiate cariche di sottintesi.
Violet mantiene la testa alta, lo sguardo assente, lontano, sonda attraverso la foresta proibita, come se cercare di cogliere qualche particolare in più potesse aiutarla a pensare ad altro. Funziona, per un po’.
Almeno fino a quando la sua visuale viene coperta da una figura maschile. Il petto, piuttosto ampio ma non massiccio, è coperto da una camicia candida. I primi due bottoni sono aperti e, intorno al colletto un po’ stropicciato, è annodata una cravatta coi colori di Grifondoro.
Violet alza lo sguardo e incontra gli occhi scuri di James Potter, che la sta squadrando dall’alto in basso come se volesse farla scomparire.
Non arrossisce, non parla, non fa niente, se non girarsi dall’altra parte per ignorarlo completamente, così come stava facendo fino ad un secondo prima.
Doveva immaginare, però, che vederla lì in compagnia del fratello, avrebbe costituito un’esca alla quale era impossibile non abboccare.
Albus sbuffa.
«Che ci fai qui, Al?» domanda James, rivolgendo un’occhiata in tralice al fratello minore che, in tutta risposta, sorride.
«Passeggio.»
James inarca un sopracciglio, poi scuote la testa.
«E perché sei con lei?» sibila, come se farsi trovare in compagnia di Violet fosse un reato troppo grave anche per uno come lui.
«James, cerca di collegare il cervello, per favore.» borbotta Albus, spazientito. Certe volte non riesce a credere di condividere il dna con quell’esemplare di deficiente.
Ha come l’impressione che per James, spesso, sia più importante schierarsi apertamente dalla parte del bene, senza chiedersi se il “male” non sia davvero così cattivo come crede. Quel suo essere plateale e senza mezze misure, prima o poi gli si ritorcerà conto.
«Sei tu che non lo colleghi, evidentemente. Giri con questa qui come se niente fosse, come se non sapessi la verità.»
Il “questa qui”, detto con tanto disprezzo, fa risvegliare Violet dal suo stato di torpore mentale e la catapulta di nuovo nella realtà.
Si volta verso James, gli occhi ridotti a due fessure e i pugni contratti per il nervoso. Lo fronteggia, a testa alta. Sa che tutti la stanno guardando, ma non le importa. Registra a malapena la mano di Albus che si serra intorno al suo braccio, in un gentile, quanto inutile, tentativo di trattenerla.
«Tu…» sussurra, inferocita. James la guarda, tranquillo, con l’espressione supponente e soddisfatta di chi ha appena vinto un premio.
«Tu non sai niente, di me.» le trema la voce, per la rabbia a stento trattenuta.
Se fossero soli, lo schianterebbe senza pensarci due volte, ma sono circondati da testimoni e lei non è così stupida da ingaggiare un duello nel bel mezzo del corridoio. «Niente.» ripete, di nuovo.
James sorride, con gli occhi scintillanti di malizia.
«So cosa succede a casa tua, però. Direi che è sufficiente.»
Violet sussulta, punta sul vivo e per un attimo resta senza parole, stupita da tutta quella cattiveria. Non ha mai fatto niente, a James Potter, allora perché lui si sente in diritto di accusarla?
«Sai cos’altro è sufficiente, Potter? Che ti tappi quella fogna pestilenziale che hai al posto della bocca.»
Erin spunta all’improvviso, seguita da Scorpius – ancora mezzo addormentato. Si frappone tra Violet e James, costringendo quest’ultimo ad indietreggiare di un passo.
Albus, di nuovo, sogghigna.
«Dieci e lode per l’entrata in scena.»
Violet rimane in completo silenzio, ancora stordita dalle parole di James. Proprio non riesce a capacitarsi del motivo per cui ce l’ha tanto con lei, anche se, in effetti, riesce a comprendere la sua rabbia.
«E così hai bisogno della scorta, McLeod?» continua James. A differenza di Violet, non è affiancato da nessuno. Non ne ha bisogno. Sa che tutta Grifondoro è dalla sua parte e sa anche che nessuno dei Serpeverde rischierebbe una punizione della Walsh solo per difendere un’assassina.
«Dacci un taglio, James.» lo rimbrotta Albus. Si scambia un’occhiata complice con Scorpius, poi si allontana lungo il corridoio, trascinando con sé una Erin piuttosto recalcitrante.
«Sì, tappa il culo, Potter!» urla Erin, un attimo prima di voltare l’angolo.
Scorpius si accosta a Violet, le circonda le spalle con un braccio e la scorta fino alla finestra, non prima di aver rivolto a James uno sguardo rabbioso. Il Grifondoro risponde con un’alzata di spalle e con un sorriso presuntuoso, poi torna dai suoi compagni.
«Vì, tutto okay?» domanda Scorpius, osservando l’amica in volto.
Lei scuote la testa. «Mi sto comportando come una Tassorosso, maledizione.» sbotta, facendolo ridacchiare.
«Sei solo stanca.»
«Sì, forse è così.» conferma, ancora un po’ assente. È solo il primo giorno di scuola, e già non ne può più. Vorrebbe solo correre in camera, buttarsi a letto e piangere fino a perdere i sensi.
 
La professoressa Aurora Walsh ha quarantadue anni, un curriculum d’eccellenza ed un pessimo carattere. È una di quelle donne che odiano la compassione e la debolezza, i pregiudizi, le falsità e, soprattutto, gli uomini che credono basti un po’ di denaro per ottenere ciò che vogliono.
Ama il suo lavoro e, con esso, anche i suoi studenti. Soprattutto quando sono promettenti come Violet McLeod.
È giunta voce anche a lei, della tragedia consumatasi al Maniero McLeod e, a differenza degli studenti di Hogwarts, sa perfettamente che l’unica colpa di Violet è essersi ritrovata nel posto sbagliato al momento sbagliato e, soprattutto, essere nata in una famiglia che non la valorizza come dovrebbe.
Perciò, quel primo giorno di lezione, cerca di mettere in chiaro il suo pensiero, quando James Potter – che sfortunatamente rientra in quella categoria di studenti che ritiene la Trasfigurazione una materia inutile – dà una spallata a Violet per raggiungere il banco in ultima fila.
«Potter.» lo richiama, facendogli cenno di avvicinarsi alla cattedra. James sbuffa, plateale, poi si scambia uno sguardo con Louis Weasley (suo compagno di stanza e migliore amico – oltre che cugino) e si piazza davanti all’insegnante, con le braccia incrociate e il suo solito sorrisetto beffardo.
«Cinque punti in meno a Grifondoro. E chiedi scusa alla tua compagna.» afferma, ad alta voce. È giunta l’ora che Potter maturi e si discosti dalla sua immagine di giustiziere rosso-oro. Soprattutto perché lui, di giustizia, non ci capisce assolutamente niente.
«Non so di cosa sta parlando.» replica, con un’alzata di spalle. La Walsh scuote la testa, senza sapere bene come replicare. Non ha nessuna voglia di mettersi a discutere con un ragazzino supponente e sfacciato, perciò si limita a guardarlo con gli occhi grigi scintillanti di ammonimento.
James sbuffa.
«D’accordo.» borbotta. Potrà anche essere un po’ presuntuoso, ma non è di certo stupido e sa riconoscere quando non è il caso di tirare troppo la corda. Soprattutto quando si ha a che fare con una donna come la Walsh.
Così le dà le spalle e torna al suo posto, non prima di rivolgere a Violet un lungo sguardo indecifrabile che, di certo, non è di scuse né tantomeno indica una tregua.
Violet punta gli occhi sulla pergamena e comincia a pasticciarne un angolo, disegnando ghirigori, linee dritte e forme strane. Scorpius, seduto accanto a lei, resta in completo silenzio, senza sapere bene che cosa dire. Non c’è niente che possa fare per aiutare Violet, al momento. Non se lei non riconosce di aver bisogno di una mano.
Punta lo sguardo sulla Walsh, che sta sondando la classe con aria meditabonda. Si domanda per un attimo cosa stia passando per la testa dell’insegnante, ma è piuttosto sicuro che non sia niente di buono. Infatti, la vede sorridere con soddisfazione.
«Potter.»
James interrompe la sua conversazione con Louis, per riportarla sulla donna, che mantiene la sua espressione risoluta e divertita.
«Vai al posto di Malfoy.»
Violet, fino a quel momento perfettamente concentrata, cade nel panico più totale: cosa passa per la mente contorta della Walsh? Come può anche solo pensare che James Potter – quel James Potter! – accetterà di sedere accanto a lei? E non solo perché Potter è tutt’ora ancorato all’antica rivalità Serpeverde-Grifondoro, nonostante suo fratello sia nella casa “nemica”. No, Potter è fermamente convinto che lei sia un’assassina e, di conseguenza, si è deciso a renderle la vita un inferno.
«Cosa? E perché?» domanda James, sorpreso e vagamente risentito. La Walsh inarca un sopracciglio e ripete la sua precedente affermazione con tono categorico.
James protesta di nuovo e Violet sente l’impulso di urlare come un’isterica e supplicare Scorpius di non alzarsi da quel posto nemmeno se ne andasse della sua stessa vita.
«Mettiamola così, Potter. O ti siedi accanto a McLeod e te ne resti in silenzio fino alla fine della lezione, oppure toglierò cinquanta punti a Grifondoro, ogni volta che apri bocca. A partire da adesso.» con evidente soddisfazione, la Walsh si schiarisce la voce e indica il posto accanto a Violet con un cenno del capo.
James, che ha ricevuto una poderosa gomitata da Louis, si costringe a rimanere in silenzio e si alza. Aspetta che Scorpius raccolga le sue cose e si sposti, dopodiché si accomoda e rivolge a Violet un’occhiata astiosa.
Lei si scosta di un poco con la sedia e sospira. Ha come l’impressione che le lezioni di Trasfigurazione diventeranno il suo incubo peggiore.
 
 


 



 
Okay, il capitolo 1 è andato. Come avete visto, si comincia a capire qualcosa in più dei personaggi che ho introdotto nel prologo. Non so voi che ne pensate, ma il mio cuore si divide tra Albus (che è un gran bastardo) e James (che invece è un po’ più idiota, ma fondamentalmente buono.)
Poi, che dire? Violet è ancora un po’ difficile da inquadrare, mentre Erin è cristallina, io la amo.
E niente, ho finito.
Se vi va, fatemi sapere che ne pensate, un commento è sempre gradito!
E grazie mille alle ragazze che hanno commentato lo scorso capitolo e inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate.
Con affetto,
Fede.

 
 
   
 
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