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Autore: Shark Attack    25/09/2013    3 recensioni
Nehroi e Savannah sono due fratelli decisamente fuori dal normale e dalla legge sia del loro mondo sia del nostro. Lui ha la capacità di respingere la magia, lei è tra le più potenti creature esistenti ma il loro legame è indissolubile e lo pongono sempre al di sopra di ogni cosa.
I due fratelli sono reietti assoluti, senza famiglia né amicizie, ma non si lasciano scoraggiare facilmente dalle difficoltà che l'avere tutti contro comporta: hanno un'ardua missione da portare a termine e niente li fermerà... neanche quando vengono separati da una montagna invalicabile come la morte.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Benvenuti nel mondo di Sorcerers' Dreaming!
Questa fic in realtà è un prototipo di libro fantasy di cui detengo ogni esclusiva, ogni personaggio è originale e inventato da me quindi niente scherzi. Se avete critiche sono ben contenta di leggerle, anche più dei complimenti; ancor più se sono note di incomprensioni e dubbi!
In realtà, ahivoi, avete cliccato nella seconda parte della storia: la prima è in questo link ma, essendo un po' lunghina, mi sono spremuta le meningi e ho riassunto al meglio delle mie possibilità tutto ciò che è successo nei precedenti -ehm- 38 capitoli... anche se, ovviamente, qui c'è solo un'infarinatura di base.
Se non avete cliccato per caso questa storia e avete letto anche la prima parte, bentornati! Eccovi un fantastico riassunto per rinfrescarvi la memoria! xD (riciclo level: 100)

Previously, in Sorcerers' Dreaming:
Nehroi e Savannah sono fratello e sorella orfani, scapestrati e fuori dagli schemi che vivono in una terra magica chiamata Ataklur.
Per vendicare i numerosi torti subiti nell'infanzia e nell'adolescenza, passano la vita destreggiandosi tra cacce e furti pericolosi di potenti tesori magici che servono per la missione che li spinge ad andare avanti: rompere la barriera che separa Ataklur dai terrestri per dissipare il potere magico tra i due mondi e rendere tutti uguali.
Facendo riferimento ai testi che nonno Ughrai ha lasciato loro e sfruttando un paio di conoscenze utili -tra cui la guaritrice Meede, la spia e contrabbandiere Toco e l'amico dell'orfanotrofio Lorwaar- riescono a recuperare gli oggetti che gli servono e li nascondono in una baita in Virginia, nascosta nella foresta in modo che nessun umano possa mai trovarla.
La comparsa sulla loro strada di Phil, un consigliere dei Capi di Ataklur, e il loro cammino devia fino ad una riunione straordinaria in cui viene offerta loro una posizione di rilievo nella società come riconoscimento dei grandi poteri e delle abilità che la coppia ha dimostrato negli anni, sebbene fossero dall'altro lato della legge.
Scoperti intrighi e piani loschi, i due scappano dai Capi e diventano ancora più ricercati, finendo arrestati dalla polizia umana a causa di una soffiata da Ataklur.
Evasi anche da prigione, i fratelli diventano reietti assoluti ma tornano ad Ataklur per portare avanti la missione.
Riuniti con Phil, che è stato licenziato e ha deciso di viaggiare con loro, si rimettono in cammino ma il loro viaggio viene stroncato ancora una volta: un agguato delle guardie magiche li accerchia per assicurarli alla giustizia, ma inizia un combattimento rovente e Savannah muore.
Nehroi decide di tornare tra gli umani e lasciarsi alle spalle tutto quanto; tra i Capi gli attriti si fanno più insormontabili e si creano varie spaccature che portano il mondo magico sull'orlo di una guerra capeggiata dal Capo Chawia; all'orizzonte, inoltre, si intravedono nuovi problemi con la comparsa degli O'Shea, misteriose creature che nessuno conosce o sa come affrontare.


*-*-*-*



Lui sapeva che era impossibile, semplicemente e tristemente irreale.
Dannazione, però, che bell'illusione.
Savannah era lì, sdraiata sull'erba: gli occhi socchiusi, i capelli sparpagliati nel verde... sonnecchiava al sole, come faceva ogni volta che non avevano altro da fare o quando doveva recuperare le energie.
C'era solo una pecca, quella stonatura che rovinava il vestito pulito che ondeggiava quando il vento lo accarezzava.
Savannah era morta. Non appena quel pensiero cadde di nuovo nella mente del ragazzo, la luce che quel bellissimo, bellissimo sogno aveva portato come brezza fresca cadde pesantemente dal suo viso e si infranse sul pavimento come vetro sottile.
Era ovvio che sarebbe finita così, si disse mentre il caldo della notte lo attanagliava facendolo sudare all'improvviso. Il ricordo o la visione di Savannah si crepò e ridusse in polvere con crudeltà, Nehroi lo guardò disperdersi nel vento mentre una vocina gli ripeteva ancora una volta, senza sosta, ciò che ormai lui sapeva bene.
L'hai uccisa tu.


39
Frammenti



Eppure quello allo specchio era lui.
Nehroi osservò la barba ispida e incolta, le occhiaie profonde e scure, i capelli arruffati e sporchi, la canottiera sporca e sgualcita.
Sì, quello sembrava ancora lui: il prima brehmisth, poi brehkisth, uno che di avventure e disavventure ne aveva vissute tanto da poterci riempire un libro o due, ma che non si era mai ritrovato in uno stato più pietoso di quello che aveva di fronte.
Tirò un pugno allo specchio e lo frantumò, trasformandolo in una serie di segmenti affilati che convergevano là dove un rivolo rosso li tingeva macchiando anche il lavandino sottostante.
La radiosveglia emise il solito “tic” e una musica allegra e ritmata scoppiò nella stanza, inondando di note i vestiti lasciati ovunque, le lattine di birra, le bottiglie di alcolici scadenti e i mobili rotti, accanto ai pochi rimasti intatti.
Nehroi non aveva ancora capito come fare per disattivare la sveglia, e soprattutto l'accensione automatica della radio, ma il suo morale era così tanto basso che a stento quei suoni riuscivano a scalfirlo. Le sue orecchie erano fisicamente lì, ma la mente era a chissà quanti chilometri di distanza, chiusa in un altro mondo.
Se l'allegra voce del presentatore o la sigla di inizio del programma l'avessero toccato o meno non importava, quell'aggeggio sarebbe stato comunque il prossimo ad essere lanciato fuori dalla finestra, lui e la sua antenna storta.
Nehroi staccò il pugno dallo specchio e i frammenti caddero lucenti ai suoi piedi, tintinnando come gocce di cristallo.
Cristallo...
Nehroi sentì ancora quella sensazione nauseante risalirgli in gola e calciò il cestino già ammaccato, gettandolo con furia nella vasca da bagno, distruggendo qualche inutile boccetta di profumo, shampoo o qualsiasi cosa fosse stata lì in mezzo.
Guardò quel che rimaneva del suo riflesso e ghignò vedendo che i frammenti storti gli avevano piazzato l'occhio sinistro molto più in su e la sua bocca seguiva una linea strana, segmentata.
La sua mano pulsava e continuava a sanguinare, ma non importava.
Non poteva provare dolore, lui.
Urlò.
Non se lo sarebbe permesso.
Urlò ancora, un verso degno dei mal'Kee.
Non lo meritava.
La gola era secca da giorni.
Lui avrebbe meritato la freccia.
Urlare era impossibile, la consapevolezza sovrastava ogni tentativo di attutirla.
Meritava la freccia.
Oh sì, era per lui, c'era il suo nome sopra.
La maledizione, quella dannata maledizione che uno stupido comportamento esuberante gli aveva procurato, era tutta colpa della maledizione. Non era il soldato ad aver sbagliato mira, lui aveva puntato al cuore di Nehroi. Quella maledizione aveva respinto la magia della Stella blu, ormai ne era sicuro. E se anche non fosse andata così, sarebbe cambiato qualcosa?
Savannah era morta, e solo per colpa sua.
Ogni volta che qualcosa doveva colpire gravemente lui, in qualche modo si ritorceva su di lei. Si odiava per quella fortuna sfacciata che lo faceva sentire indegno del cuore che batteva nel suo petto.
Abbassò lo sguardo sulla sua canottiera, sotto la quale non spiccava alcun tatuaggio rossastro.
Ormai erano anni che non vedeva la sua pelle bella immacolata per così tanto tempo.
Si inumidì le labbra e un'antica sensazione gli tornò alla mente mentre tracciava col dito quello che sarebbe stato il percorso del sigillo.
Erano ragazzini, Lorwaar era morto da pochi mesi e li aveva lasciati, per la prima volta in vita loro, assolutamente soli al mondo. Il nonno li aveva già abbandonati da anni, lasciandoli in un orfanotrofio con uniche eredità una stupida pistola terrestre che non funzionava e un sacco di libri nascosti chissà dove.
Dopo la dipartita del loro grande amico e compagno, così unico e speciale da essere come un terzo fratello, avevano passato giorni interi incapaci di fare niente, di lottare, di avere uno scopo nella vita, di fare qualcosa, di vivere anche loro. Nehroi ricordava bene quella sensazione orribile, quella che provi quando l'anima si raffredda tanto da spezzarsi come la superficie di un lago ghiacciato; sotto, però, non c'è acqua ma buio e paure altrettanto gelide, se non di più. In quel lago nero ci si bagnavano spesso, lui e Savannah, a volte arrivando fino ai fianchi... ma erano insieme, si tenevano per mano e riuscivano sempre, ogni volta, a tornare a riva.
Nehroi aprì gli occhi e si guardò attorno, nella stanza. Dov'era? Di chi era quella casa? In che città si trovava? Perché era lì?
Sentì le gambe tremare ed uscì dal bagno in fretta e furia. Non si lavò, non si sbarbò, non fece nulla per curare la sua persona. Era inutile.
Arrivò in salotto, quella stanza che ormai non era altro che una discarica di mobili rotti, vetri verdi infranti, oggetti fatti a pezzi. C'erano delle foto, sul pavimento, volti sorridenti che giovano immobili sotto i frammenti di vetro e le schegge delle cornici decorate. Nehroi ne calciò un paio pur di non guardarle.
Non riusciva a togliersi dalla mente l'istante in cui la freccia venne scoccata, era una visione che lo tormentava da giorni, incessantemente, a qualsiasi ora, in qualsiasi momento. Il sole bollente sbucava fuori dalla sua memoria e tornava a bruciargli la pelle, i piedi vacillavano roventi nella sabbia e gli veniva il fiatone, tanto che non riusciva mai a respirare e si sentiva svenire. Cadeva carponi, sudava violentemente, non sentiva più la moquette sotto le dita e le ginocchia ma solo sabbia, sabbia, sabbia. Poi si voltava, sentiva il rantolo di Savannah e la vedeva lì, a qualche metro da lui, guardarlo con quegli occhi spaventati e increduli mentre i suoi, di occhi, non riuscivano a staccarsi dal collo e dalla freccia che vi si era incastonata dentro. Spesso si rialzava e correva da lei, urlandole qualcosa, ma una porta, un muro o un divano si intromettevano sempre. Non era mai reale, era sempre lì nella sua mente. Stava impazzendo.
Aprì di nuovo gli occhi, anche se era sicuro di non averli mai chiusi. Era di nuovo steso su un fianco, senza alcun ricordo di come ci fosse finito. Aveva solo un bernoccolo sulla fronte, dove aveva sbattuto cadendo, gli faceva male la spalla su cui era sdraiato e si sentiva febbricitante.
Rotolò sulla schiena e si portò le mani sul viso, prendendosi la testa con decisione: faceva male, faceva dannatamente male, come se fosse appena uscito da una rissa o se qualcuno stesse cercando di strappargli il cervello.
Inspirò a fondo e iniziò a sentire un po' di calore corporeo lasciarlo man mano che si rilassava.
Con le mani ancora sul viso, tornò con la mente in quello sperduto e antico tempio peruviano che, secondo gli scritti del nonno, custodiva una maschera d'oro in grado di rivelare magie nascoste attraverso i fori dei suoi occhi. Una specie di visione notturna, la chiamava lui.
L'avevano trovata, quella stupida maschera, meno conservata di quanto sperassero ma almeno esisteva. L'oro era annerito da secoli di sporco e umidità, i fori delle orbite erano stati tappati con una specie di argilla come se l'avessero voluta accecare e le incisioni erano davvero suggestive. La maschera ricordava in tutto e per tutto il viso di un uomo, come se gliela avessero modellata addosso.
Nehroi l'aveva indossata un po' per gioco, un po' per esuberanza... e l'effetto era stato devastante. Si era sentito fremere tutto, surriscaldare all'improvviso come se fosse stato gettato in un incendio, poi Savannah aveva iniziato a urlare e ad allontanarsi, incapace di sopportare una strana forza invisibile e potentissima che la feriva invisibilmente.
Non sapevano cosa stesse succedendo, ma all'improvviso il loro rapporto si era incrinato più di quella maschera rovinata dal tempo.
Nehroi gemette tra le mani e si sentì sporco, sporco come allora.
La maledizione era ustionante per sua sorella e la costringeva a prendere posto molti sedili più indietro, uno in testa e l'altra in fondo alla carrozza.
Sul treno che li avrebbe riportati in città, per consultare qualche altro tomo trafugato dal vecchio Ughrei e scoprire qualcosa per arginare quell'anti-magia che li teneva distanti, anche se non si fidavano più allo stesso modo di quei manoscritti: così i Fein Anis avevano passato le prime ore della loro vita senza essere l'uno accanto all'altra.
Il piccolo Nehroi si sentiva sporco, contaminato, come se stesse portando in sé un germe letale... ed era effettivamente vero. Se non si fossero trovati tra umani, quel treno sarebbe stato vuoto.
Non riusciva a non pensare di insozzare tutto l'ambiente che lo circondava, indegno di sedere in mezzo a gente pulita e innocente, con la mente e il corpo liberi dall'infezione della maledizione.
Savannah lo aveva guardato attraverso tutta quella gente, gli zaini e le valigie, ma aveva abbassato rapidamente lo sguardo; Nehroi, però, era riuscito a leggere bene l'espressione addolorata che stropicciava il viso della sorella.
La sensazione di sporco si acuì quando il brehkisth desiderò non essere mai entrato in quello stupido tempio.
Il viso triste della piccola Savannah si sovrappose a quello immobile che aveva abbandonato pochi giorni prima tra le dune del deserto che li aveva partoriti, martoriati e infine divorati.
Scattò in piedi come una molla, si infilò una camicia hawaiana a maniche corte e non si premurò neanche di chiudere i bottoni; infilò il primo paio di pantaloncini che trovò per terra, non il meno sporco ma proprio il primo che pescò, e varcò la porta dell'appartamento per poi sbatterla alle sue spalle.
Scese le scale facendo echeggiare lo scalpicciare delle ciabatte a tutti i piani. Uscì dalla palazzina e percorse i pochi metri che lo separavano dal negozio di alimentari del quartiere.
Era un negozio piccolo e poco fornito, ma fresco e con le poche cose di cui Nehroi avesse realmente bisogno. Lo schermo piatto appeso in un angolo stava trasmettendo un noioso notiziario e le immagini di una tempesta, con palme piegate a metà e un cielo scuro da far paura, si agitavano dietro il giornalista che sembrava stesse per prendere il volo.
«Ehi», disse il brehkisth svogliatamente al cassiere, un uomo troppo grosso per lo spazio dietro il bancone, stipato tra le caramelle e i rasoi da barba come se fosse merce anche lui.
«Ehi», lo salutò di rimando. Notò subito le occhiaie sempre più scure e ampie che sovrastavano guance smorte e che non facevano altro che risaltare i contorni arrossati degli occhi. «Sempre peggio, vedo...»
«Uh. Prendo le mie solite bottiglie e ti lascio in pace.»
Il cassiere era un uomo di mezza età dall'aria buona e paterna. Lo preoccupava constatare che le condizioni di quel giovane cliente peggioravano di giorno in giorno. «Sei giovane, negli anni più belli della tua vita», disse amareggiato. «Non dovresti trattarti così...»
Nehroi inspirò profondamente stringendo i pugni e lanciò uno sguardo malevole verso una cliente, facendola sussultare e sparire tremando tra gli scaffali degli snack. «Non sai niente», rispose al cassiere con voce trattenuta. I pugni erano ancora chiusi e in maniera tanto stretta da farli vibrare.
«Qualunque cosa sia... non abbatterti. Passerà, vedrai. La vita è b...»
«Non sai niente», ripeté il ragazzo, mostrandosi spazientito e stringendo i pugni.
L'uomo pensò che quel cliente doveva avere la stessa età di suo nipote, anche se era così mal ridotto da sembrare molto più adulto. «Dovresti farti vedere da qualcuno», gli suggerì comunque con premura, ignorando i suoi probabili tentativi di autocommiserazione.
Nehroi sbuffò e si appoggiò pesantemente al bancone, facendo tintinnare i portachiavi a forma di pretzel appesi ad una colonnina accanto alla cassa. «Senti», esordì con voce stanca, come se parlare gli costasse un enorme sforzo. Viste da vicino, le sue occhiaie spiccavano sul viso smunto come lividi opachi. «È già tanto che mi vedi tu. Se non ti va' posso prendere ciò che voglio di notte, posso farlo, e non dovrai sforzarti di essere gentile... così va meglio?»
Il cassiere serrò le labbra e si sentì abbattuto. «Vado a prenderle sul retro», disse in un sospiro.
Il brehkisth tornò nel suo appartamento ciabattando le infradito come un vecchio, trascinando i piedi sulla strada e sugli scalini, fino a quel campo minato che era diventato il salotto. Appoggiò la cassa di bottiglie a terra, vicino al porta ombrelli vuoto, e si tolse di dosso la camicia. La lanciò tra i cartoni della pizza e prese una birra ancora non finita che troneggiava sul tavolino storto.
La prese in mano e la soppesò pensieroso. Poi grugnì disgustato e la lanciò contro il muro, tingendolo di giallo e di schegge verdi che scivolarono a terra tra tante altre.
Nehroi urlò ancora, squarciandosi i polmoni mentre l'impatto distruggeva il vetro.
Afferrò il tavolino e lo lanciò verso la finestra, ma cadde in strada solo metà; il resto rimase in bilico sul davanzale, oscillando col vento. Sollevò di peso una sedia, una delle ultime rimaste al tavolo del soggiorno, e la scaraventò sul pavimento; le gambe si spaccarono e rotolarono in direzioni diverse mentre lo schienale si ruppe a metà.
Spinse il divano con un calcio ma non lo spostò più di tanto e vi ci si lasciò cadere sopra con pesantezza, sollevando cumuli di polvere e cartacce varie.
«Assaggia questa roba, Neh, ha un sapore stranissimo!»
A lei non piaceva la birra, ma non c'era viaggio tra gli umani in cui non riuscisse a berne almeno una lattina. Era la sua sfida, una delle tante, voleva imparare a reggere quell'alcol così diverso dal loro...
«Siete proprio dei bambini.»
Lorwaar, invece, era un vero duro: non si lasciava mai spaventare da niente e non c'era nulla in grado di abbatterlo. Era più grande di loro sotto ogni aspetto, lo era sempre stato, e non aveva fatto che confermarlo quando i due fratelli avevano raccolto la sua sfida a chi reggeva di più un giro di bevute. I non ancora famigerati Fein Anis erano finiti al tappeto cantando scemenze dopo appena due bottiglie.
Nehroi strinse i pugni.
Non c'era niente, niente!, neanche nell'autolesionismo, che non gli ricordasse sua sorella, o il suo migliore amico.
Di tutte le persone a lui care, non ce n'era più nessuna. Erano tutti morti, rimaneva solo lui.
Aprì la bocca per urlare ancora, ma non uscì altro che un rantolo strozzato. Crollò a terra, picchiando le ginocchia, e si portò le mani tra i capelli. Alzò gli occhi al cielo oltre la finestra, dove i genitori dicevano ai propri figli che stavano i morti, ma non si illuse di rivedere nessuno.
Il cielo era azzurro come lo era quel giorno in quel deserto. La freccia era per lui, non si sarebbe mai dato pace.
Savannah era morta al posto suo.
E non era morta proteggendolo, combattendo, con un perché.
Avevano sempre rischiato di fare una brutta fine, ma avevano lottato per evitarla e ci erano sempre riusciti.
Nell'arco di un istante, uno stupido istante, tutto si era frantumato.
La volta prima Savannah aveva rischiato la vita nella grotta per proteggerlo, era rimasta senza forze e sarebbe stato anche giusto, se lo sarebbe meritato, o quantomeno aspettato.
Nel pieno delle forze, a tradimento: Nehroi non riusciva a darsi pace neanche per il modo in cui l'aveva lasciata andare. La morte li aveva proprio fregati, come quella stronza della vita.
Che senso aveva la sua, ora?
C'era un motivo per cui era stata lei a timbrare il biglietto per Mjoklur al posto suo?
Cosa avrebbe dovuto farsene di quel cuore che batteva, se non c'era nessuno per cui valesse farlo?
“Noi non ci abbandoniamo”, era la regola.
L'aveva infranta.
Ma forse...


*-*-*-*



Buona sera! =D
Per chi è arrivato fresco fresco in questa storia senza aver letto la prima parte, benvenuti! Vi divertirete, nonostante questo primo capitolo sia molto da tagliarsi le vene. Per questo ma non solo consiglio vivamente di andare a scoprire la prima parte della storia anche solo per capire in che mondo ci stiamo muovendo, che è successo prima e perché questo bel pezzo di figliolo (anche se qui non l'ho descritto particolarmente) è tanto triste.
Se non siete nuovi... bentornati! Sì, ho la mia solita mania di dividere le storie in pezzi, mi viene male a tenerne una troppo lunga... e poi vuoi mettere lo sbatti di stare a scorrere troppo in giù per il nuovo capitolo quando aggiorno? xP Tra l'altro è stato molto difficile fare l'introduzione, spero che abbiate apprezzato due cose: l'ultima frase (a cui aggiungerei un <3 ) e l'avvertenza nelle coppie. Ohohoh.
Passata una bella estate? Io sì, sono contenta! Non fatevi ingannare dalla tristezza del capitolo, non è influenzato dal mio umore... infatti, come tutti gli ultimi che ho postato, è nato dallo sprazzo di un unico momento di ispirazione e quindi è comparso nel file attorno a marzo. In questi giorni l'ho rivisto un po' e aggiunto una valanga di altri pezzi, sistemato l'azione, inseriti i ricordi vari. Sì, era tipo lungo una pagina e mezzo, bisognava farci qualcosa.
Tra l'altro, che difficile fare il riassuntone dei 38 capitoli precedenti! Lo sssso, ho tralasciato un milione di cosette ma che ve ne pare, in ogni caso?
Ah, ovviamente spero qualcuno abbia ancora la voglia di seguirmi! ^^ O meglio, di seguire le magiche avventure di Nehroi e dei suoi fantastici amici (forse) in Ataklurlandia! Sembra che mi sia fumata qualcosa, ussignù... però per rallegrarvi annuncio che dal prossimo capitolo avremo una parziale rimpatriata... con chi? Che succederà ora? Giuro che nel prossimo ridiamo di più! Toni ben più allegri... diciamo da discoteca ^^ Titolo: FLUO!
Ma andiamo avanti con le domande, che so che le adorate! *evita pomodori*
Torneranno i proprietari dell'appartamento, se ancora lo si può chiamare così? Nehroi diventerà emo? Gli verrà la panza da birra? E poi riuscirà a darsi pace almeno per un minuto? O si suicida per riunirsi alla sorella? D:
Alla prossima!
Ciao!

Shark

(per gioco mi sono messa a fare questa specie di resoconto cronologico della successione dei protagonisti, sulla scia di uno che ho visto nonmiricordopiùdove su The Vampire Diaries:
Nehroi
Nehroi, Savannah
Nehroi, Savannah, Lorwaar
Nehroi, Savannah
Nehroi, Savannah, Phil
Nehroi, Phil
Nehroi
Al che mi chiedo: Neh, ciccino mio bello... non è che attiri sfiga? xD)
   
 
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