Il giorno dopo Ryota si presentò con cinque minuti abbondanti di anticipo. Le labbra si incurvarono nel sorriso più ampio che gli riuscì quando vide Daiki.
“Lo sapevo che saresti venuto!” esclamò, cogliendo l’altro alla sprovvista.
“Non dire fesserie, non sono venuto apposta per te. Sono qui già da un bel po’.”
“Però sei rimasto fino a quest’ora. Se davvero non volevi giocare con me, te ne saresti potuto andare.”
Daiki rifletté parecchio su quelle parole. Non voleva certo lasciare intendere a Ryota che avere un compagno di giochi non gli dispiaceva, ma le circostanze sembravano volgere a suo sfavore. Poi, ebbe l’illuminazione su cosa rispondere. “Non sto certo a guardare l’ora quando gioco. Non mi ero accorto che fossero arrivate le cinque. A saperlo me ne sarei andato prima.” Si voltò, sogghignando per la spiegazione salace appena partorita, ma l’altro sembrò non curarsene minimamente.
Gli si parò davanti con la solita espressione gioconda. “Allora, cosa mi insegni come prima lezione?”