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Autore: Nemesis01    27/09/2013    4 recensioni
Anno 1937, nella Germania nazista.
Zarin è un 18enne tedesco, figlio di un generale nazista, che sembra detestare la vita in generale.
Noah è un 25enne ebreo, che vive in Germania e di lavoro "vende sogni".
Dalla storia:
Un giorno eravamo in libreria, gli stavo passando dei libri per aiutarlo a tenere in ordine quel posto che odorava di incenso e margheritine, poi entrarono loro. Due uomini in divisa. La campanella tintinnò. Noah mi guardò e bisbigliò « Nasconditi. Qualsiasi cosa accada, nasconditi. Non uscire allo scoperto fino a quando non se ne sono andati. Queste sono le chiavi della mia libreria. Aspettami sotto casa, se dovessi far tardi. Non uscire. Resta nascosto. »
[..] Noah tornò a casa, aveva la camicia rotta e sporca di sangue e un grosso livido sulla fronte. Sua nonna lo abbracciò e lo riempì di baci sulla guancia; era così affettuosa ed io capii cosa significasse avere una famiglia. Con Noah e la signora Maya capii che cosa significasse vivere.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Novecento/Dittature, Olocausto
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Mazel tov!

 

Capitolo 04  – Le piccole cose

La scuola giunse al termine ed io non riuscivo a trovare molte scuse per allontanarmi da casa e raggiungere Noah in libreria. Ogni tanto gli scrivevo delle lettere di nascosto, ma gli avevo chiesto di non rispondere. Quando potevo chiamarlo lo facevo, ma non ero mai solo abbastanza tempo da avere una conversazione più lunga di "Come stai - sono vivo - anche io - mi manchi". Ma il riuscire a sentire la sua voce calda anche solo per un istante mi dava sicurezza.

La prima volta che facemmo l'amore però, fu proprio d'estate. Accadde il 31 luglio. Certe date ti rimangono impresse dentro.
Noah aveva risparmiato tanto abbastanza da potersi comprare una piccola Volkswagen usata. Capitò che una volta riuscii ad andare al centro del paese e lo raggiunsi a casa di mattina presto, avevo detto a mio padre che sarei rimasto da un amico per il weekend. Ricordo che fui così contento di rivederlo che mi fiondai ad abbracciarlo, senza calcolare che eravamo in pubblico, lui fece lo stesso.
« Dobbiamo festeggiare! » Noah era fatto così. Ogni minima cosa che riceveva (un cliente mai visto, una penna nuova, quando riuscivamo a vederci d'estate o trovare per pranzo le "falafel" appena cotte da sua nonna) doveva festeggiare. Diceva che la vita era troppo breve per rimandare quei pochi momenti di felicità. A quella frase c'era un solo modo di rispondere.
« Cosa facciamo di bello, allora? »
« Andiamo al mare! »
« Al mare? Ma ci si metteranno ore! E' lontano! »
« Due ore e mezzo, mi sono informato. Che l'ho comprata a fare questa macchina, altrimenti? »
Ovviamente quando lui proponeva qualcosa non avevi modo di obiettare, potevi solo dire «  Va bene... » e partire con lui. Tanto non ci si pentiva mai di assecondarlo. L'unica che aveva il potere di dire "no" era sua nonna: la signora disse che il mare non le piaceva, ci preparò le falafel da portare con noi fuori per pranzo, con dell'hummus e diverse pite. Sua nonna cucinava benissimo, molto meglio della cuoca che avevamo a casa. "Casa". Chissà se ho mai creduto che quel palazzo nel quale sono cresciuto fosse veramente "casa". Mi sentivo molto meglio con Noah e la signora Maya. Quando mi diede una busta di tela che conteneva il nostro pranzo mi raccomandò di fare attenzione al suo nipotino, io le dissi di non preoccuparsi e la ringraziai per l'aver cucinato tutto quell'ottimo cibo. « Todà rabà » le dissi. Lei mi sorrise e mi accarezzò.
Passammo una bella giornata. Ricordo che costruimmo dei castelli di sabbia e Noah provò ad insegnarmi a nuotare, con scarsi risultati. L'immagine di Noah che usciva dal mare, con le goccioline d'acqua che dai capelli gli scivolavano su quella pelle dorata, il costume che aderendo al suo corpo ne disegnava le forme... Dio, era la cosa più eccitante che avessi mai visto. Diventai tutto rosso e mi stesi a pancia in giù sulla sabbia. Sentii qualcosa smuoversi sotto la pelle. Qualcosa che riaffiorava ogni volta che sfioravo Noah.
Tornammo a casa di sera, non ricordo molto del viaggio in auto perché mi addormentai e quando mi svegliai eravamo sotto al palazzo nel quale Noah abitava, lui aveva appena parcheggiato. Erano circa le nove di sera.
Ero steso a pancia in giù sul letto di Noah, indossavo solo della biancheria: faceva davvero caldo per poter mettere il pigiama, leggevo un libro. Quella volta leggevo "I malavoglia". Leggere mi portava ovunque nel mondo, mi sentivo senza confini. Noah entrò in camera con due tazze di tè bollente e si accomodò seduto vicino a me. Respiravo il suo profumo e mi inebriava. Bevemmo del tè insieme e facemmo due chiacchiere a lume di candela. Ci stendemmo vicini, entrambi su un fianco e riuscivo a poggiare la fronte sul suo petto.
« Come si dice? »
« Cosa? »
« Buonanotte, nella tua lingua.. »
« Layla tov. Si dice layla tov. »
Portai la mano destra sulla guancia di Noah e mi strinsi a lui in un tenero bacio.
« Ti amo. » Noah aveva letteralmente piantato i suoi occhi nei miei. Avevo la sensazione che il mio cuore si fosse fermato al suono di quelle parole. Ricordo che volevo baciarlo di nuovo per fargli capire che lo amavo a mia volta... Quella sensazione di calore che sentivo nel mio cuore, sotto la mia pelle,  nel mio cervello, in ogni fibra del mio corpo ogni volta che Noah mi parlava, mi sfiorava o semplicemente mi guardava, doveva essere per forza amore.
All'età di diciotto anni conobbi l'amore. Si chiamava Noah.
Ci raggomitolammo sotto le coperte, spogliandoci non solo dei vestiti ma anche delle nostre inibizioni, tremarono anche le nostre ossa e ci scrollammo di dosso tutto il resto del mondo. Il mondo fuori faceva schifo, ma noi non eravamo il mondo e per questo avevamo un prezzo da pagare.
Ricordo la sensazione delle labbra di Noah sfiorare il mio collo.
Le mie mani intrappolate nei suoi capelli.
Le sue mani accarezzarmi la pelle.
La mia pelle sfregarsi contro la sua.
Il suo odore rapire la mia mente.
Le sue dita palpare e massaggiare le mie intimità.
La sua eccitazione crescere sotto il mio tocco.
Il mio respiro alterarsi, i miei gemiti. Quelli di Noah contro il mio orecchio.
Sentivo il suo sesso penetrarmi e avevo solo voglia di urlare al mondo che lui era mio.
Le mie mani premevano sulla sua schiena.
Faceva male. Mi eccitava. Faceva male. Mi eccitava.
La mia mente era completamente soggiogata dal suo prendermi e lasciarmi.
Dai suoi baci. Dal suo respiro. Dalle sue carezze. Dai suoi morsetti.
Respiravo il suo odore mescolato con il mio.
Ascoltavo la sua voce calda bisbigliare al mio orecchio « Ti amo, Zarin. Ti amo. »
La mia voce raggiungeva il suo, di orecchio « Anche io ti amo, Noah... »
Quella notte dormimmo abbracciati, i nostri due corpicini erano avvolti da un lenzuolo. Io mi sentivo protetto, completo. Le braccia di Noah mi cingevano infondendomi la più tenera delle sensazioni: la felicità.

Il mattino dopo sua nonna ci preparò la colazione. Ci guardò e sorrise.
« Mazel tov » bofonchiò e ci servì una tazza di caffè.

 

 

 

L’angolo dell’autrice:

Salve a tutti! Eccomi qui con il quarto capitolo di “Mazel tov”. Volevo ringraziare Danyel, Jasminevampire, Frauro, Amarie, LolaBlack e darkmagic31 per aver aggiunto la storia alle seguite e Ladydaredevil per le recensioni che mi lascia :3 invito voi a fare la stessa cosa u.u seguite il suo esempio e ditemi cosa ne pensate di questo racconto :3

A presto :3

Dal prossimo capitolo:

« Dimmi che tu sei Zarin e che io non ho fatto una brutta figura. »
« Sono io, sì... Tu chi sei? »

   
 
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