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Autore: unicorn_inthemind    27/09/2013    3 recensioni
[Mermaid!AU]
In un'epoca indefinita, mentre le navi solcano ancora i mari scontrandosi con letali mostri marini, Rei Ryugazaki è un giovane con i piedi troppo per terra per credere all'esistenza di tali creature.
Un libro di mitologia marina, capitatogli in mano per caso, lo porterà a conoscere degli esseri per cui si spingerà in un viaggio quasi suicida per mare.
Sirene, le aveva chiamate quel pescatore - belle e fatali - ma Rei non gli aveva creduto. Era disposto persino a raggiungere la Grotta Verde e ritornare pur di dimostrare l'inesistenza di quelle creature.
Ma se quei mostri, quelle leggende, si rivelassero veri?
[...]
«Non sono una sirena, sono un tritone. Tri-to-ne.» protestò Nagisa agitando leggermente infastidito la coda color porpora.
Rei sbatté più volte le palpebre, non poteva essere vero. «Non è possibile.»
«Ma ti ho salvato dal Kraken, Rei-chan.»
«Non è possibile.»
«Ho curato le tue ferite con la mag-...»
Rei scosse la testa, risdraiandosi e chiudendo gli occhi con forza.
«La magia non esiste, e nemmeno tu. Sto delirando perché ho bevuto troppa acqua del mare. Quando mi sveglierò non ci sarai.» e si rifiutò di riaprire gli occhi.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nagisa Hazuki, Rei Ryugazaki, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Porpora sotto il sole.


Era morto?
...

Se fosse stato morto non sarebbe stato capace di percepire il suo corpo. Se fosse stato realmente morto non avrebbe sentire il contatto ruvido di sassi contro la schiena.
Era morto?
Ne dubitava.
Non avrebbe sentito ancora quelle fitte al fianco, e il dolore alla testa, e un fiato d’aria calda entrare nella sua bocca quasi forzatamente, facendo ritornare su l’acqua di mare entratagli nei polmoni. Rei scattò di lato, sul fianco che non gli doleva, sputacchiando acqua e riprendendo a respirare dopo un semi-affogamento per la seconda volta in quel giorno.
Era vivo.
E c’erano sassolini sotto le sue mani e contro il suo fianco nudo. Perché era a torso nudo?
Sentiva l’appiccicosa scomodità del pantalone sulle gambe e la pesantezza delle scarpe zuppe d’acqua. Ma la camicia? Aveva persino gli occhiali sul naso, stranamente senza neppure una goccia d’acqua sulle lenti... C’era qualcosa che non quadrava in quella situazione.
Tentò di mettersi a sedere ma il fianco destro gli lanciò una nuova fitta tanto dolorosa da costringerlo ad accartocciarsi su se stesso in un gemito. Si portò una mano al fianco tastandolo leggermente, faceva male, sentiva la carne viva e la sensazione di qualcosa di liquido e scivoloso sotto i polpastrelli. Sussultò nel ritrovarsi le dita macchiate del suo stesso sangue quando le guardò.

Il fianco era attraversato verticalmente da un taglio da cui il sangue fuoriusciva copiosamente, si era lievemente rimarginato, ma di ben poco e sicuramente non abbastanza per frenare la perdita di sangue. Non era molto lungo e probabilmente neppure tanto profondo, ma una pulsante sensazione di bruciore si alternava a fitte simili a punture improvvise di aghi. E faceva male.
«Stai bene?» una vocina squillante lo spaventò a morte facendolo girare di scatto alla sua destra, il fianco gli donò una nuova fitta per quell’improvvisa torsione.
Due occhi purpurei furono la prima cosa che vide. Si aprivano su un viso di un ragazzo dai tratti infantili, incorniciato da capelli biondi umidi d’acqua. Rei sbatté un palpebre diverse volte, quel ragazzino, infagottato in una camicia diverse taglie più grande di lui, aveva delle alghe intrecciate tra i capelli. Forse gli si erano imbrogliate in mezzo mentre nuotava.
Alghe lunghe e vagamente ondulate, infatti, si facevano spazio tra un ciuffo di capelli e l’altro, il colorito verde-giallino permetteva loro di camuffarsi abbastanza bene tra ciocca e ciocca, ma certamente non di passare inosservate.
«Stai bene? Come ti chiami?» ripeté il giovane biondino mentre tentava di farlo ridistendere tirandolo giù per un braccio.
«Rei» sussurrò lui meccanicamente, «Rei» ripeté ancora.
«Piacere di conoscerti Rei-chan,» squillò il giovane, facendo sussultare Rei per quel –chan usato con tanta, troppa, disinvoltura «io sono Nagisa.»
Rei riportò gli occhi sul giovane, sorrideva ad occhi chiusi con l’innocenza di un bambino.
C’era qualcosa di strano in lui, a partire da quelle strane alghe intrecciate tra i capelli: erano troppe per essersi semplicemente incastrate tra i capelli mentre nuotava... sembravano generarsi direttamente dal suo cuoio capelluto.

Rei borbotto un incerto: «Piacere.» prima di ricordare  un piccolo particolare di quando era ancora semi-cosciente. In testa gli ritornarono la sensazione di un fiato caldo che lui non aveva mai tirato dentro e qualcosa di morbido che... oddio.
Girò il viso rosso dall’imbarazzo per non farsi vedere dal giovane biondo.
Gli aveva fatto la respirazione bocca a bocca? Rei tentò di concentrarsi sul fatto che Nagisa – era così che si chiamava, no? – lo aveva fatto per salvargli la vita, che senza di lui sarebbe morto in mare. E invece era lì vivo... su una spiaggia sconosciuta e con un ragazzo di cui conosceva a stento il nome.
«Rei-chan, ti sei fatto tutto rosso! Stai male?» domandò il ragazzo spingendosi in avanti per osservarlo meglio in viso.
Rei scosse la testa, premendosi una mano contro la bocca.

Sulle loro teste il Cielo risplendeva azzurrissimo nel caldo di mezzogiorno, pochi gabbiani volteggiavano e stridevano sulle loro teste
«Come...» Rei alzò gli occhi «come sono arrivato qui?»
All’orizzonte non si scorgeva nessun segno della nave, anche se probabilmente a quell’ora era già precipitata sul fondo dell’Oceano. E i suoi compagni? Cosa ne era stato di tutti quegli uomini con cui Rei aveva condiviso un mese di navigazione? Morti probabilmente, affogati o mangiati, dispersi in mare. Perduti.
Nagisa batté le mani distogliendolo dai suoi pensieri: «Rei-chan, quella ferita va curata!»
«Mi ha portato la corrente? Mi hai trovato sulla spiaggia?»
Nagisa taceva, il sorriso spensierato dipinto sul volto aveva un qualcosa di snervante, ma al contempo era affascinante il modo in cui lo calzava con naturalezza.
Rei rimase in silenzio mentre il ragazzo osservava la sua ferita sul fianco, aveva messo su un cipiglio serio senza però dimettere quell’aria allegra che sembrava essere una sua caratteristica intrinseca.
«Non è profonda, ma è un brutto taglio,» sussurrò, più che altro tra sé e sé che a Rei stesso, «penso che tre possano bastare.» Rei non afferrò il significato dell’ultima frase.
Avrebbe voluto domandare che cosa significassero quelle parole, che cosa erano i tre a cui Nagisa si riferiva. E, soprattutto, voleva capire come diavolo fosse arrivato fino a lì.
Ma Nagisa non lo ascoltava, teneva una mano posata accanto alla ferita mentre l’altra passava tra le ciocche di capelli. Tirò via un’alga, forse finalmente si era accorto di averne svariate tra i capelli, e poi un’altra e un’altra ancora.
Tre alghe.
penso che tre possano bastare.”
Rei sgranò gli occhi, cosa voleva fare quel tipo?
Nagisa continuò la sua operazione, tenendo i due lati della ferita ravvicinati e appoggiandovi poi sopra la prima alga, perpendicolarmente al taglio. Rei sulle prime sussultò sorpreso, poi sentì la pelle invasa da una strana sensazione di fresco che contrastava nettamente con il caldo bruciore del taglio. Nagisa aggiunse la seconda e la terza alga, coprendo per del tutto il segno rosso che si apriva mettendo a nudo la sua carne rossa e viva.
Uno strano pizzicore, non sgradevole, andava man mano spargendosi per tutta la parte fasciata dalle alghe.
«Na... Nagisa-kun, cosa stai facendo?»
«Ti curo, non vedi Rei-chan?» il giovane scoprì di poco la ferita per mostrare come avesse iniziato a rimarginarsi e la perdita di sangue fosse diminuita. Era successo in un attimo, un attimo primaquel taglio sanguinava e adesso si stava rimarginando.
Non era possibile!

Rei non conosceva alghe con proprietà tali da poter accelerare il processo di rimarginazione di una ferita, o comunque con proprietà analgesiche. Come potevano tre semplici, piccole, alghe dal colorito giallino curare una ferita con tale facilità e velocità?
Nagisa teneva la mano destra costantemente premuta sul fianco in modo da tenere le alghe premute sulla parte lesa. Tra le dita della mano si poteva notare come, stranamente, al di sotto di essa un colorito bruno andava spargendosi a macchia d’olio sulle alghe a contatto con la ferita.
Sangue? pensò Rei confuso, ma non domandò nulla. Rimase a guardare, confuso, quella macchia che andava man mano colorando ogni angolo delle alghe.
«Fatto!» esultò Nagisa una volta che le alghe ebbero totalmente cambiato colore.
E le tolse, come se nulla fosse accaduto, rivelando il fianco destro di Rei. Quasi illeso, solo una linea chiara di una cicatrice attraversava la sua abbronzatura. Come se quel taglio fosse solo un vecchio ricordo di mesi addietro e non una ferita fresca apertasi solo poco tempo prima.
Rei lasciò andare un grido strozzato davanti a quell’assurda guarigione istantanea.
Non esisteva una cura così miracolosa, com’era possibile che la sua ferita si fosse già rimarginata?!
«Come... come hai... è guarita! Come hai fatto?!»
Nagisa lo guardò con i suoi grandi occhi porpora per poi sussurrare «È magia, Rei-chan.»
Oh no, di nuovo. Anche questo ragazzino parlava di magia!
Rei lo guardava confuso, c’era qualcosa che non quadrava in tutta quella storia.
Un ragazzo sconosciuto lo salvava chissà come dall’affogamento in alto mare e lo portava su un’isola sconosciuta, e probabilmente disabitata. E curava una sua ferita con delle assurde alghe che aveva preso tra i suoi capelli.

«Chi sei?» quella frase gli scivolò naturale fuori dalle labbra.
Chi era in realtà quel ragazzino dai capelli biondi e grandi occhi porpora? Con delle alghe incastrate tra i capelli come se si trovassero lì da sempre e indosso solo una camicia di troppe taglie più grande di lui –  Rei iniziava a sospettare fosse la sua. E quel sorriso stampato in faccia che sembrava non scomparire mai.
Nagisa sgranò ancora di più gli occhi per poi annuire con un cipiglio serio. Sbottonò la camicia rivelando un fisico asciutto e atletico, e la lasciò scivolare via dal suo corpo.
«Nagi-kun, perché sei nudo?!» quasi balzò in piedi Rei notando la totale assenza di vestiti del giovane.
Nagisa non gli diede peso, alzandosi con calma da terra senza alcun senso di pudore, al contrario ridacchiava divertito dall’imbarazzo con cui Rei distoglieva lo sguardo.
«Rei-chan, ti imbarazzo?»
«Sei nudo. Nudo
Nagisa scrollò le spalle con noncuranza prima vi voltarsi e avvicinarsi alla battigia, l'Oceano lambiva i piccoli sassi lentamente e li spostava più in basso - a volte uno a volte un altro – ogni volta che un’onda si ritirava nel ventre che l'aveva generata.
«Guarda, Rei-chan!» spalancò le braccia e si diede lo slancio per un tuffo, scomparendo nell’acqua.

Non un alito di vento increspò la superficie placida dell’Oceano, l’acqua sembrò quasi aprirsi per far passare il corpo del giovane, come un padre che accoglie a braccia aperte il figlio. Poi il silenzio.
Le nuvole, in alto, volteggiavano indifferenti.

«Nagi-kun.» chiamò Rei «Nagisa-kun!» chiamò ancora, ma del suo salvatore nessuna traccia.
Stava per arrendersi al fatto che se quel giovane fosse stato tutto solo un’illusione, una follia elaborata dal suo cervello confuso.
E poi lì, un’increspatura anomala sulla superficie dell’Oceano. Rei poteva vedere qualcosa muoversi ondeggiando tra i flutti; spostando di poco la superficie dell’acqua sembrava avvicinarsi poco a poco alla riva.
Rei, seduto, scrutava la superficie piatta dell’Oceano, una sensazione sul fondo dello stomaco – come un nodo – gli suggeriva che in quello scenario c’era qualcosa che non andava. Per niente.
Un guizzo, bastò un piccolo schizzo dell’acqua perché tutte le certezze che Rei aveva ben strette a mente tremassero come un budino. Mollicce, le idee, avevano vibrato seguendo il moto quasi ondoso con cui il giovane che aveva appena conosciuto uscì dall’acqua.
Lui... lui era... Lì dove il busto avrebbe dovuto congiungersi alle gambe con un’invisibile linea, la carne terminava lasciando spazio ad un’ordinate fila di scaglie che riluceva della stessa tinta degli occhi di Nagisa, sotto il sole tanto caldo da far tremolare l’orizzonte. E a quella fila ne seguiva un’altra e un’altra e molte altre ancora, sino a culminare in una pinna di un rosso trasparente, sembrava un velo che ondeggiava dolcemente  mosso dalle piccole onde che s’infrangevano sulla battigia.
«Tu... ma cosa... una sirena?»
«Non sono una sirena, sono un tritone. Tri-to-ne.» protestò Nagisa agitando leggermente infastidito la pinna della coda color porpora.
Rei sbatté più volte le palpebre, non poteva essere vero. «Non è possibile.»
«Ma ti ho salvato dal Kraken, Rei-chan.»
«Non è possibile.»
«Ho curato le tue ferite con la mag-...»
Rei scosse la testa, risdraiandosi e chiudendo gli occhi con forza.
«La magia non esiste, e nemmeno tu. Sto delirando perché ho bevuto troppa acqua del mare. Quando mi sveglierò non ci sarai.» e si rifiutò di aprire gli occhi.
Non era vero. Non era vero. Non era vero.
Forse era stato il caldo di quel posto a fargli venire le allucinazioni, forse era stata l’eccessiva perdita di sangue. O forse era stata realmente l’acqua del mare, gli risultava che berne troppa facesse impazzire.
Qualunque cosa, qualunque cosa... non poteva esistere una creatura come quella! Le palpebre iniziarono a farsi pesanti.
Nagisa non poteva essere uno di loro.
Nagisa sorrideva, anche troppo, e parlava a raffica, non voleva divorarlo. Nagisa aveva le gambe, aveva camminato avanti ai suoi occhi quando si era avvicinato all’acqua. Certo, non l’aveva guardato più di tanto – era nudo cavolo! – ma lo aveva visto muoversi con i suoi piedi, e i polpacci e le cosce. No. No. No.
Era il caldo.
Era la stanchezza.
Era l’acqua salata.
Sonno. Rei venne a poco a poco ipnotizzato dall’unico colore che le palpebre abbassate gli concedevano: un nero disomogeneo e mutevole, come la superficie ondeggiante dell’Oceano di notte.



Angolo autrice:
Cosa posso dire? WOW!
Non posso dire altro se non wow, perché siete tantissimi a seguire, preferire e ricordare la storia!
In un fandom così piccolo mi aspettavo sì e no che cinque persone seguissero la long, e invece siete quasi una ventina! Siete un amore... vi vorrei abbracciare ad uno ad uno (fuggite, sciocchi!)
Comunque, volevo dirvi una cosa importante, ossia che il capitolo successivo, il quarto, è già pronto e in attesa di essere caricato mentre il quinto capitolo è completo per metà. Quindi, nel giro di una settimana (o poco più) caricherò il quarto capitolo, mentre per il quinto non ci sarà un quando ben preciso ma lo caricherò sicuramente!
Non mollo la storia neanche morta! u-u
Semplicemente, ho un’altra long in corso e questa è una storia “secondaria” quindi ora preferisco dedicarmi allo scrivere il nuovo capitolo di quella long e poi riprendere la stesura del quinto capitolo di Figlio dell’Oceano.
Ricordate che vi voglio bene e che anche due parole messe in croce su questa storia mi farebbero molto felice.

Se vi interessa, sul mio fake di fb creerò a breve un album di fanart prese a random da internet in cui inserirò spezzoni dei vari capitoli; un album, quindi, in continuo aggiornamento. Già stasera dovrebbe essere pronto!
Profilo FB: Star Falling
Un bacio, Uni vi ama tutti

 
   
 
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