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Autore: Black Spirit    27/09/2013    2 recensioni
Noi siamo i fuochi di mezzanotte.
Noi siamo le ombre.
Noi siamo i morti.
Noi siamo gli invisibili.
Noi solo noi.
Solo noi possiamo tornare.
O almeno loro.
Io sono solo il nuovo.
Io sono solo il novellino.
Io Duncan Nelson, il punk, il duro qui non so dove mettere le mani.
E lei...
Lei è una dodici.
Lei è speciale.
Lei è potente.
Lei è Gwen.
Genere: Malinconico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Duncan, Gwen, Trent , Un po' tutti | Coppie: Duncan/Gwen, Trent/Gwen
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale
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“D-Dove sono?”

Apro lentamente gli occhi e metto a fuoco un lungo corridoio con almeno una decina di porte, sto per alzarmi ma qualcuno mi spinge per terra.

“Non alzarti, non sei ancora totalmente guarito”

Mi giro verso quella voce.
E vedo una ragazza dai i capelli neri con delle ciocche blu, la pelle chiara, un trucco scuro abbastanza pesante, vestita in modo semplice con una maglia nera e dei pantaloni dello stesso colore.

Una ragazza incredibilmente bella.

Ma con un espressione dura quella di chi ha tutto sulle proprie spalle.

“Chi sei?”
Mi guarda con un aria severa come se la stessi prendendo in giro ma poi mi risponde lo stesso.

Sembra che le stia antipatico.

“Gwen, sono una dodici”

La guardo senza capire.

Che cosa vuol dire che è una dodici?
Mentre io cerco di comprendere quelle strane parole lei inizia a perquisirmi o almeno è quello che credo stia facendo passandomi le mani ovunque e premendo in alcuni punti, finché non mi alza la maglia per controllarmi l'avambraccio con l'aria di chi l'ha fatto cento volte e li trova c'è un tatuaggio che non ho mai saputo di avere.
“Che ci fa quel numero uno tatuato sulla mia pelle?”
Quasi urlo per la sorpresa e lei ne sembra infastidita.

Cavolo non volevo farla arrabbiare.

Di nuovo.

“Alzati ti porto nel tuo dormitorio, li ti spiegherò come funzionano le cose qui quindi non fare domande per ora”
Mi porge la mano e mi aiuta ad alzarmi.

Forse non mi odia così tanto.

Mi fissa per un minuto.

Poi inizia a camminare facendomi segno di seguirla.

È veloce.

Ma non era un problema.

Ero sempre stato una persona atletica.

E quindi per me seguirla non era un gran problema.

“Come sei morto?”
Sgrano gli occhi e mi giro verso di lei che mi fissa quasi curiosa.

“M-Morto?”
Lei sbuffa e mi guarda infastidita.

Di nuovo.

“Il modo in cui sei finito qui?”

La guardo per un paio di minuti.

E in lei sembra scattare qualcosa.

“Non te lo ricordi davvero eh?”

Mi guarda infastidita.

Di nuovo.

Si ferma.
“Vieni qui”

Si avvicina a me e mi bacia.

Un bel bacio ma si allontana troppo presto per i miei gusti.

Si stacca da me dopo meno di una frazione di secondo e si pulisce la bocca quasi disgustata da quello che ha appena fatto.

Ed infastidita.

Di nuovo.

Mentre io resto imbambolato lì con le labbra che mi pizzicano.

Wow, bacia bene.

Bacia veramente molto bene.

“A cosa devo questo bacio?”

Lei mi fissa e inizia a contare con lei dita.

Uno.

Due.
Tre.

Delle immagini sconnesse iniziano ad apparirmi in mente.

Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare sperando che finisca presto.

Quando li riapro sento che potrei scoppiare in lacrime da un momento all'altro.

Ma non lo faccio.

Non davanti a lei.

Non davanti a qualcuno.

Ghigno.

Ora so.

So chi mi ha ucciso.

So come mi ha ucciso.

So perché mi ha ucciso.

Lei mi guarda e poi mi fa cenno di seguirla, deve averlo visto accadere milioni di volte eppure sembra comunque scossa.

Comunque triste.

Come se avesse appena visto quello che ho visto io.

E chissà forse l'ha fatto.

Non so di cosa sia capace.

Forse mi legge nel pensiero...

Spero di no.

Camminiamo in silenzio per un po' finché io non prendo coraggio e dico una parola che mi da una fitta al cuore.

Nonostante la mia forza.

Sento una fitta al petto.

“Omicidio”

Lei mi guarda sorpresa.

Probabilmente non ne arrivano tanti come me qui.

A proposito.

Qui dove?

Dove siamo?

Ha detto che me lo avrebbe detto quindi non devo fare altro che aspettare.

E lo farò anche se la curiosità mi divora vivo.

Prendo coraggio e le dico cosa mi è successo in poche parole.

“La mia ragazza...”

Lei mi guarda ancora e per un momento mi stringe una mano.

Mi da un po' di sostegno.

Mi dimostra che mi è accanto.

Che nonostante tutto forse non mi odia.

“Incidente”

Per un momento mi è accanto.

Ma poi torna dura.

Poi torna se stessa.

Continuiamo a camminare fino a una porta con la scritta “Uno” la guardo per un attimo e lei mi fa segno di entrare. Attraverso la porta e vedo un altro corridoio ancora più lungo di quello dove ci troviamo.

“Come ti chiami?”
La fisso per un attimo prima di rispondere non capisco perché me lo chieda solo ora.

“Duncan”

Lei alza gli occhi al cielo.

L'ho infastidita.

Di nuovo.
“Il cognome?”
La fisso sorpreso.

Perché vuole solo ora queste informazioni che a me sembrano così importanti?

Ma le rispondo lo stesso.

A lei sento di non dover nascondere niente.
Sento di non poterlo fare.

E in fondo non voglio nemmeno farlo.

“Nelson”

Lei inizia a guardare le porte e io capisco perché voleva sapere il mio nome, sulle porte ci sono delle targhette con dei nomi scritti sopra.

Che ti aspettavi, Duncan?

Che lei si interessasse a te?
Illuso.

È troppo bella per te.

E poi non sai nemmeno chi è!

Razza di idiota non sai nemmeno dove sei!

Invece di interessarti a una ragazza dovresti pensare a scoprire dove sei per prima cosa non a come lei sia...

Lei sia bella.

Gwen mi risveglia da questa mia specie di trans con una semplice frase.

E mi viene da sorride ma non lo faccio.

Insomma se sorridessi in un momento del genere mi prenderebbe per pazzo.

Certo mi hanno sempre ritenuti tutti un po' pazzo ma non a questo livello.

Insomma chi sorriderebbe in un momento del genere?

Mmh..

Io.
“Duncan Nelson questa è la tua stanza”

Si appoggia con un ghigno sul viso al muro di mattoni rossi davanti a una porta verde scuro e io inizio a guardare quella semplice lastra di legno sorpreso.

È identica a quella della mia camera.

La apro e rimango di stucco.

Quella è la mia camera.

Non una fedele copia.

Proprio la mia.

Quella dove ho vissuto per tutta la mia vita.

Quella dove mi sono tinto i capelli per la prima volta.

Quella dove sono morto...

“C-Come può essere?”
Lei mi guarda e fa un mezzo sorriso.

Devo sembrarle così stupido.

Ma insomma è lei che mi deve spiegare perché sono qui e se non lo fa ho il diritto di chiedere.

“Qui le cose funzionano così, abituati perché non ci sarà sempre un perché alle tue domande”

La guardo e le faccio segno di entrare, lei dopo avermi mandato uno sguardo a metà fra il sospettoso e il penoso entra nella stanza, nella mia stanza, e si siede sulla sedia vicino alla scrivania che come al solito è stracolma di libri, fogli, disegni, canzoni e altre milioni di cose di tutti i tipi.

“Qui dove?”

Lei sospira.

Sembra rassegnarsi a dovermi dire in che posto siamo e la cosa sembra non farle per niente piacere ed io non posso fare a meno di chiedermi il motivo.

“È il momento che io ti spieghi un paio di cose temo, siediti. Ci vorrà un bel po' per raccontarti tutta la storia”

Mi siedo accanto a lei e aspetto che inizi a parlare ma quando lo fa, tira fuori l'argomento sbagliato.

Un argomento che non mi aspettavo.

Un argomento che mi punge nel vivo.

Un argomento che mi fa male al cuore.

“Perché ti ha ucciso?”

Sgrano gli occhi sorpreso e terribilmente ferito dalla strana domanda della giovane ragazza davanti a me ma rispondo lo stesso.

Non so perché ma mi fido di lei.
Non so perché ma lei mi ispira una grande fiducia.

“L'ho lasciata perché non la amavo più visto che lei non era più la ragazza che amavo e lei... Lei non l'ha presa molto bene”

Gwen annuisce e fa un mezzo sorriso.

Ma distoglie lo sguardo.

La sento sussurrare una parola.
Una parola che mi colpisce.

“Tipico”
Ma dopo pochi minuti torna dura e guardandomi negli occhi fa un altra domanda.

Più dolorosa della precedente anche se lo ritenevo impossibile.

“Chi sono le persone più care che hai? Quelle che verranno distrutte dalla tua morte?”

Perché tutte queste domande?

Perché sembra così insensibile al dolore che sono sicuro trasparisce dal mio volto?

Perché non mi spiega niente?
“Mia madre, mia sorella e il mio migliore amico”

Lei annuisce di nuovo e continua a guardarmi negli occhi.

Io la guardo.

Sembra non provare nulla.

Inizio a dubitare che ne sia capace.

Ma allo stesso tempo sono sicuro che ne sia più che capace.

“Bene quindi sono loro le persone a cui apparirai d'ora in poi”

Sgrano gli occhi alla notizia.

“C-Cosa? Da quando i morti possono apparire alla gente?”

Lei mi sorride.

Un sorriso amaro.

Amaro ma vero.

“Tu non sei un morto qualsiasi”
La guardo negli occhi cercando di capire.

“Allora cosa sono?”

Lei continua a sorridere.

Sembra quasi divertita.

“Sei un fuoco di mezzanotte”

  
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