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Autore: Honodetsu    28/09/2013    3 recensioni
"...Non seppe come, ma quel momento di leggerezza, di tranquillità, sembrò dissolversi in un attimo. L'assurda idea che potesse essere finita si sgretolò al vento.
L'agitazione e la preoccupazione per l'italiano furono ingogliate da un qualcosa di più profondo, di più intenso. E mai avrebbe immaginato che si potesse provare una cosa del genere e che, un essere umano, potesse sopportare un simile dolore..."
E' con piacere che vi presento questa mia seconda fanfiction su Hetalia; dove amori, passioni, gioia e lacrime non mancheranno di certo.
...Se siete interessati, leggete...
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Francia/Francis Bonnefoy, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Antonio fissava incolore il muro bianco del soggiorno. Com'era calmo l'appartamento, com'era magnificamente silenzioso. Musica per le sue orecchie, rispetto al chiasso del pub.

Musica, dolce e pura musica.

Peccato che, se lo sentiva, a breve quel dolce equilibrio sarebbe stato spezzato. Si ritrovò a sospirare e sorridere arrendevole. Lo sguardo si posò sulla porta d'ingresso.

A breve sarebbe comparso Romano, fresco frsco dall'incontro con il suo adorato fratellino che non vedeva da anni, e, sapeva con assoluta certezza, si sarebbe sfogato.

Cosa che ci poteva anche stare, dopo tutto. Peccato che Romano non usava sforgarsi come tutte le persone normali. Lui inprecava, lui urlava e, soprattutto, lui si arrabbiava e se la prendeva con il povero Antonio.

Gli sfuggì un altro sospiro.

Ma dopo tutto lo sapeva, quindi era già preparato. Ed in più non era certo suo diritto lamentarsi del fidanzato: lui aveva tanto penato per averlo ed ora se lo teneva, con tutti i suoi pregi ed i suoi difetti.

Ed ecco, l'equilibrio spezzato dalla chiave che girava nella toppa. Dei passi e la porta si richiuse.

Silenzio.

Ad Antonio non parve quasi vero.

-”Roma... Sei tu?”-chiese, incerto.

La chioma castana ramata dell'italiano fece capolino nel soggiorno.

-”Sì...”-entrò definitivamente nel soggiorno, fermandosi proprio davanti all'iberico. Rimasero a fissarsi. Antonio che, con un po' di timore, cercava di capire che avesse con il solo sguardo e Romano che fissava il pavimento pensieroso, ciondolando un poco sui piedi.

Oh, cielo... Questo è molto peggio di un qualsiasi attacco isterico... Che gli prende?

Antonio gli sorrise, si mise meglio seduto sul divano, sentendosi un po' sulle spine.

-”Allora? Come è andata?”-gli chiese con la voce più allegra e spensierata che gli riuscì.

Romano non rispose, grugnì debbolmente. Il moro alzò le sopracciglia, come cercando di intuire quel che avesse detto. L'italiano sospirò ed allargò le braccia.

-”Bene.”-ripeté, sta volta più sicuro.

-”...”-lo fissò, l'iberico. L'italiano continuava a stare in piedi davanti a lui-”Ehm...”-gli sorrise-”Vuoi raccontarmi?”-

Romano annuì, fissando il pavimento imbarazzato, ed arrossendo leggermente. Antonio lo trovò immensamente dolce.

-”Dai siediti.”-

Romano obbedì e, con immensa sorpresa di Antonio, gli si accoccolò accanto, con la testa posata sulla sua spalla. Subito dopo la sorpresa, ecco arrivare il tiepido ed tanto amato calore del suo corpo. Il moro chiuse gli occhi, inebriato da quella presenza.

Quando li riaprì quel dolcissimo torpore fu invaso dalla ragione.

Ok, che succede qui? Che gli prende?

Decise ugualmente di approffitarne: dopo tutto non capitava spesso. Gli accarezzò dolcemente il capo, spingendosi perfino a baciarlo tra i capelli. Incredibile, Romano sembrava non lamentarsi. Anzi sembrava addirittura piacergli.

Davvero incredibile.

-”Allora?”-lo incalzò, dandogli un altro bacio sulla testa e stringendolo forte a sé-”Dimmi tutto!”-fece in tono allegro.

Romano alzò un po' la testa verso di lui, quel poco per intravedere il suo sguardo. Aveva degli strani occhi, si preoccupò nel vederli. Ma i suoi pensieri e le sue preoccupazioni furono inghiottite da un leggero bacio dato a fior si labbra. Romano, con la stessa leggerezza con la quale di era avvicinato alla sua bocca, si allontanò.

Il volto di Antonio rimase per qualche secondo immobile, pura confusione ed estasi lottavano sulla sua espressione.

-”Sai, è un restauratore di opere d'arte.”-cominciò l'italiano, alzando le spalle un poco e mettendosi comodo sulla spalla del compagno.

Il moro sembrò riprendersi in quel momento. Alzò le sopracciglia.

-”Oh...!”-si portò due dita sulle labbra, come se vi sentisse sopra ancora quel tocco leggero, poi le fece scendere sul mento-”È un bel lavoro... Deve... Deve esserne soddisfatto...”-cercò di increspare le labbra in un sorriso. Ma il risultato non era come quello sperato, per sua fortuna Romano non lo stava guardando.

-”Già, gli piace molto.”-commentò lui, si strinse nelle spalle-”È così che ha incontrato quel Ludwig...”-

Il moro, sentendo uscire dalle sue labbra il nome del fratello di Gilbert, trasalì.

-”Ah?”-fece un po' nervoso-”Erano colleghi?”-

-”No...”-la voce di Romano si abbassò, così come il suo capo. Sembrava triste, lo spagnolo tentò di guardarlo in faccia.

-”Ah, no...?”-chiese, ma non gliene imortava più di tanto, la cosa che gli importava era vedere se stava bene. Romano schiacciò il viso sul suo petto, impedendogli, così, di fargli vedere la sua espressione.

-”No... Si sono incontrati delle volte per caso a dei musei. Feliciano per lavoro e quel tedesco per passare il tempo.”-per un attimo Antonio credette di vederlo sorridere, ma difficile a dirsi-”Da allora si sono incontrati tante volte, sempre per pura fortuna... Ma non si erano mai parlati, finchè...”-si interruppe un attimo, come se ci stesse pensando. Lo spagnolo rimase in attesa.

-”Finchè, una volta si incontrarono in circostanze diverse...”-le mani di Romano si strinsero intorno alla stoffa dei jeans-”La loro è una storia dolce e tenera da far venire la nausea, da far venire il diabiete, quel genere di storie che, se narrate nei film, la gente impazzisce... Quel genere di storie dove non si è costretti a soffrire per riuscire ad amare.”-lo disse quasi con rabbia. Antonio osservò le mani strette del fidanzato. No, si ritrovò a pensare, quella non era rabbia. Era gelosia.

L'iberico sospirò, poi gli sorrise. Gli portò il viso vicino al suo. Un'espressione amaeggiata e triste gli si presentò d'innanzi. Il moro rise.

-”Era per questo che sei venuto ad accoccolarti vicino a me?”-gli diede un buffetto-”Mi sembrava strano da parte tua.”-

Romano arrossì, per poi tentare di nascondere il viso ma Antonio glie lo impedì.

-”Ehi, ehi, fermo...”-gli accarezzò una guancia e gli sorrise. Gli occhi verdastri dell'italiano si erano fatti lucidi-”Perchè sei geloso della loro storia, se noi abbiamo la nostra?”-gli chiese con dolcezza.

Romano si morse un labbro.

-”Quanto abbiamo dovuto soffrire noi due?”-gli chiese, ed Antonio lo guardò interrogativo-”Quanto ti ho fatto soffrire prima di rendermi conto di amarti?”-

-”Che cosa c'entra questo?”-

-”C'entra! C'entra, accidenti!”-serrò gli occhi e si allotanò un poco da lui-”Se io non fossi stato così stupido, ci saremmo risparmiati tante di quelle sofferenze...”-

Antonio scosse il capo.

-”Ma che dici?”-gli sorrise-”Noi stiamo bene insieme, no?”-

Romano arrossì.

-”Sì, ma la nostra storia poteva cominciare anche meglio di come è cominciata...”-lo borbottò, ma alle orecchie di Antonio arrivò forte e chiaro. Non poté fare a meno di ritenersi soddisfatto di quella sua dichiarazione. In fondo gli faceva piacere senirglielo dire ma, non perché gli dava ragione, perché così riusciva a capire quanto tenesse al loro amore.

-”Ehi, Roma...”-cominciò-”Nessuna storia d'amore è semplice, nessuna storia d'amore è perfetta e soprattutto nessuna comincia felicemente.”-l'italiano rimase ad osservarlo con imbarazzo e dolore -”Insomma, è normale che all'inizio si abbia dei dubbi, delle incomprensioni... E scommetto che anche tuo fratello e quel Ludwig devono avercene avute.”-

Il ramato si morse un labbro.

-”Lo so, però...”-non riuscì a dirlo.

Però è colpa mia...

-”Nessun però, non lo ammetto.”-scherzò, avvicinandosi al suo amore. Romano sembrava indeciso.

È colpa mia se noi due abbiamo avuto incomprenzoni, dubbi, o altro...

-”A me non me ne imporata nulla di quello che ho dovuto passare per riuscire ad abbracciarti come faccio ora.”-gli sorrise-”E nemmeno a te dovrebbe importarene...”-gli toccò il naso con un dito.

È colpa mia se non siamo riusciti ad essere felici subito...

-”Adesso siamo felici e stiamo insieme...”-gli baciò dolcemente una guancia. Romano fremette sotto quel leggero tocco.

-”Pensiamo adesso a rendere la nostra storia fantastica!”-gli sorrise solare-”Perché, stanne certo, nessuna storia sarà mai come la nostra.”-

Già, è solo colpa mia...

-”Nemmeno quella di Feliciano e Ludwig.”-

Romano sorrise.

Però... Forse...

-”Nessuna.”-

Le loro labbra si toccarono, sigillando le loro parole per sempre.

Però, forse, tu potrai perdonarmi...

I loro corpi si avvicinarono fino a diventare un'inica entità.

Forse riuscirò a farmi perdonare in futuro...

 

Le iridi rosse seguivano le goccioline di pioggia che sbattvano violente contro il vetro. Un bambino, seduto stancamente sul davanzale della finestra chiusa, fissava una Madrid che aveva imparato a conoscere da soli due mesi.

Non aveva mai amato i giorni di pioggia ma, ormai da troppo tempo, aveva cominciato a non riuscire più a distinguerli dai giorni di sole.

Posò il visetto perennemente pallido supra gli avambracci. Che triste sorte la sua: un semplice bambino di nove anni, orfano, ed affidato ad una famiglia terribile.

Un tuono risuonò molesto, illuminando la stanza. Si morse un labbro.

Che cosa aveva fatto per meritarsi tutto questo?

Si portò una mano sulla spalla che gli doleva. Eppure lui aveva dei sogni, come tutti i bambini, lui aveva delle ambizioni.

Perché Dio gli stava facendo passare tutto questo?

Però, in fondo, non gli importava. Era fermamente convinto che, nonostante tutto quello che gli stavano facendo e che gli avrebbero fatto, lui non avrebbe mai ceduto, nn avrebbe mai perso.

Dopo tutto, aveva forse altra scelta?

L'ennesimo tuono, seguito, subito dopo, da un lamento. A Gilbert non servì voltarsi per capire chi fosse, non gli servì avvicinarsi a lui e sollevargli la maglietta per scovarne i grandi lividi e le ferite.

Non ne aveva bisogno, perché già lo sapeva.

Il bimbo biondo, di soli tre anni più piccolo di lui, se ne stava rintanato sul suo letto. Le gambe, strette convulsamente dalle braccia, al petto e la testa immersa nelle gionocchia, il corpo scosso dai singhiozzi e dal pianto silenzioso. O quasi.

-”Non devi piangere, Ludwig...”-gli disse, con una pacatezza che uccideva la sua tenera età-”Così vinceranno loro.”-

In quel preciso istante il minore smise di sighiozzare. Ammirava troppo il fratello per non eseguire un suo ordine.

-”Gil...”-sussurrò il bimbo, osservando il girarsi della figura in contro luce del fratello ed aciugandosi le lacrime-”Un giorno smetternanno di picchiarci?”-

Gilbert gli si avvicinò e, con quella sua mano da bambino, gli scompigliò i capelli biondi. Gli occhi celesti di Ludwig guardavano ammirati quelli rossi accesi del fratello.

-”Ehi, moccioso, stai ancora piangendo.”-gli fece con uno dei suoi sorrisi strafottenti-”Ti ho detto che è vietato piangere!”-

 

Gli occhi del prussiano si spalancarono. Si guardò intorno allarmato, con il fiato corto ed il sudore che gli scendeva giù dalle tempie. Quasi non ricordasse dove fosse e come ci fosse arrivato, osservò instupidito il divano su cui era seduto.

Ancora un altro paio di sguardi.

Stava nel suo appartamento, niente di strano. Gli venne da ridere, non si trattenne. Si portò una mano sulla fronte e, finalmente, gli parve di riuscire a regolare il respiro.

Che gli prendeva? Si sentiva confuso ed accaldato. Per un attimo una sorda paura lo invase. Un'altro attacco come quello dell'ultima volta?

Si portò una mano al petto, quasi volesse sentire i batti del suo cuore che si fermava. Il fiato gli si spezzò in gola.

Chi lo avrebbe potuto salvare questa volta?

Come un lampo, gli passò davanti agli occhi l'immagine di Eliza.

Improvvisamente una botta di ossigeno gli arrivò ai polmoni. Spalancò la bocca, respirando affannosamente, cercando di calmarsi.

Finalmente, aria.

Si sdraiò sul divano, chiudendo gli occhi sfinito, godendosi quell'attimo di pace. Che cavolo gli prendeva in quel periodo? Gli stava succedendo troppo spesso. Cominciò a chiedersi se avesse un qualche problema fisico.

Riaprì gli occhi e serrò le labbra.

No, non era un problema fisico. Il suo era un problema mentale e basta. Si portò le mani tra i capelli. Doveva smetterla di pensare al passato, doveva smetterla di pensare alle differenze tra la sua vita e quella del fratello: gli faceva male.

Il pensiero volò nuovamente ad Eliza. Increspò le labbra ed aggrottò le sopracciglia. Perché aveva pensato a lei?

Arrossì.

Significava forse qualcosa?

Che ti sei fottuto il cervello, amico...

Non c'era una ragione. Un sorriso amaro li sfuggì di bocca.

Sta succedendo di nuovo...

Si portò le mani al viso.

Ho di nuovo quei maledetti attacchi...

Socchiuse gli occhi.

Proprio come allora...

Si passò con disperazione le mani tra i capelli e sul volto, credeva di aver chiuso con quella storia. Già, anche da piccolo, li aveva avuti.

 

Feliciano, una volta entrato nella camera d'albergo, si stiracchiò con gusto. Si sentiva decisamente meglio ora che aveva rivisto suo fratello.

Si guardò intorno, rendendosi solo in quel momento conto che Ludwig non c'era. Sbuffò infantile e dispiaciuto. Avrebbe voluto vederlo e parlargli di quello che era successo.

Si sentiva così euforico, aveva bisogno di parlare.

Sentì in quel momento la porta della stanza aprirsi, si volse verso entrata con un largo sorriso.

-”Lud!”-gli saltò praticamente addosso, stringendolo in un abbaccio.

Il tedesco sorrise.

-”Sei allegro, eh?”-l'italiano rise-”Ne deduco che l'incontro con tuo faratello sia andato bene.”-

-”Sì!”-e per rendere il tutto più convincente annuì, facendo saltellare il ciffo di capelli che aveva sul capo-”È stato bellissimo rivederlo!”-

Ludwig sorrise appena, ma agli occhi di Feliciano quello era uno dei suoi più dolci sorrisi.

-”Ne sono felice.”-disse solo, dopo tutto non c'era nient'altro d'aggiungere. Non ce ne era bisogno. L'italiano lo strinse più forte a sé.

-”Avere una famiglia è bellissimo, Lud!”-disse allegro. Il tedesco rispose all'abbraccio, sorrise-”Mi ero scordato cosa signficasse averne una...”-alle orecchie del biondo quelle parole arrivarono dolenti. Gli accarezzò il capo.

-”Non devi più pensarci, Feli, ora è tutto passato.”-

Il castano si scostò un poco.

-”Promettimi che ti terrai più spesso in contatto con tuo fratello, Ludwig.”-gli fece apprenzivo, guardandolo con occhi da bimbo impaurito.

-”Ma adesso cosa c'entra il rapporto tra me e Gilbert?”-chiese, le sopracciglia aggrottate.

Il volto di Feliciano si rilassò un poco. Un largo sorriso dolce invase il suo volto.

-”Niente... Ma tu promettimelo.”-Ludwig lo guardò senza capire-”...Non è bello non sentirsi con i propri cari per troppo tempo...”-

Il biondo rimase ad osservarlo per qualche secondo, l'ennesimo sorriso gli sfuggì. Gli accarezzò una guancia.

-”Non preoccuparti, Feliciano...”-

 

Gli sguardi si incrociarono con stupore. Ci fu un momento di silenzio da entrambe le parti: un Feliciano sorrideva estasiato, mentre, un Ludwig tentava di apparire calmo, un Antonio con un sorriso teso ed, infine, lo sguardo spaesato di Romano sopraa quella montagna di muscoli.

Sarà stato un metro ed ottanta, aveva notato inorridito l'italiano, o forse anche di più. Un tic ervoso gli fece trabballare l'occhio sinistro.

Un metro ed ottanta di pura e semplice razza tedesca: biondo, occhi azzurri e muscoli.

Tanti muscoli...

Rimase a fissarlo allungo, quasi non gli importasse di essere scoperto.

Troppi muscoli...

Rabbrivì, più per fastidio più che stupore.

Quando quei due pezzi di ghiaccio incontrarono il suo sguardo, sentì, per un attimo, il vacillare della sua sicurezza. Ma nel notare il suo repentino gardare alrove si sentì riguadagnare pista.

-”Tu devi essere Antonio, guisto?”-la voce solare, accompagnata dal solito sorriso, di Feliciano. Gli occhi di Romano si staccarono finalmente dal tedesco. Per Ludwig fi quasi una benedizione.

-”Oh, sì, è un piacere conoscere il fratello di Romano!”-esclamò l'iberico, fin troppo allegro per i guasti del compagno-”E tu sei Feliciano, giusto?”-gli sorrise-”Tuo fratello mi ha parlato molto di te.”-lo disse, ma per poco non fu fulminato dallo sguardo di Romano.

Il minore tra gli italiani parve interdetto e segretamente allegro a quella scoperta.

-”Ah, sì?”-chiese guardando infantile il fratello.

L'altro di conseguenza arricciò il naso, quasi a sottolineare quanto quel discorso gli desse fastidio. Tornò a fissare Ludwing che, sotto il suo sguardo, trasalì.

Il tedesco, per un attimo, temette che quel Romano di fosse accorto del suo nervosismo. Si maledisse mantalmente per essere così teso.

È un semplicissimo incontro, niente di più... Calmati, Ludwing...

-”E bene, Ludwing,”-quel “Ludwig”, uscito dalle labbra di Romano, gli parve così calcato-”Tu sei il fratello di Gilbert...”-

Per un attimo il biondo entrò nel panico: era una domanda od una affermazione. Gli parve di arrossire, sperò che non se ne accorgesse. Optò per una risposta semplice e coincisa.

-”Già...!”-ed accompagnò il tutto con un timido sorriso. Sperò che bastasse e, che per un po', non lo fissasse più in quel modo. Ma Romano sembrava non voler demordere.

-”Non vi assomigliate per nulla... Adottato?”-

Ci fu un attimo di sgomento, Feliciano sembrò rimanere di sasso, quasi non sapesse se prenderla a ridere o se preoccuparsi. Ludwig, dal canto suo, sperò di non aver udito bene. Lo guardò allucinato per qulche istante.

-”E... Eh...?”-commentò, quasi stupidamente il biondo. Antonio si irriggidì, per poi scoppiò in una risata nevrotica.

-”Perdonalo, Lud, lui scherza sempre.”-fissò male Romano-”Piuttosto,”-sorrise, tornando al tedesco -”Noi due ci siamo incontrati un paio di volte in passato, ricordi?”-

Ludwig sembrò sentirsi già più a suo agio.

-”Sì, ricordo.”-sorrise spontaneo, per la prima volta in quell'incontro-”E' stato parecchio tempo fa.”-

-”Allora eri così piccolo e gracile.”-continuò il moro-”Adesso sei tutto il contrario, guardati!”-

Antonio tentò di ignorare le frecciatine omicide del compagno, continuando a sorridere.

Ah, bastardo, tu lo avevi già incotrato, non me lo avevi detto, eh? Questa me la paghi...

Feliciano lo abbracciò infantile.

-”Già, Lud è molto informa!”-ridacchiò, ma non con malizia come poteva sembrare. Romano però sembrò cogliere solo quella.

-”Informa, eh?”-commentò il maggiore-”Già, già, molto informa... E molto alto, eh?”-

Dannazione! Come può un tipo come lui stare con Feliciano?! Il mio piccolo fratellino!
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Note


Ed eccomi tornata dopo secoli! ^^" Chiedo perdono! Spero di tornare presto a pubblicare! 
Bacioni,

Honodetsu:D
 

  
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