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Autore: ShanHoward    28/09/2013    2 recensioni
…e l’unica cosa che riuscii a dirle fu “mi raccomando se mai incontrassi i Muse…pensami”
“tranquilla, sarai la prima a saperlo” mi rispose sorridendo…ormai rassegnata alla mia ossessione per loro.
Come potevo immaginare che quel giorno sarebbe stato più vicino di quanto pensassi???
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christopher Wolstenholme, Dominic Howard, Matthew Bellamy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In fretta e furia, ma anche stavolta sono riuscita a pubblicare il capitolo...Cheers to everyone!!! 
 

Our love is madness


Qualche ora più tardi, nella penombra mattutina, Dom aprì lentamente gli occhi e alzò il braccio per controllare l’orario. Erano le 9:00 del mattino e più tardi sarebbe dovuto uscire con il resto dei Muse, per sostenere le ultime interviste e gli ultimi photo-shoot prima di intraprendere l’estenuante tournée. 


Si sfilò lentamente da sotto le coperte e si infilò in bagno, sotto la doccia.


Dopo essersi preparato alla perfezione, si rese conto di avere ancora abbastanza tempo, così prese una decisione, che dato il personaggio in questione, direste “no, non è possibile!” …


Venti minuti dopo si sdraiò nuovamente al mio fianco e mi scostò i capelli dalla fronte restando ad osservarmi.
Nel modo più delicato possibile prese ad accarezzare il contorno del mio viso ripetendo lo stesso percorso varie volte: occhi, naso, zigomi, labbra…
Assorto nei suoi pensieri, nei suoi tormenti, nei suoi perchè…


All’improvviso sorrise, ripensando a tutte le stronzate che avevamo fatto insieme, a tutti gli insulti volati durante le litigate, a tutti i guai e gli scherzi che con la complicità di Matt, gli avevamo combinato.


“Lo so che dormi, e che non ascolterai un briciolo di quello che ti dirò. Forse sto scegliendo il momento meno adatto, ma sai che non riesco a sostenere i tuoi occhioni fissi nei miei. Volevo solo ringraziarti. Se fossi stata un’altra, in questo momento sarei a dormire sul divano o non vivrei più qui. Grazie per tutta la pazienza che hai con me. Ci vediamo stasera. Ti amo da morire” disse sottovoce.


Tornò a guardare l’orologio; sospirò, lasciandomi un bacio delicato sulle labbra e silenziosamente come era entrato, uscì dalla stanza.


Aveva curato tutto nei minimi dettagli. Aveva preparato la colazione e si era messo di impegno per fare tutto al meglio: croissant, succo d’arancia, thè e una piccola rosa; il tutto sopra un piccolo vassoio di legno che aveva lasciato sul suo comodino prima di andare via.

Diede un’ultima occhiata che in casa fosse tutto in ordine, dopodiché mise una giacca e vi infilò in tasca l’Iphone e le chiavi.


Uscii dal letto di corsa e mi fiondai in cucina proprio mentre lui stava per chiudere la porta.


“Ehy Howard!” dissi stringendo la rosa in mano
“Piccola!” rispose illuminandosi
“Ti amo anche io” conclusi.


Lui alzò gli occhi, brillanti come non mai; sorrise timidamente vergognandosi un po’ dopo aver realizzato  che in realtà avevo ascoltato non un briciolo, ma ogni singola parola avesse detto. Mi guardò scusandosi con lo sguardo di non poter restare perchè come al solito era sempre in ritardo. Mentre chiudeva urlò qualcosa che mi fece morire dalle risate.


“E copriti, che fa freddo!!!”


Tornai in camera sedendomi sul letto e mangiando tutto quello che Dom aveva preparato con tanto amore. 
Durante l’arco della giornata, mi lasciò un messaggio, informandomi  che per l’ora di cena sarebbe tornato, perciò mi presi tutto il tempo che volevo per pensare a cosa preparare.


Arrivarono così le 21:00, tutto era pronto, ma di Dom nemmeno una traccia; così decisi di aspettare ancora un po’, magari aveva trovato traffico.
Quando però poi scoccarono le 22:00, mi alzai dal divano per prendere il cellulare che regnava abbandonato sul pianoforte.
Composi il numero nello stesso momento in cui la porta si aprì, e spuntò fuori Dom in un notevole stato di stanchezza.


“Dom”


Lui si avvicinò dandomi un bacio di sfuggita.


“Scusa, ma è stata una giornata da dimenticare!” urlò nervoso
“Come mai?” chiesi ancora vicino al pianoforte
“Siamo circondati da incompetenti!  Avevamo in programma due interviste ma all’ultimo minuto ne hanno aggiunta un'altra, grazie alla quale abbiamo fatto un enorme ritardo per il photoshoot, passando il pomeriggio e la serata a litigare con i fotografi e gli organizzatori. Ti sembra una cosa normale?”
“No, direi di no” … “però gli imprevisti possono accadere” risposi
“Si certo, come no” … “a chi accade? Agli stupidi”
“Beh, i tuoi imprevisti hanno intralciato i miei piani creando altri imprevisti…direi allora che possiamo includerci nella categoria degli stupidi” 


Uscendo dalla camera da letto, dopo esserci cambiato, realizzò che era tardi e che io probabilmente avessi finito per cenare da sola; infatti estrassi un paio di piatti dal microonde e li misi sulla penisola.


“Tieni” … “ se vuoi altro lo trovi nel microonde”


Annuì con la testa, mentre io mi sistemavo sul divano davanti la tv. Dom intanto mangiava silenziosamente un boccone dopo l’altro. Poi si alzò e sparecchiò la penisola,  e prese il pezzo di dolce che gli avevo lasciato in frigo. Mangiò nuovamente in silenzio, finché rispondendo al telefono di là in bagno, si alterò ancora di più. Infatti lo sentii imprecare contro assistenti o non so chi altro. Abbassai il volume del televisore.


“Dom, è tutto ok?” chiesi in piedi verso il corridoio
“No che non è tutto ok! Ti sembra che sia tutto ok?” rispose dal bagno
“Chiedevo soltanto” risposi
“Mi senti sbraitare e non ci arrivi che possa esserci qualcosa che non va?”
“Volevo me lo dicessi tu” esclamai tranquilla
“Vuoi sapere cosa non va? Ok! Hanno posticipato la nostra partenza per il tour, il photoshoot è venuto uno schifo, Chris ha detto che domani ci sarà un altro giro di interviste a cui non ho assolutamente voglia di andare e mi sta scoppiando la testa!!! Vuoi sapere anche che cosa ho mangiato a pranzo?” disse sporgendosi dalla porta
“Scusa se ho osato chiedere” dissi un paio di minuti dopo.


Mi spostai tornando a sedermi sul divano, ignorando tutti i capricci di quell’essere con cui vivevo. Poverino, da una parte aveva ragione, perciò decisi solo di essere tollerante e di non lamentarmi dei suoi sbalzi d’umore, in fondo li avevamo tutti. Così quando, tra un urlò e l’altro, chiese…


“Dove cavolo è la mia felpa grigia”


Io risposi un semplice…


“Nel primo cassetto a sinistra”


Silenzio più totale, tanto che mi alzai di nuovo tendendo l’orecchio per percepire un piccolo movimento o altro. Si materializzò in tutta fretta venendomi incontro e cogliendomi di sorpresa prendendomi in braccio, facendomi allacciare le gambe intorno a lui.


“Hai trovato la felpa” costatai
“Si” … “primo cassetto a sinistra” ammise


Sorrisi leggermente arricciando il naso.


“Come farei senza di te” sospirò poco dopo
“Non lo so” risposi dandogli un bacio sul naso


Lo vidi calmarsi di colpo, era stanco a livello psicologico e questo lo spossava. Dopotutto la giornata era stata veramente pesante se corrispondeva a tutto quello che aveva detto; se ci aggiungiamo che la tournée sarebbe slittata ad un altro giorno, lo stress della preparazione ed il continuo correre da un posto ad un altro, dovevano essere tutti e tre veramente a pezzi.


“Vuoi andare a riposare?” chiesi
“Si forse dovrei”


Feci per scendere, ma a quanto pareva, non aveva intenzione alcuna di lasciarmi. Un sorriso beffardo gli increspò le labbra.


“Tu non eri quello stanco?” dissi mentre sbottonava i miei jeans
“No, per questo genere di cose mai!”


Sorrisi scrollando il capo e sorridendo, non si arrendeva mai. Quando ci staccammo, lui ricadde pesantemente su di me, per poi invertire le posizioni ed addormentarci.



Il mattino seguente, la sveglia del telefono ci fece sobbalzare. Mi alzai e mi rivestii di corsa per evitare che anche quella mattina si presentasse in ritardo. Preparai velocemente la colazione e lo svegliai. Dopodiché ci preparammo ognuno per la propria giornata lavorativa; lui ed i suoi impegni da rockstar, mentre io avrei tenuto Buster per l’intera giornata.


Non appena uscii dal bagno, trovai Dom che parlottava con Matt e che teneva come sempre la porta aperta, in attesa di Chris che stava parcheggiando. Entrò con uno sguardo indagatore guardandosi intorno, come se in casa sua ci fosse qualcosa che non andava. 
Io e Dom restammo lì impalati in attesa che Matt emettesse un segnale di vita o altro. Diedi una gomitata a Dom e lui rispose facendo spallucce.


“Matt” chiesi io alla fine


Mi zittì con un cenno della mano, mentre continuava a spostare gli occhi ad una velocità pazzesca per tutta la casa; alla fine il suo sguardo si posò lentamente prima su me e poi su Dom…


“Voi avete fatto sesso!” esordì
“NO” … “SI” rispondemmo all’unisono io e lui
“Batti il cinque” disse Matt al suo migliore amico
“Ehy, ci sarei anche io qui!”
“Che c’è? Vuoi darmi il cinque anche tu?” esplose in una risata
“No, mi uccideresti se sapessi dove l’abbiamo fatto!!” dissi fingendo di guardarmi intorno.


Dom fece una faccina colpevole al suo migliore amico, che nel frattempo cambiava colore alternando bianco, rosso, viola…stile camaleonte.
Voltò lentamente lo sguardo per dedurre quale fosse stato il luogo del delitto…penisola, divano, fino a guardare il pianoforte nero, immacolato e solitario.
Voltò la testa velocemente mentre io mi nascondevo dietro Dom.


“Voi!!! Che cosa avete fatto?” … “avete profanato il mio bambino!!”
“Ci dispiace Matt” lo consolò Dom
“Non è possibile. Non voglio crederci” disse in un sussurro
“Matt scusa, è che è il primo posto che ci è capitato” risposi io
“O mio Dio! O mio Dio!” disse con le mani sul viso
“Si stava comodissimi, vero?” mi chiese Dom
“Già, un po’ freddo all’inizio…ma quella superficie nera ispira tante cose…”
“O porca troia! Voi…voi…tu…e lui…” disse indicandoci
“Cinzia e Dom” lo presi in giro io
“Non ce la faccio. Il mio amore, il mio bambino. Avete fatto sesso sul mio…”


Guardai Dom, che non riusciva a trattenere le risate, così mi arresi.


“Sul tuo divano Matt…sul tuo divano” conclusi


Dom si gettò sulla poltrona ridendo  a crepapelle tenendosi la pancia, Matt invece posò una mano sul petto e mi fulminò con lo sguardo.


“Di la verità, volevi uccidere il mio povero cuore?” chiese
“Volevo solo fartela pagare per le figuracce che mi fai fare!” risposi
“Rischiavo l’infarto, sai?”
“Oh andiamo” dissi avvicinandomi
“NO, mi spiace. Per il momento non voglio parlarti”
“Va bene; vorrà dire che troverò un altro chitarrista da adorare…”
“Già, tipo quello che ti piace tanto…come si chiama?” proruppe Chris dal nulla


Matt e Dom lo fulminarono con lo sguardo; della serie “perchè tu lo sai e noi no?”


“Dai, quello che adori tanto, che dici che è un mostro con la chitarra” continuò
“Synyster Gates” risposi compiaciuta
“Si, proprio lui! Ragazzi è fenomenale, dovreste vederlo!”  disse ammirato
“Oh, sappiamo perfettamente chi è” urlarono in risposta entrambi
“Il tizio tatuato…bene bene…faremo i conti prima o poi io e te” disse Dom
“Non oseresti!” continuò Matt
“Hai detto che non vuoi parlarmi…” feci gli occhi tristi
“Oh, andiamo!” mi abbracciò forte “sei una bastarda” mi disse in un orecchio.
“Lo so” risposi


Dopodiché Chris mi affidò Buster che mi corse incontro per farsi prendere in braccio. Salutammo tutti gli altri che avrebbero avuto una giornata un po’ frettolosa e stressante, ma erano gli ultimi dettagli e poi tutto sarebbe filato liscio.


Io e Buster ci divertimmo un mondo, lo assecondai in ogni genere di cosa volesse fare, dal gelato alla costruzione di un fortino con i cuscini delle camere da letto. Nel tardo pomeriggio  dopo aver girato tutto il giorno come una trottola , alla fine si arrese ad un dolcetto e alla visione di un cartone animato a sua scelta.


Poco prima di cena Kelly venne a riprenderselo mentre era ancora addormentato; mi ringraziò e tornò a casa sorridente e in vista della partenza programmata per quattro giorni dopo, mi promise che ci saremmo viste in aeroporto.


Non appena chiusi la porta, mi precipitai in camera a preparare la valigia, con il solito dilemma su cosa portare o meno, e finii così col portare di tutto e anche di più, ogni cosa possibile e immaginabile. Insomma, pronta per ogni evenienza. Lasciai fuori solo le cose che mi sarebbero servite in quei pochi giorni e quelle che avrei usato per la partenza.


Cenai da sola anche quella sera,  sperai che al rientro non avrei discusso di nuovo con Dom. Ma mi sbagliavo, lo stress era alle stelle e per ben tre giorni non facemmo che discutere. Nulla di ciò che facessi gli andava bene: preparai il suo piatto preferito ma tornò tardi e riscaldato non gli piacque; Spencer ci invitò a cena ma sbraitò urlando che lo sapevo benissimo quanto fosse stanco; il giorno dopo proposi un cinema per tutti ma anche lì ebbe da ridire.

Così alla fine, non proposi più nulla e feci né più né meno che prendere Buster dall’asilo, farlo giocare, dormire e riportarlo a casa. Insomma quello che facevo di solito.


La vigilia della partenza, tornai a casa verso le 19:00 dopo aver riportato Buster e non ebbi voglia di fare nulla. Così finii di preparare la valigia e mangiai qualcosa al volo.

Determinata a rilassarmi, aprii l’acqua della vasca e attesi che si riempisse mentre mi spazzolavo i capelli e avvicinavo il telefono nel caso avesse chiamato qualcuno. Spensi tutte le luci e lasciai solo quelle del bagno, scivolando dentro la vasca ricoperta di schiuma fino al bordo.


Sprofondai nel vortice che c’era nella mia testa. Un uragano di tormenti, pensieri vari, preoccupazioni e miliardi di testi di tutte le canzoni che dall’infanzia aveva cresciuto la persona che ero in quel momento. Chi diceva che il silenzio è assordante, aveva ragione alla stragrande.


Mentre canticchiavo a mente una di esse, sentii la porta di casa aprirsi, ma non chiesi nulla e non mi feci sentire; rimasi col corpo immerso nell’acqua bollente e nel bagnoschiuma al thè verde e lime che compravo da una vita.


“Amooore?”


Amore un corno! Avrei detto, ma non avevo voglia di litigare anche quella sera. Rimasi in silenzio lasciando che girovagasse da solo per casa finché non mi avesse trovata. Non che abitassi in una reggia, ma avevo intenzione di rispondere solo dopo aver capito di che umore fosse. Dieci minuti dopo, la sua testolina bionda fece capolino dalla porta.


“Ciao!” disse sorridente
“Ciao” risposi cauta
“Ti ho chiamata, non mi hai sentito?” chiese
“Si che ti ho sentito, ma non avevo voglia di alzarmi” risposi
“Strano, fino a qualche giorno fa mi saltavi in braccio come aprivo la porta”
“Fino a qualche giorno fa…” ripetei piatta


Ci fu un attimo di silenzio, nel quale entrambi non sapevamo cosa dire. Alla fine, a cedere fu lui.
Sospirò sonoramente e chiese…


“Quanto sono stato stronzo da 1 a 10?”
“Un bel 16 direi. Ma diciamo che sei giustificato” risposi
“Abbiamo discusso un po’ eh?”
“Tutti i giorni” ammisi
“Lo so, sono stato insopportabile”


Silenzio…


“Non ti ho portato nemmeno un regalo…cosa posso fare per farmi perdonare?”


Ci pensai un secondo, poggiando il mento sul bordo della vasca.


“Vieni qui” gli dissi


Lui si avvicinò in tutta fretta chiudendo la porta alle sue spalle e si inginocchiò vicino la vasca per darmi un bacio. Quel bacio che copriva interi giorni di discussioni, dispetti, amore, odio, perdoni e condanne. Mi staccai leggermente per guardarlo negli occhi.


“Intendevo, vieni qui nella vasca con me” sorrisi
“Mi stai perdonando allora!”
“Togliti quei vestiti e non rompere!” dissi ridendo


Entrò nella vasca dietro di me, ed appoggiai la testa indietro sul suo petto.


“Domani si parte” esordì abbracciandomi
“Eh, già” risposi
“Va tutto bene?” disse sporgendo la testa per guardarmi
“Si, si. Ma mi conosci, sono solo un po’ ansiosa”
“Andrà tutto bene” mi rassicurò poggiando il mento sulla mia spalla
“Oh, non ne dubito”
“Finalmente vedrai l’America” sorrise “staremo insieme 24 ore su 24”
“Mi sento già meglio” sorrisi
“Oh, ora che ci penso, un regalino stupido l’ho portato”
“Cosa?”
“Un attimo solo” disse sporgendosi per prendere la giacca “Tieni”


Mi porse un pacchettino blu, al cui interno c’era un piercing a forma di spirale per il mio orecchio.


“E’ ora di abbandonare il cerchietto non credi?”
“E’ fichissimo!!!” urlai soddisfatta


Lo sostituimmo ed uscimmo dalla vasca. Io andai a mettere un pigiama e Dom uscì a comprare un po’ di gelato. Rientrò in casa un quarto d’ora dopo.


“Dooom?”
“Si, piccola sono io”
“Bene, sono lieta di informarti che abbiamo adottato un cucciolo”
“Cosa? Ma che dici?”


Uscii dalla camera degli ospiti con Matt in ginocchio attaccato alla mia gamba sinistra.


“Matt, ma che fai?” chiese ridendo
“Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego, ti prego”
“Vuole stare qui da noi stanotte” gli tradussi
“No, Matt. Ti prego. Non stasera, per favore…” lo guardò implorante
“Dice che Spencer è partita e che non vuole restare a casa da solo”
“Vieni un attimo con me” disse a Matt


Lasciò la mia gamba e si diresse vicino il lavandino della cucina di fronte a Dom.


“Che diavolo credi di fare Matt?”
“Nulla, non voglio stare a casa da solo”
“Invece dovrai restarci. Stiamo cercando di fare pace, non mi servi qui” lo ammonì
“Farò decidere a lei” lo sfidò
“Non azzardarti” lo minacciò


Matt si voltò e sfoderò il suo sguardo abbattuto.


“Ehy, bambolina, posso restare?” chiese speranzoso
“Non so Matt, sei sicuro di voler stare qui?”
“Si, sono solo a casa, e quella casa è enorme”


Dom alle mie spalle gli faceva gestacci poco carini.


“Povero cucciolo, certo che puoi restare” risposi alla fine
“Grazie, grazie, grazie” disse abbracciandomi
“Di nulla, sul serio. Non disturbi”
“Si. Certo. Non disturbi” disse Dom oltrepassandomi
“Che c’è Dom? Volevi inaugurare qualche altro posto in casa mia?”
“Si. Ora che ci penso, il pianoforte non è una brutta idea!” lo sfidò


Guardai Dom accennando un sorriso. A quanto pare Matt aveva rovinato nuovamente i suoi progetti.


“Sai cosa mi importa! Vi ho sentiti già una volta”
“Benissimo, ma ti consiglio di mettere le cuffie stavolta”
“Dom, piantala!” urlai “Matt resterà qui, punto e basta”
“Va bene. Va bene. Resta pure qui”


Matt tornò ad aggrapparsi alla mia gamba, urlando.


“Grazie, grazie mille…ti amo da morire” proruppe
“Ehy, non costringermi a ripensarci” lo sgridò Dom.


Risi forte ed andai a sedermi vicino a lui sul divano, mentre mi abbracciava porgendomi il vasetto di gelato. Matt prese un cucchiaio e si sedette fra noi, descrivendo quanto fosse buono quello che stava mangiando.
Dom andò di là con la scusa di dover terminare le valigie. Più tardi andammo via anche noi, ognuno nella propria stanza. Lo trovai nel letto sotto le coperte che giocava con il telefono.
Mi infilai sotto anche io al suo fianco.


“Che fai?” chiesi
“Nulla!”
“Sei arrabbiato con Matt?” continuai
“Un po’” ammise “stava andando tutto secondo i piani e come al solito ha rovinato ogni cosa”
“E quali erano questi piani?” dissi togliendogli il telefono dalle mani
“Volevo parlare con te, tentare di fare pace”
“Puoi farlo ora” lo intimai





“Non ne abbiamo più parlato da quella sera ma, volevo scusarmi per la storia della premiazione”
“Prima voglio chiederti una cosa io” risposi
“Tutto quello che vuoi” disse facendomi poggiare la testa sul suo petto
“Hai creduto veramente che ci fossi andata a letto?”
“No. Ma in quel momento non sapevo a cosa credere”
“Ok” risposi piano piano.


Prese fiato, e sputò fuori l’enorme macigno che si portava dietro da una settimana e che era andato via via crescendo. Prese ad accarezzare i miei capelli, in un gesto nervoso, o forse un semplice appiglio nell’abisso di scuse e giustificazioni che stava per confessarmi.


“Mi dispiace averti messa in imbarazzo, mi spiace per le brutte parole e per le sfuriate anche se la colpa non era affatto la tua. Mi dispiace per le notti che hai passato piangendo; per  i miei sbalzi d’umore, per non essere il ragazzo perfetto e per le volte in cui ti ho urlato contro. Spero solo di non averti delusa , o che tu mi abbia odiato”


Alzai lo sguardo come se mi avesse appena detto che in realtà lui era un fantasma.


“Dom…ma che dici! Non sono stata affatto delusa, come puoi pensare una cosa del genere? Né tantomeno il fatto che io possa odiarti! Mi sono sentita ferita, derisa, sola e confusa…ma non ho pensato nemmeno per un attimo alla delusione o l’odio. Ho pianto è vero, ma tutto questo mi ha resa ancora più forte di quanto lo sono già. Non sono perfetta nemmeno io, amore. A me basta solo che tu ti fidi di me. Voglio che tu sappia che anche se continuerai ad urlarmi contro, a rimproverarmi e tutto il resto, io sono qui. Anche solo per mandarmi a quel paese, io sono con te, ok?”


Annuì…


“Grazie…sei la migliore” disse baciandomi “e ora che si fa?”
“Facciamo pace no?” sorrisi nel buio.


Si voltò verso la porta, e con tutto il fiato nei polmoni, urlò…


”Ehy Matt”
“Si, Dom?”
“Metti le cuffie!!!” disse mentre io mi sbellicavo dalle risate.


Il mattino della grande partenza, il telefono di Dom squillò e lo invogliai a rispondere. Dom si alzò e chiamò Matt nell’altra stanza. Per tutta risposta Matt si ricompose e disse a Dom se poteva accompagnarlo a casa prima di passare da Chris.
Prima di uscire, tornò in camera ad assicurarsi che mi sarei preparata.


“Bambina…so che sei stanca, però sbrigati o partiremo tardi” sussurrò baciando la mia spalla.


Mugolai qualcosa in risposta ed aggiunse che sarebbe ripassato mezzora più tardi dopo aver prelevato le valigie di Matt e poi Chris e Kelly; mi voltai a baciarlo ed uscì.


Mi preparai in fretta e furia buttando le ultime cose in valigia e controllando che non dimenticassi nulla di utile in giro per casa.


Esattamente trenta minuti dopo, Dom salì a casa cercandomi per tutte le stanze. Dopo essersi ricordato che esisteva un secondo passaggio per raggiungere il terrazzo, sbucò fuori attraverso la botola.
Ero lì impalata a guardare il panorama di Londra nel fresco del mattino, pronta per partire ma col cuore ancora impigliato lì.


“Ti dispiace andare via?” chiese affiancandosi
“Un pochino, in fondo mi sono affezionata a questo posto” ammisi
“Anche a questo terrazzo?” disse ironico
“Soprattutto a questo terrazzo”





“Sono venuta molto spesso qui, quando tu eri in ospedale” confessai “anzi, direi che ci sono salita tutti i giorni. Con la pioggia, con il vento e anche con la nebbia. Chris mi ha detto che anche se è molto lontano, è possibile vedere una luce fissa, che altro non è che il faro per la pista di atterraggio degli elicotteri dell’ospedale. Così anche se non potevo vederti, salivo qui tutti i giorni e rimanevo ore ed ore ad osservare quella luce che di giorno è rossa e di notte è bianca. Sono stata con te con il pensiero, per tutto il tempo”


Mi voltai verso di lui e lo sorpresi a fissarmi impaurito. Mi strinse forte in un modo che no aveva mai fatto, per qualche minuto. Aveva gli occhi lucidi e scrollai leggermente il capo.


“Non piangere Dom…non adesso” dissi prendendolo per mano.


Uscimmo di casa e un’ora e mezza dopo eravamo sull’aereo che ci avrebbe portati dritti dritti negli Stati Uniti d’America. Nonostante avessi un po’ di timore,  mi soffermai a guardarli uno per uno: Chris di fronte a me, mi sorrise mentre leggeva una rivista; Matt sonnecchiava beato canticchiando qualcosa nel sonno e Dom vicino a me che mi baciava la mano poggiando la testa sulla mia spalla. Erano al settimo cielo e la mia preoccupazione fu spazzata via da quei tre volti che da molti anni a questa parte, erano la mia vita. 

   
 
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