Salve carissimi lettori ^^
Eccomi qui che aggiorno questa storia con un immenso, immenso, ritardo. Vi
chiedo di perdonarmi, ci sono state le vacanze e poi tanti e interminabili
giorni di studio! Ma ora sono tornata e conto di non farvi aspettare mai più
così tanto!
Grazie a tutti quelli che leggono questa storia, siete davvero gentili a
dedicarmi anche solo un attimo del vostro tempo :)
Vi lascio al capitolo e ci risentiamo alla fine per le considerazioni ^^
Buona Lettura.
Rò
CAPITOLO 4: SHANNON
“Che cosa significa che oggi hai un impegno??”
Il suono graffiante della mia voce rimbomba nella casa vuota
facendosi artefice di un sinistro effetto, mi blocco per un secondo
schiarendomi la gola e allontanando l’orrenda sensazione di essermi trasformato,
anche solo per un attimo, nella brutta copia del mio isterico fratello, che
impazzisce se le cose non vanno nel modo in cui lui stesso le aveva previste;
come richiamato dai miei pensieri, il viso di Jared fa di nuovo capolino nella
mia stanza, con l’espressione innocente di un bambino troppo cresciuto,
incorniciata da una cascata lucente di capelli biondi e mossi.
Ah, la conosco benissimo quell’espressione! Più comunemente
nota come “non dovrei farlo ma lo faccio
lo stesso e tu mi capirai e coprirai perché ho gli occhioni blu a cui non sei
stato programmato per resistere”!
Odioso fratello.
“In che senso?” spalanca gli occhi “Insomma, non ci sono
significati particolari” si stringe nelle spalle e sparisce ancora una volta
nel corridoio.
Affondo il viso nelle lenzuola soffocandovi un’imprecazione
che finirebbe col dare a questa giornata l’impronta del tutto sbagliata che non
ho intenzione di dover poi affrontare.
“D’accordo” opto per la praticità e mi costringo ad alzarmi
dal comodo letto, litigando con il disordine della stanza per cercare di
restare in piedi nonostante il mal di testa pressante, risultato di una serata
in qualche pub con un paio di amici e più di un paio di alcolici “Jared!”
modero il tono che risulta ugualmente più di quanto in genere mi concedo “Jared!
Dove diavolo devi andartene??” lo raggiungo reggendomi, in modo malconcio, alle
pareti bianche del corridoio “E’ tanto necessario?” lui si avvicina, già
vestito di tutto punto, o se tale si può definire una strana maglia di tre
taglie più grande del dovuto e un paio di pantaloni grigi dalla trama un po’
bizzarra, lo osservo perplesso mentre si spinge in avanti per darmi un annusata
e poi si ferma a guardarmi con aria truce.
“Ieri hai bevuto” sentenzia, salvo poi tornare a muoversi
indaffarato per la casa, sospiro e alzo gli occhi al cielo.
“Un paio di cocktail!” mi giustifico anche se è chiaro che,
grande e grosso come sono, io non abbia poi tanto bisogno di giustificarmi.
“Ci mancherebbe altro!” è la sua risposta asciutta e
ironica, la classica inflessione della voce di Jay,
quella che mi fa tirare un sospiro di sollievo e capire che non c’è niente che
non vada nei suoi pensieri in costante movimento.
“Cos…? Senti… ma perché stiamo parlando di me?? Non è questo
il punto della conversazione!” che diavolo di ore saranno? Mi sento più
intontito del solito.
“Oh e qual è?” Jared si ferma per un secondo dandomi il tempo
di scegliere le parole giuste per convincerlo della mia tesi, cosa che succede
in ogni discussione.
“Tu…” ci rifletto appena “…tu non puoi lasciarmi solo oggi!”
tiro la conclusione giusta e sorrido trionfante.
“Shannon, tu nemmeno te lo ricordi
perché non vuoi che ti lasci solo oggi” alzo un dito per protestare ma lui si è
già rimesso in movimento lasciandomi da solo con la strana sensazione che mi
stia davvero sfuggendo qualcosa. Mi prendo la testa tra le mani e comincio a setacciare
tra i pensieri ancora annebbiati dall’alcol. Sì, sono abbastanza sicuro che ci
sia un motivo ben preciso per cui mi infastidisca tanto che Jared abbia di
meglio da fare proprio in questo giorno, probabilmente sarà tutto collegato a
qualcosa che il mio cervello deve aver considerato decisamente irrilevante,
tanto da relegarlo nella parte destinata alle cose che vanno dimenticate.
Sbuffo.
“Intanto che ci pensi, metti questi” mi lancia un pezzo di
stoffa colorata, lo osservo per qualche attimo prima di rendermi conto che si
tratta di un paio di pantaloni chiari e nello stesso istante realizzo anche di
essere completamente nudo.
“Ma certo!” sbotto, dandomi una pacca sulla fronte e
costringendomi a non urlare dal dolore “La giornalista pazza! Il contratto col SoundArt!!” esclamo
e sorrido, fiero di me stesso, poi ci ripenso “E tu vorresti lasciarmi da solo
oggi???” ecco perché sono arrabbiato.
“Ehi” Jared scoppia a ridere “ci hai messo meno di quanto
pensassi”
“Oh no. Non è affatto il caso di prendermi in giro Jared
Joseph Leto” infilo i pantaloni saltellando per cercare di mantenere
l’equilibrio già precario di cui non vado molto fiero “stiamo parlando di un
essere contorto che somiglia ad un folletto irlandese! Ne eri al corrente??”
“Ma di che diavolo stai parlando?” si ferma ad osservarmi,
divertito. Alzo gli occhi al cielo sbuffando.
“Ieri sera ha pensato di fare un salto a salutarmi”
“Chi?” ora è davvero perplesso.
“LA GIORNALISTA PAZZA!” diamine, pensavo fosse chiaro!
“Sei sicuro?” ha tutta l’aria di dubitare delle mie capacità
mentali, la cosa dà adito all’irritazione “insomma, che razza di giornalista si
prenderebbe la briga di presentarsi non invitata di domenica sera?” specifica,
forse deve avermi letto in faccia i milioni di modi in cui il mio buon senso
stava pensando di ucciderlo e occultarne il cadavere.
“Quella che il SoundArt ha deciso
di inviarci per assecondare la tua genialata!” Jared si stringe nelle spalle e
si rimette in moto come se avesse almeno un miliardo di cose più importanti da
fare.
“Potresti almeno dirmi per quale assurdo motivo hai pensato
bene di dovermi lasciare da solo proprio oggi??” esita per un solo istante e
scommetto che un occhio meno attento, o che comunque non conosca ogni
sfaccettatura del suo carattere, avrebbe faticato ad accorgersene.
“E’… una lunga storia”
“Non ci sono mai state lunghe storie tra noi due” lo guardo
con un pizzico di sospetto “centra qualcosa l’enigma
di Venice Beach?” il suo silenzio è più eloquente
di qualsiasi risposta.
“Non è niente, d’accordo?” sbotta dopo un po’ “Una
sciocchezza. Una sciocchezza che devo fare. Oggi. Mi dispiace doverti lasciare
solo a gestire questa cosa ma mettiti in testa che non sarà per sempre. Ti sto
chiedendo un solo fottutissimo giorno, Shan!”
“Ehi, non c’è bisogno che ti scaldi tanto, ok?” alzo le
braccia nel tentativo di rafforzare con i gesti il significato delle parole
“Non so cosa diavolo ti bruci così tanto JJ, ma, ehi, sono affari tuoi non
posso mica costringerti a dirmelo! Ricorda solo che quando pensi e agisci da
solo ti cacci nei guai e non guardarmi con quell’espressione, lo sai benissimo
che ho ragione!” in realtà credo che restarne all’oscuro sia la cosa che più di
tutte mi innervosisce in questa storia. Perché mai Jared dovrebbe avere delle
remore nel confessarmi qualcosa? Perché, dopo tutto quello che abbiamo
condiviso in oltre quarant’anni di vita insieme?
Studio la sua espressione sperando di leggervi la parola
chiave, quella in grado di spalancare le porte della sua mente, ma niente, sembra
il solito Jared: indaffarato, pensieroso, assente e presente allo stesso tempo,
c’è solo una sottilissima ombra di tensione nei movimenti che tradisce parte di
quello che c’è di più profondo.
“Bè, comunque sia sono sicuro che te la caverai a meraviglia
con lei” riprende il discorso, quasi come se non lo avessimo interrotto “portala
un po’ in giro se le va, falle sentire un po’ della nostra musica e poi
rimandala a casa, cosa pensi che si aspetti?”
“Si aspetta la vita da Rock Star!” incrocio le braccia al
petto “posso romperle una chitarra in testa, se vuoi”
“Non una delle mie”
“Oh no, caro fratello, proprio una delle tue preferite. Pythagoras? Artemis? Lascio a te
la scelta, in qualche modo dovrò pur vendicarmi” Jared scoppia a ridere.
“Mi farò perdonare, ma non azzardarti a toccare le mie
bambine o penserò personalmente a ridurre Christine in briciole!” mi indica
minaccioso ed io deglutisco parte dei miei piani vendicativi per scendere a più
miti consigli.
“D’accordo, andiamoci piano con queste assurde minacce” propongo,
mi attraversa un brivido al pensiero della mia batteria ridotta in mille pezzi
dalla rabbia distruttiva del Jared
furioso.
“Oh insomma voi due. Siete così infantili” sobbalzo
malamente al suono limpido e conosciuto della voce femminile che ci interrompe.
“Noto, con ben poco piacere, che hai ancora le chiavi di
casa nostra. Emma” mi volto di scatto pronto a sbottare nella mia solita
lamentela che una donna non può sentirsi libera di entrare quando vuole in una
casa in cui vivono due uomini, ma poi il mio sguardo incrocia un altro paio di
limpidi occhi castani che allo stesso tempo evocano ricordi ben precisi.
“Così è questo il programma di oggi? Spaccare chitarre?”
qualsiasi frase di senso compiuto mi muore in bocca di fronte al suo entusiasmo
malcelato.
“Em, meglio bussare quando abbiamo
ospiti, non credi?” si intromette Jared, lei gli sorride amorevolmente
mostrandogli il mazzo di chiavi a cui è attaccata una piccola giraffa di
peluche impolverata.
“Per colpa tua sono dieci anni che praticamente vivo in
questo posto, anche se non ci dormo” poi la sua espressione cambia “crollerà il
mondo il giorno in cui ricomincerò a bussare”
“Amo il tuo pungente sarcasmo” ribatte lui divertito, un
secondo dopo lo osservo superarmi e raggiungere a grandi passi la donna sorridente
all’altro lato della stanza.
“Tu devi essere Demetria Kross del
SoundArt”
esordisce con espressione affascinante.
“E tu Jared Leto! Credo di aver sentito parlare di te da
qualche parte” si finge pensierosa per poi scoppiare a ridere e stringere affettuosamente
la mano di mio fratello.
“Non dare ascolto a nessuno. La metà delle cose che dicono
non è vera” le intima Jared in un tentativo sornione di continuare una
conversazione stupida. Alzo gli occhi al cielo.
“Non fatico a crederti” sorride lei lanciandomi una breve
occhiata, talmente breve da costringermi a credere di essermela solo
immaginata.
“Dovrò chiederti di perdonarmi, Demetria, ma oggi non sarò
presente a causa di impegni a cui non posso rinunciare. Confido di lasciarti
alle amorevoli cure di mio fratello, non è vero Shannon?”
mi fissa con uno sguardo che è più un avvertimento.
“Andremo un po’ in giro” rispondo meccanicamente senza
riuscire a trovare niente di meglio da dire.
“Non vedo l’ora!” fa lei, quasi le avessi proposto una
giornata piena di impegni.
“Perfetto, Emma, ti dispiace venire con me? E’ stato un
piacere Demetria”
“Piacere mio”
Osservo, con una punta di terrore, Jared ed Emma lasciare la
sala e raggiungere l’ingresso a passo veloce, discutendo, a quanto mi sembra di
capire, dei fantomatici impegni di Jared di cui nemmeno Emma sembra essere al
corrente. Poi la porta sbatte ed io capisco di essere rimasto da solo con la
donna che evito accuratamente di guardare negli occhi.
“E così sembra essere un vizio che tu debba accogliermi
sempre con la stessa mise” esordisce ridendo “non che mi dispiaccia”
Guardo inorridito il mio petto nudo e i pantaloni messi al
contrario.
“Scusa… mi sono… svegliato da poco”
“Allora dicevi sul serio!” la guardo negli occhi perplesso,
non riuscendo a ricordare a cosa si riferisca “hai detto: la giornata di una rockstar non comincia mai presto” cerca di
imitare la mia voce, riuscendoci perfettamente, mi lascio andare ad una
smorfia.
“Bè, non dico mai bugie. Ora lo sai” cade un silenzio carico
di imbarazzo dato che non ho evidentemente apprezzato quella che voleva essere
una battuta da parte sua “Io… forse è meglio se vado a fare una doccia, fa come
se fossi a casa tua, ok?” me ne pento immediatamente.
“Davvero? Grazie!”
Mi avvio verso camera mia sperando che non combini qualche
guaio.
Demetria, ha detto di chiamarsi Demetria. Non sembra una
ragazzina, ha il classico fascino di una donna adulta e realizzata, con una
punta di follia che finisce con lo stridere con la sua immagine. L’ho vista due
volte per pochi minuti e mi è sembrato di avere a che fare con uno scherzo
della natura sotto mentite spoglie, ma forse posso anche sbagliarmi, magari
conoscendola verrà fuori la sua vera personalità, non che io sia
particolarmente interessato a conoscerla.
Apro l’acqua della doccia e aspetto che sia abbastanza calda
prima di lasciare che tocchi la mia pelle nuda.
Ripenso al suo sguardo intenso che passa divertito sul mio
petto, senza nessuna malizia, e mi ritrovo a sorridere: erano anni che non
incontravo una donna che mi guardasse mezzo nudo senza che pensieri impuri le
si leggessero in viso, forse potrebbe essere divertente.
Forse, ma non lo sarà perché non sono bravo ad avere a che
fare con le persone, almeno non quanto Jared.
Mi stringo nelle spalle rendendomi conto che potrei passare
ore intere qui dentro ma il protocollo esige che un ospite non venga lasciato
solo per troppo tempo, mi asciugo frettolosamente infilando una canottiera e un
paio di pantaloni larghi e comodi, do una sistemata ai capelli bagnati, ormai
abbastanza lunghi da poter essere legati, e mi affretto a ritornare in sala
cercando nel frattempo di inventarmi qualcosa per far funzionare questa assurda
giornata.
Ma la sala è vuota.
Mi guardo intorno perplesso e lo rifaccio un paio di volte
quasi alla ricerca di un particolare sfuggito, ma conosco questa casa così bene
che mi sembra assurdo anche solo averlo pensato. Demetria non è qui e non c’è
assolutamente nessun angolo in cui possa essersi nascosta.
Provo a passare per l’ingresso, ad aprire la porta e
cercarla in strada ma non ottengo risultati, ci penso per qualche secondo e mi
avvio verso la piscina. Ecco, se io fossi ospite in casa di gente famosa
probabilmente è lì che andrei, ad ammirare tutto quello che possono
permettersi.
Ma a quanto pare Demetria non la pensa come me. Dove diavolo
si è cacciata??
Mi torna distintamente alla mente quello che mia madre mi
diceva sempre quando perdevo qualcosa da bambino “Cerca meglio Shannon, non può essere
scomparso. La casa nasconde, non ruba” e inevitabilmente rido al pensiero
che i muri spogli di questa villa possano aver rapito Demetria Kross del SoundArt.
Poi un suono cattura la mia attenzione, flebile ma
perfettamente riconoscibile e il mio sguardo si volta di scatto verso destra,
in un posto che non avrei mai pensato potesse scoprire da sola. Entro
furtivamente da una porticina scorrevole, lei mi dà le spalle, accarezzando
dolcemente i piatti lucenti della batteria che riposa indisturbata al fresco
della sala strumenti, al suo tocco tintinnano pigri, come un animale che fa le
fusa.
“Hai trovato Christine” esordisco facendola sobbalzare
malamente, le bacchette posate precariamente sullo sgabello vicino cadono a
terra con un rumore sordo mentre lei si volta verso di me con una mano sul
cuore e il respiro accelerato.
“Dio” commenta a fiato corto “mi dispiace, avrei dovuto
chiedere il permesso” i lunghi capelli castani le cadono sulle spalle nude,
lucenti e mossi, gli occhiali squadrati danno un senso di serietà ad uno
sguardo che in realtà sembra solo sbarazzino, persino ora ha l’aria di una
bambina beccata con un’intera mano nel barattolo della marmellata, il che non
riesce ad evitare di divertirmi.
“Non ti avrei detto di fare come se fossi a casa tua,
altrimenti” la verità è che permetto a pochissime persone di avvicinarsi al mio
strumento, per questo la sua sola vicinanza accende in me il campanello del
pericolo, bilanciato inevitabilmente, però, dalla necessità di trattare questa
donna con il dovuto rispetto. Necessità resa impellente dall’ultima occhiata/avvertimento
di Jared.
“Già” concorda calmandosi e ritrovando il sorriso “chi è
Christine?” chiede perplessa e dietro la sua domanda apparentemente
disinteressata percepisco per la prima volta la giornalista a lavoro.
“Ci sei accanto” rispondo raggiungendola per raccogliere le
bacchette cadute, sopporta piuttosto bene la mia vicinanza, anzi sembra del
tutto presa a cercare di capire quale strumento abbia il nome di una donna “la
batteria” la aiuto.
“Oh” commenta come se le avessi svelato un mistero “perché
la chiami in quel modo?”
“Perché se esistesse una donna forte e sensuale quanto lei
vorrei che si chiamasse Christine” sorrido “è uno dei motivi per cui non ho una
donna. Scrivilo se vuoi”
“Puoi starne certo” ribatte con sguardo assente, salvo poi
allontanarsi ad osservare i muri scarabocchiati da Jared con aria interessata.
“Hai trovato l’anima del nostro lavoro quotidiano” aggiungo,
spezzando il silenzio caduto in seguito al suo estraniarsi, è così che torna
nella stanza con me, fissandomi negli occhi, con i suoi caldi, pieni di una
luce dorata frizzante che forse mi sto solo immaginando “è qui che prendono
vita tutte le nostre idee in campo musicale. Speravo di portartici più in là,
sai, le entrate ad effetto” lei scoppia a ridere.
“Mi avevano detto che tu fossi una persona pacata e normale,
Shannon”
“E qual è il verdetto?” domando, affascinato dal suo sorriso
spontaneo.
“Credo, invece, che tu sia più strano di me”
“E lo avresti dedotto da qualcosa in particolare?”
“Faccio la giornalista da quindici anni ormai, ritengo di
essere abbastanza brava a dedurre le cose” o solo poco modesta?
“Bè, io sono la persona più pacata che abbia mai conosciuto,
quindi molto probabilmente hai toppato per la prima volta nella tua intera
carriera. A meno che tu non voglia vedermi in azione con la mia Christine”
“Credo di averti già visto in qualche show” sorride ancora
“non è il primo articolo sui 30 Seconds To Mars che
ci capita di scrivere, sai?”
“No? Interessante”
“Interessanti voi!” ribatte con forza “Come, ahimè, pochi
artisti al giorno d’oggi”
“Oh smettila, così mi farai arrossire” lei scoppia a ridere
ed io la imito, fiero di me stesso: il modo in cui riesco pian piano a
sciogliermi con gli sconosciuti mi fa sempre tirare un sospiro di sollievo.
“Non riesco ad immaginare un uomo come te che arrossisce”
già, in effetti non ricordo l’ultima volta che sono arrossito “Ora, ho una
domanda importante da farti” annuisco, pronto a dovermi dilungare in risposte
filosofiche a proposito del credo dei 30 Seconds To
Mars “è normale che tuo fratello esca vestito in quel modo?” per un istante
infinito restiamo a guardarci negli occhi con la stessa intensità di una
giornalista che crede di avere appena posto una domanda esistenziale e un
musicista che cerca di capire se stia scherzando.
Dopo qualche secondo decido di scoppiare a ridere.
È con lei che avrò a che fare per le prossime ore??
“Perché non mi segui e ci mettiamo comodi da qualche parte?
Potrai farmi tutte le domande che vuoi Demetria” è la prima volta che pronuncio
il suo nome a voce alta.
“Demi, va benissimo Demi” ribatte lei, entusiasta.
“Demi? Come Demi Moore?”
“Esattamente come lei, anche se di lei mi manca tutto il
resto” si stringe nelle spalle “Bè, non si può avere tutto nella vita, no?”
“No, non credo” scuoto la testa e le faccio segno di
precedermi fuori dalla stanza, lei ubbidisce lanciandosi in uno sproloquio su
chi sembra nascere con tutte le fortune del mondo.
Forse sarà davvero divertente.
***
Quale donna risponderebbe “Non credo di aver bisogno di cambiarmi” quando un uomo la invita a
cena fuori?
Una donna come Demi Kross, senza
alcun dubbio.
Va anche bene che il mio non sia stato esattamente un invito
galante, quanto piuttosto il modo più ovvio per porre fine a questa giornata
che mi ha riempito la testa di domande assurde e battibecchi insensati, come
quello inerente alla strana forma delle nuvole o al perché non fosse evidente a
tutti che le foglie degli alberi costituissero la particolarità dell’esemplare (“così come i tuoi occhi sono diversi dai
miei!” ha esclamato ad un certo punto, peccato che stessimo parlando di un
vegetale) ma mai mi sarei aspettato di doverla convincere a tornare più tardi.
Demi è… assurda… in tutto e per tutto. Non è una di quelle
persone che si rivelano diverse dopo la prima occhiata, quelle che a guardarle
ti danno l’impressione di essere perfettamente mature e professionali, rivelandosi
poi l’esatto contrario. Lei è uguale a se stessa, fuori luogo e a volte
imbarazzante ma… divertente… oserei dire… ed in effetti mi scappa
involontariamente un sorriso mentre ripenso all’esilarante momento in cui ha
rischiato di farci cadere entrambi in piscina scivolando rovinosamente su un
rametto caduto, o a quando le è scappata di mano la tazza piena di tè freddo imbrattando
persino i muri della cucina. E’ distratta e pasticciona, probabilmente chiunque
altro mi avrebbe fatto perdere le staffe!
Chiunque altro… ma non lei, almeno non per il momento.
Apro l’armadio rovistando tra i miei vestiti senza molta
convinzione. Non c’è bisogno di una preparazione impeccabile per girare per
locali, no? Opto per un paio di pantaloni scuri abbinati a una t-shirt grigia,
niente di esagerato.
È incredibile, questa casa è rimasta vuota per l’intera
giornata, non che io mi stia preoccupando per Jared, è rimasto fuori anche
notti intere in passato, ma non avere la più pallida idea di dove possa essere
andato mi rende scostante e nervoso e il silenzio della casa vuota non aiuta,
soprattutto dopo aver passato ore ed ore con la voce assordante di Demi nelle
orecchie.
Dov’è il mio cellulare? Potrei provare a chiamare Jared o… a
fare qualsiasi altra cosa, non so…
In cucina ci sono ancora i resti del pranzo improvvisato che
ho condiviso con Demi, recupero entrambi i piatti e li pulisco degli avanzi
lasciandoli poi nel lavabo, in attesa che qualcuno, ovviamente non me, li lavi
e rimetta a posto. Nello stesso istante il suono del campanello mi fa tirare un
sospiro di sollievo, chiunque sia, sarà senz’altro il benvenuto.
Raggiungo l’ingresso in pochi passi ed apro di scatto la
porta.
“Sono in anticipo??” la voce squillante risuona nella casa
vuota. Sorrido.
“Caspita, no” mi volto a controllare l’orologio: sono le
otto in punto “spero che tu non l’abbia fatto apposta”
“Sono una persona puntuale” precisa Demi, lanciandomi
un’occhiata risentita “posso entrare o mi lasci di nuovo qui?” mi faccio da
parte divertito per farla entrare in casa.
“Stai bene” commento osservandola per qualche secondo.
Indossa un semplice abito chiaro con qualche decorazione floreale, forse un po’
troppo provenzale per una serata in discoteca ma, in fin dei conti, abbastanza
in sintonia con la sua personalità.
“Oh, questo vestito è di mia sorella” agita la mano come per
scacciare le mie parole “non so nemmeno perché l’ho messo, non trovi che mi
stia stretto??”
“Trovo che ti stia bene” la correggo e lei si stringe nelle
spalle senza dar segno di aver capito che si trattava di uno pseudo
complimento, la guardo sconfitto: possibile che io non riesca ad ottenere
nessun tipo di effetto su questa donna?
“Prendo le chiavi della macchina e andiamo, ok?”
“Dove??” esclama lei saltellando per seguirmi.
“Ehm… non so… in giro per locali?” il mio telefono, dove
diavolo è il mio telefono?
“Mi sembra ok… non sono una tipa che esce molto” ride
nervosamente “Che stai facendo?” mi volto a guardarla.
“Non trovo il telefono”
“Intendi questo telefono?” me lo sventola davanti agli occhi
con aria perplessa “era sul letto” si giustifica.
“Strano” ero sicuro di aver controllato sul letto, scuoto la
testa e decido di non pensarci “d’accordo, andiamo”
“Posso guidare io??”
“Nemmeno per sogno!” esclamo contrariato “Che ne sarebbe
della mia virilità?”
“La tua virilità ne risentirebbe se guidassi io?? Le basta
davvero così poco?” ribatte seguendomi a passo svelto verso il garage.
“A volte le basta anche meno” sorrido “Non sembri avere
molta esperienza con gli uomini” che razza di osservazione idiota.
“E’ una liberissima scelta” risponde lei, senza dar segno di
essersi in qualche modo offesa “si sta così bene da soli, forse tu puoi capirmi
meglio di chiunque altro”
“Puoi ben dirlo” in prossimità dell’auto mi attraversa un
pensiero “vuoi che… ti apri la portiera?”
“Lo so fare da sola” la sua espressione è contrariata, mi fa
scoppiare a ridere.
“Certo che lo sai fare da sola! È una cosa elegante che alla
maggior parte delle donne farebbe piacere, ma non è necessario” ma che diavolo
sto dicendo? Stiamo davvero discutendo di eleganza?
“Tu sembri capirne molto in fatto di donne, Shan” fa lei
incrociando le braccia “ma sembri tutto tranne che una rockstar” colpo basso.
“Di certo capisco ben poco di te”
“Il che è reciproco, quindi pace fatta”
Saliamo in auto in perfetta autonomia e mettiamo entrambi la
cintura di sicurezza.
“Già immagino il titolo in prima pagina: le rockstar dal cuore d’oro! Sottotitolo:
La melodia dell’eleganza” si applaude
da sola e mi lancia un’occhiata divertita.
“Che cosa ti aspetti da una rockstar, Demi Kross?” metto in moto e mi avvio per le strade luccicanti
di Los Angeles.
“Sesso, droga e rock’n roll, naturalmente!” sorrido scuotendo la testa.
“Ci sono tutte e tre, in che modo ti va di scoprirlo?”
“Dovrò crederti sulla parola” si lascia andare ad una risata
nervosa “allora, posso farti ancora qualche domanda?”
“C’è qualcosa che non mi hai chiesto oggi? Pensavo avessi abbastanza
materiale da scrivere cinque articoli” ribatto, indeciso se essere colpito o
contrariato.
“Fare il giornalista non è il tuo lavoro, Shannon Leto”
“Va bene, d’accordo” mi mordo la lingua e aspetto che sia
lei a parlare ancora.
“Che mi dici di Tomislav?”
esordisce dopo un po’.
“Oh, è di lui che dobbiamo parlare!”
“E’ chiaro che se non lo incontrerò in questa settimana
dovrò affidarmi alle informazioni che mi darete tu e tuo fratello” si spiega,
recuperando dalla piccola borsa un blocchetto ed una strana penna colorata.
“Interessante” penso a quante bugie potrei inventarmi su di
lui, tante da spingerlo a cercare di assassinarmi, senza alcun dubbio “Tomo,
benedetto ragazzo” comincio in perfetto stile nonno “Sai che ha una tremenda
paura del buio? La notte dorme con una luce accesa e mai da solo”
“Davvero??”
“Sì! Ed è un gran piagnucolone, prima di ogni concerto
consuma un pacco intero di fazzoletti, sai, deve sfogare l’emozione” aggiungo
seriamente.
“Ma dai!”
“Eh sì. È un ragazzo così sensibile. Potrebbe passare ore
intere davanti a film strappalacrime”
“Giura!”
“Lo giuro” le lancio uno sguardo divertito seguito da un
occhiolino.
“Shannon” sospira “stai mentendo,
vero?” caspita, menomale che diceva di non riuscire a capirmi.
“Oh avanti, il tuo lavoro è fare la giornalista non la
macchina della verità!” lei alza gli occhi al cielo e cancella l’ultima frase.
“Non è carino da parte tua!”
“Tanto ricamerai comunque sopra tutto quello che ti dirò, è
il tuo lavoro” forse questo non avrei dovuto dirlo.
“Ce l’hai con in giornalisti, per caso?” cade un silenzio
carico di brutti presagi. Meglio che questa serata non finisca in tragedia
ancor prima di iniziare.
“No!” poi ci rifletto “Cioè… conosci il rapporto tra
giornalisti e gente famosa, non è mai così roseo come si spera”
“Perché fai di tutta l’erba un fascio?”
“Oddio, non prenderla a male Demi, d’accordo? E’ uno stupido
pregiudizio che mi porto dietro da anni, tu…”
“No” mi interrompe lei “è che mi sembra ovvio che io non sia
una giornalista come gli altri e che tu non sia un vip come gli altri” il suo
tono, in genere sopra le righe, si appiattisce appena, non troppo ma abbastanza
da farmi capire che qualcosa non va come dovrebbe.
“E’ positivo o negativo?” domando, sperando di farla tornare
come prima.
“Spero che alla fine di questa settimana si riveli molto
positivo”
Non so perché ma mi ritrovo a sperarlo anch’io.
“Scendiamo qui”
Parcheggio la macchina e lei ubbidisce “Avevi pensato ad un
posto elegante?” domanda, quasi avesse paura di una risposta positiva.
“No” la tranquillizzo imitandola “Voglio solo mostrarti una
mia serata tipo, così potrai sputtanare al mondo intero che Shannon
Leto è, n realtà, molto meno pericoloso di quanto sembri”
“Tu non sembri pericoloso” ancora, non so se prenderla come
un complimento o come una grossa offesa.
Il pub in cui la porto è semplice ma ben organizzato, Demi
guarda con occhio critico la serie di schifezze che prendo per me e poi ordina
un’insalata ben condita.
“Sei la versione femminile di mio fratello” questa volta sembra
essere lei ad avere difficoltà a capire se si tratti di un complimento o di un’offesa.
In verità la cena va molto meglio di quanto mi aspettassi,
nessuna scenata di chissà quale ragazzina abbastanza attenta da riconoscermi e
ottima conversazione su quanto più comodi e artistici sarebbero dei tavolini a
forma di goccia dotati di un distributore di acqua personalizzato dal quale il
cliente avrebbe potuto servirsi da solo inserendo una monetina ogni due
bicchieri.
Comincio a preoccuparmi che potrei abituarmi a discorsi di
questo genere.
Pagare per entrambi? Bè, lei ovviamente non me lo permette,
altro basso colpo all’autostima di un uomo come me, ma Demi kross
è… Demi Kross, c’è ben poco da fare. Dopo una bella e
teatrale litigata, siamo fuori dal pub e ci basta camminare solo per pochi
metri per raggiungere la seconda tappa della serata.
Il Prestige* è un locale che
frequento molto spesso: buona musica, ottimi drink, belle donne e una pista in
cui scatenarsi. È l’esatta descrizione di quello che mi ritrovo davanti una
volta all’interno, accompagnato da un senso di familiarità che potrebbe
spingermi a gettarmi immediatamente tra la mandria di corpi in movimento, cosa
che non faccio perché la donna accanto a me sembra spaesata, e forse un po’
impaurita.
“Ti prendo qualcosa da bere??” urlo per farmi sentire al di
sopra della musica assordante, lei annuisce.
“Ma vengo con te!!” mi stringo nelle spalle e lascio che mi
segua senza farmi troppi problemi “Hey Mark, due bei
drink, se non ti dispiace” il ragazzo di colore dietro al bancone mi sorride
riconoscendomi all’istante.
“E’ in posti come questo che passi le serate??”
“Ti sembra strano??” lei scuote la testa ed io le passo un
bel bicchiere colmo di un liquido rosa chiaro, lei ne prendo un sorso e poi fa
una smorfia “E’ troppo forte??” domando, bevendo il mio azzurrino.
“Oh no, va benissimo” fa lei “Vuoi ballare??”
“Va bene! Finisci di berlo e poi andiamo!!”
“No!! Io intendevo te! Te… da solo!!”
“Da solo?? Vuoi che vada a ballare da solo??” ma che diavolo
sta dicendo? “Perché dovrei voler ballare da solo?”
“Te lo leggo in faccia! Io… io me la caverò! Me ne sto buona
buona, qui, ad osservarti!”
“Piantala Demi! Non ti lascio da sola!” lei finisce il drink
con uno sforzo e ne ordina subito un altro.
“Starò bene!” insiste e nello stesso istante la mia
attenzione viene catturata da persone che conosco molto bene e che mi invitano
a raggiungerli in pista con gesti eloquenti.
“Demi” comincio nell’intento di convincerla ad imitarmi.
“Oh smettila di preoccuparti! Sono grande e vaccinata, non
hai bisogno mica di sorvegliarmi!”
“D’accordo” ribatto, spaventato di poterla offendere
insistendo ancora “Allora ci vediamo qui tra un po’”
“Verrò a cercarti se avrò bisogno di qualcosa!” finisce il
secondo drink e mi sorride rassicurante, faccio lo stesso e mi volto a raggiungere
gli amici che urlano il mio nome facendo stringere tutto il locale attorno a
noi.
Passano minuti, forse anche un paio d’ore. Il delirio mi è
amico. Amo essere riconosciuto in questo modo, amo le donne che fanno di tutto
per entrare in contatto con me e amo la musica ad alto volume che accompagna i
movimenti di centinaia di corpi sudati. Poi, ad un punto impreciso della
serata, l’attenzione si sposta da tutt’altra parte. Sento una serie di urli e
schiamazzi provenire da un punto poco lontano e inevitabilmente smetto di
intrattenermi con la bella bionda che mi sta davanti per cercare di capire cosa
stia succedendo.
“Ma chi è quella?” domanda qualcuno indicando un punto al di
sopra di tutte le teste, con mio orrore i miei occhi incontrano la figura di
Demi che si dà da fare attorno ad un palo su cui poco prima era impegnata una
cubista tutta cosce e tacchi alti. Grida parole sconnesse e ride come se fosse
la cosa più divertente del mondo.
“Oh merda” impreco e cerco di farmi spazio per raggiungerla,
sono costretto a superare più di un burbero maschio a caccia.
“Demi!!” esclamo cercando di farmi sentire ma non ottengo
risposta “DEMETRIA!” lei sobbalza e abbassa il viso verso il mio con aria
divertita.
“Oh, Shannon! C’è il mio amico Shannon!” urla a tutti e a nessuno, gli uomini stretti
attorno al cubo urlano approvazione.
“Che diavolo stai facendo??” domando guardandomi intorno con
un certo nervosismo.
“STO BALLANDO!” e riprende a farlo in modo osceno.
Perché qualcosa mi dice che non è per niente normale? Scuoto
la testa e con una certa fatica mi innalzo sul cubo per portarla via di lì.
“Ehi, che stai facendo??” protesta qualcuno “non puoi stare
qui!” non gli do retta.
“Demi, andiamo via”
“Oh che guasta feste!” esclama lei strattonando il braccio
tenuto fermo dalla mia stretta.
“Ehi amico, hai sentito? Non vuole venire con te, lasciala
in pace, ci stiamo divertendo!”
“Non credo proprio” sentenzio caricandomela in spalla come
fosse un sacco di patate, la sento urlare, protestare e ridere allo stesso
tempo “torna al tuo lavoro, tesoro” intimo alla cubista sperando di mettere a
tacere le proteste di tutti gli altri, la cosa funziona a meraviglia,
fortunatamente.
“Adesso vuoi lasciarmi andare??” esclama Demi non appena
siamo fuori dal locale, la metto a terra con una certa delicatezza salvo poi
guardarla torvo negli occhi.
“Si può sapere che ti è preso??” sbotto, lei mi mette una
mano sulla spalla e sorride.
“Non è così che passate le serate voi rockstar?” la osservo
cambiare espressione e portarsi una mano sullo stomaco “oh no” commenta prima
di vomitare.
“Stai bene?” è abbastanza ovvio che la risposta sia negativa
“Hai bevuto troppo?”
“Bè, io… non… bevo molto spesso” ammette con una smorfia.
“Sei astemia?” non risponde “Ma perché hai bevuto se…?? Oh, d’accordo
non fa niente, ti riporto a casa. Devi solo guidarmi” il mio vorrebbe essere un
modo per rassicurarla, ma fallisce completamente.
“Certo, ottima idea! Appena la strada avrà smesso di girare”
Siamo messi proprio bene.
La accompagno alla macchina con cautela, terrorizzato che
possa vomitarci all’interno, in cuor mio spero di arrivare a casa sua prima che
succeda.
“E’ stato divertente!” esclama una volta in viaggio,
ritrovando un pizzico della sua stranezza.
“Non è divertente ubriacarsi e improvvisarsi cubiste”
“Mi guardavano tutti” ridacchia facendomi alzare gli occhi
al cielo.
“Dove vado?”
“Santa Monica” obbedisco.
È stata una stupida, le avevo detto di non volerla lasciare
sola e… perché diavolo ha bevuto così tanto se in realtà è astemia? Avrei
volentieri preso a schiaffi tutti quelli che la guardavano mentre si muoveva su
quel cubo!
Che pensieri assurdi.
“Gira qui” obbedisco ancora.
“Ti senti meglio?”
“No, ma non farmi parlare, mi sto sforzando di non vomitare”
“Non avresti dovuto farlo! Non è così che passiamo le serate
noi rockstar Demi, ci sei arrivata?” annuisce con una smorfia di disgusto.
“Questo è il mio palazzo” parcheggio e l’aiuto a scendere.
“Dove sono le chiavi?” domando guardandomi intorno e notando
che si tratta di un vecchio edificio colorato.
“Porc… le ho lasciate in macchina”
“Dove?” domando, già pronto a tornare indietro.
“In macchina mia, quella che ho lasciato a casa tua”
“Perfetto! Come facciamo ad entrare?” lei si attiva, per
quanto le sia concesso dall’evidente mal di stomaco, avvicinandosi al citofono,
bussando ad uno di essi e attendendo con pazienza finché non risponde una voce
femminile.
“Signora Jones, scusi l’orario!” urla costringendomi a guardarmi
intorno con apprensione: non è l’orario perfetto per strillare tra le strade di
Los Angeles “Sono Demetria Kross del quarto piano, ho
dimenticato le chiavi, potrebbe aprirmi?” la signora bofonchia qualcosa di
incomprensibile e dopo qualche secondo la serratura scatta “mi doveva un favore”
spiega mentre la guardo perplesso avviarsi verso l’entrata. La seguo.
“Hai detto quarto piano? Ce l’avete un ascensore?”
“Sì ma ha una strana tendenza a bloccarsi tra il secondo e
il terzo piano, meglio lasciarlo dov’è” sentenzia cominciando a salire la prima
rampa di scale.
“D’accordo”
Una volta davanti all’unica porta di legno scuro del quarto
piano, Demi si mette a cercare qualcosa in un vaso di fiori lì accanto, ne esce
con una chiave piccola e argentata, mostrandomela fiera “per eventualità come
questa” apre la porta e si infila in casa “grazie per avermi accompagnata”
esordisce, ed eccola che ricambia espressione “non sarò molto ospitale!” corre
da qualche parte, suppongo verso il bagno, a vomitare ancora.
La casa di Demetria Kross è un
grosso loft arredato in modo impeccabile e un po’ bizzarro, è diverso dall’abitazione
che mi aspettavo, è bello e prezioso, non immaginavo che potesse permettersi un
posto del genere. Mi spingo in casa chiudendomi la porta alle spalle.
“Demi? Posso aiutarti?”
“Oh, no grazie! Me la caverò” riemerge dal bagno con i
capelli arruffati e il viso grigio “forse” la afferro appena in tempo mentre
rischia di svenire e la prendo in braccio “ce la faccio da sola!” protesta ma
io la costringo a sdraiarsi sul divano.
“Hai del caffè?” domando, lei annuisce.
“In cucina deve essercene ancora un po’, è la mia droga”
“Bene” annuisco soddisfatto “sappi che è un tocca sana per
le sbronze”
“Buono a sapersi”
Trovo una tazza e la riempio fin quasi all’orlo, tornando
poi da lei “bevilo tutto”
“Grazie” sussurra “bel modo di cominciare la nostra settimana”
“Modo originale, in effetti” sorrido, la verità è che non mi
dispiace per niente, speravo potesse essere divertente, e in qualche modo lo è stato
“domani ci sarà Jared, lui è molto più capace di me a trattare con le persone”
“Te la sei cavata benissimo” ribatte lei ed io decido di
prenderla come un complimento, anche se è chiaro che il suo intento non era
quello di adularmi “Oh non guardarmi, sono in condizioni davvero pessime”
“Ho visto di peggio” ammetto senza mentire.
“Forse dovresti andare, prima che io crolli addormentata a
metà di una conversazione” scoppio a ridere e annuisco.
“D’accordo, suppongo che ti vedrò domani”
“Ecco, sarebbe carino se tu passassi a prendermi… sai, non
ho la macchina”
“Giusto, facciamo per le undici?” annuisce sbadigliando e
sdraiandosi.
“Scusa se non ti accompagno…” neanche il tempo d finire la
frase che incredibilmente si è già addormentata.
Con una certa riluttanza mi avvicino e le sfilo gli occhiali,
prendo la copertina leggera ordinatamente piegata ai suoi piedi e gliela metto
sulle spalle: sembra molto più innocua mentre dorme. È proprio vero che le
apparenze ingannano.
Raggiungo la porta e prima di uscire spengo la luce.
*tributo alla mia ultima storia “Time
After Time”
Ebbene miei cari eccoci qui alla
fine del capitolo. Allora, cominciamo a parlarne. Che ve ne pare di Demetria Kross? Che cosa vi trasmette? E Shannon?
Se la caverà con lei per i prossimi 6 giorni? E soprattutto perché secondo voi
Jared evita di sfogarsi con suo fratello?
Fatemi sapere se vi va, un
bacione e grazie a tutti in anticipo :)
Alla prossima,
Rò