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Autore: Gerugber    28/09/2013    0 recensioni
Tutti si ricordano il proprio diciottesimo compleanno.
Chi per cose brutte, chi per cose belle, ma tutti se lo ricordano.
E io mi ricordo il mio.
Era marzo ed ero fidanzato, ed ero felice, troppo felice.
Una felicità che sarebbe svanita poco a poco, per poi tornare alla vita di tutti i giorni.
Tutti hanno problemi con la propria anima gemella,
tutti hanno problemi a scuola.
Ma fidatevi quando vi dico che per un diciottenne gay è tutto più difficile.
Ed ecco la mia storia...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il fatto che Max cercò di pararsi il culo mi diede sui nervi.
Ovviamente, non potevamo partire per Londra.
Lui aveva una relazione con Rosa lassù e ci abitava pure insieme.
Come avrebbe giustificato tutto questo?
Ma sicuramente erano bazzecole per lui.
Era una sottospecie di genio del male, in un modo o nell’altro se la sarebbe cavata.
Non ci mettemmo tanto a fare le valigie, lui ancora non la svuotava dalla sera prima e io ci buttai dentro le prime cose che trovai.
Scrissi anche un biglietto a mia mamma sperando che non sarebbe tornata tanto presto.
Diceva:
“Mamma, vado con Max a Londra.
Ci vediamo.
Alex.”
Pregai Dio che la trattenessero in ufficio.
Uscimmo con le valigie e lui sembrava pensieroso, molto probabilmente cercava un qualche piano per quando saremmo arrivati là.
Prendemmo la macchina di Giammi che andò a lavoro con Maurizio quella mattina e Max, che già aveva la patente, accese il motore.
“Sei sicuro?” mi chiese prima di partire.
“Si” risposi sicuro.
Si piegò verso di me e mi sfiorò le labbra con le sue.
Iniziavo ad avere dei rimorsi ma non era il momento.
Saremmo andati all’aeroporto che era a mezzora di macchina.
Passammo la maggior parte del viaggio in silenzio ad ascoltare la radio, a scambiarci qualche parola ogni tanto.
Poi mi chiese “Come pensi che la prenderà tua madre?”
Sinceramente non sapevo cosa pensare.
“Spero bene” risposi.
Mi vibrò il cellulare in tasca, era un messaggio di Martina.
“Scusami. Sono sotto casa tua, scendi.”
Era il segnale, loro c’erano.
Mancavamo noi.
“Chi è?” mi chiese Max.
“Martina, mi ha chiesto scusa, di nuovo.”
“Lasciala stare non ti merita” mi disse. Strinsi i pugni.
“Già” risposi.
Arrivammo all’aeroporto, parcheggiamo e scendemmo dirigendoci verso l’entrata con le valigie. Adesso niente poteva e non doveva andare più storto. Avevamo un’occasione sola, ma non ebbi neanche il tempo di preoccuparmene che loro erano là. Rosa e Martina, insieme.
Max sembrava alquanto sbalordito ma io sorrisi e sospirai felice.
Rosa si girò e appena ci vide rimase spiazzata, Martina, invece, sorrise.
“Cosa ci fanno loro qua?” mi chiese Max.
Aveva capito, non era stupido.
Sapeva che ormai c’erano le carte in tavola, che avevamo scoperto tutto.
Vi starete domandando come Martina sia riuscita a portare Rosa Jane in aeroporto senza un graffio. Beh facile, l’aeroporto era, nella nostra città, uno dei posti meno frequentati, quindi qualsiasi cosa abbia voluto fare Rosa a Martina, sarebbe passata alquanto inosservata lì. Più che altro mi chiedevo che fino avessero fatto gli “scagnozzi” di Rosa, ma molto probabilmente ci aveva già pensato Martina.
Ci vennero incontro e a quanto pare anche Rosa sembrava sorpresa.
“Ma cosa cazzo sta succedendo?” chiese Max alterato al massimo.
Mi girai verso di lui e con tutto il coraggio che avevo gli dissi “Max io ti lascio.”
Semplice, coinciso, una frase che non poteva avere fraintendimenti.
Ero libero.
Oddio, ero libero!
“Tu cosa?” mi chiese quasi sconvolto.
“Io ti lascio, hai capito bene” risposi. Più lo dicevo più mi sentivo leggero.
“No caro non hai capito, sono io che lascio te. Io sto con…”
“Sappiamo benissimo tutto Max” lo interruppe Martina “ma mi dispiace per te, non sei tu ad aver lasciato Alex, è Alex che ha lasciato te. Ti ha battuto sul tempo.”
Sapevo per certo che questo colpì nel profondo l’orgoglio di Max.
“Sai… sei il mio primo ragazzo e non lo dimenticherò mai. Ti ho amato, e ora ti voglio bene come a un fratello. Sei importante e.... niente” mi disse.
Ora sapevo cosa intendeva Martina quando disse che vide Max senza la sua corazza da duro, in quel momento lo vedevo anche io così.
Gli passai i biglietti “Questi sono vostri” dissi indicando lui e Rosa “tornatevene in Inghilterra e continuate la vostra vita. Voglio che tu sappia che non c’è lo con te. Ma voglio anche che tu sappia che mi hai fatto male e che non si trattano così i fratelli.”
Detto questo gli passai i biglietti.
Rosa era troppo sconvolta per parlare e Max spalancò gli occhi “Ma…”
“Ma niente, la tua vita è là adesso. Con lei” e indicai Rosa “ e spero avrai più fortuna con lei che con me.”
Senza preavviso Rosa spinse da parte Martina e all’inizio pensai che fosse per picchiarla, ma poi mi accorsi che ci avevano lasciato solo un po’ di intimità per l’ultimo addio.
“Ci sentiremo ancora, ogni tanto?” mi chiese.
”Magari quando prenderai il diploma o avrai un figlio, per il resto, per un bel po’, non voglio sentirti.”
“Va bene” rispose afflitto.
Per una volta avevo vinto.
E ora mi veniva in mente tutto. Martina aveva ragione, quando c’era lui io ero un altro, che stupido che ero stato.
Dopo un po’ di silenzio lui mi abbracciò a sorpresa.
Non era il tipo di persona che faceva gesti d’affetto in pubblico.
“Addio piccolo, ti voglio bene” mi sussurrò all’orecchio.
Si, lo ammetto mi stavo per mettere a piangere, ma avevo resistito fino a quel punto, non potevo crollare.
“Addio” gli risposi. E lo strinsi un po’ più forte solo per un secondo.
Ci staccammo e l’aiutai a portare il suo bagaglio dal metal detector.
“Rosa la tua roba?” chiesi.
“E’ nella valigia di Max” rispose.
“Ma io quando ho cercato nella sua borsa non…” iniziò Martina.
“Tu cosa?” le chiese Max sconvolto.
”Ehm…” arrossì Martina.
“Scompartimento nascosto” tagliò corto Rosa.
Ora, un fatto era se mi abbracciava il mio ex ragazzo per un addio, un fatto era se lo faceva la sua attuale ragazza, e la cosa mi sconvolse quando successe.
“Grazie, non dimenticherò mai quello che hai fatto” mi sussurrò in modo che gli altri non ci potessero sentire.
Poi si staccò si girò verso Martina e le strinse la mano “Ritieniti fortunata, ti sei salvata la pellaccia” le disse.
Era il turno di Max, le strinse la mano e le disse “Comunque non baci niente male” facendo così avvampare la povera Martina.
“Grazie. Stammi bene” gli rispose.
Poi strinse la mano a me “Buona fortuna, per tutto.”
“Anche a te.”
Detto questo le nostre mani si staccarono e, una volta passati attraverso il metal detector, Rosa e Max si presero per mano.
Lui si girò, mi sorrise e con quegli occhi verdi, di cui mi ero innamorato, mi fece l’occhiolino. Sarebbe stata l’ultima volta che lo vedevo, ne ero certo.
“Addio” pensai.
Poi Max si girò e se ne andò.
“Ok” disse Martina “e ora?”
“E ora guidi tu di corsa fino a casa mia prima che mi madre legga il biglietto e le prenda un infarto” le dissi lanciandole le chiavi.
E ridendo uscimmo dall’aereoporto.
 
Lo so, la storia mia e di Max può sembrare una tragedia, ma in fondo, non lo è.
 
 
NOTE DELL’AUTORE.
Grazie a tutti per aver letto la storia.
Veramente, un grazie di cuore a tutti.
E grazie a tutti quelli che mi hanno dato dei consigli o hanno recensito la mia storia durante la stesura!
Per qualsiasi domanda mi trovate:
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Se volete potete seguirmi su Twitter: https://twitter.com/Gerugber
O potete chiedermi l’amicizia su Facebook: https://www.facebook.com/loris.ferrarini.9
Spero che la storia vi sia piaciuta.
Ancora un enorme grazie a tutti!
Alla prossima!
 
P.S. un grazie speciale al vero Alex.
Senza di lui questa storia non sarebbe mai esistita. 
  
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