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Autore: Nemesis01    28/09/2013    4 recensioni
Anno 1937, nella Germania nazista.
Zarin è un 18enne tedesco, figlio di un generale nazista, che sembra detestare la vita in generale.
Noah è un 25enne ebreo, che vive in Germania e di lavoro "vende sogni".
Dalla storia:
Un giorno eravamo in libreria, gli stavo passando dei libri per aiutarlo a tenere in ordine quel posto che odorava di incenso e margheritine, poi entrarono loro. Due uomini in divisa. La campanella tintinnò. Noah mi guardò e bisbigliò « Nasconditi. Qualsiasi cosa accada, nasconditi. Non uscire allo scoperto fino a quando non se ne sono andati. Queste sono le chiavi della mia libreria. Aspettami sotto casa, se dovessi far tardi. Non uscire. Resta nascosto. »
[..] Noah tornò a casa, aveva la camicia rotta e sporca di sangue e un grosso livido sulla fronte. Sua nonna lo abbracciò e lo riempì di baci sulla guancia; era così affettuosa ed io capii cosa significasse avere una famiglia. Con Noah e la signora Maya capii che cosa significasse vivere.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Novecento/Dittature, Olocausto
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Mazel tov!

 

Capitolo 05  – Alina

Le cose con Noah sembravano andare bene ed io ero sempre più intenzionato a dire a mio padre che avrei presto lasciato la sua casa. Il mio progetto era di abbandonare gli studi e andare a lavorare in libreria con Noah e vivere con lui e sua nonna. Noah sembrava contrario, diceva sempre « Non dovresti abbandonare gli studi! Hai la possibilità di frequentare l'università e faresti bene a proseguirli » ma io ero di tutt'altro parere. C'era tutto un mondo che non t’insegnavano in quelle scuole bigotte e su questo nessuno poteva contraddirmi.

Le giornate volavano leggere una volta che ebbi ripreso la scuola, anche se spesso non trovavo Noah in libreria e lo aspettavo a casa (quando potevo). Venivano sempre più controlli. Un giorno trovai la libreria chiusa e andai a trovare sua nonna. Quando salii, la trovai piangendo. La casa era stranamente in disordine.
« Signora Maya! Cos'è successo? Sta bene? Dov'è Noah? »
« L'hanno preso di nuovo » la sua voce era strozzata dal pianto « sono venuti anche qui. Stamattina hanno bruciato i nostri libri. Quel cumulo di cenere laggiù era il nostro Talmud. Volevano portare via anche me, Noah ha reagito e alla fine l'hanno portato via. Torna a casa, ragazzo. Torna a casa. »
« Resterò a farle compagnia, signora, fino a quando Noah non tornerà. »

Noah ritornò dopo tre giorni, io avevo finito le panzane da raccontare a mio padre, così fui costretto a tornare a casa. Mi accompagnò proprio Noah, anche se aveva la testa fasciata e borbottava frasi contro le guardie ogni volta che ne vedeva una ed io gli davo manforte. Mi lasciò fuori al cancello, per paura di essere visti non potei dargli un bacio per salutarlo, gli feci un cenno con la mano e salii a casa. Mio padre aveva visto dalla finestra.

« Di chi è quella macchina, Zarin? »
« Di un amico »
« Lo stesso dalla quale ti intrattieni le notti? »
« E' un amico papà. Ha una sorella molto carina. »
« Non è carino che sia sempre tu ad andare a casa loro. Come si chiama questa ragazza? »
« Angelica »
« Mi piacerebbe conoscerla, anche a tua madre farebbe piacere. E vorrei incontrare anche i suoi genitori. »
« Ah, ehm... Sì, ok. »

Mi ero cacciato in un bel guaio e non sapevo come uscirne. Quella notte mi affacciai dalla mia finestra e vedevo una luna che brillava troppo e troppe stelle in cielo. Perché la luna brillava, anche se quello che c'era sotto non lo meritava?
Pensai a diverse possibilità: potevo dire a mio padre di essere omosessuale e finire in galera; dirgli che avevo litigato con quella ragazza e dimenticarmi di uscire senza qualcuno al mio seguito oppure presentargli una ragazza. Il problema era che non conoscevo nessuna che avrebbe avuto il coraggio di mentire spudoratamente al generale Wolfrang. Ero proprio in un bel casino. Quello che non potevo sapere era che mio padre aveva già annotato il numero di targa dell'automobile di Noah.

Il giorno dopo andai da lui, scrissi una lettera e la infilai in un libro che gli ritornai. C'erano due tizi in divisa che mi seguivano e pensai che mio padre si fosse già messo all’opera, quindi evitai di fermarmi troppo in libreria. Sentivo già la sua mancanza.
Il giorno dopo ancora, uscendo da scuola, trovai ad aspettarmi una splendida ragazza. Si chiamava Alina. Aveva dei lunghissimi capelli biondi raccolti in una treccia che le scendeva sul petto. I suoi capelli sembravano così morbidi, mentre i suoi occhi azzurri risplendevano in quella giornata grigia. Indossava un abito di cotone lungo fino a pochi centimetri sotto il ginocchio, le spalle erano coperte da un golfino scuro e portava un cestino di paglia che teneva con entrambe le mani. Mi vide e si avvicinò a me, prendendomi sotto braccio. Fece ben attenzione a farsi vedere da quei due tizi in uniforme.
« Dimmi che tu sei Zarin e che io non ho fatto una brutta figura. »
« Sono io, sì... Tu chi sei? »
« Mi chiamo Alina. Noah mi ha detto che eri nei guai... » aveva lo stesso sorriso contagioso di Noah, così copiai quell'espressione.
« Io non sono nei guai! Cioè-- sono incasinato! Un po'! »
« Sei proprio nei guai. » borbottò lei, fissandomi con aria severa. Aveva circa la mia età, ma c'era tanta vita dietro i suoi occhi azzurri. Alina. Conobbi così quella che sarebbe diventata la mia migliore amica.
« Fino al collo. »
« Noah mi ha raccontato tutta la storia. Vieni, andiamo a casa sua. »
Alina era fuggita da Israele insieme alla sua famiglia, avevano tutti paura della guerra. Sua madre era ebrea come lei, mentre suo padre era un protestante tedesco. Lavorava ai servizi postali, mentre sua figlia studiava in casa con sua madre che era una maestra d'asilo.
Arrivammo da Noah in circa un quarto d'ora. Sua nonna aveva cucinato i canapè fritti e del riso bianco. Alina salutò la signora Maya in un abbraccio e lo feci anch’io.
« Noah sta arrivando. Chiude sempre la libreria verso quest'ora qui, iniziate a sedervi. »
Noah aveva spesso tenuto compagnia ad Alina durante i suoi studi, per lui era come una sorellina minore, come una fetta di quella famiglia che non aveva mai avuto. Alina era diversa dalle altre ragazze: sembrava non avere inibizioni o pregiudizi mentre ballava con Noah canzoni inventate da lui, o quando diceva le parolacce in tutte le lingue che conosceva (ben tre: tedesco, ebraico e inglese). Alina era simpatica e solare. Noah poteva contare su di lei, infatti, decidemmo quando presentarci a casa mia per far conoscere "la mia fidanzata" a mio padre. Lo comunicai al generale Wolfrang e ci accordammo per domenica a pranzo. Gli dissi che lei sarebbe venuta con suo fratello perché i suoi avevano un impegno di lavoro e lui non fece una piega.

Una delle cose che ricordo di Noah è che lui ci sapeva fare. In tutto. Quando cuciva i vestiti rovinati dall'usura, quando cantava, quando ballava, quando cucinava ricette mai provate prima, quando i bambini piangevano nella sua libreria, quando doveva consigliare i libri da prendere, quando si prendeva cura delle piante, quando faceva l'amore, quando era tenero, quando era con le persone: Noah, semplicemente, ci sapeva fare. Sapeva farsi amare da tutti. Sono sicuro che sarebbe riuscito a farsi amare anche dal suo patrigno se ne avesse avuto la possibilità. Ho egoisticamente pensato che fosse una fortuna per me che lui fosse rimasto orfano, altrimenti non l'avrei mai incontrato. Ero un moccioso.
Così Noah e Alina vennero a pranzo a casa mia. Alina indossava uno splendido vestito blu cobalto, un rossetto rosa chiaro e aveva sciolto i capelli. Era semplicemente bellissima. Noah si era pettinato i capelli ribelli (probabilmente glieli aveva sistemati la signora Maya) e indossava un completo elegante. Era magnifico. Noah era l'emblema della perfezione. M’innamorai ancora una volta di lui, fissando il suo sguardo dietro quegli occhiali che indossava.
Ricordo che non vidi mai prima di quella giornata mio padre ridere tanto durante una conversazione. Noah tirava fuori il meglio dalle persone: non so come faceva, ma sapeva esattamente cosa dire e quali tasti non toccare. Parlarono delle solite cose da "uomini": lo sport, le automobili, le armi, le donne. Appuntai di chiedere a Noah come mai fosse tanto spigliato sul discorso "donne". Anche a mio fratello Viktor piacque Noah: si intrattennero un po' a giocare con delle macchinine di latta, mentre mia mamma e Alina (conosciuta come “Angelica” dai miei genitori) parlottavano di ricette e cucito.
Quando lasciarono casa, tutto tornò vuoto e silenzioso. Mi mancava già quel pazzo di Noah.
« Simpatico quel ragazzo. Immagino che gli fanno il filo molte ragazze... »
« Ah... Sì... Molte. »
« E' proprio un bravo ragazzo. Anche Angelica sembra essere una brava ragazza. Si vede che la loro è una famiglia tedesca per bene, altro che questi stranieri che si intrufolano nella nostra società. »
Avrei voluto tirargli un pugno, ma mi trattenni. Annuii e tornai in camera mia.
Gli avrei volentieri tirato un calcio nel suo voluminoso sedere tedesco per fargli ingoiare quei suoi pomposi pregiudizi tedeschi.

 

 

 

 

L’angolo dell’autrice:

Salve a tutti! Eccomi qui con il quarto capitolo di “Mazel tov”. Volevo ringraziare AsanoLight, Jasminevampire, Frauro, Amarie, LolaBlack e darkmagic31 per aver aggiunto la storia alle seguite e Ladydaredevil e Danyel per le recensioni :3 grazie per dirmi cosa ne pensate della storiella che vi sto narrando e invito voi altri a fare lo stesso ;3

Alla prossima! :3

Dal prossimo capitolo:

« Ti amo, Noah. Promettimi che andrà tutto bene. »
« Anche io ti amo, scricciolino. Tra qualche giorno saremo in America, in una bella casa, con un bel giardino e tantissime margherite profumate.  »
« Me lo prometti? »
« Te lo prometto. »

   
 
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