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Autore: Virelei    29/09/2013    2 recensioni
Un giorno il Seirin si accorge dello strano comportamento di Kuroko, che si presenta agli allenamenti mostrando sempre più ferite. Sta nascondendo un segreto? Determinata a scoprirlo, la squadra del Seirin inizia a fare indagini sulla vita di Kuroko, per scoprire presto qualcosa di shockante. Ma la Generazione dei Miracoli ha già fatto la sua mossa. GdM iperprotettiva, AkaKuro, AoKise.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 19
 
Kuroko si accovacciò per terra, chiuse  gli occhi e si premette i palmi delle mani sulle orecchie per la disperazione. Tenendo le ginocchia premute contro il petto e la testa abbassata, Kuroko sobbalzò quando un’altra scarica di colpi violenti si abbatté sulla sua porta. Sebbene avesse le orecchie tappate poteva ancora sentire la voce violenta che imprecava attraverso la sua camera.

“Maledetto marmocchio!”strillò la voce. “Muovi il culo ed esci di lì! Ti ammazzo!” Altri colpi violenti si scagliarono contro la porta, accompagnati da espressioni così colorite che avrebbero fatto vergognare persino un marinaio. Il pomello si muoveva senza sosta per i continui tentativi di aprire la porta. Kuroko sussultò cercando di ignorarlo. “Fammi entrare, Tetsuya! Cazzo, dov’è il cacciavite? Giuro che ti ammazzo appena riesco a trovarti!”

Kuroko Ibuki era in piedi dall’altra parte della porta, livida di rabbia, e respirava affannosamente con la mascella serrata. Entrambe le sue mani erano chiuse a pugno, ma la sinistra teneva stretto un foglio di carta stropicciato, su cui era scritto in nero: ordine di comparizione in tribunale. Come osa quel marmocchio – come osa coinvolgere il sistema giudiziario in tutto questo? Come osa causarmi questi problemi; ha la faccia tosta di voler rovinare la mia immagine pubblica.

“Fammi entrare!” urlò colpendo con un forte calcio la porta, tanto che parte della vernice si scrostò.

Intanto Kuroko pregava che suo padre arrivasse presto a casa. Però sapeva che era inutile, perché suo padre sarebbe stato fuori per buona parte della giornata. Non avevano previsto che Ibuki sarebbe tornata a casa, vista la nota che lei aveva lasciato quella mattina.

Sentendo un altro calcio colpire la porta, Kuroko si alzò velocemente e si precipitò verso il cellulare. Le sue mani tremanti premettero il numero sbagliato per ben due volte, ma poi riuscì finalmente a premere il ‘3’ con il pollice. Era una chiamata rapida, quindi il cellulare chiamò automaticamente la persona di cui lui aveva bisogno.

“Tetsuya?” Kuroko non era mai stato così felice di sentire la voce di Akashi.

“A-Akashi-kun,” disse Kuroko, sussultando quando Ibuki ricominciò a urlare una serie insulti e a colpire con calci e pugni la sua porta.

Akashi riuscì a sentirla, anche se non c’era il vivavoce impostato. “Tetsuya, adesso tua madre è in uno dei suoi momenti pericolosi?”

Kuroko, spaventato, si aggrappò con la mano libera al tessuto sottile del tappeto. “Hai,”riuscì a dire, assicurandosi che la sua voce fosse abbastanza alta da essere sentita anche tra le urla di Ibuki, ma non troppo, perché sua madre non si accorgesse che stava parlando al telefono. “Otou-san non è in casa.”

“In camera tua hai un armadio, vero?”chiese Akashi. “Entra nell’armadio.”

“C-come?”

“Nell’armadio. Adesso.”

Kuroko si alzò lentamente, con le sopracciglia aggrottate, e si mosse verso l’armadio, facendo del suo meglio per ignorare le urla di sua madre. Aprì un’anta, entrò e la richiuse. Subito fu come se un velo nero come la notte fosse calato sui suoi occhi. Non poteva vedere né sentire nulla, se non le grida di sua madre. Questo lo fece agitare ancora di più, perché non poteva vedere ciò che gli accadeva intorno. Chiuse gli occhi, ma li riaprì subito, perché non c’era nessuna differenza.

“Perché hai voluto che entrassi nell’armadio, Akashi-kun?”Kuroko tremò quando l’ennesimo tentativo di forzare la porta giunse alle sue orecchie. Kuroko l’aveva barricata incastrando una sedia sotto al pomello, così che sua madre non avrebbe potuto aprire anche se la porta non fosse stata chiusa a chiave, ma nonostante ciò non si sentiva ancora al sicuro.

“Chiudi gli occhi, Tetsuya,” disse Akashi a voce bassa. “Appoggiati con la schiena contro il muro. Fai dei respiri lenti e profondi.”

Kuroko obbedì ad Akashi ed iniziò a respirare profondamente attraverso il naso. All’improvviso poté sentire chiaramente il battito del proprio cuore.

“Non ascoltare niente e nessuno se non me.” La voce autoritaria dell’ex capitano si impresse profondamente nella mente di Kuroko. “Tetsuya, tu mi obbedirai.”

Tenendo gli occhi chiusi, Kuroko si sforzò di rilassare le spalle tese e di bloccare ogni suono che avrebbe potuto distrarlo, inclusa sua madre. Ora avrebbe ascoltato solo Akashi. “Hai,” disse piano.

“Tu mi appartieni,” disse Akashi. “Ti ricordi della promessa implicita che ci siamo scambiati la scorsa volta, vero?”

Kuroko rischiò di arrossire al ricordo dei molteplici baci che Akashi e lui si erano scambiati appena una settimana prima. In realtà lui, non avendo nessuna esperienza in ambito sentimentale o sessuale (se non per quella volta che era uscito con Momoi alle medie), non sapeva che due persone potessero baciarsi in quel modo nella vita reale.

Rispose di nuovo con un flebile ‘sì.’

Akashi ridacchiò dall’altro capo del telefono, e Kuroko fu felice di sentire quel suono piacevole, (piacevole solo per lui; per chiunque altro quel suono era un segno di una sventura imminente), che contrastava con le oscenità urlate da sua madre. “Bravo,” commentò Akashi nello stesso tono dolce e allo stesso tempo esigente. “Sembra che la mia famiglia ti abbia… accettato, Tetsuya.”

“Intendi i tuoi genitori, Akashi-kun?”

“Sì. Anche se le parole che hanno scelto sono state piuttosto inappropriate.” Kuroko aggrottò la fronte, chiedendosi che cosa avessero detto di lui e Akashi. “Resisti ancora qualche giorno, Tetsuya.” Il ragazzo dai capelli azzurri si rilassò a quella frase tenera; i suoi occhi erano ancora chiusi. “La data del processo è stata fissata. Presto sarai libero.”

“Libero… con te, Akashi-kun?”chiese Kuroko esitante.

Akashi si lasciò sfuggire un suono divertito. “Sì, con me. Con tuo padre, e con Shintarou e gli altri. Più persone verranno a sapere della nostra relazione, ma ne sapranno solo fino ad un certo punto. Nessun altro conoscerà il sapore delle tue labbra.” Kuroko abbassò la testa e tentò di non arrossire. “E presto ti inviterò ad uscire in modo appropriato; ti porterò in un luogo appartato, dove nessuno ci troverà.”

Kuroko sentì come se una fonte di calore gli si fosse posata sulle spalle, ed immaginò che Akashi fosse lì al suo fianco, a riscaldarlo con il suo calore corporeo, con un braccio intorno alle sue spalle. Quest’immagine lo fece rilassare completamente, e Kuroko si sistemò per stare più comodo all’interno dell’armadio.

“Sembra…bello…Akashi-kun,” riuscì a mormorare Kuroko. La sua testa ciondolò e la stanchezza ebbe la meglio sul suo corpo. Il telefono gli scivolò di mano.

 
Poco dopo la sua mente fu invasa da un’oscurità confortante.
 
“Tetsuya?”chiamò Akashi alzando un sopracciglio. L’unico suono che ricevette in risposta fu un respiro profondo. Akashi scosse la testa e fissò il cellulare. “È proprio incauto ad addormentarsi così.”

“Chi era, Seijuro?” Rin gli si avvicinò a passo veloce e cercò di sbirciargli il cellulare, ma Akashi l’aveva già richiuso.

“Era Tetsuya,” rispose tranquillo Akashi.

Un uomo dai capelli azzurri si alzò di scatto dal divano, gli occhi sgranati per la paura. “Cosa? Come sta? Si è fatto male?”

Hayato posò una mano sulla spalla dell’uomo per farlo calmare.

“Stia tranquillo, Haru-san,” disse Akashi voltandosi per parlargli. “Sembra che Ibuki abbia diretto la sua rabbia contro Tetsuya e che stia dando la colpa a lui. Era in una delle sue… crisi.” Akashi si diresse verso il tavolino del salotto e prese una tazza di the. I suoi occhi eterocromi si scurirono alla menzione della madre di Kuroko.

“Lui sta bene?” chiese di nuovo Haru.

“Sta bene. Probabilmente ha chiuso la porta a chiave e l’ha bloccata con qualcosa. In questo momento si trova nell’armadio, addormentato.”

“…Nell’armadio?”

Akashi non rispose.

“Heh, è proprio da Akashi ordinare a Tetsu di fare cose sconce,” rise Aomine sotto i baffi. Era appoggiato ad una parete vicino a Kise, lontano dagli altri, ed aveva le labbra piegate in un sorrisetto compiaciuto.

Akashi si girò per osservare con calma il ragazzo abbronzato. “Daiki, il tuo allenamento è appena stato triplicato. Il tuo capitano è Imayoshi Shoichi, giusto?”

Aomine deglutì con fatica e tentò di non lasciar vedere la sua paura. “Non aumenterebbe mai il mio allenamento. Tanto non lo farei.”

“Ma l’ha aumentato quando gliel’ho chiesto la scorsa volta, e tu hai obbedito ai miei ordini, non è così?” mormorò cupamente Akashi.

“Questo solo perché ci avevi minacciati!”

“Non vedo il motivo per cui non possa minacciarti di nuovo, allora.”

Akashi pronunciò quella frase il modo così casuale, così normale, come se stesse parlando del tempo. Hayato osservò la scena, orgoglioso di suo figlio, mentre sorseggiava divertito il suo the. Rin invece scosse solo la testa.

Catherine, la collega di Haru, si avvicinò di più al padre di Kuroko. Qualcosa le diceva che il ragazzino coi capelli rossi era pazzo, e che era una persona da evitare il più possibile. Jun si limitò ad inarcare un sopracciglio.

Erano andati tutti a Kyoto, invitati nella maestosa casa dei genitori di Akashi. C’erano l’intera Generazione dei Miracoli, il padre di Kuroko, Catherine, Jun e Hiroshi, Akashi e i suoi genitori, un impiegato fidato per ognuna delle aziende possedute da Ibuki, un avvocato che lavorava per Hayato e Kagami. Erano tutti nell’enorme salotto della casa, per lo più seduti sui divani e le poltrone messe a disposizione, ma qualcuno stava in piedi, lasciando per educazione il posto agli altri. Akashi era in piedi, ma non per educazione, semplicemente quando stava in piedi sentiva di avere la situazione sotto controllo.

Gli unici a mancare erano Kuroko stesso e la persona che si stavano impegnando a distruggere, Ibuki.

“Per favore, facciamo tutti silenzio.”

Alla richiesta di Hayato tutti smisero di parlare e spostarono la propria attenzione sulla famiglia Akashi. Rin e Hayato erano in piedi vicino ad un divano, con Akashi tra di loro. Ora che erano fianco a fianco, quasi tutti sbatterono le palpebre sorpresi per la somiglianza tra i tre. Soprattutto tra Hayato ed Akashi, che avevano entrambi dei capelli corti e rossi e degli occhi dagli strani colori.

Rin si schiarì la voce. “Vi abbiamo chiesto di venire qui per discutere i piani su Kuroko Ibuki. Penso che dovremmo essere tutti bene informati.”

Tutti annuirono, ed alcuni ebbero i brividi a sentire quel nome.

“Avete tutti portato una copia delle vostre prove? Che si tratti di un verbale scritto, di articoli, registrazioni o foto, ne avremo bisogno. Se siete solo dei testimoni non ci servirà altro che una vostra dichiarazione.” Hayato si passò una mano tra i capelli rossi e osservò oltre metà dei presenti annuire. Lui sospirò, sollevato. “Ci separeremo in tre gruppi, dato che siamo in troppi per escogitare un piano unitario. Abbiamo già preso in considerazione la vostra posizione – per quelli di voi che parteciperanno al processo – e vi abbiamo inclusi nella nostra sequenza d’azione. Sappiate che alcuni di voi si troveranno in pericolo e che altri saranno obbligati a presentarsi come testimoni durante il processo, sia per noi che per la difesa.

Io farò diverse copie cartacee delle nostre prove e terrò al sicuro le registrazioni. Come ho detto potreste essere in pericolo e diventare l’obiettivo della rabbia di Ibuki, ma non preoccupatevi dei danni che lei vi causerà da questo momento in poi. Questi saranno tutti sistemati dopo che avremo vinto il processo. Ci sono domande?”

Nessuno osò parlare.

“Molto bene. Ora verrete con me, con mia moglie Rin o con mio figlio Sei –“

“Un momento,” lo interruppe Catherine. Tutti si girarono verso di lei. “Lascia che suo figlio, appena sedicenne, sia coinvolto? Non è pericoloso? E a proposito, perché questi ragazzi sono qui? Non li sta mettendo tutti in pericolo?” Si stava riferendo alla Generazione dei Miracoli e a Kagami.

Midorima le rispose prima che Akashi potesse parlare. Il ragazzo dai capelli verdi fissò freddamente la collega di Haru. “Signora, io non la conosco. Ma sappia che siamo più che capaci di cavarcela da soli. Probabilmente noi ne siamo molto più capaci di tutti voi,” disse guardando la piccola folla composta per lo più da adulti. “Inoltre sarà Akashi ad avere il ruolo dell’accusa durante il processo. Non ci sottovaluti.”

Akashi inarcò leggermente un sopracciglio in direzione di Midorima. Era positivamente impressionata dalla risposta del suo ex compagno di squadra. Più tardi dovrò premiarlo.

“Come ha detto Shintarou-kun, sanno badare a se stessi,” confermò Hayato. “Ora, nel mio gruppo, che si occuperà delle dichiarazioni dei testimoni, ho bisogno di Catherine-san, Jun-san, Kagami-kun, Kintarou, Kagura e Atsushi-kun. Andremo nel mio ufficio per discutere il nostro piano.”

Le persone nominate seguirono reclutanti Hayato ed uscirono dal salotto. I due impiegati dell’Atari e della Rasa abbassarono nervosi lo sguardo, spaventati perché stavano per tradire Kuroko Ibuki. Murasakibara, confuso per non essere stato inserito nel gruppo di Akashi, era il più reclutante, ma seguì comunque il gruppo quando vide uno sguardo carico d’aspettativa sul viso del suo ex capitano.

“Bene, io mi occuperò delle prove. Hiroshi, Daiki, Yuki e Haru; venite con me.” L’ultimo degli impiegati delle aziende di Ibuki si alzò esitante e seguì la donna dai capelli rossi. Hiroshi e Haru la seguirono senza problemi. Aomine, scocciato perché si doveva separare da Kise, li seguì solo dopo che Akashi l’ebbe minacciato di quadruplicare i suoi allenamenti.

“I rimanenti verranno con me,”disse brevemente Akashi.

Midorima e Kise – gli unici rimasti della Generazione dei Miracoli – e l’avvocato seguirono il ragazzo in un’altra stanza. “Akashicchi,” si lamentò Kise. “Perché hai separato Aominecchi da me? Non abbiamo gli stessi compiti?”

“Daiki ha le foto che avete modificato; le presenterà come prove. Tu sarai solo il testimone che lo confermerà.” Akashi chiuse la porta dietro di sé. Erano entrati in un piccolo studio, che era stato abbandonato quando Akashi si era trasferito a vivere da solo. “Smettila di lamentarti.”

Kise guardò in cagnesco il pavimento. A dire il vero, lui voleva essere parte di quelli che avrebbero mostrato le prove che avrebbero definitivamente distrutto Kuroko Ibuki.

“Seijuro-kun.” L’avvocato si fece avanti ed aggrottò la fronte. Akashi lo guardò, irritato per come l’uomo lo guardava negli occhi dall’alto in basso. “Preferirei parlare di questa faccenda con Hayato-san. Sarebbe molto meglio se io fossi messo nel gruppo di Hayato-san.”

“Io sono suo figlio,” disse secco Akashi. “Ciò che deve essere detto a mio padre può benissimo essere detto anche a me. Ne verrei comunque a conoscenza, alla fine.”

L’avvocato ebbe un tic all’occhio e spostò il suo peso da una gamba all’altra.

“Basta perdere tempo,” disse Midorima sistemandosi gli occhiali con il medio.”Akashi, cos’è che ci hai tenuto nascosto?”

Il rosso strinse con più forza la cartellina che teneva in mano. “Già, vi ho tenuto nascoste delle cose, vero?” Posò la spessa cartellina sulla scrivania, la aprì ed iniziò a rovistare tra i fogli. “Dato che Ryota e Daiki hanno modificato le foto, loro due dovrebbero già sapere parte di ciò che ho scoperto.”

Midorima guardò male Kise. Il biondo si grattò la testa. “Beh, ci siamo fatti un’idea, ma i dettagli sono ancora confusi.”

“Leggere questo dovrebbe essere d’aiuto.” Akashi tirò fuori tre plichi identici. “Ho fotocopiato tutti gli appunti, le scoperte e le prove su questi fogli. Le prime due pagine contengono i miei appunti ed un riassunto. Ci troverete i segreti di Ibuki che abbiamo scoperto. Sono questi che useremo per vincere il processo.”

Akashi porse un plico a ciascuno dei presenti. L’avvocato lo guardò, annoiato, dato che era già a conoscenza dei segreti di Ibuki e di come li avrebbero usati per attaccarla. Lui non avrebbe partecipato al processo; si sarebbe limitato ad aiutare a decidere il piano e l’ordine con cui presentare le prove. Midorima e Kise, invece, vi avrebbero preso parte.

“Questo è …” Midorima spalancò gli occhi. Rilesse quelle parole più volte, processando mentalmente i nomi e paragonando le sue previsioni con gli appunti di Akashi; tutto risultava nella stessa risposta. “Come ho fatto a non accorgermene… era proprio davanti ai miei occhi.”

Kise sussurrò lentamente il nome sulle sue labbra. Osservò i fogli, incredulo. “Quadra tutto. Ogni cosa ora ha senso.” Guardò Akashi con ammirazione. “Akashicchi, sei troppo intelligente…”

“Tutti hanno aiutato,”rispose Akashi. “Ma ovviamente io ho sempre ragione, non è così?” Non era mai stato un tipo troppo modesto. “Ora che siete stati messi al corrente della situazione,” Akashi li guardò freddamente negli occhi, avvocato incluso.

 
“Siete pronti a distruggere Ibuki?”
 
Kuroko Ibuki spalancò la porta del suo ufficio e vi si precipitò dentro. Molti degli impiegati sgranarono gli occhi per il suo modo di fare e si allontanarono veloci. La donna dai capelli azzurri era più che furiosa. Nella sua mente nuotavano migliaia di imprecazioni, indirizzate a  suo figlio, alla famiglia Akashi, a suo marito, alla Generazione dei Miracoli; a tutti quelli che l’avevano sfidata. Si erano messi sul suo cammino, avevano interferito.

“Dannazione!”ringhiò, prendendo la lampada dalla sua scrivania e gettandola contro il muro. La lampadina si ruppe in tanti piccoli pezzi di vetro affilato. Ancora furiosa, afferrò la targa con il suo nome e gettò anche quella contro la parete. “Non dovrei essere temuta? La donna più potente del Giappone? Perché non hanno paura di me?” Ibuki gettò via una sedia.

Poi la donna fece dei respiri profondi e lottò per ricomporsi. Piegò le dita delle mani, combattendo il desiderio di strangolare suo figlio. “Vogliono la guerra,” sibilò a denti stretti. “Saranno accontentati.”

Prese il cellulare da una tasca e compose velocemente un numero. Quindi lo portò all’orecchio con un sorrisetto.”Gli Akashi potranno essere i migliori avvocati del Giappone,” mormorò. “Ma io ho qualcuno che è ancora meglio.”

“Pronto? Iba – voglio dire, Ibuki?” La persona che aveva risposto parlava un inglese fluente.

“Liam,”disse Ibuki, parlando anche lei in inglese. “Ricordi quel favore che mi dovevi qualche anno fa?”

“…Sì.”

 
“È ora di restituirmelo. Io … ho bisogno che tu venga in Giappone per un po’.”
 
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“Fa male, Akashi-kun,” una voce debole ma inespressiva si rivolse al rosso. Istintivamente Kuroko afferrò le mani che gli stavano facendo male. Akashi alzò le sopracciglia, con uno sguardo che fece mollare la presa a Kuroko. Quindi ricominciò a bendargli il corpo.

“So che fa male,”disse Akashi. “Ma sarà ancora peggio se non metti se bende. Rilassati.”

“Hai,” rispose subito Kuroko. “Dove sono Aomine-kun e Kise-kun?”

Metà delle persone che avrebbero partecipato al processo si trovavano nell’appartamento di Akashi. Haru aveva svegliato presto Kuroko ed insieme erano andati in macchina fino a Kyoto. Non avevano preso il treno, perché sarebbe stato troppo pieno, ed uno spazio affollato non avrebbe favorito la guarigione di Kuroko. I due avevano incontrato Catherine, Jun e Hiroshi: anche loro dovevano presentarsi a casa di Akashi. Murasakibara e Midorima erano arrivati insieme, ma erano rimasti tutti e due fuori, dato che nell’appartamento c’era già troppa gente. Midorima era appena oltre la porta, Murasakibara invece aspettava in macchina, sgranocchiando qualche snack.

“Daiki e Aomine sono già andati,” rispose il rosso. “Lo stesso vale per mia Madre e mio Padre, insieme a Taiga.”

Kuroko sbatté le palpebre, sollevando le braccia quando Akashi gli chiese di farlo. “Kagami-kun? Hai coinvolto anche lui?” Per qualche motivo questo fece risvegliare un leggero senso di rabbia nel suo petto.

“Si stava facendo troppo curioso,” rispose brusco Akashi. “Inoltre ha delle connessioni in America. Mi sono state utili.”

“Ma –“

“Non discutere.”

Kuroko serrò le labbra e non disse più niente. Rabbrividì un po’ per il vento freddo. Tutti loro, suo padre, i colleghi, Akashi e lui, erano nel salotto, impegnati negli ultimi preparativi. La porta era spalancata e l’aria fredda poteva entrare.

“Hai freddo, Tetsu? Vuoi che chiuda la porta?” Haru smise di camminare avanti e indietro e si avvicinò preoccupato a suo figlio. Nonostante volesse apparire composto, l’uomo era tutto sudato per il nervoso e l’agitazione. Nella sua mente erano sorti tantissimi dubbi. “Ti fa male?”

“Sta bene, Haru-san. Si allontani o lo renderà nervoso.” Akashi si alzò da dove era inginocchiato, dato che aveva finito di fasciare Kuroko.

“G-giusto, chiedo scusa.”

“Indossa questa, Tetsuya.” Akashi prese una nuova camicia nera ed elegante, che aveva comprato appena il giorno prima. Haru era andato con lui per aiutarlo a scegliere la taglia adatta al fragile ragazzo.

Kuroko, obbediente, infilò le braccia nelle maniche, ma era infastidito dal fatto che Akashi avesse speso dei soldi per una cosa così inutile. Comunque non osò lamentarsi.

“Girati.”

Kuroko si girò.

Akashi iniziò ad abbottonare la camicia, partendo dall’alto. Le sue dita fredde sfioravano il petto di Kuroko e continuarono a farlo man mano che Akashi passava ai bottoni più in basso. Kuroko lottò per non arrossire e si morse un labbro per mantenere la calma di fronte a suo padre. Akashi fece un sorrisetto, consapevole della reazione di Kuroko. “Ora la cravatta.” Prese una cravatta a righe e la sistemò bene intorno al collo del compagno. Questa volta le dita di Akashi sfiorarono il suo mento.

“Akashi-kun,” disse Kuroko, ma si interruppe quando vide l’espressione del rosso.

“Adesso sei pronto,” disse piano Akashi, passando una mano tra i capelli di Kuroko per sistemarli. “Fisicamente. Sei anche pronto mentalmente?”

“Hai,” annuì Kuroko. “Dato che tu, Akashi-kun, e tutti gli altri sarete con me.”

“Ma certo.” Haru si sporse in avanti e baciò Kuroko sulle guance. “Non dovrai affrontare quella donna da solo.”

Akashi si sgranchì il collo e poi prese la cartellina voluminosa che era sul tavolo. “È ora. Siete tutti pronti?” Gli altri annuirono. “Andiamo. Tetsuya, tu verrai in macchina con me.”

Accettarono tutti le disposizioni ed iniziarono ad uscire. Kuroko si aggrappò saldamente alla giacca di suo padre, mentre Akashi gli posò una mano sulla schiena per incoraggiarlo ad avanzare. Quando furono fuori Midorima li salutò, tenendo in mano anche lui una cartellina di documenti.

Kuroko alzò lo sguardo sulla luce accecante del cielo e fece un respiro profondo.


Si comincia, okaa-san.



 
NdT: Salve a tutti!
Che dire, questo è un po’ un capitolo di transizione, nel prossimo ci sarà finalmente il processo. Vi avviso già, sarà un capitolo molto lungo, e con molti termini giuridici su cui dovrò documentarmi, quindi mi ci vorrà un po’ per prepararlo. >.<  Spero che in caso di ritardo siate misericordiosi….!
Nel frattempo, spero che questo vi sia piaciuto!
Come sempre, vi ringrazio tutti! Alla prossima, Nienor_11
   
 
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