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Autore: Scath Panther    29/09/2013    1 recensioni
....La liberazione di Derek era stata complicata, ma alla fine era andato tutto bene, certo la morte per mano sua della S.I era stata una nota negativa, ma il loro collega, amico e confidente Derek Morgan era uscito quasi illeso da quel incubo...
Il continuo di My Obsession, ma tranquilli se non vi va di leggere il racconto precedente non cambia nulla, la storia è completamente autonoma, ci sono solo pochi riferimenti a quella passa.
Questa volta i nostri amati Derek e Reid saranno alle prese con un caso complicato, si beh come sempre, ma con due aspetti forse mai trattati prima l'omicida è sotto gli occhi da tutti eppure Reid ha dei dubbi. Ma non è tutto Derek sarà vittima di fantasmi inconsci difficili d'affrontare, ce la farà da solo o qualcuno lo dovrà aiutare?
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Derek Morgan, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: Lemon, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le menti degli assassini, due profiler'
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I tuoi occhi
Siamo arrivati al capitolo sei, mi spiace aver perso lettori e soprattutto persone interessate, avevo abbandonato la fic e mi spiace. Ringrazio invece chi di nuovo si è appassionato o chi ha cominciato da poco a seguire la storia! Sappiate che una recensione (o anche solo un piccolo commento) sarà sempre ben gradito, anche se fosse una critica per me andrebbe benissimo!
Vi annuncio che ho scritto il finale e un paio di capitoli, me ne mancano pochi (si lo so ho scritto prima il finale degli altri capitoli, ma sono fatta così!) quindi è sicuro, questa storia avrà un ciclo sicuro e finito!

Con l'occcasione ricordo che i personaggi della squadra di Criminal Minds non mi appartengono, non ne detengo i diritti, e non scrivo di loro a scopo di lucro!




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6° capitolo

 

23 gennaio, ospedale di Stafford

Il dottore Ottawa fece accomodare il signor McFarlan fuori dalla stanza, scortato da due agenti e si fermò a parlare con l’avvocato della difesa, il procuratore, un tecnico di laboratorio nominato dal tribunale e Reid.

 

- Sarò sincero, per prima cosa ho osservato accuratamente gli occhi di quell’uomo è posso affermare da subito che c’è una patina, molto spessa, nell’iride, un eccedenza di cellule, questo causa il cambiamento di colore, non posso dire perché, ma il cambiamento è reale. Tutti i campioni sono stati raccolti, entro una giornata saranno analizzati, oggi pomeriggio sono state fissate la risonanza magnetica e la tac, per la mappatura dobbiamo aspettare domani, non c’è modo di liberare il laboratorio prima – i presenti nella stanza annuirono quasi contemporaneamente.

- So che non posso fare commenti, ma è mio dovere dirlo: come medico ho avuto solo altri due casi simili, la presenza di due DNA in una persona non è cosa così rara, ma non ho mai riscontrato casi di influenza di un DNA sull’altro. Per il momento è tutto – lo scetticismo dell’uomo sembrava condiviso da tutti, tranne che da Reid convinto di ciò che affermava e difficilmente avrebbe cambiato idea. Venne indicato a tutti loro il documento da firmare per conferamre la presenza durante i prelievi in modo che in tribunale fosse dimostrato che le prove non erano state contraffatte, apposero le dovute firme e furono liberi di andare.

 

In corridoio, il procuratore, strinse la mano al dottor Reid e poi si congedò, doveva presenziare ad un’altra udienza; l’avvocato della difesa parlò con i propri esperti e Reid si trovò a pensare che non aveva molto da fare, non prima di due o tre ore, erano solo le undici del mattino: troppo preso per pranzare, troppo tardi per uno spuntino; non voleva disturbare Morgan e Garcia era stata chiamata con urgenza a Washington per aiutare Hotch e Prentiss che non avevano ancora concluso la loro “consulenza” all’ambasciata. Aveva in rubrica un paio di numeri, un vecchio compagno del college che si era trasferito da poco in Virginia, poco fuori Richmond, ed una ex recluta, ora agente di pattuglia del quartiere dove abitava, lo aveva conosciuto durante uno dei corsi tenuti da Morgan, avevano iniziato a parlare e si era dimostrato molto brillante, un po’ troppo impulsivo e irruento ma molto divertente. Dopo pranzo sarebbe dovuto tornare all’ospedale per le successive analisi, ma passare le ore di attesa lì, non era il massimo.

- Grazie –

 
Il signor McFarlan aveva parlato, gli aveva rivolto la parola. A pochi metri da lui, seduto fra le due guardie che aspettavano l’ordine di portare in una delle camere di psichiatria l’uomo.

- Stia zitto – lo intimidì uno dei due.

- La prego, mi salvi. Non sono io… glielo giuro – continuò, i suoi occhi erano di nuovo marroni, quasi neri stavolta, così intensi, lontani da quello strano azzurro striato di grigio, l’espressione di profondo dolore e le mani che torturavano dita e unghie, tutto gli diceva che quella persona era la stessa che chiedeva aiuto anche in tribunale, ma troppo diversa da quella seduta al banco dell’imputato, così fredda e distante…

Io… io…

- Vuole uccidermi! –

- Stia zitto, basta! – l’altro agente, più severo strattonò per la spalla l’uomo che finalmente si zittì abbassando la testa, guardando dritto davanti a se.

Non lo permetterò, l’aiuterò

Mormorò, forse neanche fu ascoltato dai tre uomini, soprattutto dal presunto omicida, ma doveva dirlo ad alta voce, doveva convincersene, non aveva salvato “Terry” ma Albert McFarlan era tutt’altra storia, avrebbe trovato il modo di salvarlo.

 

 

 

- Ciao pasticcino, ho saputo che ti è servito il mio aiuto! –

Garcia hai parlato con il procuratore Hughs?

- Già, ho mezz’ora di pausa e volevo sentire come stavi. Entro domani notte torniamo Prentiss e Hotch da Washington e io dai miei noiosi lavori con altre squadre. Per fine settimana ricominceremo con incarichi per tutta la squadra –

Lo so, domani mi devo presentare davanti alla commissione per l’ultima volta. Giudicheranno il mio operato e dal periodo di osservazione decideranno se sono idoneo per tornare a lavoro. Non avrei mai pensato che un profiler rischiasse l’esonero dal lavoro su strada, quando noi in strada non andiamo quasi mai! È quasi, matematicamente impossibile, capisci?

- Ehy, dolcezza, dimentichi che tu era il pupillo di uno dei luminari della criminologia, che dopo averti insegnato molto e averti trasmesso lo scettro dello strambo del gruppo se n’è andato –

Io non sono Gideon

- Già tu hai Derek… ehm JJ, Hotch, Prentiss, Rossi e ME –

Era la linea disturbata o la donna stava ridacchiando vicino al microfono del telefono?

 

Ti saluto, sto per pranzare

- Con qualcuno? – chiese curiosa e speranzosa.

Sì, uno dei ragazzi del corso di psicologia forense

- Oh, ehm… allora a presto, ciao ciao! – appena conclusa la telefonata con il ragazzo, Garcia, fu presa da smania e compose il numero dell’agente di colore della squadra, voleva urlargli “DEREK MORGAN perché non stai pranzando con Reid? Perché lo lasci pranzare con un… perfetto sconosciuto?” però non fece nulla di tutto ciò. Tornò a mangiare nella vaschetta di plastica la sua insalata mista, era convinta che i due finalmente avessero sbloccato le cose, ma evidentemente non era così.

 

 

Ciao

- Salve dottor Reid, come va? –

Oh non chiamarmi dottor Reid, già non mi sento a mio agio a insegnare a ragazzi che hanno pochi anni meno di me se poi anche fuori le aule del corso mi si chiama dottor Reid mi sento davvero un professore attempato che non sta simpatico a nessuno

- Oh ma lei sta simpatico a tutti, anche a me! – il ragazzo ventitreenne, dalla mente geniale, con una forte aspirazione ai risultati scolastici, era ancora in piedi di fronte al tavolino dove Reid stava sorseggiando un the freddo.

Il dottore aveva ricevuto una telefonata subito dopo che le guardie avevano allontanato il prigioniero, un invito inaspettato che  aveva accettato immediatamente, un’ottima distrazione. 
Era uno degli studenti del corso di psicologia forense in cui Reid trattava una lezione a settimana sulla modalità di applicazione di un profilo ad un sospetto, in pratica dava consigli e illustrava vecchi casi, in cui si creavano profili nonostante la presenza di un sospettato. Recentemente avevano inserito questa ulteriore “materia” perché molti agenti dell’FBI che operavano sul campo avevano difficoltà in questo aspetto.
La classe contava venti ragazzi di ventuno anni circa, sei ragazze tra i diciannove e vent’anni e almeno una decina di ragazzi e ragazze di ventisei anni. Trovarsi tra ragazzi di poco più giovani di lui lo portava sempre ad avere un atteggiamento estremamente cordiale, quasi cameratesco. Aveva accettato l’invito senza pensare e ora si trovava davanti agli occhi un ragazzino dal sorriso smagliante e la voglia di imparare il più possibile dal mondo con occhi attenti e vispi.
 

Prego siedi, ho ordinato un the freddo, non ho molta voglia di mangiare, pensavo a una cesare salade, ma non so, devo rimanere leggero, dovrò assistere a una serie di analisi dopo e non credo che mangiare grassi saturi e quantità eccessive di proteine mi farebbe molto bene, non trovi? Ehm… tutto ok?

Il ragazzo, messosi a sedere, aveva sistemato una lunga e ingombrante borsa a tracolla vicino alla propria sedia, aveva dato una rapida occhiata al menù, abbandonandolo subito dopo sulla terza sedia ora vuota, ed infine aveva preso il telefono dalla tasca e lo aveva spento, tutto ciò mentre il dottore faceva uno dei suoi monologhi, uno di quelli spassosi: argomento improbabile su cui solo lui riusciva a discernere informazioni o anche solo commenti, per una quantità di tempo inimmaginabile.

- Tutto ok. Io prenderò un sandwich di pollo, patate al forno e una bevanda fruttata, e forse… il dolce – il sorrisetto ironico del ragazzo fu colto dal dottore all’improvviso, come se solo in quell’attimo avesse iniziato a porsi domande e forse era davvero così, si stava chiedendo soltanto ora che cavolo ci faceva lì! E perchè  gli occhi del ragazzino non si perdevano ogni sua singola mossa. Sembra quasi lo stesse studiando e analizzando.

Come fai ad avere il mio numero?

- Ho quello del lavoro, no? Una volta lo ha dato a Becca Leroy per delle ripetizioni extra,  aveva saputo che era stata ammessa all’accademia di Chicago e voleva che fosse più che preparata prima di farla partire, si ricorda?! – non aveva esitato nel pronuciare quella chiara spiegazione, ma dai suoi occhi il dottore aveva percepito una sorta di preoccupazione intrinseca, come se svelare quel particolare lo mettesse in posizione di svantaggio.

 
Oh, si certo. Ricordo Becca

- Lei ricorda tutto, no? –

Beh sì, comunque. È successo più di un anno fa

- Direi 18 mesi –

Sono deduttivo e addestrato a leggere schemi in ogni persona, avvenimento, persino nelle catastrofi. Però quando non lavoro mi piace… chiedere

Aveva imparato molto lentamente a lasciare da parte la sua solita maniera di affrontare le cose, ovvero analizzare, analizzare e ancora analizzare, quando si trovava lontano dal lavoro, perché molte persone trovavano quel suo modo di fare fastidioso e persino fin troppo indiscreto! Peccato che il ragazzino stesse facendo lo stesso con lui, si sentiva decisamente sotto analisi. 

- Ok, ok. Comunque, mi sono fatto dare il suo numero il mese scorso, poco prima che voi partiste per… quel brutto caso, quello che ha coinvolto uno dell’FBI –

Uhm, uhm

- Beh io volevo parlarle. Ho aspettato però, so quello che è successo nel Kentucky. Non so se lei ne è a conoscienza, ormai il suo nome è leggenda. Da genio assoluto a cecchino di serial killer! – l’allegria nella voce del ragazzo fecero sorridere, se pur appena, il dottore; davvero c’era chi pensava quello di lui?

Non è andata come si dice in giro…

- Lo so, sto studiando per essere un bravo, anzi ottimo poliziotto, ho fatto domanda per entrare nell’FBI. Sto anche partecipando ad alcune delle lezioni di autodifesa e attacco a mani nude dell’agente Derek Morgan, è un suo collega, non è così? –

Certo!

Troppo tardi, troppo entusiasmo, quasi non aveva urlato, il solo nome di Morgan causava quel genere di reazione in lui?   

 

- Io… volevo… ehm, le ho mandato un messaggio, qualche tempo fa, non so neanche se lei lo ha letto –

Eri tu quindi?

- Certo! – sembrava quasi che avesse imitato il suo tono, come per fargli eco, impreparato Reid scosse il capo sorridendo.

- Non ci crede? –

Certo che ci credo, ma sai, ingenuamente, o forse con troppa malizia ho pensato che chi aveva scritto quelle parole… ehm ci stesse provando con me

Il ragazzo non rispose, gli nascose gli occhi perchè era chiaro che avrebbero dato una risposta chiara e decisa al contrario della sua voce che si ostinava a non palesarsi, alzò di scatto la testa, puntando lo sguardo oltre il dottore seduto di fronte a lui e intravide la cameriera, sventolò veloce il braccio e con un gran sorriso chiamò la ragazza. Salvo!
Reid non poté che attendere e così Morgan aveva alluso a qualcosa di vero, magari che aveva visto lui stesso?
Con la razionalità che lo contraddistingueva provò a osservare il ragazzo, con occhio critico.
Era alto almeno 1.70, qualche centimetro meno di lui, a occhio e croce dovevano pesare allo stesso modo, mostrava qualche centimetro in più di muscoli, forse proprio per quelle lezioni a cui accennava pocanzi; il viso da ragazzino, capelli scuri, frangia lisciata, forse anche piastrata, tagliati molto corti. Due grandi occhi verdi con un bordo giallo che gli ricordavano quelli di un cucciolo, non per forma o colore, ma per intensità. Il collo sottile con una piccola voglia che contrastava con il colore molto chiaro della pelle e un sorriso che non sembrava poter esser oscurato da nulla. Trench nero, doppio petto, con il colletto perfettamente inamidato, sotto portava dei jeans stretti e scarponcini grigio scuro, ben curato, attento ai dettagli, l’orologio, un anello al pollice, una collanina, alcune spille sul trench.

- Buon giorno, volete ordinare? –
- Certo, allora un sandwich della casa, una fruit-soda e per il mio amico una Cesar Salade e… dell’acqua – Reid annuì, continuando a rimanere in silenzio, lasciando completamente cadere quell’appellativo “per il mio amico”

- D’accordo. Torno in pochi minuti –

La ragazza si allontanò mentre lo studente spostò lo sguardo tornando ad osservare il dottore apparentemente di nuovo a suo agio.
 

Alan, giusto?

- Si ricorda il mio… nome. Che idiota, lei ricorda tutto! –

Perché non la smetti? Ti sforzi di fare l’ingenuo simpaticone, mi spiace dirtelo ma ho visto troppo per non capirlo. Posso sapere perché sei qui?

Di nuovo “l’agente” che era in lui saltò fuori, mettendo a disagio il suo ospite, ancora una volta a disagio. 

- Oh, io. Sì, ha ragione. Ma è vero che per un attimo mi ero sentito speciale nel sapere che ricordava il mio nome – e quella frase come risposta diede ulteriori conferme al dottore. Non solo i suoi occhi, il fuggire da quella domanda, ma soprattutto quella risposta. Maledizione Morgan aveva visto come sempre qualcosa che lui non era proprio capace a captare da solo.

Non sei il tipo che chiede favori o che vuole ricattare. Dunque?

- Ho seguito quel caso della ragazza piromane, era in un’università, non ricordo dove, non che importasse per me. Però… per la prima volta la intravidi in tv e allora mi sono detto… chissà come dev’essere fare l’agente dell’FBI –

Uau, ti ho ispirato. Mi fa piacere, volevi ringraziarmi? Non dovevi non credo sia giusto, anche io ho avuto i miei modelli e..

- Cosa? No, no. Cioè si, mi ha ispirato. Beh però io volevo –

 

- Ecco a voi – la ragazza, interrompendo di netto la frase di Alan, posò sul tavolino una ciotola con la cesar salade e un piattino con il sandwich.

Uhm, sembra invitate

- Già –

 

Il dottore pensava di averla scampata, in cuor suo aveva capito che quello strano ragazzo stava per dire qualcosa di assolutamente bizzarro e spiazzante, ma poteva guadagnare tempo, o addirittura scappare, già lui Dottor Reid (agente speciale) voleva fuggire.

- Cinque anni fa, quando l’ho vista la prima volta in tv, io… beh ho capito che cos’è il colpo di fulmine – la forchetta sollevata a mezz'aria con il suo secondo boccone di foglioline e pezzetti di tonno rimase per qualche secondo lì dov'era, a pochi centimetri dalla sua bocca. E ora? Indeciso cercò gli occhi del ragazzo, come a cercare conferma della veridicità di quelle parole e la trovò. Ora si che aveva un problema! O almeno... presto lo avrebbe




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Non so più se sto andando fuori dai personaggi, sinceramente ci ho fatto poco caso, più sviluppo i vari casi e entro nelle vicende e più mi perdo nei meandri delle loro menti quindi non riesco ad essere obbiettiva e legger da fuori come appaiono, spero di non aver stravolto i loro caratteri, mi spiacerebbe moltissimo!
Questo capitolo ovviamente serve a dare una volta di più delle note sul caso e qualcosa sul dottore, non voglio creare drammi, odio i tradimenti e le incomprensioni, ma Alan mi serve per un motivo e più avanti lo capirete anche voi! 

Al prossimo capitolo ^_-

Bye bye
Ombra

diffondiamo il verbo!

   
 
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