Vi annuncio che ho scritto il finale e un paio di capitoli, me ne mancano pochi (si lo so ho scritto prima il finale degli altri capitoli, ma sono fatta così!) quindi è sicuro, questa storia avrà un ciclo sicuro e finito!
Con l'occcasione ricordo che i personaggi della squadra di Criminal Minds non mi appartengono, non ne detengo i diritti, e non scrivo di loro a scopo di lucro!
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6°
capitolo
23
gennaio, ospedale di Stafford
Il
dottore Ottawa fece accomodare il signor McFarlan fuori dalla stanza,
scortato
da due agenti e si fermò a parlare con l’avvocato
della
difesa, il procuratore, un tecnico di laboratorio nominato dal
tribunale e Reid.
-
Sarò sincero, per prima cosa ho osservato accuratamente gli
occhi di quell’uomo
è posso affermare da subito che c’è una
patina, molto spessa, nell’iride, un
eccedenza di cellule, questo causa il cambiamento di colore, non posso
dire
perché, ma il cambiamento è reale. Tutti i
campioni sono stati raccolti, entro
una giornata saranno analizzati, oggi pomeriggio sono state fissate la
risonanza
magnetica e la tac, per la mappatura dobbiamo aspettare domani, non
c’è modo di
liberare il laboratorio prima – i presenti nella stanza
annuirono quasi
contemporaneamente.
-
So
che non posso fare commenti, ma è mio dovere dirlo: come
medico ho avuto solo
altri due casi simili, la presenza di due DNA in una persona non
è cosa così
rara, ma non ho mai riscontrato casi di influenza di un DNA
sull’altro. Per il
momento è tutto – lo scetticismo
dell’uomo sembrava condiviso da tutti, tranne
che da Reid convinto di ciò che affermava e
difficilmente avrebbe cambiato
idea. Venne indicato a tutti loro il documento da firmare per
conferamre la presenza durante i
prelievi in modo che in tribunale fosse dimostrato che le prove non
erano state
contraffatte, apposero le dovute firme e furono liberi di andare.
In
corridoio, il procuratore, strinse la mano al dottor Reid e poi si
congedò,
doveva presenziare ad un’altra udienza; l’avvocato
della difesa parlò con i
propri esperti e Reid si trovò a pensare che non aveva molto
da fare, non prima
di due o tre ore, erano solo le undici del mattino: troppo preso per
pranzare,
troppo tardi per uno spuntino; non voleva disturbare Morgan e Garcia
era stata
chiamata con urgenza a Washington per aiutare Hotch e Prentiss che non
avevano
ancora concluso la loro “consulenza”
all’ambasciata. Aveva in rubrica un paio
di numeri, un vecchio compagno del college che si era trasferito da
poco in
Virginia, poco fuori Richmond, ed una ex recluta, ora agente di
pattuglia del
quartiere dove abitava, lo aveva conosciuto durante uno dei corsi
tenuti da
Morgan, avevano iniziato a parlare e si era dimostrato molto brillante,
un po’
troppo impulsivo e irruento ma molto divertente. Dopo pranzo sarebbe
dovuto
tornare all’ospedale per le successive analisi, ma passare le
ore di attesa lì,
non era il massimo.
-
Grazie –
Il
signor McFarlan aveva parlato, gli aveva rivolto la parola. A pochi
metri da
lui, seduto fra le due guardie che aspettavano l’ordine di
portare in una delle
camere di psichiatria l’uomo.
-
Stia zitto – lo intimidì uno dei due.
-
La
prego, mi salvi. Non sono io… glielo giuro –
continuò, i suoi occhi erano di
nuovo marroni, quasi neri stavolta, così intensi, lontani da
quello strano
azzurro striato di grigio, l’espressione di profondo dolore e
le mani che
torturavano dita e unghie, tutto gli diceva che quella persona era la
stessa
che chiedeva aiuto anche in tribunale, ma troppo diversa da quella
seduta al
banco dell’imputato, così fredda e
distante…
-
Vuole uccidermi! –
-
Stia zitto, basta! – l’altro agente, più
severo strattonò per la spalla l’uomo
che finalmente si zittì abbassando la testa, guardando
dritto davanti a se.
Non
lo permetterò, l’aiuterò
Mormorò,
forse neanche fu ascoltato dai tre uomini, soprattutto dal presunto
omicida, ma
doveva dirlo ad alta voce, doveva convincersene, non aveva salvato
“Terry” ma
Albert McFarlan era tutt’altra storia, avrebbe trovato il
modo di salvarlo.
-
Ciao pasticcino, ho saputo che ti è servito il mio aiuto!
–
Garcia
hai parlato con il procuratore
Hughs?
-
Già, ho mezz’ora di pausa e volevo sentire come
stavi. Entro domani notte
torniamo Prentiss e Hotch da Washington e io dai miei noiosi lavori con
altre
squadre. Per fine settimana ricominceremo con incarichi per tutta la
squadra –
Lo
so, domani mi devo presentare
davanti alla commissione per l’ultima volta. Giudicheranno il
mio operato e dal
periodo di osservazione decideranno se sono idoneo per tornare a
lavoro. Non
avrei mai pensato che un profiler rischiasse l’esonero dal
lavoro su strada,
quando noi in strada non andiamo quasi mai! È quasi,
matematicamente
impossibile, capisci?
-
Ehy, dolcezza, dimentichi che tu era il pupillo di uno dei luminari
della
criminologia, che dopo averti insegnato molto e averti trasmesso lo
scettro
dello strambo del gruppo se n’è andato –
Io
non sono Gideon
-
Già tu hai Derek… ehm JJ, Hotch, Prentiss, Rossi
e ME –
Era
la linea disturbata o la donna stava ridacchiando vicino al microfono
del
telefono?
Ti
saluto, sto per pranzare
-
Con qualcuno? – chiese curiosa e speranzosa.
Sì,
uno dei ragazzi del corso di
psicologia forense
-
Oh, ehm… allora a presto, ciao ciao! – appena
conclusa la telefonata con il
ragazzo, Garcia, fu presa da smania e compose il numero
dell’agente di colore
della squadra, voleva urlargli “DEREK MORGAN
perché non stai pranzando con
Reid? Perché lo lasci pranzare con un… perfetto
sconosciuto?” però non fece
nulla di tutto ciò. Tornò a mangiare nella
vaschetta di plastica la sua
insalata mista, era convinta che i due finalmente avessero sbloccato le
cose,
ma evidentemente non era così.
Ciao
-
Salve dottor Reid, come va? –
Oh
non chiamarmi dottor Reid, già non
mi sento a mio agio a insegnare a ragazzi che hanno pochi anni meno di
me se
poi anche fuori le aule del corso mi si chiama dottor Reid mi sento
davvero un
professore attempato che non sta simpatico a nessuno
-
Oh
ma lei sta simpatico a tutti, anche a me! – il ragazzo
ventitreenne, dalla mente
geniale, con una forte aspirazione ai risultati scolastici, era ancora
in piedi
di fronte al tavolino dove Reid stava sorseggiando un the freddo.
Il
dottore aveva ricevuto una telefonata subito dopo che le guardie
avevano
allontanato il prigioniero, un invito inaspettato che aveva
accettato immediatamente, un’ottima distrazione.
Era uno
degli studenti del corso di psicologia forense in cui Reid trattava una
lezione
a settimana sulla modalità di applicazione di un profilo ad
un sospetto, in
pratica dava consigli e illustrava vecchi casi, in cui si creavano
profili
nonostante la presenza di un sospettato. Recentemente avevano inserito
questa
ulteriore “materia” perché molti agenti
dell’FBI che operavano sul campo avevano
difficoltà in questo aspetto.
La
classe contava venti ragazzi di ventuno anni circa, sei ragazze tra i
diciannove e vent’anni e almeno una decina di ragazzi e
ragazze di ventisei
anni.
Prego
siedi, ho ordinato un the freddo,
non ho molta voglia di mangiare, pensavo a una cesare salade, ma non
so, devo
rimanere leggero, dovrò assistere a una serie di analisi
dopo e non credo che
mangiare grassi saturi e quantità eccessive di proteine mi
farebbe molto bene,
non trovi? Ehm… tutto ok?
Il
ragazzo, messosi a sedere, aveva sistemato una lunga e ingombrante
borsa a
tracolla vicino alla propria sedia, aveva dato una rapida occhiata al
menù,
abbandonandolo subito dopo sulla terza sedia ora vuota, ed infine aveva
preso
il telefono dalla tasca e lo aveva spento, tutto ciò mentre
il dottore faceva
uno dei suoi monologhi, uno di quelli spassosi: argomento improbabile
su cui solo
lui riusciva a discernere informazioni o anche solo commenti, per una
quantità
di tempo inimmaginabile.
-
Tutto ok. Io prenderò un sandwich di pollo, patate al forno
e
una bevanda
fruttata, e forse… il dolce – il sorrisetto
ironico del
ragazzo fu colto dal
dottore all’improvviso, come se solo in
quell’attimo avesse
iniziato a porsi domande
e forse era davvero così, si stava chiedendo soltanto ora
che
cavolo ci faceva
lì! E perchè gli occhi del ragazzino
non si
perdevano ogni sua singola mossa. Sembra quasi lo stesse studiando e
analizzando.
Come
fai ad avere il mio numero?
-
Ho
quello del lavoro, no? Una volta lo ha dato a Becca Leroy per delle
ripetizioni
extra, aveva
saputo che era stata
ammessa all’accademia di Chicago e voleva che fosse
più
che preparata prima di
farla partire, si ricorda?! – non aveva esitato nel
pronuciare
quella chiara spiegazione, ma dai suoi occhi il dottore aveva percepito
una sorta di preoccupazione intrinseca, come se svelare quel
particolare lo mettesse in posizione di svantaggio.
Oh,
si certo. Ricordo Becca
-
Lei ricorda tutto, no? –
Beh
sì, comunque. È successo più di un
anno fa
-
Direi 18 mesi –
Sono
deduttivo e addestrato a leggere
schemi in ogni persona, avvenimento, persino nelle catastrofi.
Però quando non
lavoro mi piace… chiedere
Aveva
imparato molto lentamente a lasciare da parte la sua solita maniera di
affrontare le cose, ovvero analizzare, analizzare e ancora analizzare,
quando
si trovava lontano dal lavoro, perché molte persone
trovavano
quel suo modo di
fare fastidioso e persino fin troppo indiscreto! Peccato che il
ragazzino stesse facendo lo stesso con lui, si sentiva decisamente
sotto analisi.
-
Ok,
ok. Comunque, mi sono fatto dare il suo numero il mese scorso, poco
prima che
voi partiste per… quel brutto caso, quello che ha coinvolto
uno dell’FBI –
Uhm,
uhm
-
Beh io volevo parlarle. Ho aspettato però, so quello che
è successo nel
Kentucky. Non so se lei ne è a conoscienza, ormai
il suo nome è leggenda. Da genio assoluto a
cecchino di serial killer! – l’allegria nella voce
del ragazzo fecero sorridere,
se pur appena, il dottore; davvero c’era chi pensava quello
di lui?
Non
è andata come si dice in giro…
-
Lo
so, sto studiando per essere un bravo, anzi ottimo poliziotto, ho fatto
domanda
per entrare nell’FBI. Sto anche partecipando ad alcune delle
lezioni di
autodifesa e attacco a mani nude dell’agente Derek Morgan,
è un suo collega,
non è così? –
Certo!
Troppo
tardi, troppo entusiasmo, quasi non aveva urlato, il solo nome di
Morgan causava
quel genere di reazione in lui?
-
Io… volevo… ehm, le ho mandato un messaggio,
qualche tempo fa, non so neanche
se lei lo ha letto –
Eri
tu quindi?
-
Certo! – sembrava quasi che avesse imitato il suo tono, come
per fargli eco, impreparato
Reid scosse il capo sorridendo.
-
Non ci crede? –
Certo
che ci credo, ma sai,
ingenuamente, o forse con troppa malizia ho pensato che chi aveva
scritto
quelle parole… ehm ci stesse provando con me
Il
ragazzo non rispose, gli nascose gli occhi perchè era chiaro
che
avrebbero dato una risposta chiara e decisa al contrario della sua voce
che si ostinava a non palesarsi, alzò di scatto la testa,
puntando lo sguardo oltre il dottore seduto di fronte a lui e intravide
la cameriera, sventolò veloce il braccio
e con un gran sorriso chiamò la ragazza. Salvo!
Reid
non poté che attendere e così Morgan aveva alluso
a qualcosa di vero, magari
che aveva visto lui stesso?
Con
la razionalità che lo contraddistingueva provò a
osservare il ragazzo, con occhio critico.
Era
alto almeno 1.70, qualche centimetro meno di lui, a occhio e croce
dovevano pesare
allo stesso modo, mostrava qualche centimetro in più di
muscoli,
forse proprio
per quelle lezioni a cui accennava pocanzi; il viso da ragazzino,
capelli
scuri, frangia lisciata, forse anche piastrata, tagliati molto corti.
Due
grandi occhi verdi con un bordo giallo che gli ricordavano quelli di un
cucciolo, non per forma o colore, ma per intensità.
Il collo sottile con una piccola
voglia che contrastava con il colore molto chiaro della pelle e un
sorriso che non sembrava poter esser oscurato da nulla. Trench nero,
doppio petto, con il colletto perfettamente inamidato, sotto portava
dei jeans
stretti e scarponcini grigio scuro, ben curato, attento ai dettagli,
l’orologio, un anello al pollice, una collanina, alcune
spille
sul trench.
-
Buon
giorno, volete ordinare? –
-
Certo, allora un sandwich della casa, una fruit-soda e per il mio amico
una
Cesar
-
D’accordo. Torno in pochi minuti –
La
ragazza si allontanò mentre lo studente spostò lo
sguardo
tornando ad osservare il dottore apparentemente di nuovo a suo
agio.
Alan,
giusto?
-
Si
ricorda il mio… nome. Che idiota, lei ricorda tutto!
–
Perché
non la smetti? Ti sforzi di fare
l’ingenuo simpaticone, mi spiace dirtelo ma ho visto troppo
per non capirlo.
Posso sapere perché sei qui?
Di
nuovo “l’agente” che era in lui
saltò fuori,
mettendo a disagio il suo ospite, ancora una volta a disagio.
-
Oh, io. Sì, ha ragione. Ma è vero che per un
attimo mi
ero sentito speciale nel
sapere che ricordava il mio nome – e quella frase come
risposta
diede ulteriori
conferme al dottore. Non solo i suoi occhi, il fuggire da quella
domanda, ma soprattutto quella risposta. Maledizione Morgan aveva visto
come sempre qualcosa che lui non era proprio capace a captare da solo.
Non
sei il tipo che chiede favori o che
vuole ricattare. Dunque?
-
Ho
seguito quel caso della ragazza piromane, era in
un’università, non ricordo
dove, non che importasse per me. Però… per la
prima volta la intravidi in tv e
allora mi sono detto… chissà come
dev’essere fare l’agente dell’FBI
–
Uau,
ti ho ispirato. Mi fa piacere,
volevi ringraziarmi? Non dovevi non credo sia giusto, anche io ho avuto
i miei
modelli e..
-
Cosa? No, no. Cioè si, mi ha ispirato. Beh però
io volevo –
-
Ecco a voi – la ragazza, interrompendo di netto la frase di
Alan, posò sul
tavolino una ciotola con la cesar salade e un piattino con il sandwich.
Uhm,
sembra invitate
-
Già –
Il
dottore pensava di averla scampata, in cuor suo aveva capito che quello
strano
ragazzo stava per dire qualcosa di assolutamente bizzarro e spiazzante,
ma
poteva guadagnare tempo, o addirittura scappare, già lui
Dottor Reid (agente
speciale) voleva fuggire.
- Cinque anni fa, quando l’ho vista la prima volta in tv, io… beh ho capito che cos’è il colpo di fulmine – la forchetta sollevata a mezz'aria con il suo secondo boccone di foglioline e pezzetti di tonno rimase per qualche secondo lì dov'era, a pochi centimetri dalla sua bocca. E ora? Indeciso cercò gli occhi del ragazzo, come a cercare conferma della veridicità di quelle parole e la trovò. Ora si che aveva un problema! O almeno... presto lo avrebbe
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Non
so più se sto andando fuori dai personaggi, sinceramente ci
ho
fatto poco caso, più sviluppo i vari casi e entro nelle
vicende
e più mi perdo nei meandri delle loro menti quindi non
riesco ad
essere obbiettiva e legger da fuori come appaiono, spero di non aver
stravolto i loro caratteri, mi spiacerebbe moltissimo!
Questo
capitolo ovviamente serve a dare una volta di più delle note
sul
caso e qualcosa sul dottore, non voglio creare drammi, odio i
tradimenti e le incomprensioni, ma Alan mi serve per un motivo e
più avanti lo capirete anche voi!
Al prossimo capitolo ^_-
Bye bye
Ombra
diffondiamo il verbo!