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Autore: Horrorealumna    29/09/2013    1 recensioni
Perse concentrazione per un secondo e si ritrovò a correre incontro ad un'altra mostruosa creatura, urtandola e poi finire per terra. Una violenta tosse gli tolse il respiro e la sua mascella prese a muoversi da sola, quasi a tremare, suscitando in lui un leggerissimo fastidio, come dopo un’anestesia dal dentista. Era veleno. Quei mostri rigettavano veleno nell’aria. Ma non avevano bocca.
Genere: Dark, Horror, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sunderland, Laura, Maria, Mary Sheperd Sunderland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fear of ...'
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Via di Fuga


- E’... morto?
James toccò piano il mostro con l’asse, riscontrando che la creatura era definitivamente immobile. Quella che giaceva, per terra, era solo una schifosa massa informe e rossa, non più simile ad una persona; il “viso” era ridotto parecchio male e c’era uno strano liquido che gli colava sul “petto”. Non c’erano più dubbi: quel mostro era finalmente morto.
- Che diavolo era quella cosa?
Non importava quante volte gli occhi dell’uomo si posarono sul cadavere; cose del genere non esistevano e non avevano senso di esistere. Poteva trattarsi di uno strano esperimento scappato da qualche laboratorio dalle vicinanze? Giocò con le diverse possibilità razionali che gli passavano per la mente, ma tutte erano senza capo né coda. L’asse insanguinata era caduta per terra, accanto alla creatura.
All’improvviso la radio ritornò al centro delle attenzioni di James, che la squadrava nella sua mano, con sospetto: appena il mostro si era avvicinato, la radio aveva emesso il rumore fastidioso di prima, ma ora che la creatura era morta, l’oggettino era diventato muto. Eppure, un secondo dopo, riprese vita. James si guardò attorno, in cerca di altri mostri. Ma era solo... era tutto così diverso. Ascoltando con attenzione, gli sembrò di udire una flebile voce femminile, oltre lo statico. James sussultò. Mary!
Quella era la voce di Mary.
Prese saldamente la radio e l’avvicinò all'orecchio.

- A............................................. sono.......... e................ Vieni a................ woodsi.............menti ..... non.............. si................................. endo f................................ perché................... -u mi h........................ Jam................

La radio si faceva sempre più vicina alla tempia di James, che intanto era diventato avido di sentire ancora. Ma la voce della moglie si affievolì, fino a scomparire del tutto; lui spinse tutti i pulsanti e le levette ma la voce era completamente scomparsa. Arrendendosi, mise la radiolina nella tasca della sua giacca, lasciandola accesa per qualsiasi evenienza e sospirò: forse Mary era arrivata alla stazione radio, o a qualche torre di controllo della città, e stava cercando di lasciargli un messaggio. Forse la lettera non era altro che un semplice indizio per qualcosa di più grande. Ma se questo era vero, allora perché la radio della sua automobile non aveva trasmesso nessuna voce? Come poteva, una stupidissima radio rotta, ricevere un segnale così lontano?
Ripercorse i suoi stessi passi fino a ritornare in città, in cerca degli Appartamenti Woodside, come, fievolmente, tra il fastidioso statico, Mary gli aveva suggerito. Comunque, c’era un problema: non aveva idea di dove fossero e sulla mappa non erano segnati; e la prospettiva di incontrare dei residenti andava a diminuire ogni secondo di più. James cominciò a camminare per Linsdey Street, poi per Nathan Avenue, non molto lontano dal Parco Rosewater, uno dei suoi “posti speciali” . Dato che gli appartamenti erano sperduti, chissà dove, poi, avrebbe potuto direttamente tagliare per il luogo di ritrovo. Ma l’ombra di due persone che emergeva dalla nebbia lo attirò.
- Ehi, voi due! - urlò lui cercando di catturare la loro attenzione; dopo un secondo prese a correre verso di loro. Ma non appena il familiare rumore di statico si ripresentò, forte quando prima, proveniente dalla radiolina nella sua tasca dovette fermarsi di botto. La sua voce li aveva spinti a voltarsi e le figure sembrarono fissarlo, immobili. E non appena mossero piccoli ed incerti passi verso il forestiero, James notò che qualcosa era sbagliato: si muovevano a scatti, assumendo posizioni innaturali e contorcendosi mille volte meglio di qualsiasi acrobata. Erano mostri, esattamente uguali a quello che James aveva ucciso poco prima.
La stessa sensazione di orrore e disgusto si ripresentò nell’uomo: voleva distruggerli, frantumare le loro teste come aveva già fatto - qualsiasi cosa per liberarsi di quelle empie figure.
James realizzò, improvvisamente, che dopo la battaglia aveva abbandonato la sua arma, il lungo pezzo di legno. Per un momento, prese in considerazione l’idea di prendergli a pugni, ma sapeva che il solo tocco di quei mostri, di toccare quella viscida pelle lo avrebbe fatto crollare e abbandonare la battaglia, magari lasciandolo scoperto e rischiando la vita. Erano due, lui era solo. Il conflitto fu impossibile: corse veloce, preparato, verso sud, prima che le creature si fossero avvicinate troppo, verso Katz Street, poco lontana dal centro, per poi Neely Street. Le convulsioni delle creature le rallentavano l’andatura e, in poco tempo, non furono più visibili per via della nebbia. Lo statico della radio si era abbassato di intensità, per fortuna. Rispondeva alla presenza di mostri, era certo. Ma come poteva riuscirci? Era rotta. Raccoglierla era davvero servito a qualcosa, dopotutto. Comunque, per quanto i mostri fossero lontani e invisibili, lo statico non accennava minimamente a svanire del tutto.
James superò l’incrocio di Martin Street e Katz Street, arrivano anche a superare la Neely Street. Continuava a correre davanti a sé, diretto ora a Munson Street, dato che molte altre vie erano infestate.
- Ma che diavolo succede? - mormorò. I mostri avevano invaso la città, o qualcosa del genere? Anche Katz Street pullulava di esseri privi di braccia; le vie da percorrere sembravano essere terminate. James era paralizzato dal terrore e poteva solo osservare i movimenti scomposti delle creature che danzavano attorno a lui, nella nebbia. Non c’era più modo di tornare indietro. In quel critico momento, le parole della strana ragazza incontrata al cimitero risuonarono nella sua mente. Non sapeva, prima, se darle della pazza o no... e adesso...
Avrebbe dovuto ascoltarla. Avrebbe dovuto essere tornato alla macchina, vicino ai bagni pubblici, quando ne aveva l’occasione. Anche dopo il primo incontro col mostro, se necessario; ma non l’aveva fatto. La sua disperata ricerca per Mary... non poteva arrendersi. Solo il pensiero di poterla rivedere e riabbracciare, anche un’ultima volta, era troppo forte; quell’immagine felice lo spingeva ad andare avanti.
Mary... l’unica persona che avrebbe reso quel che restava della sua inutile vita... valso di essere davvero vissuto. Rischiare la vita era il prezzo da pagare, ma non poteva lasciare che succedesse così.
James corse veloce, pregando di trovare spazio tra i mostri, per seminarli e allontanarsi; nel momento in cui fu visibile il primo mostro, però, la nebbia sembrò cambiare colore davanti ai suoi occhi e la bocca e il naso di James cominciarono a bruciare, emanando uno strano acre odore. Perse concentrazione per un secondo e si ritrovò a correre incontro ad un'altra mostruosa creatura, urtandola e poi finire per terra. Una violenta tosse gli tolse il respiro e la sua mascella prese a muoversi da sola, quasi a tremare, suscitando in lui un leggerissimo fastidio, come dopo un’anestesia dal dentista. Era veleno. Quei mostri rigettavano veleno nell’aria. Ma non avevano bocca! E non appena un altro mostro si avvicinò all’uomo, a lui sembrò di scorgere una cavernosa spaccatura verticale sul petto della creatura, nera, bagnata di uno strano liquido nero; si dilatò per pochi secondi, come nell’atto di un respiro, preparandosi per un altro spruzzo di veleno. Ancora confuso e stordito dalla vita in su, James tirò un potente calcio alle gambe tremanti dell’essere, facendolo cadere al suo fianco. Non avendo braccia, la creatura si trascinò senza resistenza alcuna, cercando allo stesso tempo di rimettersi in piedi; James, più veloce, intanto, l’aveva iniziato a prendere a calci.
- Muori!
Le sue pedate ruppero e squarciarono la pelle del mostro, lasciandolo mezzo scuoiato e pieno di sangue. Ad ogni colpo ed impatto, la creatura squittiva di dolore e si contorceva con sempre più vigore, sussultando violentemente e scuotendo le gambe e la testa; James pensò di scappare in un primo momento, ma le patetiche mosse di contrattacco della creatura che si trascinava cercando un ulteriore scontro, lo sorpresero. In più, cominciava davvero a sentirsi male: non c’era parte del suo corpo che non tremasse, la vista era offuscata per il veleno. Era un brutto segno. Non avrebbe avuto molte possibilità di scappare, conciato così. Indietreggiò, quindi, verso una grata di ferro, che cigolò sotto la spinta delle sue mani. Era... un cancello?
James aveva proprio ragione: spinse forte il freddo metallo intrecciato in fili scomposti e arrugginiti, e si affrettò a varcare la soglia, richiudendo il cancello e fermando la serratura con un lucchetto che trovò per terra, per tenere a distanza i mostri.
Tre piccoli plessi, parti di un’unica costruzione, si ergevano al suo fianco, con pareti grigie e rovinate dalle intemperie. Una piccola insegna in ferro aveva inciso:

 
“Appartamenti Woodside”.



 
 
 
   
 
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