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Autore: Anna Wanderer Love    29/09/2013    4 recensioni
Mi chiamo Rachel e sono l'Oracolo del dio Apollo, il Sole. Ciò che provo per lui è più di un semplice affetto... almeno credo. E lui? Cosa prova lui per me?
*Storia scritta da Anna Love e giascali*
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Apollo, Rachel Elizabeth Dare
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rachel sorrise davanti a una vetrina di un negozio, stringendosi al fianco la borsa. Osservò una maglia multicolore, riflettendo che non ne aveva ancora una del genere nell'armadio e che avrebbe dovuto comprarla. Gettò una rapida all'occhiata all'orologio che aveva al polso, e con uno sbuffo si accorse di non avere abbastanza tempo. Continuò a camminare lungo il marciapiede di New York, schivando un ragazzino che per poco non la travolse con lo skateboard.
Scrollò le spalle e spostò una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio, sospirando.
La sua mente era un turbinio di pensieri confusi. Non aveva particolari ricordi di due giorni prima, quando era stata male, ma chissà per quale ragione se solo iniziava a pensare a qualche dio le scivolava addosso un vago senso di disagio.
Si passò distrattamente una mano nei capelli color fuoco, fermandosi ad un semaforo rosso. Le macchine le sfrecciavano davanti facendole aria, e ne era contenta. Quel sabato faceva davvero caldo. Qualcuno la spintonò, forse per errore, e lei si ritrovò a barcollare in avanti. Per fortuna riprese l'equilibrio giusto in tempo per saltare indietro e non farsi travolgere da una macchina. Una signora anziana le chiese se stesse bene e lei annuì, passandosi una mano sulla fronte. Il suo cuore continuava a battere all'impazzata.
Si voltò, cercando la persona che l'aveva spinta, ma niente. Un impiegato con le cuffie alle orecchie; una giovane coppia mano nella mano; due ragazzini che discutevano animatamente dei pokemon; una signora di mezz'età e una mamma con una bambina piccola. Nessuno la guardava o sembrava interessarsi a lei. Probabilmente chi l'aveva spinta in strada se n'era andato da un pezzo.
Si girò e attraversò sulle strisce, velocemente.
Qualche minuto dopo, vedendo la calca nella piazza, si perse d'animo e si diresse in un bar all'angolo della strada, con finestre ampie e, all'interno, pareti di legno chiaro. All'Ade l'appuntamento con Argo per un passaggio al Campo. L'avrebbe aspettata di sicuro, qualche minuto prima o dopo non cambiava niente.
Entrò e fece per sedersi ad un tavolo, quando il laccio della sua borsa si impigliò in una sedia. Inciampò e quasi cadde. Con una sottile imprecazione si rialzò e strattonò la borsa, irritata. Un colpo di tosse, come quello di chi ha mal di gola, le fece voltare la testa.
Rachel sgranò gli occhi. Seduto ad un tavolo, su un divanetto rosso, comodamente stravaccato, c'era lui. Apollo.
-Oh dei- sospirò, mentre lui inclinava la testa di lato e faceva un sorrisino diabolico.
Si avvicinò e si sedette davanti a lui, su un pouf blu. Erano davanti alla finestra, ma il via vai dei passanti non riuscì a farle distogliere lo sguardo dal dio, che appoggiò la testa alla stoffa chiara e morbida del divano. Indossava solo dei jeans e una maglia bianca che non gli stava niente male.
-Che ci fai qui?- Gli domandò. Apollo però non sembrò curarsi del suo stupore e le sorrise ancora. Rachel strinse le labbra e si chinò verso di lui.
Quando gli fu davanti ripeté: -CHE. CI. FAI. QUI?
Il dio continuò a sorridere. Al che Rachel sospirò e si prese la faccia tra le mani.
-Certo che potresti anche rispondere- mormorò.
“Non posso, dolcezza” disse una voce nella sua testa.
Rachel alzò scatto la testa verso il dio. La voce che aveva sentito era la sua.
“Si, è la mia.”
-Allora? Mi vuoi dire come mai non mi hai risposto?- Chiese ad alta voce lei. Poi, siccome un signore ad un tavolo poco lontano le aveva scoccato un’occhiataccia non sentendo il dio parlare, si decise a parlare mentalmente.
Il dio storse il naso contrariato. “Mio padre mi ha punito per una sciocchezza.”
Si sentì un tuono in lontananza. Apollo incrociò le braccia e sospirò. “Punire il proprio figlio solo perché non la smette di recitare dei fantastici haiku è una sciocchezza.”
Rachel ridacchiò.
Apollo si girò verso di lei e alzò un sopracciglio, con gli occhi dorati che sembrarono mandarla a fuoco tanto erano intensi... ma erano anche divertiti,si rese conto la ragazza.
“E cos'hai da ridere, tu? Guarda che quella che fino a pochi giorni fa stava male, eri TU.” La rimbrottò il dio, la voce da ventenne che assomigliava a quella di un bambino imbronciato.
-Ma adesso è lei il quasi malato, no, signore?- Replicò la ragazza.
Poi arrivò una cameriera e l’Oracolo ordinò un cappuccino e una cioccolata per il dio, anche se non l’aveva chiesto. Quando la ragazza si fu allontanata con le ordinazioni, Apollo replicò nella mente di Rachel.
“Tecnicamente sono in punizione, non sono malato.”
“Dev'essere terribile avere un dio come genitore, quando ti punisce potrebbe anche mandarti al Tartaro per un secolo” sorrise la ragazza, intrecciando le mani sotto al mento. Apollo sbuffò, sprofondando nel divanetto.
“Non fingere di fare quella comprensibile, dolcezza, non ti viene bene quella parte. Comunque hai fatto un bel numero, prima.”
“Cosa?”
“Non hai praticamente fatto un salto mortale, poco prima? Per il Tartaro, dolcezza, sembra che tu non possa fare a meno di fare delle figuracce, come quella di qualche giorno fa...”
“Cosa ho fatto qualche giorno fa?” domandò Rachel, confusa. Non rammentava alcuna situazione imbarazzante. Si fermò un attimo per pensarci su e, quando capì che giorno intendeva Apollo, impallidì. Il dio sogghignò.
“Oh dei. Apollo, cos'ho detto?”
Lui storse il naso, palesemente divertito. Lei avrebbe voluto prendere a schiaffi quel viso da cucciolo luminoso.
“Ho promesso che non l'avrei detto” le sorrise candido e lei soppresse l’impulso di tirargli uno sberlotto.
“A chi?” Disse con calma.
“A te, dolcezza.”
Lei lo guardò contrariata, ma in quel momento la cameriera bruna arrivò con le ordinazioni. Rachel prese a mescolare il suo cappuccino fingendo di non vedere quell’odiosa smorfiosa rivolgere un sorriso tutto zucchero e miele al dio, che le indirizzò un sorriso splendente.
Bleah, mi viene mal di stomaco, pensò acida, fissando il liquido cremoso nella tazza bianca e rimescolandolo con il cucchiaino. Non sapeva perché si fosse sentita così... punta quando lui aveva risposto alle attenzioni di quella là.
“Se hai mal di stomaco dammelo a me, il cappuccino” disse Apollo con aria divertita, osservando le guance del suo oracolo tingersi di un rosso delizioso, lo stesso rosso che le copriva le spalle in una nuvola soffice di ricci.
Lei sbuffò, stringendo con forza le dita attorno alla povera tazza.
-Fuori dalla mia testa, dio da strapazzo!- Sbraitò imbarazzata, e lo stesso signore di prima le rivolse un’occhiata fulminante. Rachel sprofondò nella poltrona mentre il dio se la rideva.
“Mai!” La canzonò.
Lei gli scoccò un’occhiataccia e lui un ghigno.
Poi Apollo si chinò sul tavolo, e allungando la mano le tolse una macchia di schiuma dal labbro. Quando le dita del dio sfiorarono le labbra calde della ragazza entrambi sussultarono, percorsi da una scarica elettrica. Lui si alzò velocemente.
Prima di voltarsi e uscire dal bar senza una parola si passò una mano tra i capelli biondi, si chinò e diede un bacio sulla guancia a Rachel, che rimase di sasso.
“Mi hai detto che sono bello” sussurrò la sua voce nella mente del suo giovane Oracolo.
Poi il dio si girò e scomparve.
E Rachel rimase a fissare incredula il suo cappuccino ormai freddo, mentre un sorriso si allargava lentamente sul suo volto arrossato.

AnGoLo DelLe AuTrIcI:
Be per ora ci sono solo io, Anna!
Volevo dirvi, visto che nei capitoli precedenti non l'ho detto, che sta storia è scritta anche da giascali! Le parti più belle e movimentate sono sue!
Spero vi piaccia questo capitolo...
Speriamo, anzi! Dai, fatemi un regalo: entro stasera almeno una (o due) recensioni!!

 

   
 
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