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Autore: _Frency_    29/09/2013    3 recensioni
In una giornata come tante le vite dei Tokio Hotel vengono stravolte da una notizia inaspettata: li aspetta il duetto con una cantante semi-sconosciuta per incidere la colonna sonora di un film recentemente uscito nelle sale cinematografiche. La cantante in questione è Kerli, ragazza dalla personalità stravagante e decisamente folle. A che cosa porterà questa forzata -e improbabile- collaborazione? I nostri idoli si destreggeranno tra posizioni da prima donna usurpate, vestiti di frusciante tulle, serate all'insegna del divertimento più sfacciato e una scadenza: marzo. Cinque mesi, centocinquanta giorni che a seconda dei casi appariranno infinitamente lunghi o terribilmente brevi. Il successo più assoluto sarà la ricompensa... ma se non dovessero farcela?
Dal testo:
[...] I suoi amici e suo fratello sapevano benissimo da cosa era provocato tutto quell’ astio: un’altra cantante – donna, per giunta! – che si intrometteva nel suo territorio, nella sua band. Una ragazza che non poteva fare a meno di vedere come una possibile minaccia, un pericolo. [...]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricami sul Cuore.'
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Capitolo 11: You Know I Can’t Say No.


 
Probabilmente entrambi sapevano che nulla sarebbe più stato lo stesso dopo quello che era successo, ma certo non si aspettavano che le cose sarebbero cambiate così tanto. Gradualmente si erano accorti che non avrebbero più potuto comportarsi come pochi giorni prima, ma nonostante questo certi particolari non erano affatto cambiati. Anzi, si erano addirittura accentuate alcune delle strambe caratteristiche che caratterizzavano il loro singolare rapporto. Entrambi avevano sempre la battuta pronta per zittire l’altro, ma se prima trapelava una certa velenosità dalle loro parole ora questa aveva lasciato spazio a sottili allusioni a ciò che era successo quel giorno fuori dal Sunshine. E che si era inevitabilmente ripetuto più e più volte.

Calamite.

Ecco com’erano. Due calamite che a lungo si erano respinte, per poi finire inevitabilmente per attrarsi. Sembrava impossibile che Bill riuscisse a starle lontano, visto come la traeva a sé appena era certo che né suo fratello né i ragazzi fossero nei paraggi. Erano belli quei momenti: c’erano solo loro due, persi e sempre pronti a ritrovarsi, stretti in un abbraccio caldo e rassicurante. E anche se la saletta adiacente allo studio di registrazione – la stessa in cui Bill aveva trascinato la ragazza quel giorno di pioggia – non era il massimo del romanticismo era assolutamente perfetta per i loro incontri. Lì potevano rifugiarsi senza il timore di essere disturbati: un giro della chiave nella toppa scricchiolante e il mondo rimaneva tagliato fuori, e insieme ad esso anche le preoccupazioni, i doveri e le mille costrizioni a cui dovevano sottostare. Lì i baci diventavano soffici carezze e parole sussurrate, la pelle bruciava e gli occhi luccicavano di cupe fiamme dorate. Qualche volta Bill, conoscendo la diffidenza del gemello e la curiosità degli amici, cercava di resistere all’impulso di rifugiarvisi con la ragazza. Peccato che Kerli sapesse esattamente che lui non sapeva negarsi. Le bastava guardalo con quei suoi occhi color del mare in burrasca, assumendo quell’espressione da bambolina di porcellana, perfetta e candida, che lui mandava al diavolo ogni altra cosa che non fosse lei. Quel giorno si stava proprio ripetendo una di quelle situazioni.

Con la scusa di una fare una breve pausa e di schiarirsi la voce, entrambi si erano assentati. E adesso lei era seduta sul tavolo accostato ad una parete, e con le proprie gambe cingeva i fianchi del ragazzo, in piedi di fronte a lei. Le labbra di Kerli erano già notevolmente arrossate (complice anche il rossetto cremisi), e Bill aveva appoggiato il volto nell’incavo della sua spalla, inspirando piano il suo profumo di vaniglia.

-Sai una cosa?- biascicò ad un certo punto lui, risalendo dalla sua spalla e percorrendo con la punta del naso il profilo del volto della ragazza, depositando qua e là qualche piccolo, caldo bacio.

-Cosa?- ribatté lei, infilando le mani tra i capelli scuri del ragazzo e traendolo ancora a sé.

-Sei una perfida approfittatrice- concluse, mordendo lievemente la pelle sensibile del collo niveo, facendola sobbalzare leggermente per la sorpresa.

-Ah, sì? E perché mai?- domandò la ragazza, fingendosi sorpresa e piegando il capo di lato, invitando Bill a non smettere di assaggiare la sua pelle.

-Perché sai che non so dirti di no- disse lui, scostandosi dalla sua pelle per poterla guardare meglio negli occhi. Sorrise.

-E ne approfitti- aggiunse, prima di baciarla nuovamente. Che colpa poteva mai avere, se le sue labbra erano un invito a continuare all’infinito?

Kerli, in tutta risposta, morse le labbra del ragazzo.

-Tu non sei da meno- soffiò sulle sue labbra, notando con una certa soddisfazione che sul labbro inferiore del cantante andava a formarsi un sottile sfregio rossastro.

-E tu hai appena deturpato le mie meravigliose labbra- ribatté lui, intercettando lo sguardo della ragazza posato sulla sua bocca.

-Addirittura!- esclamò lei, divertita.

-Mi sembra esagerato- disse, prima di rivolgergli un sorrisetto malizioso –Però hai ragione: hai delle labbra perfette-

Bill sogghignò, stringendosi maggiormente al corpo della ragazza davanti a lui.

-Reginetta- lo richiamò lei, facendolo sbuffare. Nonostante tutto quello, lei non aveva accennato a smettere ad affibbiargli nomignoli ridicoli.

-Penso che dovremmo andare- sussurrò al suo orecchio, richiamando la sua attenzione con la propria voce vellutata.

-Prima che vengano a cercarci…- aggiunse lei, sentendo che la presa del cantante sui suoi fianchi prima si intensificava, e poco dopo si allentava lentamente. Gli fece una dolce carezza sul viso pallido, per poi scendere con grazia dal tavolo.

-Vado prima io- gli disse, schioccandogli un ultimo bacetto sulla guancia.

Lui si lasciò sfuggire un mugolio insoddisfatto, ma la lasciò andare di buon grado. Avevano sempre avuto la cortezza di rientrare in studio in momenti diversi, visto che tutti gli avevano occhieggiati malamente dopo essere tornati insieme un paio di volte.
Dopo una manciata di minuti si chiuse la porta della saletta alle spalle con un tonfo sordo, apprestandosi a raggiungere gli altri. Pregustava già di intonare nuovamente uno dei brani che avevano composto nell’ultimo periodo, e assorto com’era nei suoi pensieri nemmeno si accorse di suo fratello, finché non vi sbatté contro.

-Tom!- esclamò stupito, mentre il ragazzo gli rivolgeva un’occhiata truce.

-Ompf, eccoti, finalmente. Cominciavamo a dubitare che saresti rientrato: la tua amichetta non ci ha messo così tanto per schiarirsi la voce- sbottò il chitarrista, voltandogli le spalle e avviandosi verso lo studio, mentre il cantante non poteva fare a meno di seguirlo a capo chino.
 


Quando anche quella giornata fu finita, entrambi i cantanti tirarono un sospiro di sollievo. Era stata una mattinata stressante, complice anche la costante fonte di disattenzione reciproca che sembrava non accennare a lasciarli in pace. E come mai avrebbero potuto concentrarsi? Erano proprio loro stessi a distrarsi reciprocamente. Nonostante questo, gli altri sembravano soddisfatti del lavoro eseguito. Dopo giorni di prove, correzioni e revisioni, in più, avrebbero finalmente inciso la versione completa del brano, e per questo erano tutti in fibrillazione. Dopotutto, era stata un’ esperienza nuova, e se all’inizio era parso impossibile per tutti e cinque, adesso la consapevolezza di essere ad un passo dal traguardo si faceva viva in loro. Bill e Kerli stentavano a contenere la felicità, e a quell’euforia si aggiungeva la gioia di essere finalmente insieme. Tom, nonostante la preoccupazione per il gemello, era evidentemente soddisfatto per il lavoro svolto in quei due mesi. Georg, invece non poteva fare a meno di dimostrarsi entusiasta, e non cercava neanche di dissimulare quella felicità, a differenza del chitarrista. E Gustav, anche se ostentava la consueta riservatezza, era visibilmente compiaciuto. Se, però, gli amici gli chiedevano il motivo di quella contentezza, lui rispondeva immancabilmente che era a causa dell’imminente arrivo del Natale. Questo faceva sorridere i compagni, che tra una risata e l’altra non potevano che dargli ragione. Poco più di un mese e mezzo, e nell’aria si sarebbe respirata la profumata aria delle feste, loro avrebbero potuto prendersi una settimana di vacanza da passare in totale relax, e la città avrebbe brillato di calde luci e sorrisi felici.

Cosa c’è di meglio del Natale, soprattutto se passato con le persone più importanti per te?

Bill se lo stava domandando, e senza quasi rendersene conto aveva rivolto lo sguardo verso Kerli, che chiacchierava tranquilla in compagnia del bassista. Chissà con chi avrebbe festeggiato lei. Chissà se conosceva qualcuno, oltre a loro, in quell’immensa città che non le apparteneva e a cui, certamente, non sentiva di appartenere. Provò a pensare cosa avrebbe fatto lui se si fosse trovato in una città nuova e se le sue uniche conoscenze fossero stati ragazzi con cui aveva un rapporto decisamente singolare.

Beh, ci sarebbe Tom.

Effettivamente, lui non aveva mai dovuto affrontare certe situazioni. Non aveva mai dovuto cavarsela strettamente da solo, perché Tom era sempre lì. E la cosa era reciproca. Eppure, nonostante questa gemellarità che impediva loro di sentirsi veramente soli, avevano più volte sperimentato ciò che significava la solitudine. Quando ci pensava, Bill sorrideva con amarezza e malinconia. Era paradossale: erano costantemente attorniati da milioni di persone, e malgrado questo riuscivano a sentirsi abbandonati, in qualche strano modo.

Si voltò verso Kerli, e si concesse un istante per osservarla, perché ogni volta appariva diversa ai suoi occhi. Magari anche lei, una volta, si era sentita come loro. Sperduta, senza niente a cui aggrapparsi per restare a galla e non affondare. In quel momento era così bella, anche con la voce resa bassa dallo sforzo e il volto stanco. Appariva forte, piena di vita. Come se niente potesse scalfirla: non un giudizio, non un commento poteva graffiarla.

Sembrava contenta, e sorrideva dolcemente a Georg, che sembrava intento a spiegarle qualcosa. Bill non provava quella scottante invidia che pensava l’avrebbe bruciato e corroso. No, era certo che lei fosse solo sua, e che non avrebbe dovuto temere nessun male. E poi, lei aveva lui. Perché mai avrebbe dovuto desiderare qualcun altro?

-Ragazzi, vi va di andare a mangiare qualcosa insieme?- domandò ad un certo punto il cantante, avvicinandosi a Georg e Kerli, che annuirono, mostrandosi assolutamente d’accordo.

-Vado a chiederlo anche agli altri due- fece il bassista, salutando i due cantanti con un gesto della mano e dandosi appuntamento fuori dallo studio.

Bill si accostò alla ragazza, che gli sorrise radiosa, stringendo le mani del cantante tra le proprie in un moto d’affetto.

-Allora, bambolina, come è andata?- le chiese, anche se conosceva bene la risposta. Se si sentiva come lui, era a pezzi e con la mente ingombra di pensieri. Di quest’ultima cosa non era proprio certo, perché faceva ancora fatica a decifrare i pensieri che le sfioravano la mente, e dal suo viso non riusciva a percepire nessuna emozione anche lontanamente simile al dubbio. Sembrava semplicemente felice di essere lì con lui, e per questo non l’avrebbe mai ringraziata abbastanza. Quando lo guardava così, con gli occhi luminosi e pieni di aspettativa, sembrava che per lei esistesse solo lui. E Bill si sentiva importante per lei, anche se non capiva bene fino a che punto.

-Direi bene, anche se ormai non ho più voce. Penso che le nostre chiacchierate all’aperto comincino a fare vedere i loro risvolti negativi- rispose lei con spensieratezza, non particolarmente preoccupata all’idea di rimanere afona per qualche giorno.

Bill, invece, con un certo dolore, ricordò il difficile periodo passato dopo l’operazione alle corde vocali. Sembrava passato così tanto tempo! E invece, neanche un anno prima giaceva steso sul quel lettino d’ospedale, dove ogni cosa appariva candida e immacolata, fredda e asettica. Quanti giorni aveva lasciato trascorrere, senza proferire parola? Quante parole aveva taciuto, con pazienza e sofferenza, pur di tornare a cantare? Ancora una volta, la sua ancora di salvezza erano stati i suoi amici e suo fratello. La sua famiglia speciale. Ricordava perfettamente quella sensazione sconosciuta, di smarrimento e confusione, che si era impossessata di lui quando si era reso conto ciò che implicava non parlare. Come avrebbe potuto sopravvivere uno come lui, che doveva la sua vita anche alla sua voce? Che adorava esprimersi, parlare per ore, fare rumore? Che incitava tutti gli altri, anche attraverso le sue canzoni, a fare lo stesso. A non assistere mai in silenzio a soprusi e violenze, a non lasciarsi sopraffare da niente e nessuno. E alla fine si era ritrovato sconfitto dal suo unico nemico: il silenzio.

Non le aveva dimenticate le notti passate nell’immobilità più assoluta, a scrutare il buio della sua stanza nel vano tentativo di cogliere anche il più piccolo suono, quando una lacrima silenziosa scivolava giù lungo la guancia, rigandogli la pelle e marchiandola di un ricordo che mai lo avrebbe abbandonato. Spesso non chiudeva occhio fino all’alba, quando la stanchezza vinceva ogni cosa e chiudeva le palpebre, pensando che non vi fosse più nulla di buono e giusto e importante per cui lottare. Poi però si svegliava, e con il sole sorgeva anche una nuova speranza, forte e rigogliosa, che germogliava nel suo cuore e lo rinfrancava. Non sapeva neanche lui dove l’aveva trovata la forza per andare avanti, ma l’aveva fatto. E mentre osservava come un   silenzioso spettatore, la sua vita e quella delle persone che amava mutava lentamente, stravolgendo con sé il loro piccolo universo. Poi era arrivata la sera in cui Tom si era seduto accanto a lui, e piano piano avevano ricominciato tutto da capo. La voce era tornata, e con lei la consapevolezza di essere più forte di prima. Di essere maturato e cresciuto più di quanto si aspettasse e credesse.

E adesso era . Probabilmente, vi era anche per quella forza di volontà che aveva più volte dimostrato di avere.

-Kerli- sussurrò, assaporando il suo nome tra le labbra, prima di depositarle un lieve bacio sull’angolo della bocca, dove la pelle si era leggermente screpolata a causa del freddo.

-Ehi, Reginetta, e questo che cos’era?- chiese lei, la voce resa dolce da una nota melodiosa.

Portò le mani al viso del ragazzo, accarezzandone con infinita tenerezza la pelle morbida.

-C’è qualcosa che non va?- gli chiese, cercando i suoi occhi e guardandolo attentamente.

A Bill sorprendeva ogni volta di più il modo in cui sembrava conoscerlo alla perfezione, come intuisse sempre ciò che lo turbava o ciò che lo rendeva felice. Era come se fosse parte di sé, come se lo conoscesse da sempre e non avesse bisogno di parole per capirlo. Le bastavano gesti, espressioni, sguardi per cogliere la minima sfumatura del suo carattere. Non poteva che sentirsi perfettamente in sintonia con lei.

-Sai, tu riesci a capirmi come nessun’altro, ma io… io faccio così fatica a comprendere te- ammise lui, chinando il capo, amareggiato per aver dovuto ammettere una cosa simile.

-Oh, Bill- sussurrò lei, abbracciandolo e stringendosi contro il suo petto gracile.

-Davvero io riesco in questo?- nonostante glielo stesse domandando, Bill credeva che lei se ne rendesse perfettamente conto.

-Sì- rispose lui, con il volto appoggiato alla spalla della ragazza, un angolino che ormai occupava ogni qual volta che gli si presentava
l’occasione.

-Io… Io capisco di non essere una persona facile: non sentirti in colpa per questo, non sentirti in colpa se non riesci a comprendermi- disse lei, accarezzandogli i capelli e la schiena, come per calmarlo.

Intanto, una parte di sé, gridava a gran voce un’unica frase, che sembrava volesse imprimersi indelebilmente nel suo cuore.

Non cercare di capirmi: amami.









My Space:

Ciao ragazze! ^^

Sono tornata, finalmente, con un capitolo tutto dedicato ai nostri due innamorati. Lo ammetto: avevo detto che era troppo presto per parlare di amore, ma la frase finale mi piaceva molto e ho pensato che, in fondo, potevo anche permettermela. Dopotutto, è solo la parte più romantica di Kerli che comincia ad attribuire un nome a quel sentimento che tanto la pervade.  Non corriamo troppo però: potete stare certe che per le fatidiche due paroline ci vorrà ancora tempo!

Piccolo accorgimento ad un pensiero di Bill: "
E poi, lei aveva lui. Perché mai avrebbe dovuto desiderare qualcun altro?"  Io credo fermamente in ciò che ho scritto in questa frase, ed essendo un pensiero piuttosto ingenuo e profondo allo stesso tempo, pensavo che si addicesse particolarmente bene a Bill. Mi piacerebbe sapere il vostro parere al riguardo.


Detto questo non aggiungo altro, e passo subito ai ringraziamenti.


Grazie a Heilig__ , auroramyth , _Vesper_  e  Lia483  per aver recensito i precendi capitoli. Grazie a tutte le ragazze che preferiscono, seguono, ricordano o semplicemente leggono. Siete tutte ragazze fantastiche!

Alla prossima,

Frency.

 
   
 
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