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Autore: SusanTheGentle    30/09/2013    11 recensioni
Un amore improvviso, due cuori che si incontrano ma che non riescono mai a toccarsi davvero come vorrebbero...almeno fino all'ultimo giorno. Nessuno sa. Forse nessuno saprà mai. Solo Narnia, unica testimone di quell'unico attimo di felicità.
Caspian e Susan sono i protagonisti di questa nuova versione de "Il Viaggio del Veliero". Avventura, amore e amicizia si fondono nel meraviglioso mondo di Narnia...con un finale a sorpresa.
"Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos'è successo ai sette Lord e dove sono finite le Sette Spade"
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C'era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c'erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all'improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c'era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti"

STORIA IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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48. Alla fine della battaglia
 
 
 
Shira precedette i due ragazzi e la balena, trovando l’uscita di quel luogo oscuro.
Era per quel motivo che aveva voluto seguire la Driade e il Re Supremo: aveva paura che non sarebbero stati in grado di ritrovare il confine tra oscurità e luce. Ma lei era così abituata ad entrare ed uscire dai confini dell’Isola delle Tenebre, che ormai era un gioco da ragazzi trovare la giusta fenditura per tornare nell’Oceano Orientale.
E infatti, ecco che l’isola di Ramandu apparve davanti a loro. La vetta più alta, sulla quale si trovava la Tavola di Aslan, si elevava contro il cielo azzurro.
Peter e Miriel strizzarono gli occhi nella luce del sole, quasi dimentichi che fuori di là era ancora giorno.
I due ragazzi stringevano tra le braccia le sei Spade dei Lord. Purtroppo erano stati costretti a lasciare i compagni senza la protezione della magia dei talismani, senza le uniche armi in grado di sconfiggere Jadis. Speravano con tutti il cuore, e pregavano in silenzio, che gli amici riuscissero a tener testa alla Strega Bianca fino a che loro due e Shira non fossero ritornati indietro.
Non avevano idea di cosa sarebbe accaduto una volta poste le Spade sulla Tavola di Aslan, ma confidavano nel Grande Leone, il quale avrebbe certamente dato loro quello di cui avevano bisogno.
Pioggia, gelo, vento e tuoni, vennero sostituiti in un istante da una tiepida brezza piacevole, il calore del sole che scaldava la pelle, e il suono tranquillo del rollare delle onde li accompagnò fino a destinazione.
Shira fece uno scatto in avanti e un largo giro con le piccole ali tese, scendendo poi verso la spiaggia dove si posò su un basso scoglio. Attese che i ragazzi la raggiungessero.
Peter e Miriel saltarono giù dall’ampio dorso di Blu, il quale fece un basso verso baritonale per far capire loro che li avrebbe aspettati lì.
Peter gli diede un amichevole colpetto sul muso e poi corse via, insieme alla Driade e al falchetto, verso l’interno dell’isola.
Attraversarono i giardini di Ramandu, vuoti come sempre, immobili e silenziosi.
La luce, i colori, i profumi, ridavano loro la perduta consapevolezza di essere in un mondo di vivi, e non di morti. Tale sensazione li aveva assaliti e accompagnati finché erano rimasti avvolti dall’oscurità e da quella luminescenza malsana dell’Isola delle Tenebre.
Miriel osservò il profilo di Peter, la mascella contratta per la tensione, gli occhi azzurri che guardavano dritto avanti a sé, i capelli biondi che si muovevano leggermente alla brezza.
Gli prese delicatamente la mano e sentì che lui la stringeva forte.
Miriel sorrise.
“Non ti preoccupare”
Stavolta fu lui a voltarsi e guardarla, mentre la ragazza teneva lo sguardo fisso sulla meta.
“So cosa stai pensando” disse ancora la Driade. “Non ci saranno scontri laggiù”
Lui non disse nulla. Si fidava di lei.
Camminarono sempre mano nella mano, senza parlare, finché giunsero in prossimità del ponte di roccia. Lo attraversarono senza difficoltà e proseguirono fino al cancello, rimasto aperto dopo la loro ultima visita.
Non appena lo oltrepassarono però, quello iniziò a girare sui cardini, senza emettere un suono. Lo osservarono stupiti finché non si chiuse con un sommesso clangore.
Peter allora capì che Miriel aveva avuto ragione: nulla si sarebbe avvicinato loro. Erano al sicuro.
Ogni cosa sembrava in attesa, e se ne resero sempre più conto man mano che si avvicinavano alle alte colonne bianche che delimitavano il perimetro dello spiazzo dov’era situata la Tavola di Aslan.
Quando vi arrivarono, si fermarono un momento ad osservarla, con i tre dormienti sempre seduti in fondo, dalla parte opposta rispetto a loro.
Con una certa sorpresa, notarono che la tavolata era completamente sgombra. Di solito, come aveva detto Lilliandil, si rinnovava ogni giorno di ogni ben di Dio, ma adesso qualsiasi pietanza, stoviglia, o candelabro erano spariti. Era stata tolta anche la bella tovaglia di velluto rosso. Rimanevano le sedie con i loro cuscini scarlatti.
Si avvicinarono tutti e tre, Shira accomodata sulla spalla di Peter, e notarono qualcosa nel centro esatto della tavola. Qualcosa che era rimasta nascosta agli occhi di tutti fintantoché il panno rosso, i piatti e le cibarie avevano invaso la tavola.
Vi erano sette lunghi solchi, non troppo profondi, scolpiti in cerchio sulla superficie. Uno solo di essi era già occupato: dal talismano di Edmund, la Spada di Bern.
Anche se l'aspetto di quelle armi era identico tra loro, Peter e gli altri avevano ormai imparato a riconoscerle. Non sapevano nemeno loro come ci riuscivano. Forse dalle diverse sensazioni che ogni Spada dava a ognuno di loro.
Shira si staccò dalla spalla del Re Supremo e si posò sullo schienale di una sedia lì vicino.
Senza una parola, Miriel passò le tre Spade che teneva in mano a Peter.
Il Magnifico posò tutte e sei sulla superficie del tavolo, poi, lentamente, le mise ognuna al proprio posto.
Come seppe qual era l’ordine giusto in cui porle, non seppe spiegarselo. Solo, qualcosa gli diceva che era così che doveva fare.
In senso orario, pose accanto a quella di Bern la propria, la Spada di Restimar. A fianco ad essa quella di Eustace, Octesian; poi fu la volta di quella di Caspian, Revilian; poi quella di Susan, Mavramorn; e ancora quella di Lucy, Agoz. Infine, di nuovo vicino a quella di Bern, mise la Spada di Rhoop, ancora senza padrone.
Non appena Peter ritirò la mano- l’altra sempre stretta in quella di Miriel- un suono cristallino si levò dalla Tavola e dalle Sade, che presero a vibrare, ad illuminarsi una dopo l’altra. La luce azzurra divenne di un blu intenso e lampeggiò più volte, prima di spegnersi per un attimo soltanto e poi esplodere in un cono di luce che salì al cielo in una spirale.
Tanta era la potenza della magia che produsse un vento impetuoso, il quale scompigliò i capelli dei due giovani, l’abito di Miriel, e costrinse Shira a rifugiarsi tra le braccia di quest’ultima. Piccola com’era, rischiava di venir spazzata via dalle raffiche.
La Driade e il Re Supremo sentirono che la forza dell’aria li costringeva a fare un passo indietro.
Il cono di luce continuava a espandersi, sempre più, finché non fu più possibile vedere né la Tavola né le Spade, né tantomeno i tre dormienti.
Da quel momento in poi, tutto si svolse rapidamente.
Dall’alto delle colonne che cirocndavano lo spiazzo, iniziò a zampillare acqua limpida, come una fontana. Scese giù fino al pavimento, dove riempì le piccole fessure presenti tra una piastrella colorata e l’altra. Esse s’illuminarono una dopo l’altra, emanando un suono lieve e cristallino, man mano che l’acqua le lambiva appena.
Il cono di luce che circondava le Spade diminuì d’intensità ma rimase sospeso tra cielo e terra.
I due ragazzi e il falco allora si avvicinarono cautamente, cercando di scorgere l’aspetto delle Spade.
In sostanza, sembrava non essere cambiato nulla, ma c’era una vibrazione nell’aria, un potere tangibile, una forza sconfinata che fece loro venire la pelle d’oca dall’emozione.
Guardandole meglio, videro che le Sette lame e le else erano più splendenti che mai, come se fossero fatte di pura luce.
Peter allungò una mano verso il suo talismano spinto da un automatico istinto, pensando però, per un momento, se sarebbe riuscito a tenerlo in mano. Il fatto era che più avvicinava la mano, più percepiva un calore come di fiamme ardenti aleggiare sopra le Sette Spade.
Ma quando l’afferrò, scoprì che il calore era sopportabile, piacevole, e si propagò in tutti il suo corpo. L’elsa diveniva sempre meno ardente man mano che i secondi passavano.
In risposta alla Spada di Restimar, anche le altre sei sembrarono ‘raffreddarsi’, per così dire.
Poi, senza preavviso, non uno solo, ma sei nuovi coni di luce s’innalzarono verso le nubi. Quando sparirono con un fischio potente, Peter vide che sulla Tavola rimaneva solo la Spada di Rhoop. Le altre erano tornate dai loro proprietari. Per sconfiggere la Strega però, dovevano riportare indietro anche la settima.
“Chi la userà?” chiese il Magnifico, prendendola e passandola a Miriel.
Lei lo fissò con gli occhi scintillanti. “Tu sei il Re Supremo. Tu hai sbloccato il potere di queste Spade. Solo tu puoi decidere”
Peter fissò un attimo la lama che scintillò dall’elsa alla punta. Poi alzò la testa verso il cielo azzurro, il quale si specchiò nei suoi occhi del medesimo colore.
Un’espressione di audacia e fermezza si dipinse sul suo nobile volto.
“Torniamo indietro, forza” disse infine. “Ci vuole un finale come si deve”
Sorrise e le altre due ricambiarono.
Non aveva avuto bisogno di pensarci. Sapeva già a chi sarebbe andata la settima Spada.
 
 
Sul Veliero dell’Alba, l’intero equipaggio temeva per il suo capitano.
Lord Drinian era stato colpito dalla coda del serpente marino. Un gruppo di marinai lo aveva trasportato al sicuro, così che la magica pozione della Regina Lucy potesse essergli somministrata, ma le sue condizioni erano ben più gravi.
Il cordiale gli aveva forse salvato la vita, ma da una seconda analisi, il medico di bordo informò tutti quanti che era stato colpito dalla maledizione del sonno eterno.
Appresa la notizia, Caspian, fermo al timone, lo strinse tanto convulsamente che la circolazione gli si fermò e le nocche delle dita gli divennero bianche.
“Peter, Miriel, fate in fretta!” riuscì solo a pensare.
“Tornate tutti ai vostri posti” ordinò poi, cercando di trattenere l’angoscia e la diserazione. “Distruggiamo quella maledetta” aggiunse poi a denti stretti, a bassa voce.
Gli occhi neri del Re erano puntati sul serpente.
Avrebbe difeso tutti fino all’ultimo respiro, fino all’ultima goccia di sangue. Aveva promesso loro di riportarli a casa; aveva promesso che a nessuno sarebbe stato fatto del male, e così sarebbe stato. Non importava quanto la portata di quell’ultima battaglia fosse grande, ma non l’avrebbe data vinta a Jadis.
“Shanna!”
“Sì, Vostra Maestà” rispose immediatamente la fanciulla dai capelli biondi.
Caspian la guardò per un istate soltanto, pensando in un pensiero fulmineo a chi fosse davvero quella ragazza, se era come aveva solo sentito accennare da Edmund: la vera Stella Azzurra.
Volle fidarsi stavolta.
“Hai detto a Peter che possiedi dei poteri difensivi: in cosa consistono?”
Shanna annuì, un po’ intimidita dal fatto che il Re di Narnia si rivolgesse a lei in prima persona.
“Lasciate che ve lo mostri, Sire. Ma dovete far salire tutti sul Veliero dell’Alba, è più sicuro”
Caspian allora diede l’ordine che gli uomini delle Sette Isole, con i quali era Lucy, lasciassero subito la loro nave. Essi questi eseguirono senza battere ciglio. Lo stesso valse per gli uomini pesce, ancora in mare.
“Susan!” esclamò ancora Caspian.
La Dolce si voltò.
“Voglio tutti gli arcieri schierati insieme: Narnia e le Sette Isole”
Susan annuì e fece per voltarsi.
“Sue” la chiamò ancora.
Gli occhi della Regina incontrarono di nuovo i suoi.
“Sue…”
Lei gli sorrise. “Sì, lo so…Anch’io”
Caspian non ebbe bisogno di altri incoraggiamenti.
Posò di nuovo lo sguardo su Shanna, la quale aveva teso le braccia in avanti, pronta a far scaturire la magia. Era l’unica a non avere un’arma, ma a lei le armi non servivano.
Dai palmi delle mani della ragazza, una barriera di luce prese forma, frenando un nuovo attacco della Strega Bianca, il quale risuonò come un gong contro la parete trasparente.
“In questo modo, però” disse d’un tratto Emeth. “La Strega non ci può attaccare, è vero, ma non possiamo farlo nemmeno noi!”
“Credo di avere un’idea in proposito” disse Susan. “Shanna!” chiamò a sua volta.
La Stella si volse appena.
“Puoi far passare i nostri attacchi attraverso la tua barriera senza dissolverla completamente?”
“Ci proverò, Maestà!”
“Perfetto!”
La Regina Dolce dispose allora nuove direttive per i suoi arcieri.
“Ce la fai?” chiese Edmund, arrivando accanto alla Stella.
Shanna lo osservò solo per un secondo, sorridendogli appena. “Quanto basta perché vi allontaniate da qui al più presto”
“Per andarcene di qui servirà un miracolo!”
Shanna era sembrata così debole e indifesa dentro al palazzo della Strega Bianca, che a Edmund sembrava alquanto improbabile che riuscisse a cavarsela da sola. Ma sapeva anche che non aveva ancora visto nulla di lei. Dopotutto, si erano appena conosciuti, anche se al ragazzo sembrò che lei fosse sempre stata lì con loro.
Doveva avere fiducia in lei…avere fede
La fede non ti salva quando tutti i tuoi cari muoiono…
Nessuno udì la voce di Jadis, solo Edmund.
Non è finita. Tu appartieni a me.
Il ragazzo s’impose di non ascoltarla.
La barriera li proteggeva, ma loro non potevano attaccare, e conoscendo la Strega Bianca, lei avrebbe aspettato con pazienza infinta che la si dissolvesse.
Perché Jadis sapeva che Shanna non era ancora nel pieno delle sue forze, e che prima o dopo avrebbe ceduto.
Il serpente guardò la ragazza con odio ed emise un verso tremendo. Si ritrasse, sibilando forte. Ma non si arrese.
Tese i muscoli del suo nuovo corpo massiccio, al massimo della concentrazione. La piccola Stella Azzurra era forte, o Aslan non l’avrebbe scelta per essere una delle guide, tuttavia, lei era molto più forte. La barriera poteva sembrare potente agli occhi degli inesperti, ma a Jadis di Charn, che sapeva ogni cosa e conosceva la magia in ogni sua forma, appariva per quello che era: un fragile velo facilmente lacerabile.
“Adesso! Tirate!”
La voce della Regina Dolce si levò al di sopra del suono dello scrosciare della pioggia. E non solo la sua, anche quelle di Emeth e Lucy ordinarono ai loro gruppi di mollare le corde degli archi.
Le frecce riempirono l’aria, poi fu la volta delle lance degli Inettopodi.
“Uomini, ai remi!” gridò il Re di Narnia dal timone, esortando gli incaricati a tornare sottocoperta e iniziare la virata verso l’isola di Ramandu.
Non potevano aspettare il ritorno di Peter e le altre, perché non sapevano quanto tempo sarebbe occorso loro per attivare il potere delle Spade. Sarebbero andati loro incontro. Dovevano allontanarsi.
I dardi degli arcieri, nel frattempo, avevano superato la barriera che Shanna aveva ritirato per un secondo appena, ed erano andati a segno.
I narniani esultarono...per poco.
La Strega Bianca venne trapassata da parte a parte, ma nessuna freccia o lancia sembrò averla realmente colpita.
Com’era possibile?
A un secondo attacco capirono: la nebbia…la Strega Bianca diventava di nebbia quando veniva anche solo sfiorata.
Jadis nel frattempo aspettava il momento più adatto per fare cadere la barriera. Le bastava una piccola fenditura nel momento in cui Shanna l’avesse dischiusa di nuovo per far passare gli attacchi dei narniani. Intanto, colpiva la fiancata del veliero con la coda, facendola ondeggiare sempre più. Alcuni uomini, inevitabilmente caddero in mare.
“Avanti, vira!” Caspian incitò il Veliero dell’Alba.
E fu allora, al terzo attacco dei guerrieri riuniti sul ponte, che la coda del serpente riuscì a squarciare la barriera della Stella Azzurra.
Ci fu come il rumore di uno strappo e la parte finale del corpo del serpente rimase incastrata apparentemente nel nulla.
Shanna gridò e abbassò le braccia, portandosele per un attimo davanti al viso, e poi cadde al suolo priva di sensi.
La barriera era crollata.
Edmund fu subito accanto alla ragazza, sollevandola un poco tra le braccia. La scosse, piano, e temette il peggio quando la testa di Shanna si riversò all’indietro, i capelli bagnati e spettinati che sfioravano la superfice del ponte. Non dava segno di volersi risvegliare, ma respirava. Era viva. Sì, però...se era come temeva, se anche Shanna era stata colpita dal sonno eterno…
Se così fosse stato, per vederla aprire di nuovo gli occhi avrebbe prima dovuto uccidere la Strega Bianca.
Edmund alzò gli occhi dardeggianti ira verso il serpente.
“Edmund!”
“Lei sta bene?”
Lucy e Susan correvano accanto a lui, seguite da Emeth e Chief.
“Rimanete qui” disse il Giusto, con un tono di voce basso e piatto, come non avesse emozioni.
“Dove stai andando?” chiese la Valorosa, ma il fratello non le rispose.
“Jadis, vieni!” gridò poi Edmund, brandendo la spada corta. “Non abbiamo concluso il nostro scontro! Avanti! So che è me e soltanto me che vuoi!”
Il giovane corse verso la statua del drago d’oro e vi si arrampicò agilmente, fino a ritrovarsi quasi alla stessa altezza del serpente.
La Strega Bianca aveva abbassato quello che adesso era il suo collo, viscido e verdastro. Guardò il ragazzo negli occhi e aprì la bocca, minacciosa.
Edmund si vide riflesso in quegli orrendi occhi neri, come fossero due specchi oscuri. Si sporse fino all’orlo della statua e aspettò.
Jadis non attese a quell’invito. Scattò rapida, fulminea. Schegge dorate e legno volarono da ogni parte, spezzate dai suoi denti acuminati.
“EDMUND!!!”
Un coro di voci si levò terrorizzato da tutto il veliero.
Ma Edmund era incolume, protetto dalla testa del drago che aveva attutito il colpo della Strega, le cui fauci si erano incastrate tra quelle d’oro della scultura.
Ma quella protezione non avrebbe retto per molto.
Per un momento, la battaglia si fermò. Tutti osservarono il lungo collo del mostro inarcarsi, la bocca aprirsi ancora, e stavolta avrebbe senz’altro afferrato la sua preda se un vero drago non si fosse gettato sulla bestia marina.
“Eustace, no!!!” gridarono terrorizzate Lucy e Susan, il vento e la pioggia che impedivano loro di tenere gli occhi bene aperti.
Lassù in alto, Eustace sputò fuoco contro il serpente. Morse ogni lembo di pelle viscida che gli riuscì di raggiungere, puntando alla base del collo, agli occhi. Sembrava piccolissimo in confronto al mostro.
“Eustace, che cosa vuoi fare?!” esclamò Ripicì, nascosto tra le squame del suo dorso. “Anche con tutto il coraggio del mondo, contro di lei non possiamo fare nulla! Torna subito indietro!”
Eustace fece un giro della morte prima di lanciarsi di nuovo sul serpente, così che il topo fu costretto a lasciare la presa su di lui. Ripicì era troppo piccolo e indifeso per fronteggiare la Strega, ma lui era un drago! Rip non glielo aveva ripetuto per tutto il tempo?
Quando cadde, Ripicì si aggrappò alle sartie dell’albero maestro, e subito si volse indietro.
“Grosso stupido che non sei altro!” gridò dietro al drago.
Ma Eustace e Jadis stavano già combattendo di nuovo.
Intanto, gli arcieri si preparavano a lanciare nuove frecce. Stavolta avrebbero dovuto arrangiarsi senza il fuoco di Miriel.
Ma Susan non se la sentiva di dare l’ordine di scoccare, aveva troppa paura di colpire il cugino.
“Eustace attento!!!”
Senza preavviso, la lunga coda del serpente si alzò ancora dal mare, lenta, e il drago non se ne accorse in tempo.
Sapendo quel che era accaduto a Drinian e forse a Shanna, tutti temettero il peggio.
E il serpente colpì il drago alle spalle.
Eustace si sentì mancare il fiato e fu scagliato in mare.
Dapprima non capì cosa era accaduto. Mentre vedeva la superficie dell’Oceano avvicinarsi, la sua mente si confuse tra il dolore e la paura. Le grida dalla nave lo raggiunsero a stento sotto la superficie dell’acqua. Le ali gli divennero pesanti tanto da non riuscire quasi a risalire.
Eppure ci riuscì e udì di nuovo i compagni esclamare, sollevati, ma ancora preoccupati per la sua sorte.
Il serpente non gli diede il tempo di riprendersi. Lo colpì di nuovo, mandandolo a sbattere contro la fiancata di tribordo del Veliero dell’Alba, il quale oscillò ancora e i suoi passeggeri dovettero tenersi ben saldi per non finire di sotto.
Eustace riprovò una terza volta, e ancora Jadis lo mandò a sbattere contro l’altra nave, quella delle Sette Isole. Ma a un quarto colpo, più forte di tutti gli altri, non ebbe più la forza di reagire.
Altre grida, sconcertate, terrificate, angosciate, nel momento in cui il drago veniva scagliato lontano, al di là delle nubi.
Soddisfatta, la Strega Bianca tornò a volgersi verso la nave di Narnia. Parve studiarla per un momento, come per decidere dove, come e chi avrebbe attaccato questa volta. Invece, con un movimento inaspettato si portò verso la torretta dell’albero maestro.
Nessuno seppe dire perché lo stava facendo. Nessuno aveva capito le sue intenzioni.
Edmund la seguì, ignaro degli avvertimenti altrui. Sscese dal drago d'oro e si arrampicò fino al punto più alto del Veliero dell’Alba.
Non c’era nessuno oltre lui e la Strega. Non udiva neppure le voci degli amici.
Non sapeva perché, ma il fatto che Jadis se la fosse presa con Shanna aveva scatenato in lui una rabbia incontrollabile.
Il serpente superò l’albero, la murata di tribordo, e scese giù verso il basso tuffandosi dall’altra parte dell'imbarcazione. In pochi secondi, l’arco del suo corpo circondò la nave, poi cominciò ad abbassarsi in modo che le spire sfiorassero entrambe le fiancate del veliero. E quando la testa del mostro riemerse a babordo, tutti capirono finalmente le sue intenzioni.
“Vuole stritolarci!" gridò Lucy, terrificata. Caspian diede un forte colpo alla barra del timone e la fece ruotare pazzamente, per spostarsi.  “Jadis!!!” la chiamò Edmund dalla torretta più alta, e subito la testa del serpente si portò alla sua altezza.
E’ finita… disse la voce della Strega. O ti consegni a me o moriranno tutti, lo sai.
“Uccidi me!” esclamò il ragazzo, in un automatico e disperato tentativo di difendere i compagni.
Tu no… Tu devi soffrire… Tu devi guardare!
“Ferma! No!!!” urlò Edmund con tutte le sue forze, ma le fauci del mostro scattavano verso il basso.
“No! No! NO!!!” Il ragazzo brandì la spada, ben sapendo che sarebbe servito a poco. E difatti, quando colpì il serpente, la lama si scheggiò e poi andò in pezzi.
Edmund osservò sconcertato per alcuni secondi quel che ne rimaneva, ancora stretta nel suo pungo.
Idiota! esclamò divertita la Strega Bianca, colpendo la torretta in cima all’albero, distruggendone la ringhiera con i denti e costringendo il ragazzo a gettarsi a terra.
Non puoi cambiare quello che è già deciso, Edmund. Hai visto cosa sarebbe successo se ti fossi rifiutato di stare dalla mia parte. Ormai il tuo destino è quello di rimanere solo. Moriranno tutti…
Il giovane scivolò di lato e se non si fosse aggrappato alla vela sarebbe caduto di sotto.
Tu sei mio, Edmund! Tu appartieni ancora a me!
“Smettila!” esclamò lui rimettendosi in piedi.
Tu vuoi solo credere di essere diverso, ma non lo sei. Chiediti se quello che c’è dentro di tè è davvero quello che sei o che gli altri vorrebbero che fossi. Chiediti perché hai tradito tutti quanti se non fossi stato diverso da me. Chiediti perché ancora non riesci a dimenticare il passato, perché sei così legato ad esso…
“Basta!!!”
Non riesci a liberartene perché sei e resterai sempre quello che eri! Ma puoi cambiare...con il mio aiuto! Lascia che ti mostri cosa puoi diventare! Lascia che ti mostri quello che puoi avere!
D’un tratto, il tempo parve fermarsi.
 
 
C’era uno strano rumore attorno a lui. Non sapeva qual era la sua provenienza, ma di certo era qualcosa che aveva già udito diverse volte.
Non era una voce, no… non era un suono umano. Però non apparteneva nemmeno ai suoni della natura, come lo scrosciare di un fiume, il crepitare del fuoco, o il frusciare delle foglie.
Qualcosa gli solleticò il viso e il rumore si fece più vicino.
Eustace voltò la testa, un poco infastidito. Quel ‘qualcosa’ gli aveva fatto il solletico.
Aprì gli occhi e fu accecato dalla luce più forte che avesse mai visto. Si schermò il volto con una mano- o meglio una zampa, era ancora un drago.
Sbirciò tra le palpebre semichiuse la figura che brillava sopra di lui. Non era il sole come aveva creduto, anche se brillava come il sole, e forse di più. Era un fulgore abbagliante, al quale pian piano si abituò.
In un secondo tempo, capì che dalla figura provenivano sia la luce che il suono. Era un ritmico brusio, che vibrava nell’aria circostante.
La figura…faceva le fusa.
“Aslan…” mormorò Eustace, alzandosi a sedere sulla sabbia soffice di un luogo a lui sconosciuto.
Attorno a lui e al Leone c’era una distesa di sabbia dorata, immensa, splendente. Lontano, la striscia azzurra del mare che si univa al cielo ancor più azzurro. Era un posto molto tranquillo, nel quale non si udiva null’altro che il placido rumore delle onde, del venticello tiepido, delle fusa del Leone che pian piano si spensero quando infine parlò.
“Temevo avessi deciso davvero di dormire per sempre, mio giovane amico” sorrise Aslan, soddisfatto, alzandosi in piedi.
“Dove sono?”
“Non è importante sapere dove sei. Quel che conta è dove vuoi andare”
Eustace si guardò ancora attorno un momento, poi si alzò a sua volta. Il dolore provocatogli dai colpi del serpente era scomparso, anche se si sentiva ancora molto indolenzito e qualcosa cominciò a dargli fastidio nei pressi dell’attaccatura delle ali.
Ma non vi badò per il momento, preoccupato soltanto della sorte degli altri, vergognandosi di se stesso, della sua incapacità.
“Non fare quell’espressione triste, figliolo” lo consolò Aslan, come un padre amorevole, come se avesse capito i suoi pensieri.
“Non li ho difesi” mormorò Eustace, piegando la grossa tesa di drago.
“Sì, l’hai fatto. Hai fatto quanto potevi. Ognuno ha capacità diverse, Figlio di Adamo. L’importante è usarle al massimo”
Eustace rialzò la tesa di scatto, sbalordito.
“Co…come mi hai chiamato?”
“Figlio di Adamo, Eustace”
“Ma io…” deglutì.
“Non lo sei, forse?” chiese Aslan, serio.
“Sì. Ma credevo che solo i Re e le Regine di Narnia potessero essere chiamati così”
“Sbagliavi. Tutti gli abitanti del tuo mondo sono Figli di Admo e Figlie di Eva. I primi esseri umani, coloro che- ahimè- disobbedirono per primi”.
Eustace fissò un momento il Leone negli occhi, vedendo che erano diventati molto tristi, tanto da sentirsi tristissimo anche lui.
E una domanda sorse spontanea.
“Aslan…ma tu chi sei veramente?”
I grandi e sfavillanti occhi d’oro del Leone brillarono, e un nuovo sorriso si dipinse sul muso felino.
“Ogni cosa a suo tempo. Adesso dobbiamo occuparci di te”
Improvvisamente, Eustace sentì la schiena dolere da impazzire. Le ali gli si afflosciarono e divennero pesantissime, così che non riuscì più a muoversi e si sentì schiacciare dal loro peso.
Allora, Aslan mosse piano una zampa sulla sabbia, tracciando lievi solchi con gli artigli e iniziando ad emettere un lieve brontolio dal fondo della gola.
E più scavava a fondo nella sabbia, più il brontolio diveniva sempre più simile a un ruggito, Eustace si sentiva meglio.
Si guardò le zampe, il petto, la coda, tutti i punti del proprio corpo che riusciva a vedere, e vide che sulla sua pelle di drago si formavano dei segni simili a graffi profondi, dai quali non usciva sangue, ma luce.
Non era una brutta sensazione, piacevole semmai. Gli parve di diventare leggerissimo, la pelle fresca come dopo un bel bagno.
E quando la voce di Aslan esplose in un ruggito potente, Eustace percepì il suo corpo cambiare, mutare.
Non stava più a quattro zampe, ma su due piedi.
Aveva chiuso gli occhi, ed ebbe paura di riaprirli e guardarsi. Lo fece però, desideroso di scoprire cosa fosse accaduto.
Prima di ogni altra cosa, si portò le mani davanti al volto e se le fissò, felice di vederle; poi fu la volta dei piedi, delle gambe, delle braccia.
“Evviva! Evviva! Finalmente! Sono tornato come prima! Sono di nuovo io!”
Alzò il viso sorrise ad Aslan, il quale annuiva soddisfatto, lasciandosi andare a una risatina a sua volta.
“Avrai bisogno di mani per impugnare la tua Spada, amico mio”
Eustace frenò la sua euforia e guardò ancora Aslan.
“Sì…è vero”
“Sei pronto?”
“Certo!”
Aslan allora soffiò con il su fiato caldo e profumato sul ragazzo, al quale venne automatico chiudere di nuovo gli occhi.
Eustace avvertì senso di vertigine, e quando si guardò nuovamente intorno, notò che la spiaggia e Aslan erano scomparsi. Si trovava adesso in un luogo a lui sconosciuto. Un’isola piena di fiori rosa, con alte colonne di marmo e altre strane costruzioni che spuntavano qua e là dalla rigogliosa vegetazione, simili a rovine.
Non l’aveva mai vista, ma l’aveva comunque riconosciuta: era sull’Isola di Ramandu.
La sua mente ragionò rapida: laggiù si trovavano attualmente Peter, Miriel e Shira, e le Spade dei Lord.
Doveva trovarli. Era giunto finalmente il momento di impugnare la Spada di Octesian.
 
 
Edmund vide apparire davanti a sé una distesa di mare azzurro e si chiese per un momento se, nonostante la mole dell’enorme serpente avvinghiato alla nave, Caspian non fosse davvero riuscito a portarla fuori dai confini delle tenebre.
Poi capì che quel che vedeva era l’Oceano Orientale ma guardato da una diversa prospettiva.
Non era più sul Veliero dell’Alba. Era su un balcone, al quale tante volte si era affacciato quando era Re nell’Epoca d’Oro di Narnia. Guardava l’Oceano Orientale da Cair Paravel.
Fece un giro su se stesso, lentamente, e scoprì che il balcone non dava su nessuna stanza, ma da ogni parte era aperto sulla distesa più immensa e meravigliosa che il giovane avesse mai veduto. Era come sospeso nel nulla e da lassù riusciva a vedere di tutta Narnia e oltre.
Poteva osservare così lontano da vedere le cime dalla neve perenne delle montagne appartenenti alle Selvagge Terre del Nord. Poco più in basso, l'irregolare distesa delle Paludi, la Brughiera di Ettins, le Grandi Foreste che segnavano il confine di Narnia. Scorse chiaramente i prati verdi di quest’ultima, le colline, i laghi, e le case perfino! Il Grande Fiume che sfociava proprio nell’Oceano. Si volse a ovest, dove scorse i Monti d’Occidente, verdi e rigogliosi, al di là dei quali c’era Telmar, e poi ancora il Mare dell'Ovest. A sud, le terre azzurre di Archen, Capo Tempesta, e poi le distese del Deserto a perdita d’occhio, il palazzo di Tashbaan, le Tombe degli Antichi Re. E ancora a est, lontano, si vedevano tanti puntini colorati che, Edmund capì, erano le isole di Galma e Terebinthia, le Isole Solitarie, le Sette Isole, e le terre che aveva scoperto in quel viaggio.
Il mondo è tuo Edmund. Devi solo dire si. Dillo, e non dovrai più condividerlo con nessuno. E’ il momento.
Il ragazzo si voltò e si specchiò ancora nei terribili occhi del serpente. Trasalì, vedendosi non più con l’aspetto di un ragazzo, ma di quell’uomo che era divenuto nell’Età d’Oro.
Quell’Edmund adulto sorrideva, soddisfatto di quello che aveva, perché era padrone del mondo intero, sovrano non solo di Narnia, ma di tutto quel che si poteva vedere e non. Ogni cosa era sotto il suo dominio.
Udì le voci dei sudditi che gridavano lunga vita a Re Edmund il Giusto.
E sul suo capo, spiccava contro i capelli neri una corona d’oro tempestata di rubini e zaffiri.
La corna di Caspian.
Al suo fianco era appuntata Rhindon, la spada di Peter.
La Spada del Re Supremo.
E alle sue spalle apparve una donna, splendida, dai lunghi capelli biondi, della quale però non poté scorgere il volto poiché distolse lo sguardo troppo presto.
Quando si specchiò ancora negli occhi del serpente, era tornato ad essere se stesso: un ragazzo di quattrodici anni, con i capelli appicciati al viso dalla pioggia, indossante l’armatura di Narnia, brandendo una spada che non aveva poteri né significato.
Edmund si voltò ancora verso Narnia, e quando scorse un lumicino lontano che brillava piano, ebbe un tuffo al cuore.
Lanterna Perduta.
Il lampione.
E tutti i ricordi affiorarono…
Tumnus, i Castori, il castello di ghiaccio, le statue di pietra, Jadis, Aslan, la Tavola di Pietra, la morte di Aslan, la battaglia, ancora Jadis che lo colpiva a morte. Poi il buio e la luce, i volti preoccupati, sollevati e sorridenti di Peter, Susan e Lucy, e il loro abbraccio.
Ancora una volta, i grandi occhi del serpente gli rimandavano la sua immagine, lo sguardo spaventato, incerto.
Non voleva cedere.
Non poteva cedere.
I suoi genitori e lo stesso Aslan, gli avevano insegnato che non è ciò che si vede che fa di un uomo quel che è.
Una persona non si misura in base ha ciò che ha, ma da ciò che è.
“Edmund…”
Dietro di lui, il ragazzo vide apparire qualcun altro.
Sapeva che se si fosse voltato per vederlo, non lo avrebbe davvero trovato lì vicino a lui. Ma c’era. Non era importane come. Lui c’era.
“Ricordati sempre di quel che hai fatto, Edmund. Ricorda quello che sei stato e riconosci quello che sei oggi”
“Aslan…non posso dimenticare. Mi dispiace, non posso”
“Lo so” rispose il Felino, con un lieve sorriso sul muso dorato. “Non devi. Non lo hai fatto. Per questo oggi stai combattendo per me, Figlio di Adamo, e per Narnia. Hai ammesso il tuo errore e io ho ascoltato la tua supplica. Perciò, il tuo grave torto è stato per sempre cancellato”
Edmund fissò Aslan nei grandi occhi dorati.
“Non capisco…”
 “Il giusto continuerà a vivere per la sua fedeltà. Un uomo viene dichiarato giusto in base alle sue opere”
“Lo so. Tu stesso me l’hai insegnato”
“Allora pensa, Edmund! Tu sei l’uomo giusto…ancora non capisci?”
Chiuse per un momento gli occhi, deglutendo, aggrappandosi disperatamente alle parole di Aslan.
Il tempo tornò a scorrere.
Di sotto, Caspian, Susan, Lucy e tutti gli altri non si erano ovviamente accorti di nulla. Osservavano terrificati il serpente e il ragazzo fronteggiarsi, studiarsi, dimentichi di ogni cosa intorno a loro.
“Io non verrò mai con te” disse infine Edmund rivolto alla Strega. “Io non sono come te!”
Come preferisci…
Il cappio che il corpo del serpente aveva stretto attorno al Veliero dell'Aba iniziò a far gemere l’intera struttura della nave. Altre schegge di legno volarono dappertutto. Il parapetto di tribordo fu il primo a cedere.
“La frantumerà!” gridò il grosso Kal.
“Prendete le spade!” ordinò Caspian, deciso a tentare il tutto per tutto.
Purtroppo, proprio come aveva sospettato, com'era accadutoa Edmund, molte delle migliori lame di Narnia finirono spezzate contro le squame viscide ma resistenti come l’acciaio.
“Basta combattere!” esclamò Ripicì, lasciando di stucco tutti quanti.
Nessuno era abituato a sentirlo rinunciare per primo ad una lotta, eppure ora lo stava facendo.
“Spingete! Spingete!”
“E’ assurdo, non ce la faremo mai!” protestò il vecchio Rolf.
“Ma è l’unica via d’uscita!” gli rispose Rhynce. “Dobbiamo farlo muovere!”
Tutti quanti, i narniani, gli uomini delle Sette isole, e gli Inettopodi,  si misero ai due lati del corpo del serpente e iniziarono a cercare di spostarlo, farlo scivolare via dalla nave. Di sotto, anche le Blue Singer si misero a spingere.
Salvali se tieni a loro, insinuò di nuovo la Strega Bianca, percependo il terrore che bloccava Edmund dove si trovava.
Come salvarli?
Se solo avesse avuto ancora la Spada di Bern…forse…
Cosa sei Edmund? lo schernì Jadis. Solo un incapace…
“Io so cosa sono” dichiarò il ragazzo, e per la prima volta fu fiero di sé stesso. “Il giusto, continuerà a vivere per la sua fedeltà” dichiarò, ripetendo le parole di Aslan. “La mia fedeltà, Jadis, la fedeltà che ripongo in Aslan, solo ed esclusivamente in lui. In nessun’altro, mai, tantomeno te! Io servirò e amerò sempre e solo Aslan, il Grande Leone, colui che mi ha incoronato Edmund il Giusto, Re di Narnia!”
Gli occhi del serpente si strinsero in due fessure minacciose.
In quel momento, mentre la Strega Bianca stava per distruggere del tutto il Veliero dell’Alba, una potenza magica inaudita scese dal cielo, squarciando le nubi nere, scontandosi con fulmini e lampi e provocando un rumore assordante.
Uno, due, tre…sette raggi di luce intensa forarono le nuvole e scesero verso la nave di Narnia.
Edmund reggeva ancora in mano il moncherino di quella che era stata la sua seconda spada, ma presto essa si trasformò. Bastò che uno dei raggi di luce lo illuminasse e nella sua mano riapparve la Spada di Bern.
Lo stesso accadde a Caspian, Susan e Lucy, sul ponte di sotto.
I tre ragazzi, assolutamente sbalorditi, videro tre scie di luce piovere su di loro, e dopo un momento le tre Spade di Revilian, Mavramorn e Agoz apparvero dal nulla davanti a loro. Rimasero a galleggiare a mezz’aria, luminose come non mai, in attesa che i loro proprietari le impugnassero.
“Ragazzi!!!” gridò una voce, attirando l’attenzione di tutti.
Uno degli Uccelli di Fuoco scese dal cielo e si posò sul ponte. Dalla sua groppa scesero Peter, Miriel, Shira…e Eustace!
Purtroppo, non ci fu tempo per abbracciarsi, per le spiegazioni, perché il serpente si dibatté, ritirando le spire, percependo il pericolo.
“Non lasciatelo scappare” disse una voce, debole ma limpida.
“Shanna!” esclamarono Susan e Lucy, felici di rivederla sveglia.
La Stella Azzurra sorrise debolmente, sostenuta da Gael e il dottore.
“Non lasciatela andar via. Ora che le Spade sono tutte riunite, potete distruggerla”
“Sire!” chiamò Ader “La Strega se ne va!”
“No, non credo proprio!” rispose il Liberatore, roteando la lama azzurra tra le mani e piantandola con decisione nel corpo del serpente. La Spada di Mavramorn lo trapassò da parte a parte senza alcuna fatica, imprigionandolo così al centro del ponte.
Con un sibilo tremendo, Jadis si voltò verso gli altri Sovrani, cercando di muoversi, di liberarsi. Tentò di diventare di nebbia, ma non le riuscì questa volta.
Allora, anche Peter, Susan, Lucy e Eustace conficcarono le loro Spade nel copro del mostro.
Il fuoco azzurro scaturì dalle lame, e la creatura emise un verso straziante, contorcendosi e inarcandosi per la furia. Abbassò la testa, cercando di afferrare i talismani e i loro proprietari.
Allora, i ragazzi, sotto gli occhi sbalorditi di tutti, tolsero le Spade dal corpo della Strega Bianca e la colpirono più volte, costringendola a lasciar andare definitivamente il Veliero dell’Alba.
Le Sette Spade, con un suono cristallino, mandarono sfolgori di luce a ogni colpo, che si espansero dappertutto, lacerando la pelle del serpente.
Esplodevano lampi brillanti, e le nubi tenebrose si dissolvevano man mano che la luce si faceva più intensa.
 “Edmund!” gridò Peter a un tratto. “Prendila!”
Il Re Supremo lanciò in aria la Spada di Rhoop. L’Uccello di Fuoco che li aveva riaccompagnati lì l’afferrò nel becco e la portò fino a Edmund, facendola poi cadere nella sua mano.
Ora, il Re Giusto si trovava con ben due talismani nelle sue mani. Sapeva cosa doveva fare.
Afferrò saldamente la Spada di Bern nella mano destra, quella di Rhoop nella sinistra, salì sul pennone più alto. E nel momento in cui il serpente si voltò ancora verso di lui e aprì la bocca, infuriato come mai prima, Edmund piantò con decisione le due lame rifulgenti nelle sue mascelle. Il fuoco magico penetrò nella gola del mostro marino.
La Strega Bianca si dimenò più di prima, tentando di liberarsi, impazzita per il dolore.
Quando poi Edmund la lasciò andare ritraendo le lame, scoppi e grida e lampi esplosero. Ma mancava l’ultimo colpo, il definitivo.
La prima fu Lucy, che tagliò di netto la coda del mostro, Eustace lo trafisse al ventre, Susan sul fianco, Peter, sul dorso. Poi fu la volta di Caspian che colpì appena sotto quella che doveva essere la base del collo. E infine ancora Edmund che non un fantastico giro su se stesso, tagliò di netto la testa del serpente con entrambe le lame.
Tutti guardarono il serpente attorcigliarsi più volte su se stesso, divincolarsi, completamente privo di controllo, mentre la nebbia verde si addensava nell’oscurità, spazzata poi via dalla luce.
La Strega Bianca s’inabissò pian piano, collassando su se stessa, sparendo sotto i loro occhi.
Le nubi si diradarono completamente e il silenzio piombò sul Veliero dell’Alba.
Il tempo di capire che era veramente finita, e la quiete appena riconquistata venne di nuovo colmata da grida di gioia, mentre tutti gli uomini, donne e creature presenti sul Veliero dell’Alba, esultavano per la vittoria.
La tempesta cessò all’improvviso e il sole tornò a diffondere la sua luce dorata più splendente che mai.

 
 
 
 
 
Non mi sembra vero, ce l’ho fatta!!! Sempre in ritardo di un giorno, lo so, ma ce l’ho fatta!!!
Cari lettori, finalmente la battaglia si è conclusa, i nostri eroi hanno sconfitto la Strega Bianca!!! E’ stata una fatica per ma anche per me, credetemi!!! XD
Come vi è sembrato il secondo tentativo di Jadis di tentare Edmund? Personalmente io ne sono molto soddisfatta, perché si vede un Edmund nuovo, che non cede ai tentativi della Strega di portarlo dalla sua parte.
Sapete, ci sono un paio di elementi ripresi dalla Bibbia, dal Vangelo di Matteo, capitolo 4, versetti da 1 a 11, dove il Diavolo tenta tre volte Gesù nel deserto. Io mi sono ispirata soltanto a due di questi: quando dice al Cristo di gettarsi dal parapetto del tempio affermando che Dio manderà i sui angeli per salvarlo (scorso capitolo, dove la Strega dice a Edmund “Chiama Aslan e digli di aiutarti, di morire ancora per te” e lui risponde “Non metterò mai alla prova Aslan". E poi in questo capitolo: Jadis fa vedere a Ed tutto il mondo di Narnia egli dice che può essere suo. Stessa cosa il Diavolo mostra a Gesù tutti i regni del mondo e glieli promette in cambio di un atto di adorazione, e allora Gesù lo scaccia definitivamente.
Anche altre due frasi non sono mie, e sono sempre prese dalle Scritture, sono “Il giusto, continuerà a vivere per la sua fedeltà” (Abacuc 1:4) e l’altra “Un uomo viene dichiarato giusto in base alle sue opere” (Matteo 12:37) entrambe pronunciate a Aslan.
Forse vi chiederete perché ho inserito tanti riferimenti biblici…bè, presto detto: perché sono una credente doc, e poi perché anche Lewis ha fatto la stessa cosa per tutti i sette libri di Narnia.

E ora….Ringraziamenti:
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Per le recensioni dello scorso capitolo:

Angie_V,  Babylady, Cecimolli, FioreDiMeruna, Fly_My world, ImAdreamer99, lullabi2000, Mia Morgenstern, mmackl, piumetta, Serena VdW e
 
Angolino delle anticipazioni:
Il prossimo, sarà il penultimo capitolo.
I nostri amici si concederanno finalmente un po’ di riposo, nasceranno nuove amicizie, ci saranno alcuni chiarimenti lasciati in sospeso, un Petriel coi fiocchi, una dolce Lumeth e ovviamente una meravigliosa Suspian!!! E la Shandmund….ma, chissà cosa succederà… ;)
Tutto questo mentre aspetteranno di giungere alla loro meta finale, imbattendosi nelle meravilgie dell’Ultimo Mare!

 
RISULTATI SONDAGGIO :
Allora, tiriamo le somme:
Non c’è un vero e proprio vincitore, perché purtroppo nessuno ha indovinato tutto: sia che erano gemelli che entrambi i nomi. Forse pretendevo troppo. Però vediamo alla fine chi ha indovinato e cosa:

Nella prima parte del sondaggio, che hanno capito subito che i piccoli Suspian fossero due sono state HikariMoon, Judee e mmackl (all’epoca Martinny).         
Nella seconda parte, invece, dovevate cimentarvi con i nomi, e
Charlotte Atherton, LittleWitch e Mmackl  hanno indovinato tutte e tre il nome del maschio: Rilian.
Ma Charlotte ha azzeccato anche quello della femmina, capendo che si sarebbe chiamata come la madre di Caspian: Myra (che nomino nel capitolo 42) Quindi, doppiamente brava Charlie!!!
Ma bravissimissime tutte!!!
In ultimo, ringrazio tutti quelli che hanno lasciato un commentino a proposito.


Finito. Che casino, aiuto....si è capito tutto quello che volevo dire? Speriamo di sì...
Mi fa piacere che partecipate a queste piccole iniziative. Magari ne farò più spesso se vi fa piacere, cosa ne dite? Avrei già una mezza idea per un altro sondaggio…
 
Anche per questa settimana è tutto, carissimi!
Alla prossima!!!
Tanti baci e abbracci,
Susan<3
   
 
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