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Autore: Defiance    30/09/2013    2 recensioni
Seguito della mia fan fiction, 'Halfblood'.
Scoppiarono tutti a ridere, ma Hermione si fece subito seria e disse piano:
“Magari invece, immagino solo di dover colpire a morte la vecchia me, anche se ormai non esiste più. Credo di essere invidiosa, lei almeno sapeva chi fosse” chiuse gli occhi e sospirò. (Dal prologo).
Un nuovo mestiere per i protagonisti della precedente storia, il loro incontro con un altro mondo e una nuova battaglia che incombe su di loro e sul mondo umano. Si troveranno ad affrontare cose che non avevano mai visto in precedenza e si interrogheranno su quante cose ancora ignorano della Terra.
Faranno nuove conoscenze, avranno delle rivelazioni, segreti e bugie verranno svelati e apprenderanno un nuovo tipo di 'magia'. Correranno rischi e pericoli, ma alla fine, la vita di alcuni dei protagonisti cambierà per sempre.
Halfblood 2 - Città dei Demoni
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Ciao a tutti! Chiedo scusa per il mio incredibile ritardo nell'aggiornare la storia, ma la scuola mi sta portando via la maggior parte del tempo libero che avevo e sono riuscita a scrivere e postare il nuovo capitolo solo ora.
Mi auguro che vi piaccia e che mi facciate sapere cosa ne pensate lasciandomi una recensione, ci tengo a sentire la vostra opinione, (buona o cattiva che sia).
Spero di riuscire ad aggiornare presto.
Buona lettura :)

Capitolo 12
 
 
 
 
Le sembrò di aver dormito per settimane quando riaprì gli occhi.
Jace era seduto su una poltrona accanto al suo letto e sonnecchiava irrequieto.
Riusciva a intravedere le pupille del ragazzo muoversi sotto le palpebre chiuse e si domandò cosa stesse sognando, se stesse bene.
Si voltò di lato e vide Percy che la osservava dalla branda accanto.
“Ehi bella addormentata! Ho dovuto darti più di un bacio per farti svegliare. Cominciavo a credere di non essere io il tuo principe” le disse il semidio, sorridendo.
Hermione sbattè le palpebre, poi ricambiò il gesto.
“Stai bene?” gli chiese.
“Ora si… Tu?”
Lei annuì. Spostò di nuovo lo sguardo su Jace.
“Si è alzato da quella poltrona solo per andare in bagno” la informò Percy.
“Quanto ho dormito?”
“Due giorni. Hai tenuto tutti molto occupati. Eri grave. Come se quella magia ti avesse consumata dentro. Nessuno riesce a capire cos’hai fatto, laggiù” le rispose il ragazzo.
Hermione si stiracchiò e poi si stropicciò gli occhi.
“Non lo so nemmeno io”.
Se era davvero stata così male, come mai ora si sentiva piena di energie? Come mai non provava alcun dolore fisico insopportabile? Si sentiva solo un po’ indolenzita.
Quando spostò i suoi occhi lungo le braccia, rimase sgomenta.
“Che cosa..?!” boccheggiò.
“Hanno dovuto. Saresti potuta morire. Hai eseguito una magia di livello molto avanzato, non eri pronta. E non sapevi come gestirla” le spiegò il semidio. “Ha preso il sopravvento su di te”
Sulla sua pelle, di solito candida, ora erano evidenti tanti marchi, neri, come quelli che Jace e i Lightwood avevano tatuati sul corpo.
Aveva un’iratze su entrambe le braccia, una runa energetica sulla spalla… e sul petto, le avevano tatuato la runa del potere angelico.
Guardò Percy e sorrise nel vederlo addormentato.
“Sei una Cacciatrice. E hai già dimostrato che ti piace combattere. Prima o poi, le avresti ricevute. Prima o poi, le avresti usate” disse una voce calda alla sua destra.
“Jace” si era svegliato. I folti riccioli biondi che gli ricadevano sul volto, scompigliati. Gli occhi arrossati.
“Hermione…” cominciò il ragazzo.
“Non importa” lo interruppe lei.
“Sì che importa. Mi dispiace. Io.. io non avrei dovuto dirti quelle cose. Non è colpa tua se mi hanno mentito tanto spesso sulla mia identità…  ma sono felice di averti, felice che tu sia mia sorella” continuò lui.
“Sono felice anche io, a dispetto di ciò che ti ho detto”
“Me lo meritavo” ammise Jace. “Scusami, per non averti mai cercata”
Calò il silenzio e dopo qualche minuto il ragazzo si avvicinò al letto di Hermione e le prese una mano tra le sue, poi cominciò a fissarle.
Lo guardò negli occhi. Erano tristi, spenti, irradiavano dolore.
Fece per parlare ma lei lo anticipò e gli chiese, esitando:
“Quella ragazza… quella era Clary, vero?”
Jace serrò le labbra e alzò lo sguardo. Annuì, e lo riabbassò.
“Mi dispiace” sussurrò la ragazza.
“Già, anche a me” sospirò.
“Jace, ascolta. So che forse sei l’ultima persona a cui dovrei dirlo… prima che arrivaste, l’ho sentita parlare con Jonhatan...”
“Cos’hai sentito?” la incalzò lui.
Ed Hermione ripercorse gli avvenimenti di quella sera, quelli cui aveva assistito prima che arrivassero i suoi amici. Raccontò di come aveva finto di essere ancora svenuta per poter ascoltare ciò che dicevano.
Tuttavia, faceva fatica a ricordare e dovette sforzarsi molto per riuscirci.
“È così crolla anche l’ultima speranza che quella di Clary fosse una messa in scena” constatò Jace e si lasciò sfuggire un gemito. Aveva la testa bassa.
La sorella gli passò una mano tra i capelli. Poteva leggere nei suoi occhi dorati la solitudine che provava e ciò le causava un dolore lancinante al cuore.
Non sapeva spiegarlo: era suo fratello, okay. Ma si conoscevano da così poco tempo, non avrebbero dovuto avere già quel legame, non quella confidenza…
“Jace”
Il ragazzo sollevò il capo per fissare i suoi occhi dentro quelli della sorella.
“Tu non sei solo” gli sussurrò dolcemente “Tu hai Alec e Isabelle. E hai me. E ti assicuro, che per quanto vorrai liberarti di me, per quanto potrai non sopportare la mia presenza, io non andrò mai via. A meno che tu non mi guardi negli occhi e mi giuri di non aver bisogno della mia vicinanza. A meno che tu non lo giuri sull’Angelo
Sapeva quanto un giuramento del genere fosse vincolante per i Nephilm, lo aveva fatto a posta.
Jace sgranò gli occhi. “Io non voglio che tu te ne vada! Assolutamente! Io ti voglio con me. Ho passato la vita ad allontanare le persone che mi volevano bene, a cercare di farmi ammazzare… quando poi non ne avevo un vero motivo. Ma ora non ho intenzione di farlo più. Clary mi ha spezzato il cuore, ma questo non vuol dire che io debba lasciare fuori te, Alec e Izzy. Siete la mia famiglia. L’unica che abbia mai avuto e che io possa definire tale”
Hermione gli sorrise. Poi il suo sguardo si incupì.
Nella sua mente balenavano e si susseguivano immagini, a intermittenza, una dietro l’altra. Non era lei a cercarle.
La sua amata Londra, molti, molti anni prima della sua nascita.
Un ragazzo moro, dagli occhi di un azzurro-violetto; il suo amico, il suo parabatai dai capelli all’apparenza argentati.
Macchine assetate di sangue ovunque.
“Jace… cosa sai di nostro padre?” 
“Poco e nulla. Si chiamava Stephen. Stephen Herondale. Faceva parte del Circolo, è stato ucciso da Valentine. Era sposato con Amatis e l’amava, ma Valentine lo costrinse a lasciarla e a sposare Celine… so che ha compreso troppo tardi i suoi sbagli. So solo questo” rispose lui, con voce monotona.
“Non sai nulla del resto dei nostri parenti? Intendo, non sai da chi discendiamo?” domandò ancora.
“No. Però ho conosciuto nostra nonna… che donna deliziosa. Ma sebbene mi abbia dato del filo da torcere, quando non sapeva chi fossi… mi ha salvato la vita”
“Jace, io voglio sapere” ammise la ragazza dopo qualche istante di silenzio.
Lui la guardò intensamente.
Hermione non poté fare a meno di sentirsi a disagio; era suo fratello e lo sapeva… ma non poteva negare di esserne stata attratta fisicamente, prima di scoprirlo. Per quanto disgustoso possa sembrare.
“Ci ho pensato, in questi due giorni. E ho capito che lo voglio anche io. Per questo ho chiesto a Maryse di parlare con il Console… dovrò andare a Idris, tra due giorni, per fare rapporto su quello..” la voce gli si spense in gola. Per un attimo la luce abbandonò i suoi occhi, ma Jace era noto anche per saper benissimo reprimere le emozioni in fretta. “Quello che è successo al Pandemonium Club. Vieni con me. Ho chiesto anche di annunciarti. Possiamo restare lì un giorno in più, per vedere di scoprire qualcosa”
Hermione non ci pensò per più di due secondi che già aveva gettato le braccia al collo del fratello e lo ringraziava tra le lacrime.
Lo sapeva, che seppure egli fingeva il contrario, tutta la situazione lo faceva stare male. Eppure, per lei stava facendo questo sacrificio.
Passarono diversi minuti, nei quali si raccontarono tutta la loro vita. Poi, Hermione ripensò a quegli… automi, così li aveva chiamati il bellissimo ragazzo dai capelli neri. Le era sembrato così vivido… quel sogno.
“Jace, fai mai dei sogni che sono reali? O che lo sono stati?” chiese.
“Sì. E di solito, non sono piacevoli” rispose alzandosi e camminando fino alla finestra. Rimase a fissare la strada affollata di gente che correva verso Central Park.
La ragazza si chiese di nuovo a cosa diavolo stesse pensando.
Doveva per forza essere così introverso? Doveva proprio trasudare mistero da tutti i pori?
 
Isabelle aprì la porta del terrazzo.
Fin da quando era bambina, quando aveva bisogno di pensare, di stare da sola, quando era triste o arrabbiata, e non voleva essere disturbava, saliva sul tetto dell’Istituto; si sedeva sul muretto, le gambe che penzolavano fuori, sulla strada che si stendeva metri e metri sotto di lei.
Osservava i mondani, condurre la loro vita in tutta tranquillità, ignari della realtà delle cose, ignari che il ragazzo che consegnava loro la pizza potesse essere un demone, ignari del fatto che il vicino di casa potesse essere un Nascosto… sedeva lì, ad osservare i colori, le luci della sua Manhattan illuminata nella notte.  
S’incamminò verso il lato del terrazzo che offriva la visuale più bella… ma il posto era già occupato.
Distinse, grazie alla runa della Vista Notturna che si era tracciata qualche ora prima quando era andata a caccia, una folta chioma di capelli rossicci.
Il ragazzo si girò.
“Izzy. Che ci fai qui?”
“Potrei farti la stessa domanda” ribattè lei inarcando le sopracciglia.
“Pensavo” rispose lui.
“Volevo pensare anch’io” mormorò lei, sorprendendo sé stessa più di quanto avesse sorpreso lui. Arrossì. Lei che non avvampava mai…
Si sorrisero, impacciatamente.
Ron piantò i suoi occhi sulla ragazza: ne percorse i lineamenti del volto, il colore blu intenso degli occhi, le sue labbra più rosse che rosee, le forme del corpo, le curve… e distolse lo sguardo.
Vedere Isabelle in tenuta era sempre stato uno spettacolo fantastico per lui, ma vederla così, senza trucco e con indosso solo una camicia da notte, molto provocante per giunta, era doloroso: lo fece sentire vulnerabile.
La Cacciatrice metteva molto più in soggezione in quel modo, perché era sé stessa. Ed era bellissima. Ron si chiese come mai si truccasse così tanto se era stupenda già di suo.
“Stai bene?” le chiese, quando si fu accomodata sul davanzale, accanto a lui. Lei annuì, ma abbassò lo sguardo. Fissavano entrambi il panorama.
“È solo che… Alec sta con Magnus. Sono così innamorati… nell’ultimo anno è stato all’istituto solo per due mesi. Jace aveva Clary… e quando è rimasto solo ho pensato che almeno lui non mi avrebbe mai abbandonata.. e invece ora c’è sua sorella. Sai, quella vera. E io mi rendo conto, che non potrò mai trovare l’amore. Che sono destinata ad essere sola” confessò dopo un po’.
Ron fu sorpreso. Isabelle Lightwood; bellissima, sexy e indipendente.
Aveva sempre saputo che dietro la sua corazza si nascondeva molto di più, ma tanta fragilità non se la sarebbe aspettata mai e poi mai.
“Izzy, Jace ti vuole bene. Non ti abbandonerà” la tranquillizzò lui “e poi perché mai non dovresti mai trovare l’amore?”
“Perché non ci credo” rispose lei e gli raccontò la storia del padre, che poco prima della nascita del fratellino, Max, quando ancora non sapeva della gravidanza, aveva tradito la moglie e pensava di lasciarla.
Raccontò dei suoi sogni di amore andati in frantumi, come quando una mondana ha il cuore spezzato per la prima volta e capisce che non c’è e non ci sarà mai nessun principe azzurro delle favole nella sua vita; o quando un bambino un po’ troppo cresciuto capisce che Babbo Natale in realtà non esiste. Lasciò fluire le parole, in uno sfogo che tanto aveva cercato negli ultimi anni e che finalmente sembrava essere giunto.
“Ecco. Ecco perché. Non ci credo nell’amore. Sono un mucchio di sciocchezze” ribadì lei.
“Arriverà il giorno in cui un ragazzo ti farà battere il cuore e ti farà rimangiare queste parole, Isabelle Lightwood” le disse Ron.
Lei si voltò a guardarlo e gli sorrise suo malgrado, sebbene con una punta di scetticismo “e quando?”
“Io spero adesso” sussurrò lui e si avvicinò a lei, posando dolcemente le labbra sulle sue.
Isabelle si sentì avvampare, il cuore sprofondare. Questo non se l’era aspettato. Non c’erano stati segni e lei non ne aveva dati a lui. Non se n’era neppure accorta, che Ron le piacesse, prima che le loro labbra entrassero a contatto.
Chiuse gli occhi e si lasciò andare alle labbra morbide di lui, alla dolcezza di quel bacio. Al fuoco che la divorava dall’interno. Che li divorava, bruciando la loro pelle e tutto ciò che avevano intorno.

 
“Interessante” si sentì commentare Magnus, appena entrato nell’infermeria, seguito da Alec che gli teneva la mano.
“Lui è il mio compagno Hermione” li presentò il Cacciatore.
La ragazza gli strinse la mano e lo ringraziò per aver salvato la vita a tutti loro, ma l’uomo la fermò con un cenno della mano, quasi a dire ‘figurati. È quello che faccio da anni ormai. Salvare la pelle a questi Nephilim. Ci sono affezionato, e per me è un piacere aiutarli’. O almeno, così lei volle interpretare quel gesto.
“Sei la sorella di Jace, vero?” domandò lo stregone.
Il biondino aveva ancora lo sguardo fisso sulla vita notturna fuori dalla finestra.
Doveva essere venerdì sera, perché le strane erano piene di liceali in cerca di divertimenti.
“Sì” rispose la ragazza.
“E mi dicono… che tu abbia doti magiche”
Hermione assentì. “Sono una strega”
“Sei una Nephilim” la corresse Magnus.
“Anche, suppongo” concesse lei.
“Soprattutto, direi” le rammentò lui.
Il sangue dei Cacciatori era dominante. Sempre, ricordò Hermione.
“Tuttavia, non sei una strega come… beh come me
“No” confermò la ragazza.
“Suppongo tu sappia il perché delle tue doti” ipotizzò lo stregone, ma dalla faccia di lei e dal voltarsi di scatto di Jace dedusse che si sbagliava.
“Magnus, cosa sai che noi non sappiamo?” chiese il Nephilim.
Tutto” voltò i suoi occhi da gatto verso la ragazza “Le tue capacità, Hermione, non vengono da Celine. Non c’è mai stato sangue di strega nella sua famiglia. Per quanto Amatis sostenga che tu ricordi tua madre, non posso fare a meno di dissentire. Magari fisicamente le somigliate molto… ma caratterialmente..” sembrava che lo stregone stesse riflettendo ad alta voce, parlando più a sé stesso che agli altri, sfregandosi l’indice e il pollice della mano destra sul mento, gli occhi socchiusi.
“Non credo che cercare a Idris sia la cosa giusta. Non troverete nulla di che. Gli Herondale sono una generazione di Cacciatori esistente da secoli” disse alla fine.
“Ma c’è una persona che può raccontarvi tutto, sin dall’inizio” annunciò. “O forse due” si corresse.
“E io posso dirvi dove trovarle”.
  
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