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Autore: TeenSpiritWho_    01/10/2013    7 recensioni
Il futuro può essere cambiato anche solo dal più piccolo errore, e Duncan lo scoprirà presto. Verrà trascinato in un luogo sconosciuto e dovrà lottare contro chi amava per salvare chi ama. Perché non sempre le persone di cui ti fidi si conoscono del tutto...
Genere: Azione, Guerra, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Geoff, Gwen, Un po' tutti | Coppie: Bridgette/Geoff, Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Quando Noah uscì dall'appartamento, sbattendo la porta, rimasi imbambolato per qualche secondo a fissare il legno. Un mare di emozioni diverse si agitava dentro di me, come in tempesta.

Ero furioso, perché intendevo davvero dire quello che avevo detto, non mi rimangiavo nulla. Ero finalmente riuscito a fargli capire che non potevano trattarmi così, non era un'arma nelle mani dei Ribelli, ero una persona, con dei sentimenti e delle emozioni.

Ma allo stesso modo mi sentivo in colpa. E non riuscivo a zittire quella dannata vocina nella mia testa che continuava a ripetermi quanto fossi bravo a rovinare ogni cosa, sempre.

Tirai un calcio ad una sedia contro al muro, nel vano tentativo di sfogarmi, e quella cadde a terra rovesciata. Mi infilai la giacca militare sulla canotta sgualcita, tirai su il cappuccio per coprire bene il viso e uscii di casa a mia volta.

 

Geoff e Zoey si scambiarono un'occhiata preoccupata, sentendomi uscire dalla porta d'ingresso. Joel si alzò in piedi di scatto, come se si fosse appena ricordato di qualcosa di importante, e corse nella sua camera, chiudendosi la porta alle spalle. Marilyn si alzò a sua volta e si mise a lavare i piatti, cercando di spezzare quel silenzio imbarazzato.

Gwen fissava il pavimento, sconvolta, scuotendo piano la testa, quasi come se ancora non credesse a ciò che era appena successo.

Rovinato, è tutto rovinato.

Ed è solo colpa mia.

Avrebbe dovuto prevedere che sarebbe successo. Che stupida. Davvero aveva creduto che sarebbe riuscita a tenerlo nascosto a Noah, ai Ribelli, a sua madre?

Non avrebbe dovuto farlo. Come al solito, Duncan era una testa calda e aveva violentemente litigato con Noah, e ora l'intera missione era in pericolo. Ma non dava la colpa a lui, solo a sé stessa.

Perché era debole. Si credeva tanto forte, ma non lo era affatto. I sentimenti erano il suo tallone d'Achille.

Ma in guerra non c'è tempo per l'amore, pensò la ragazza, continuando a scuotere la testa.

Avrebbe dovuto trattenersi, fingere di non amare Duncan alla follia, fingere di non pensare a lui in ogni singolo istante, fingere che non fosse lui la ragione per cui lei continuava a combattere.

Era Duncan a darle forza.

Ma, ora che lui e Noah avevano litigato, la missione era compromessa. Se non fossero riusciti a risolvere questa situazione, l'unica cosa che poteva salvare il mondo da Courtney li avrebbe abbandonati, e a quel punto... chi lo sa? Non era rimasta più nessun'altra idea.

Duncan era la loro ultima speranza.

Anche solo un piccolo disaccordo può mandare all'aria un'intera missione, in situazioni come questa, pensò Gwen.

Ma in effetti la colpa non era solo sua.

La ragazza si voltò verso la madre, che asciugava i piatti con le sopracciglia corrucciate in un'espressione colpevole.

Quell'impicciona, pensò, sentendosi montare la rabbia dentro.

-Sei contenta ora?-

Marilyn la guardò con la coda dell'occhio, deglutendo.

-Gwen, io...-

-Non sei mai stata capace di farti gli affari tuoi, vero? No, devi sempre mettere il naso nella mia vita privata.-

La donna posò lo straccio sul bancone della cucina e questa volta si girò a guardare la figlia, con gli occhi spalancati.

-Ma cosa dici, non...-

-Oh, hai sentito bene. Per colpa tua ora questa dannata guerra continuerà per sempre.-

Marilyn la fissò, senza capire -Ma... sono i tuoi colleghi, i Ribelli, no? Pensavo foste in cerca di provviste o qualcosa del genere...-

-No, mamma, questa è una missione importante! E tu hai rovinato tutto, tutto!- urlò la ragazza, sull'orlo di una crisi di nervi, riferendosi non solo alla missione, ma anche al suo rapporto con Duncan.

Avrebbe voluto raccontare alla madre chi fosse Duncan e cosa stessero per fare, ma sarebbe servito solo a preoccuparla. E poi, meno cosa sapeva e meno pericoli correva. Non voleva che qualcuno cercasse di estorcerle informazioni.

-Gwen, di cosa stai parlando? Così mi preoccupi!-

La ragazza si mise le mani tra i capelli, con un gemito -Non posso dirti niente, non capisci? Ma una cosa posso dirtela.- le puntò un dito contro -Non voglio mai più che tu interferisca con la mia vita, d'accordo?-

-Abbassa il tono, ragazzina! E poi io non “interferisco”, volevo solo sapere, non mi racconti mai...-

-Ma io non sono più una bambina!- Gwen ora aveva alzato talmente tanto il tono da urlare.

Seguì qualche secondo di silenzio in cui la madre fissò la figlia, ferita, mentre Zoey e Geoff si scambiavano uno sguardo. Heather alzò gli occhi al cielo, quasi fosse seccata da quella perdita di tempo.

-Gwendolyn, ti stai mettendo in qualche guaio? Stai facendo qualcosa di pericoloso? Se è così, voglio che ti fermi, subito.-

-Non volevi che entrassi nei Ribelli, non volevi che me ne andassi di casa, non volevi che vivessi la mia vita...- continuò la ragazza, sempre più rabbiosa -Smettila di cercare di controllarmi! Ho 18 anni e ho imparato a badare a me stessa da quando papà è morto.- il labbro inferiore le tremò, ma non pianse -E' inutile che ora fai tanto la preoccupata. Avresti dovuto pensarci prima, ad essere una buona madre.-

Il viso di Marilyn si irrigidì.

-Hai finito di rovinarmi la vita.- Gwen si voltò e uscì dalla cucina, pestando i piedi.

Geoff borbottò un “merda” soffocato, e si alzò dalla sedia, correndole dietro, mentre Zoey cercava di rassicurare la donna.

-Gwen, dannazione, che fai?!- le disse quando la raggiunse.

Lei stava sistemando le sue cose nello zaino, infilandoci oggetti alla rinfusa -Preparatevi, cerchiamo Duncan e Noah e ce ne andiamo.-

-Ma fuori è quasi buio!-

-Non mi importa, muoviti.-

Geoff le si avvicinò e la prese per i polsi, bloccandola.

-Lasciami stare, brutto idiota!- strillò lei, dimenandosi. Gli occhi le luccicavano.

-Gwen, perché hai detto quelle cose prima? Non pensi di aver esagerato?- disse lui, ignorando le sue proteste.

-Tu non sai un cazzo, un cazzo!!- ora aveva cominciato a piangere e grosse lacrime le solcavano il viso chiaro -Tu non sai quello che ho passato, non sai come ho dovuto occuparmi io di mia madre e mio fratello dopo che mio padre morì, non sai di quanto mi sia sacrificata! Quindi chiudi quella cazzo di bocca!!-

Geoff la strinse tra le braccia, senza fare caso alle lacrime della ragazza che gli bagnavano la maglietta. Gwen, tremante come una foglia, continuò a mormorare insulti nei suoi confronti, ma si strinse a lui più stretta.

-Andiamocene da qui, ti prego...- sussurrò infine, dopo qualche minuto.

 

Gwen uscì dall'appartamento senza neanche scambiare un'occhiata con la madre, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé. Avrebbe voluto salutare almeno il fratello, ma era chiuso nella sua stanza per chissà quale ragione. Le si spezzava il cuore a lasciare quella casa, la sua famiglia, dopo aver litigato così. Non sapeva se li avrebbe rivisti di nuovo. Ma era troppo orgogliosa per chiedere scusa, e comunque non era lei ad avere torto e si sentiva sollevata a essersi tolta quel peso dalla coscienza e ad avere messo le cose in chiaro con sua madre. Sperava solo che non fosse l'ultima volta che li vedeva.

 

Camminavo per le piccole strade del quartiere, illuminato dalle luci fioche dei pochi lampioni funzionanti. Le bancarelle erano state smantellate e per strada ora c'era pochissima gente, per lo più ubriachi che uscivano dalle taverne barcollando e cantando canzoni che non conoscevo.

Forse potrei andare anche io a farmi un goccetto...

Oh, bravo Duncan. Vuoi diventare un alcolizzato come tuo padre?

No, ma...

E non ti ricordi i guai che ti ha provocato l'alcol l'ultima volta?

Ancora mi si stringeva il cuore al pensiero del litigio con Gwen, anche se ora era passato. Eccome, se era passato.

Ovviamente, non riuscivo a resistere più di un paio di giorni senza litigare con qualcuno. Era la mia natura. Ero un attaccabrighe, lo ero sempre stato. Ed era per questo che faticavo a tenermi strette le persone che mi volevano bene, tendevo ad allontanarle per il timore di perderle.

Sospirai. E' la storia della mia vita...

Un tizio barcollante che si reggeva malapena in piedi mi si avvicinò, dondolando avanti e indietro la bottiglia semivuota che teneva in mano.

-Ehi, amico, hai un po' di soldi da prestarmi? Ho appena finito i miei, ma...- chiese, con voce strascicata, ma io lo interruppi.

-No, mi dispiace.-

Lui sollevò un sopracciglio, tra l'infastidito e il sorpreso -D'accordo, d'accordo. Cosa c'è, giornata no?-

-Anche se fosse, di sicuro non verrei a raccontarlo a te.-

Lui mi fissò ad occhi spalancati per qualche secondo, poi scoppiò a ridere, una risata sguaiata -Amico, rilassati! Perché non ti godi la vita? Potremmo morire tutti da un giorno all'altro!-

Scossi la testa, nascondendomi ancora di più nel cappuccio -Oh si, questo è certo.-

L'uomo annuì, come per confermare -Visto? E allora goditela!- ripeté.

Lo fissai ancora per un momento, poco convinto. Al diavolo, pensai poi.

-Dammi qua.-

Gli strappai la bottiglia di mano, la asciugai con la manica (avevo ancora un minimo di dignità) e poi bevvi un lungo sorso, mentre il mio nuovo “amico” emetteva versi di approvazione.

 

Marilyn era ancora nella piccola cucina dell'appartamento, seduta al tavolo con le lacrime agli occhi.

Lo sfogo della figlia era stato così improvviso da scioccarla. Le voleva un bene dell'anima, non immaginava di averle creato così tanti problemi. Lei si preoccupava solo per la sua piccola Gwen...

Sentì la porta della camera del figlio spalancarsi di colpo, e si affrettò ad asciugarsi le lacrime con uno straccio da cucina. Joel entrò nella stanza ansimante, tenendo sottobraccio un foglio e un libro.

Si guardò intorno e chiese -Gwenny e i gli altri dove sono?-

La madre esitò un momento senza sapere cosa rispondere, poi disse -C'è... c'è stato un problema e sono dovuti scappare.-

-Oh no.- rispose Joel, sbiancando.

-Lo so, tua sorella non ha avuto il tempo di salutarti, ma sono sicura che...-

-No, non per quello. Guarda qui.-

Appoggiò il libro sul tavolo e sfogliò velocemente le sottili pagine.

Era il suo libro di storia, Marilyn glielo aveva comprato ad una bancarella qualche settimana prima. Nell'ultimo periodo si era appassionato di storia antica, specialmente del ventunesimo secolo.

Si fermò ad una certa pagina e voltò il libro in direzione della madre, indicando una foto.

Lei strizzò gli occhi per vedere meglio la figura del giovane ragazzo che la osservava sorridente dalla fotografia. E di colpo capì di chi si trattava.

-Ma non è quel giovane che era insieme a Gwen? Quel... Duncan, mi pare? Cosa ci fa su un libro di storia?- il cuore prese a martellarle nel petto. Aveva un brutto presentimento.

Il figlio indicò la didascalia sotto alla foto e, quando Marilyn la lesse, per poco non svenne.

-Non è possibile.- disse -Non può essere lui. Com'è possibile? Sono passati cinquant'anni, non può essere.-

-E non è tutto.- continuò il figlio, e le posò il foglio sotto al naso, sul tavolo -Guarda qui, l'hanno consegnato l'altro giorno a scuola.-

Sembrava un volantino, come quelli che si vedevano nei film western troppo antichi perché Marilyn li conoscesse.

Sotto la grande scritta “Ricercato”, c'era un'altra foto. Non era la stessa del libro di storia, ma il soggetto non era cambiato. E sotto ad essa c'era la ricompensa che chiunque avesse catturato Duncan Cooper avrebbe ricevuto. Ed era una gran bella somma. Una somma che, in tempi come quelli, chiunque avrebbe voluto.

 

Gwen, Geoff, Zoey e Heather avevano deciso di dividersi per cercare Noah e me ed andarsene da quel quartiere sgangherato.

Ma Heather non aveva bisogno di cercarmi, perché sapeva esattamente dove ero.

Quando gli altri si furono allontanati entrò nel pub in fondo alla via senza esitazione.

Io ero seduto al bancone vicino al tizio che avevo incontrato per strada e alcuni suoi amici, cercando di sorridergli, poco convinto. Li sentivo parlare del più e del meno e scherzare, come se non ci fosse la guerra e tutto fosse normale, ma non li ascoltavo nemmeno, non ero in vena.

Ad un certo punto la porta d'ingresso si aprì, ma non ci feci troppo caso. Qualcuno nel locale fischiò, commentando con un -Ehilà, bellezza!- e subito dopo sentii lo schiocco di un forte schiaffo ricevuto in pieno volto.

-Tieni quelle luride manacce lontane da me, porco.-

Mi voltai, riconoscendo la voce. Heather aveva sorpassato il “porco”, che ancora si teneva la guancia dolorante, e stava venendo verso di me.

-M-ma cos...- cercai di chiedere, ma lei mi posò l'indice sulle labbra.

-Ssh. Sono venuta qui per parlarti di una cosa importante.-

Guardai l'indice, poi guardai lei, guardai nuovamente l'indice e infine ancora lei.

-Uhm, d'accordo...- borbottai.

Heather prese posto accanto a me su uno sgabello (non prima di avergli lanciato un'occhiata piena di disgusto a causa dello sporco che lo ricopriva) e accavallò elegantemente le gambe.

-Avrei voluto parlartene prima ma... solo questa sera mi sono resa conto di quanto tu stia soffrendo...-

Senza capire, dissi -Di che parli?-

-Io... ho sbagliato, lo so, ma... tu ne hai già passate abbastanza...-

La presi per le spalle, costringendola a fissarmi dritto negli occhi -Heather, parla, avanti.-

Lei mi osservò per un momento con quei suoi seducenti occhi a mandorla da cerbiatta spaventata, poi abbassò la testa e parlò -I-i Ribelli... loro ti stanno usando.-

-Usando? Cosa vuoi dire?-

Alzò la testa, gli occhi lucidi -Non esiste nessuna missione. Si sono inventati tutto perché gli servi per altri scopi.-

Risi quasi istericamente, spaventato -Ma cosa dici? Non è possibile, ti sbagli.-

Pensai a Gwen, ai nostri momenti insieme, al suo amore. No, quello era reale. Era tutto reale.

Ma Heather doveva aver indovinato i miei pensieri, perché mi posò dolcemente una mano sul braccio e disse -Mi dispiace, ma anche la tua storia con Gwen fa parte del piano. Loro... avevano organizzato tutto, e lei sarebbe servita per convincerti a compiere la missione.-

Il mio cuore sembrò fermarsi, ma cercai di non darlo a vedere e continuai, con voce tremante.

-E... Geoff allora? Lui è mio amico, però li sta aiutando.-

-Evidentemente non ti è amico come pensavi. Ricordi quando diceva che non aveva nessuna relazione con la dottoressa Bridgette? Beh, mentiva. E' stata proprio lei a convincerlo a collaborare con i Ribelli.-

Scossi la testa velocemente.

-Ti sbagli. Perché dovrebbero farlo? Come faccio a sapere che non stai mentendo?-

Heather tirò fuori un foglio dalla tasca dei pantaloncini.

-L''ho trovato nello zaino di Noah. E' appeso anche a tutti i muri della città.-

Il foglio che mi porgeva era un manifesto con la mia foto e la cifra di una ricompensa per chi mi avesse trovato, una cifra con molti zeri.

-Ma... ma cosa...- lo afferrai e lo guardai meglio. La foto mi ritraeva sorridente, disinvolto, senza pensieri. Me l'aveva scattata Courtney agli inizi della nostra relazione.

La testa mi girava, mentre i miei pensieri si facevano sempre più confusi.

Heather continuava a parlare -... volevano la ricompensa, sai. Immagina quante cose potrebbero fare con quei soldi in tempi come questi.-

-Perché mi stai dicendo queste cose?- mormorai, senza forze.

Le guance di Heather arrossirono leggermente -Non so se te ne sei reso conto, ma ci tengo molto a te.-

E' stato un po' difficile non rendersene conto, dissi tra me e me, ripensando al bacio appassionato che mi aveva dato pochi giorni prima.

Prese il mio viso tra le mani e me lo accarezzò.

-Non voglio che ti facciano del male. Devi scappare. Scappa più lontano che vuoi, e in fretta. Io cercherò di coprirti.-

-Heather...- dissi, ma non mi lasciò finire la frase. Mi stampò un dolce bacio sulle labbra, staccandosi poi da me con un sorriso quasi materno.

Scioccato, non avevo nemmeno cercato di resistere. Non poteva essere vero, niente di tutto quello che mi aveva detto. Eppure, qualcosa mi induceva a crederle. Forse soltanto la mia tensione dopo il forte litigio con Noah, o l'incredibile ascendente che quella ragazza aveva su di me, sebbene amassi Gwen e non lei. Non riuscivo a formulare nemmeno un pensiero, ogni cosa in cui credevo non aveva più senso ormai, e l'unica cosa che riuscii a fare fu alzarmi e correre fuori dal locale. Non mi accorsi delle occhiate stranite che mi avevano rivolto le persone all'interno, e nemmeno del sadico e inquietante sorriso sulle labbra di Heather.



*si butta a terra piangendo disperatamente*
MI DISPIACEEEE!
Si, non ho scritto per molto (troppo) tempo. Si, sono imperdonabile.
Ma purtroppo la scuola è ricominciata anche per me, e le prime settimane sono state dure. :c
*si posa la mano sul cuore* Prometto che mi impegnerò ad essere più presente!
Cooomunque, avete visto i primi episodi di Total Drama All Stars? *^*
Io solo il primo, non sono riuscuta a resistere! Sono molto preoccupata per lo strano comportamento di Gwen con Duncan, ma penso che sarà una stagione grandiosa. E voi, che ne dite? :3
Ah, quasi dimenticavo: ABOUT A GIRL HA RAGGIUNTO LE 103 RECENSIONI! *stappa lo champagne*
Vorrei ringraziare tutti voi, voi che mi recensite (e mi fate sempre molto piacere) e voi lettori silenziosi, che spero appreziate la storia allo stesso modo. <3
Come al solito mi scuso per eventuali errori di battitura di cui non mi sono accorta. Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto! :D

  
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