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Autore: Red_head    01/10/2013    4 recensioni
« Ti piace?»
« Si tratta di un'illusione. Tolte le vesti di cigni, principi e regine, torneranno a essere persone qualunque, mescolate nella calca di una metropoli che appare romantica e misteriosa, ma alla fine è solo il nido di tanti brutti anatroccoli.» Solo ora le rivolse nuovamente lo sguardo, le labbra increspate in un sorriso mellifluo. « Sì, mi piace molto. Me ne sento ispirato.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Parigi quest'oggi era più piovosa di Londra e il nervoso procurato dal fastidio di dover continuamente affondare i piedi nelle pozzanghere che macchiavano il lastricato di Place de la Sorbonne gli fece venire un lieve mal di testa.
Si stava lasciando l'università alle spalle e camminava a testa bassa, guardando i sanpietrini sotto i piedi e stando ben attento a non farsi un bagno fuori programma. Le lezioni del mattino erano volate: sociologia e antropologia erano le sue materie preferite, per questo amava il lunedì, forse una delle poche persone al mondo ad alzarsi dopo il week end senza l'espressione di un condannato a morte.
Decise di lenire il mal di testa con un pranzetto fuori casa e mentre sedette al tavolino di un piccolo bistrot, attaccato a una vetrina, guardò il vetro imperlato di gocce di pioggia e sperò ardentemente che la smettesse di piovere.
Non gli piaceva la pioggia: non gradiva l'odore, il doversi zavorrare con un ombrello, avere i vestiti e soprattutto i piedi un po' bagnati che, sì, le scarpe sono anti pioggia, ma alla fine l'umidità si infiltra ovunque. Le ossa gli facevano male quando pioveva e detestava non riuscire a rimaner concentrato per uno sciocco fenomeno atmosferico. Meteoropatico.
Sorrise, però, all'anziana signora che gli servì la crepe ai funghi champignon e formaggio che aveva ordinato, si era concesso anche un bicchiere di vino rosé.
___ « Merci, madame.»
Parlava bene il francese, ormai: erano due anni che abitava a Parigi e aveva perfezionato la pronuncia, aveva imparato i modi di dire e a sostenere una conversazione decente dopo pochi mesi, passati due anni poteva vantare persino un accento parigino.
Era portato per le lingue, d'altronde.
Era portato per lo studio in generale, in realtà: non gli costava fatica, capiva e memorizzava tutto alla perfezione, anche argomenti di cui gli importava poco e niente e riusciva a dare gli esami con grandiosa facilità. Si faceva un po' schifo da solo per questo.
Affondò i rebbi della forchetta nella crepe fumante e osservò il formaggio caldo fuoriuscire cremoso e invitante; assaggiò il boccone e socchiuse gli occhi beandosi del sapore pungente del roquefort che si sposava alla perfezione con la delicatezza dei funghi champignon.
___ « Ti piace, caro?»
Sorrise all'anziana signora e annuì gentilmente, regalandole una sensazione di calore che sfociò in un'espressione dolce sul volto rugoso della proprietaria del bistrot. Erano due anni, ormai, che mangiava lì almeno una volta a settimana: sempre da solo, ordinava sempre e solo crepe e la sua preferita era proprio quella che aveva nel piatto.
___ « E' deliziosa come al solito, Madame Blanchard. Ma … posso azzardarmi a chiederle se sia cambiato qualcosa nella ricetta? Non so, forse è diverso il formaggio, ma magari sbaglio: è un po' che non la ordino.»
___ « Oh! Il tuo palato è eccellente, Dean. Hai ragione, usiamo dei nuovi formaggi! Mio nipote ha insistito per farmi provare un delizioso caseificio poco fuori Parigi: è biologico, sono prodotti a chilometri zero e in più favoriamo le piccole attività parigine! Ti piace?»
___ « Sì, Madame, suo nipote le ha dato proprio un'ottima dritta.»
___ « Glielo riferirò! Ne sarà felice.»
Le rivolse un altro sorriso e si apprestò a finire il suo pranzo prima di afferrare lo stelo del renano e perdersi nell'osservare il viottolo parigino appena fuori il bistrot. Pioveva con meno intensità, ma il cielo era sempre plumbeo, monocromatico, tetro. Sospirò pesantemente e bevve quello che rimaneva del rosé prima di alzarsi e dirigersi alla cassa sistemata su un antico bancone da cucina, che fungeva anche da bar.
___ « Quanto le devo, Madame?»
___ « Sono sempre otto euro, Dean caro.»
___ « Grazie.»
La signora gli faceva ormai pagare il vino come l'acqua, sempre, e lui si sentiva un po' in colpa.
___ « La prossima volta mi prenderò anche una crepe dolce.»
___ « Oh! So che lo farai!» L'anziana gli scoccò un occhiolino e lui si voltò, rivolgendo uno sguardo distratto verso la porta lignea della cucina che era socchiusa. Vide una lunga treccia bionda e una vita stretta, fianchi femminili sormontati da un grembiule bianco da chef.
___ « Arrivederci Madame Blanchard.»
___ « A presto, Dean.»
Dean. Gli piaceva il modo in cui i francesi pronunciavano il suo nome: era meno squillante, più morbido, riuscivano a imprimervi un che di romantico.
Recuperò l'ombrello blu elettrico dalla struttura in ferro battuto accanto all'ingresso del bistrot, l'aprì e vi si rifugiò sotto prima di incamminarsi velocemente verso il quartiere latino.
Non s'avvide delle zampette sormontate da morbido pelo bianco che affondarono in una pozzanghera sul marciapiede, così come delle polacchine verde muschio zuppe che, invece, la saltarono subito dopo.



___ « Nonna!»
Il campanello attaccato alla porta del bistrot tintinnò squillante e il piccolo husky ululò felice, saltellando sulle zampe posteriori e fissandolo allegro, intenzionato forse a farsi crescere le ali per poterlo afferrare e giocarci.
___ « Olivier! Tesoro ...» La nonna, Madame Blanchard per il mondo, lo accolse fra le braccia e gli stampò un bacio sulle labbra, leggero, come era solita fare, lasciandogli un leggero sapore di pesca dovuto al suo burro cacao.
___ « Ciao nonna. Come va?»
___ « Oh, molto bene! Ehi, piccolino! Ciao anche a te! Com'è che lo hai chiamato, caro? Non me lo ricordo più … sai, la memoria di una vecchia carampana ...»
Rise appena, divertito e tolse il trench anti pioggia per poterlo sistemare su un appendiabiti in legno tutto arzigogolato, vintage, che dominava l'ingresso del localino.
___ « Non sei una vecchia carampana, nonna. Te lo dico sempre!»
___ « Lo so, per questo continuo a insinuarlo: così tu lo smentisci.»
___ « Si chiama Ciel.» Le posò un altro bacio sulla guancia destra, divertito, prima di inoltrarsi nel locale dove alcuni astanti si godevano un tipico pranzo parigino, genuino e confezionato con prodotti locali e sani.
___ « Thalie?»
___ « E' in cucina.»
Mentre la nonna si occupava del cucciolo, mettendogli a terra, dietro il bancone, una ciotolina di acqua fresca, lui spinse il battente della cucina e si inoltrò al suo interno sorridendo alla vista della ragazza che dimenava i fianchi a ritmo di una canzone dei 30 Seconds to Mars, canticchiava e spadellava contemporaneamente come se non avesse mai fatto altro nella vita.
___ « Ehi, racchia.»
___ « Ah!» Lei si voltò facendo saltare contemporaneamente delle carote al burro e gli rivolse una smorfia buffa, storpia, divertita con tanto di linguaccia. « Ehi, blondie!»
Si avvicinò alla ragazza e le tirò un pizzicotto sulle chiappe facendola saltare in aria come una mina prima di afferrare una baguette per poterne mangiare un tozzo.
___ « Non dovresti mangiare carboidrati, blondie. Poi come fai se metti su un grammo di ciccia?» Lei rise appena e la sua risata sguainata, per niente femminile, lo fece sbuffare divertito.
___ « Guarda che io mi alleno. E ho un metabolismo da fare invidia a Baryšnikov, non divento una botte come te al primo piatto di pasta!»
___ « Ma che coraggio, santa banana ...»
Lei fece la finta offesa e lui approfittò per poter pucciare il pezzo di baguette dentro una pentola nella quale cuoceva a fuoco basso una salsa al formaggio. L'assaggiò e si deliziò del forte sapore che gli si insinuò in bocca, leggermente pungente e reso più docile dalla cremosità della consistenza.
___ « Mhh ...» Sapeva che lei poteva sentirlo e sapeva anche che stava sorridendo dandogli le spalle. Osservò il fisico asciutto della giovane cuoca, la lunga treccia bionda che le teneva fermi i capelli e la cuffietta viola che le sormontava il capo: aveva sempre qualcosa di viola addosso lei, volente o nolente.
___ « Ehi Thalie …» la richiamò quando era ormai alle sue spalle e lei doveva aver sentito il suo respiro contro il collo perché reclinò semplicemente il capo all'indietro per poterlo appoggiare contro la sua spalla.
___ « Che c'è baby?»
___ « Me la fai una crepe?»
___ « Sei perfettamente capace, Olivier.»
___ « Sì, ma come le fai tu, non le fa nessuno in tutta Parigi.»
___ « In tutta la Francia!»
___ « Sì dai, ora vola basso.» Le posò le labbra sul collo e lei ridacchiò, divertita: Thalie soffriva il solletico ovunque.
___ « Vabbhè, mi sono avanzati un po' di funghi dell'ultima crepe che hanno ordinato. Ti metto il formaggio leggero e niente burro!»
___ « Grazie.» Incrinò un sopracciglio incamminandosi verso l'uscita della cucina. « Thalie … è venuto il tipo delle crepe, per caso?»
___ « Mhn? Il figone che ordina quasi sempre champignon e roquefort? Sì, mi sa di sì, ma chiedi alla nonna, magari era qualcun'altro.»
Annuì e le sorrise appena prima di tornare nel bistrot.
La differenza di atmosfera lo frastornò appena: in sala la nonna metteva sempre le canzoni di Edith Piàf, o musica classica francese, per rendere l'ambiente rilassante e caldo, in pieno stile vecchia Parigi. Thalie, invece, amava la musica rock americana e inglese, l'elettronica, la techno e persino il rap: una vera buzzurra in un corpo da fatina. Rivolse gli occhi chiari verso il tavolo al centro della vetrina e notò che non era ancora stato sparecchiato: fece cenno alla nonna di restare pure dietro il bancone e si mosse verso il tavolino, così da poter togliere piatto, posate e bicchiere. Ciel lo seguì, allegro, facendo ridacchiare i clienti rimasti nel locale e lui soffermò la sua attenzione sul tovagliolo bordeaux col quale il ragazzo doveva essersi pulito la bocca.
Rivolse lo sguardo all'esterno e notò che aveva finalmente smesso di piovere, anzi, un raggio di sole aveva squarciato le nuvole plumbee regalando al cielo di Parigi un'aria nostalgica e romantica. Sorrise flebilmente, dando le spalle alla vetrina e scoppiò a ridere quando Thalie uscì dalla cucina con le labbra sporte in fuori, in piena “duck face”, la sua crepe in mano e muovendo velocemente il bacino avanti e indietro, a ritmo della sua musica.
___ « Thalie! Razza di scellerata!»
La nonna rise facendogli cenno di accomodarsi su uno sgabello del bancone, ma lui seguì il trottare del cagnolino che si avvicinò alla vetrina per poter osservare il mondo all'esterno: l'insegna in legno, attaccata all'anima di ferro battuto fissata al muro esterno del palazzo, oscillava a ritmo del vento di fine estate che si era alzato dopo la pioggia e il cucciolo seguiva quel moto come ipnotizzato.
___ « Tutto bene, caro?»
___ « Mhn?» Si scosse dal leggero stato di trance in cui era caduto e annuì, sorridendo alla donna.
___ « Ah! Olivier, tesoro, devo ringraziarti da parte di un cliente, quel giovanotto che viene qui almeno una volta a settimana, Dean: ha sentito subito la differenza di gusto dei formaggi e si è complimentato con noi!»
Appoggiò le stoviglie nel lavello e strinse maggiormente il tovagliolo di carta bordeaux prima di buttarlo nel cestino.
___ « Dean?»
___ « Dean, sì.»
___ « Bene, ne sono felice nonna!» Le rivolse un sorriso affettuoso prima di affondare la forchetta nella crepe con gli stessi ingredienti che aveva assaggiato anche Dean. Sì, aveva ragione, quel formaggio era proprio buono.





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Capitolo 1: le bistrot de Paris



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