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Autore: Moonage Daydreamer    01/10/2013    3 recensioni
Ero l'emarginata più emarginata dell'intera Liverpool: fin da quando era bambina, infatti, le altre persone mi tenevano alla larga, i miei coetanei mi escludevano dai loro giochi e persino i professori sembravano preferire avere a che fare con me il meno possibile, come se potessi, in uno scatto di follia, replicare ciò che aveva fatto mia madre.
(PRECEDENTE VERSIONE DELLA STORIA ERA Lucy in the Sky with Diamonds, ALLA QUALE SONO STATE APPORTATE ALCUNE MODIFICHE.)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Magical Mistery Tour.
 



- No, tu non hai capito bene, cara!- esclamò Astrid gesticolando - Non ti puoi rifiutare di venire, non puoi proprio! -
- Astrid, da quando ti conosco non hai fatto altro che trascinarmi in giro per locali, e feste; se anche dovessi passare per una volta, sono sicura che non ne morirei... - replicai mentre davo una pulita ad un tavolo che si era liberato da poco.
- Sì, ma questa sarà la migliore in assoluto! E poi vengono tutti, anche John. -
- Solo perché abbiamo fatto pace, non vuol dire che adesso io abbia il dovere di seguirlo ovunque io vada! -
- Ma sei proprio antipatica, sai? -
- Tanto, anche se venissi, non te ne accorgeresti nemmeno, impegnata come sarai con Stu. - dissi.
Al solo sentire quel nome, lo sguardo di Astrid si addolcì e si fece sognante. Guardandoli si vedeva chiaramente quanto fossero innamorati l'uno dell'altra, ed era facile perdonare a Stuart il fatto che stesse trascurando la band; anche io l'avrei fatto, al posto loro, ma con John non c'era pericolo. C'era da dire, però, che non tutti erano della mia opinione riguardo ai due piccioncini (ed era comprensibile dal momento che stava creando qualche piccolo problema al gruppo), ma in particolare Paul era il più incazzato e cercava in tutti i modi di creare astio nei confronti del bassista. Il perché si comportasse così mi era ignoto, ma probabilmente la cosa era da imputarsi a quegli stra-maledetti eccitanti, a causa dei quali il Macca se ne veniva fuori, ogni tanto, con delle sfuriate assurde, oppure rispondeva male, o accusava John di preferire Stu a tutti gli altri, perché se fosse stato un altro a comportarsi in quel modo, diceva, l'avrebbe già cacciato fuori da un pezzo. A quel punto, ovviamente, anche John si arrabbiava e gli rispondeva a tono, e così la cosa degenerava in lite.
Insomma, il clima era piuttosto teso ultimamente, e cominciai a pensare che distrarmi con la festa di Astrid poteva farmi solo che bene.

- Sì che me ne accorgerei! - stava continuando intato la ragazza.
Sbuffai:- Vado a servire ai tavoli. -
- Lo sai che non te la caverai così in fretta. -
- Ci penserò su, soddisfatta? - le dissi mentre già mi stavo allontanando.
- Neanche un po'. - replicò lei ridendo.

Neanche a dirlo, nel fatidico giorno x, Astrid mi implorò di andare a casa sua dal tardo pomeriggio per aiutarla a finire i preparativi, i quali, come scoprii a mie spese, erano principalmente incentrati sull'agghindamento di lei e di me.
"Ti fai convincere troppo facilmente, mia cara Anna..."pensai mentre mi raccoglievo i capelli in una treccia.
- Anna, sei pronta? - mi chiese Astrid da oltre la porta del bagno.
- Sì, arrivo subito! - le risposi raggiungendola.
All'inizio, prima di vedere casa sua, avevo pensato che fosse una pazza ad ospitare una festa con tutti quegli invitati, ma poi mi ero accorta che non c'era ambientazione migliore per un evento tanto particolare. I colori che predominavano erano il bianco e soprattutto il nero, come c'era da aspettarsi conoscendo Astrid e i suoi amici, per questo ero un po' preoccupata riguardo al mio vestito rosso ciliegia.
- Come al solito, sono inadatta come un ippopotamo in tutù. - commentai fra me e me.
- Sciocchezze! - ribatté Astrid, cui il mio commento non era sfuggito. - Sei un incanto: a John verrà un colpo. -
- Be', anche a Stu, fidati. - risposi e lei abbassò impercettibilmente lo sguardo, poi cambiò argomento:- Dobbiamo ancora mettere a posto la musica! -
Andammo in soggiorno e sitemammo le ultime cose appena in tempo, perché subito dopo arrivarono i primi ospiti.
Astrid mi presentò a tutti, e i suoi amici furono molto cortesi con me, cosa che contribuì a rilassarmi parecchio.

- Sono in ritardo. - osservò la tedesca scrutando la strada.
- Che ti aspettavi, che arrivassero con un quarto d'ora d'anticipo? - ribattei. - Se va bene saranno qui tra quarantacinque minuti. -
Le dissi che era assolutamente inutile aspettarli fuori sul portico, così tornammo nel soggiorno, dove la musica aveva cominciato a suonare.
Klaus mi invitò a ballare e visto che la canzone che era partita mi piaceva da matti, accettai di buon grado.
Alla fine, John, George, Paul, Stu e Ringo fecero il loro ingresso. Fu Astrid ad indicarmeli, così la raggiunsi e guardai l'ora, poi scossi la testa, contrariata.
La mia previsione si era rivelata inesatta: non erano in ritardo di quarantacinque minuti, ma di quarantasette.

- 'Sta notte, mentre dormirete, vi punterò tutti gli orologi avanti di un'ora, lo giuro. - li minacciai.
- Dimentichi un minuscolo particolare, piccola. - replicò John.
- E sarebbe?-
- Che non abbiamo orologi. -
Astrid rise, poi andò a salutare Stu gettandogli le braccia al collo.
- Balliamo? - propose il mio ragazzo porgendomi una mano.
- No. - risposi, ma subito scoppiai a ridere vedendo l'espressione che lui assunse al mio rifiuto.
- Sei antipatica , a volte. - sussurrò John, poi mi prese per mano e mi trascinò volente o nolente in mezzo alla pista.
Dopo un paio di canzoni, notai con la coda dell'occhio che Stu e Astrid stavano ballando di fianco a noi stretti l'uno all'altra.
Lui le sussurrò qualcosa all'orecchio che la fece arrossire leggermente, e quando il brano finì la tedesca prese il bassista per mano e lo condusse fino ad una porticina che si affacciava ad un angolo del salotto, dietro la quale scomparvero.

- Sembri una di quelle vecchiette guardone che si fanno gli affari di tutto il vicinato. - mormorò John mentre partiva un'altra canzone. Mi finsi offesa a morte e lasciai la presa sulle sue spalle.
- Vorrà dire che la vecchietta andrà a ballare con qualche giovanotto più educato. - replicai e mi voltai per raggiungere George, Paul e Ringo che se ne stavano in disparte con dei bicchieri pieni in mano.
Il Macca bevve in un sorso il contenuto del suo, poi mi guardò implorante:- Me ne andresti a prendere un altro? -

- Perché, a te si sono atrofizzate le gambe? - risposi sarcastica.
- Per favore...- continuò lui con una vocina da bambino, poi mi indicò un tavolo su cui erano sistemate file di alcolici.
Buffai, presi il suo bicchiere e lo andai a riempire con la prima bottiglia che mi capitò sotto tiro. Quando tornai indietro Paul mi strappò letteralmente il bicchiere dalla mano biascicando un "graaazie", poi notai che Ringo si stava mettendo in bocca qualcosa di non meglio identificato.
- Cos’è?- chiesi titubante.
- Caramella! - rispose George un po’ troppo velocemente per i miei gusti.
Guardai Ringo che nel frattempo si stava godendo quella cosa. Dire che erano già tutti ubriachi era superfluo.
- La vuoi anche tu? - chiese John, che nel frattempo si era unito a noi.
- Dov’è la fregatura? -
- Non c’è nessuna fregatura, davvero!- ribatté Paul.
Li guardai scettica.
- Non avrai mica paura, vero? - mi stuzzicò John, puntando come il suo solito sul tasto sensibile dell'orgoglio.
- No, certo che no! - risposi contrariata.
Paul mi allungò la "caramella". Era strana, trasparente e con una consistenza gelatinosa.
- Se mi succede qualcosa di brutto, giuro che vi ammazzo tutti! - dissi.
- Fidati di noi, Anna! Abbiamo mai fatto qualcosa di sconsiderato?- intervenne George.
- Non peggiorare la vostra situazione. - lo ammonii.
Sospirai.
"Ti fai convincere troppo facilmente, mia cara Anna..." mi ripeté la voce della mia Coscienza.

All'inizio non percepii alcuna differenza, ma dopo qualche tempo le pareti cominciarono ad ondeggiare.
-
Che sta succedendo? - chiesi a bassa voce, confusa.
Appena finii di parlare, il mondo mutò: la musica smise di suonare e si trasformò nel palpito fortissimo di mille cuori che battevano insieme, in sincrono con il quale le persone intorno a me ballavano.
Le pareti della piccola stanza si aprirono come i lati di una scatola di cartone che venisse schiacciata e ci ritrovammo sopra l'arco dell'arcobaleno.
Intorno a noi il cielo era di un porpora scuro, simile al colore della marmellata di more. Guardai estasiata il panorama intorno a me, che non consisteva in altro che cielo, quando mi accorsi che accanto a me c'era un ragazzo. Guardai il suo viso, illuminato dal sole e dalla luna che splendevano insieme senza che tuttavia riuscissi a capire dopo fossero. Gli posai una mano sulla guancia, e la mia pelle cominciò a pulsare, come se si fosse creata una connessione fra le mie cellule e quelle del ragazzo. Lo osservai ancora, in silenzio, poi lo attirai a me e lo baciai.
Dopo quel bacio lungo al sapore di limone e lavanda, che interrompemmo solo per respirare, presi il ragazzo per mano e lo condussi in mezzo alle persone che ancora ballavano e parlavano senza produrre alcun suono, sino alla striscia verde dell'arcobaleno, dove subito assumemmo quella stessa tonalità di colore. Scoppiai a ridere, e gettai la testa all'indietro. La mia risata risuonò tutt'intorno come una campanella d'argento.
Felice ed eccitata come non lo ero mai stata cominciai a ballare una danza concitata, tribale; i miei piedi ruotavano veloci facendomi ondeggiare, e mentre ruotavo su me stessa, io e il ragazzo ci ritrovammo soli, in una radura rischiarata dalla luna. Continuai a danzare, sprofondando fino alle caviglie nell'erba soffice e dorata.
Il ragazzo dal viso opalescente mi guardava senza dire nulla, con gli occhi che brillavano, poi, all'improvviso, mi afferrò per i fianchi e mi strinse a sé: mi spinse contro il tronco di un albero e cominciò a baciarmi con passione.

-J ohn...- mormorai, sempre più ebbra, mentre un forte calore si irradiava dal basso, calore che divenne sempre più intenso, fino a far male.
Guardai le mie gambe e gridai: stavo bruiciando viva. Le lingue di fiamma mi lambivano ormai fino al bacino, e sebbene cercassi di divincolarmi muovendomi isterica, continuavano a salire.
John mi strinse per le spalle, cercando di tenermi ferma.

- Anna, calmati: non stai andando a fuoco.- continuò a ripetermi.
Mi sollevò il mento e mi costrinse a guardarlo negli occhi, che racchiudevano dentro di sé tutte le sfumature d'azzurro e di blui che si potessero immaginare. Il solo specchiarmi in quell'oceano bastò a spegnere le fiamme.- Vieni, raggiungiamo gli altri. - disse il ragazzo e mi prese per mano, trascinandomi al limite della radura.
M
i chiesi chi fossero questi "altri" di cui aveva parlato, ma poi scrollai le spalle e non ci pensai più.
Mi condusse verso un'enorme quercia che troneggiava fra gli altri alberi. Avvicinandomi, mi accorsi che nel tronco erano incisi degli strani simboli ed era scavato un portale.
John mi sorrise, poi oltrepassammo il portale insieme. Ci ritrovammo in una strada deserta, senza case ai lati, che non finiva mai, ma si estendeva fino all'orizzonte estremo, procedendo tortuosa, illuminata da un unico lambione che tuttavia bastava riempire ogni centimetro di luce argentata. Proprio sotto di esso c'erano tre ragazzi che mi parve di riconoscere.
I loro nomi affiorarono alla mia memoria: erano Paul, George e Ringo. Avevano dei volti strani, deformati un po' dal loro continuo starnazzare come galline in un pollaio, un po' dalle strane ombre che il lampione creava sul loro viso.

Ringo era seduto in disparte, sul grosso corn-flake che costituiva il marciapiede. Lo raggiunsi e lo salutai.
- Sto aspettando l'autobus.- disse lui semplicemente. A
nnuii e mi sdraiai di fianco a lui. Da lì non riuscivo a capire se quello che era sopra di noi fosse cielo o se fosse la superficie del mare; sopra la nostra testa si muovevano pesci lampeggianti.

- Magari siamo in un acquario. - osservò Ringo facendo eco ai miei pensieri.
- Ho sempre sognato di essere un tricheco. - gli confidai.
-
 Io un polpo. E vorrei vivere in uno chalet con un giardino enorme pieno di carmelie e di viole, e magari qualche stella alpina. -
- Mi piacciono le stelle. - dissi guardando in su.
A quelle parole i puntini luminosi che vedevo in lontanaza cominciarono a pulsare e a vibrare, fino a creare un vortice che discese su di me e sul ragazzo e ci avvolse.
Mi misi a sedere e lo guardai. Sul suo volto si alternavano visi di persone che conoscevo, prima gli occhi di uno e poi gli occhi di un altro. Confusa, non capivo più chi fosse quello che mi stava davanti. Era Ringo... o forse era John? No, era decisamente John.

- Ti amo, Johnny. - gli dissi prima di baciarlo, mi sdraiai di nuovo sull'asfalto, trascinandolo com me. Continuammo a baciarci, mentre distrattamente sentivo qualcuno sghignazzare.
Mi avvinghiai a lui, le nostre lingue altrettanto avvinte, finché qualcuno non afferrò John per le spalle e me lo strappò di dosso. Mugugnai contrariata e mi alzai in piedi barcollando appena. Poco distante John stava gridando qualcosa contro Ringo, tenendolo per il bavero della giacca. Li raggiunsi e abbracciai il mio ragazzo, incrociando le braccia sul suo petto.

- Lascialo stare, amore: che cosa ti ha fatto?- gli dissi e lui lasciò la presa sull'altro, mentre con la coda dell'occhio vedi Paul e George piegati in due.
Non feci in tempo a chiedere che cosa fosse loro accaduto, che John mi prese per mano e disse:- Torniamo dentro. -
Mi condusse in una casa che prima non c'era, che aveva le pareti storte e i mobili sul soffitto invece che sul pavimento. La musica era molto alta e nelle stanze centinaia di persone con la pelle blu ballavano e cantavano.
- Ho sete. - dissi a John.
Lui scomparve lasciandomi lì in mezzo alla folla e ritornò pèoco dopo con due bicchieri in mano, riempiti con del liquido gelatinoso fluorescente. Mandai giù il mio bicchiere a goccia, ma non fece che aumentare l'arsura nella mia gola, così afferrai quello di John e lo bevvi prima che lui avesse il tempo di protestare. Quando lo finii, magicamente, entrambi i bicchieri si riempirono nuovamente, cosaì non dovetti preoccuparmi di rimanere senza bevanda. Dal pavimento cominciò a levarsi una strana nebbia grigia che si alzava sempre di più man mano che buttavo giù bicchieri.
Il ritmo di ciò che succedeva divenne sempre più concitato e turbinante e alla fine mi stordì.
Quando John disse:- Torniamo a casa. - non riuscivo a stare nemmeno in piedi, così lui mi riportò indietro a cavallo di un unicorno giallo con il corno luminoso.
Arrivammo ad un enorme edificio splendente, illuminato da lunghe file di torce multicolori.
- Che posto è questo? Un castello? - chiesi a John estasiata, mentre entravamo nell'ampio salone.
Lui mi condusse per caloni e corridoi sfarzosi, che facevano assomigliare quel luogo incantato a una Versaille in miniatura, fino a fermarsi davanti ad un'enorme porta decorata da bassorilievi.

La stanza dietro di essa era piena di colore e la luce era tanto intensa che dovetti schermarmi gli occhi con una mano. Non avevo mai visto una stanza così bella. C'era un'enorme letto esattamente al centro, decorato con ampie volute e scene mitologiche, e sopra di esso una finestra faceva entrare la luce rossa del sole che tramontava.
Guardai John; la sua pelle iridescente brillava più forte di qualsiasi altra luce.

- Ti amo, John. - dissi e lo baciai.
Chiusi gli occhi, ma continuavo a vedere immagini colorate che mi stavano facendo uscire di testa. Il profumo di John riempiva l'aria e mi inebriava. Gli accarezzai la schiena e lo strinsi a me più che potevo.
Quando mi staccai per respirare lo guardai negli occhi. Le sue iridi rilucevano. Lo sospinsi verso l'enorme letto e lui si sdraiò, forse sorpreso dalla mia audacia.

Gli salii sopra in modo che non potesse muoversi e lo baciai di nuovo, mentre le mie mani cominciavano a sbottonargli la camicia, scoprendo un pezzo alla volta quella pelle dai colori brillanti.
G
li baciai il petto, poi mi fermai di nuovo a guardarlo. Non era mai stato così bello.
Sentii dei rumori lontani, ma non vi diedi peso. L'unica cosa che desideravo era che lui mi toccasse.
Intorno a noi la stanza era improvvisamente scomparsa, lasciando il posto ad un prato con e fiori alti quasi come un uomo che sembravano disegnati da un fumettista. Gli alberi di carta velina si piegavano sotto il vento, che era provocato da una nuvola che in lontananza soffiava.

Fissai gli occhi di John a lungo.
- Spogliami.- dissi.
Il ragazzo rimase immobile, con la bocca semi-aperta.
- Come?- chiese.
Di certo non si aspettava che gli facessi una richiesta del genere. Ridendo, mi allontanai da lui e andai a sedermi a qualche passo di distanza, appoggiando la schiena contro un albero.
Tirai fuori una sigaretta e cominciai a fumarla mentre John si alzava sui gomiti per non interrompere il contatto visivo. Il fumo si alzava in evanescenti volute violacee che si protendevano verso la luna palpitante.
Aspettai che la sigaretta si consumasse, feci un ultimo tiro e la lasciai cadere sul prato trasparente.
Mi avvicinai a John imitando le movenze di un felino e gli salii di nuovo sopra. Scesi a baciargli il collo, lasciando uscire un po’ alla volta il fumo.
- John Lennon che si deve far ripetere un invito come quello... - mormorai al suo orecchio, prima di mordicchiargli il lobo.
La mia mano scivolò lungo il suo petto e gli slacciò il bottone dei pantaloni scuri, poi si insinuò sotto i boxer.
Cominciai a sentire una musica strana e delle risate, ma erano suoni ovattati, coperti dall'incessante battere del mio cuore e dai sospiri di John.
Mi sfilai la maglietta e la gettai sul prato d'erba azzurra; slacciai con facilità il reggiseno e lo lasciai scivolare di lato. Mi chinai per baciargli il ventre, poi risalii sul petto e infine sul collo.

John mi prese per i fianchi e mi impedì di rialzare il busto, poi cominciò ad accarezzarmi con una mano il seno, mentre l'altra scivolava su e giù per la mia coscia.
Improvvisamente, senza che me ne rendessi conto, le posizioni si ribaltarono e mi trovai sotto di lui.

Gli tolsi definitivamente la camicia, mentre lui mi sfilava velocemente i jeans e gli slip. Mi baciò i seni. Socchiusi gli occhi, mentre guidavo la sua mano fra le mie gambe.
Mi sentivo euforica: percepivo ogni sensazione amplificata, tuttavia non riuscivo ad esserne sazia. Mi strinsi a lui, cominciando ad ansimare e gli graffiai la schiena a la nuca.
Mormorai più volte il suo nome, completamente inebriata.
La luce della luna, così simile a quella del sole, che illuminava il prato si fece sempre più intensa e il grande letto scomparve. Galleggiavamo su uno specchio d'acqua liscio e immobile. Guardai in alto.
Riuscivo a vedere tutto l'universo ed esso scorreva sul mio corpo e su quello di John. Poi eravamo di nuovo io e lui, nell'erba, sotto una cortina di pioggia.
Percepii vagamente che il ragazzo sopra di me si scostava per sfilarsi i pantaloni e i boxer, ma fu così rapido che faticai ad accorgermene.
Lo baciai con passione e lo strinsi a me. Entrambi ansimavamo, bramosi l'uno dell'altra. Ci unimmo mentre intorno a noi si levava di nuovo il vento che strappava via ogni cosa tranne noi, che ci ritrovammo a fluttuare nel bianco assoluto.
Cominciammo a muoverci al ritmo del nostro battito cardiaco accelerato.
Le mie mani si aggrapparono ai suoi fianchi. John mi baciò quasi con violenza.
E un attimo dopo fu un'esplosione di luci, colori e di suoni.

Non mi ero mai sentita così frastornata in vita mia, nemmeno la mattina dopo la mia sbronza colossale.
 Non avevo idea di dove fossi e nella mia memoria c'era un buco nero di parecchie ore. Mi ricordavo le immagini, i suoni e i colori della sera precedente, ma solo fino ad un certo punto. L'ultimo mio ricordo era il sapore distorto degli alcolici e dei baci di John.

Aprii lentamente gli occhi. Vidi a pochi centimetri dal mio viso il volto di John. I suoi occhi nocciola si aprirono e mi guardarono.
- Buongiorno. - mormorò stringendo le dita intorno ai miei fianchi.
- Buongiorno.- lo salutai sorridendo. Mi strinsi contro il suo petto, godendomi la piacevole sensazione di essere fra le sue braccia.
Un momento: io ero fra le sue braccia? Come diavolo ci ero arrivata io lì?!
Mi misi a sedere di scatto, ma sbattei la testa contro la parte inferiore del letto posto sopra quello di John. Imprecai a voce alta.
- Che cosa ci faccio io qui?- esclamai poi, portandomi una mano alla testa. Mi scoppiavano le tempie.
- Che cavolo succede?- chiese George affacciandosi dal letto sopra di noi, svegliato dalla botta che avevo preso e dal mio successivo grido.ù
- Ben svegliata, principessa.- commentò Paul.
Lui, Stu e Pete erano seduti dall'altra parte della stanza a giocare a poker. Gli occhi di tutti e tre (tutti e quattro contando George) si posarono su di me e io mi affrettai a coprirmi con il lenzuolo che quando mi ero alzata era scivolata a coprirmi soltanto le gambe. John si mise faticosamente a sedere e mi mise una mano sulla spalla, ma non fece di più.
- Voi.. non siete rimasti qui tutta la notte, vero?- domandai con la voce che tremava appena.
- Fa sempre piacere guardare un po' di porno gratis. - commentò George ridendosela.
- Taci, minorenne! O ti faccio rispedire a casa da tua madre!- ringhiai.
Non ci trovavo niente di divertente in quella situazione, sebbene tutti tranne John stessero ridendo.
Sentii George tornare a sdraiarsi con un tonfo. Scandagliai la stanza con lo sguardo.
- John, dove sono i miei vestiti?- chiesi in un sussurro.
Lui scollò le spalle:- Mi sono svegliato cinque minuti fa, non ne so niente.-
G
uardai Paul, con uno sguardo che significava: " falli saltare fuori o ti uccido". Lui sostenne senza problemi il mio sguardo, e socchiusi la bocca quando mi accorsi della freddezza che c'era nei suoi occhi.
Sorrise, ma quel sorriso mi fece venire i brividi.
Scrollò le spalle:- Ti sei sempre lamentata che teniamo la stanza in disordine, no? Quindi questa mattina ne abbiamo approfittato per dare una sistemata.-
Impallidii.

- Dove sono i miei vestiti?- ripetei con un ringhio.
- Li abbiamo portati al loro posto, in quella che era camera tua.- rispose con semplicità il mio amico.
- Valli a riprendere!- gridai, con un tono al limite dell'isteria.
- Non vedo perché dovrei andare fino alla tua stanza, per prendere i tuoi vestiti quando sono qui che faccio gli affari miei.-
L
o guardai, scioccata. Era uno scherzo, doveva esserlo: non poteva davvero trattarmi in quel modo.
Stavo aspettando il momento in cui lui, o John, o chiunque altro, fosse scoppiato a ridere e avrebbe messo fine a quella tortura. Quel momento non venne.
Mi guardai intorno, in cerca dell'appoggio degli altri, ma George non dava segni di vita e Pete e Stu erano tornati al loro gioco, facendo ben attenzione a non incrociare il mio sguardo.

Paul, invece, mi fissava con aria di sfida. Non riuscivo a capire per quale motivo mi stesse facendo quello. Avrei voluto alzarmi, incurante del fatto di essere nuda, e tirargli uno schiaffo che ricordasse per tutto il resto della sua vita. Ma non mossi un muscolo.
Alla fine, abbassai lo sguardo per cercare di nascondere le lacrime che per l'imbarazzo avevano appannato i miei occhi.

Non ero mai stata umiliata tanto in vita mia. Facevo fatica a respirare. John si alzò e andò a recuperare un paio di boxer che si infilò.
Lo guardai, completamente spaesata.
- Certo che siete proprio degli stronzi. - disse lui ad alta voce, così che tutti quanti lo potessero sentire. Mi mise un braccio intorno alle spalle e un altro sotto le ginocchia e mi sollevò, coperte comprese. Nascosi il viso contro il suo petto nella speranza che Paul non si accorgesse che stavo piangendo.
Mi trasportò fino nella stanzetta laterale e lì mi depose a terra. Mi tenni stretta a lui.
-
 Giuro che come torno di là ammazzo qualcuno.- ringhiai. Non ci misi molto a calmare le lacrime di rabbia che scendevano sulle guance.
- Vacci piano: ti ricordo che abbiamo un contratto da rispettare e senza musicisti sarebbe un bel problema.-
Guardai John negli occhi e riuscii quasi a sorridere :- Tanto siete in tre a suonare la chitarra; uno in più o uno in meno non farà differenza!- replicai. John ridacchiò.

- Ti aspetto qui fuori.- sussurrò, poi uscì dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle. Mi rivestii in fretta, mentre fremevo dalla rabbia.
Io e John tornammo dagli altri e spalancai la porta facendola sbattere. Sentii vagamente un "oh, cazzo" mormorato forse da George.
Fissai Paul, che a sua volta mi guardava. Avevo sperato che quando fossi tornata sarebbe tornato tutto alla normalità, ma negli occhi del ragazzo lessi la stessa freddezza di poco prima, insieme anche al disprezzo.

Attraversai come una furia la stanza e lo presi per il braccio, tanto forte che probabilmente gli feci male. Lo costrinsi ad alzarsi, lasciando le carte da parte.
- Tu adesso vieni con me. - gli ringhiai contro e lo trascinai in corridoio e poi nella stanza che occupavo io . Avrebbe potuto benissimo rifiutarsi e a quel punto io non sarei stata capace di farmi seguire con la forza, ma non protestò. Una volta giunti nella stanzetta laterale, però, si liberò dalla mia stretta.
- Mi spieghi che cosa ti prende?- esclamai. Paul su stravaccò sul letto, ignorandomi completamente.
Dovetti gridare più volte il suo nome prima che si degnasse di guardarmi. Alzò un sopracciglio.
- Hai dato spettacolo, questa notte. Complimenti davvero. La prossima volta fatti pagare il biglietto, ne varrebbe la pena .-
Ero scioccata e furente allo stesso tempo.

- E questo cosa significa? Che sei geloso?!-
Paul sogghignò, poi si alzò in piedi di nuovo.

- Di chi? Di John? E per cosa? Per il fatto che può scoparti ogni volta che schiocca le dita? -
- Ma ti senti quando parli? Dimmi perché hai cominciato a trattarmi in questo modo!- gridai - Questo non sei tu, non è il Paul che conoscevo. -
- Be', nemmeno tu sei più la Anna che conoscevo. - rispose il ragazzo scrollando le spalle. Mi si avvicinò, fissandomi.
- Dimmi, Anna: da quanto tempo tu e John state insieme? Ah, giusto, voi non state insieme, tu sei solo la sua puttana segreta.-
Aprii le labbra, ma poi le richiusi, mortificata. Non riuscivo a credere a ciò che sentivo.

- Come diavolo fai? - chiese Paul senza aver cura di celare il disprezzo che provava in quel momento. - Come diavolo fai a sopportare la compagnia di Cyn, a professarti sua amica, quando ti vedi con il suo ragazzo da due anni, o forse di più? - Strinsi i pugni.
- Quello che faccio io non ti deve riguardare minimamente!- gli urlai contro.- Chi cazzo sei tu per venire a rimproverare il mio comportamento?! Non si può dire che tu sia un modello di fedeltà nei confronti della tua ragazza!-
- Almeno io non mi faccio la ragazza del mio migliore amico!-
- E questo dovrebbe renderti migliore di me?! -
- Sì. - disse Paul in tono piatto.
Persi il controllo. Gli tirai uno schiaffo con tutta la forza che avevo.

- Fottiti, James Paul McCartney!- gridai.
Lui mi guardò con un'espressione piena di scherno. Sollevò un sopracciglio:- Potresti farlo tu, no? Ormai stai diventando una professionista del mestiere. -
Mi trattenni dal colpirlo di nuovo. Facendo appello a tutta la mia forza di volontà abbassai la voce.

- Esci da qui. Vattene.-
Me ne fregai delle buone maniere e lo spinsi con violenza fuori dalla stanzetta e gli sbattei la porta in faccia.

Serrai i pugni tanto che le nocche diventarono bianche.
- Che c'è? - chiesi rabbiosa quando sentii qualcuno entrare nella stanza.
- Ti accompagno all'hotel. - rispose John.
- Ci posso arrivare anche sa sola. - replicai e uscii a grandi passi dalla stanzetta avviandomi lungo il corridoio.
Nonostante le mie parole, John continuò a seguirmi anche quando fummo in strada, anche se non l'avevo degnato di uno sguardo.

Quando fummo più o meno a metà strada il ragazzo si affiancò a me e mi prese la mano nella sua; gliela strinsi più che potevo, perando che così finalmente avrei fatto sbollire la frustrazione.
- Ahi! - esclamò John. - Mi fai male così! -
- Scusa. - dissi e gli lasciai la mano, ma lui la riprese subito.
- Cerca di trovare una via di mezzo, ok? -
Si portò la mano alle labbra e ne baciò il dorso, mentre io mi ritrovai mio malgrado a sorridere.
Entrammo nella hall dell'hotel, ma John non sembrava intenzionato a lasciarmi andare.
- Vuoi davvero accompagnarmi fino alla stanza? - gli chiesi, ricevendo un assenso come risposta.
- Sia mai che un malintenzionato mi colga mentre sono sulle scale in pieno giorno! - borbottai sarcastica.
- Conoscendo la tua propensione a cacciarti nei guai... - commentò lui.
Scrollai le spalle, quindi mi incamminai verso il mio alloggio.
- Che bel letto. - osservò John una volta entrati nella stanza - Se fosse più grande sarebbe ancora meglio, ma comunque sembra sempre più comodo delle nostre brande. -
Vi si buttò sopra ricordandosi a malapena di torgliere le scarpe, poi incrociò le mani sotto la testa.
- Fai pure come fossi a casa tua... - gli dissi scuotendo la testa, poi diressi verso il bagno con l'intenzione di infilarmi nella vasca per eliminare definitibamente il ricordo delle allucinazioni, la puzza di alcol e l'incazzatura. Non potevo ancora credere che mi avessero davvero fatto prendere dell'LSD! Immersa nell'acqua calda, cominciai a pensare al modo di vendicarmi dello scherzetto.
Ci misi mezz'ora buona ad uscire dalla vasca, quindi mi diedi un'asciugata e mi avvolsi in un asciugamano.
Tornai nella stanza a piedi nudi, con i capelli che ancora gocciolavano e scoprii che John si era addormentato.

"Mi sembrava strano che non mi avesse seguita!" pensai guardandolo dormire come un bambino.
Mi avvicinai al letto e mi chinai su di lui fino a sfiorare il suo orecchio con le labbra.

- SVEGLIA!- urlai con tutto il fiato che avevo.
Il ragazzo si destò con un salto mentre io scoppiavo a ridere. Quando si rese conto di quello che era successo, lui mi afferrò per i fianchi e cominciò a farmi il solletico.
- John Wiston Lennon, lasciami! - gli ordinai.
- Te lo puoi scordare.- disse.
Mi trascinò sul letto e mi fece sdraiare sotto di lui, poi mi sfilò l'asciugamano.

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'Sera, gente!
Sì, lo so, non fate commenti. Non ho la minima idea di dove mi sia uscito questo folle, inverosimile, anacronistico capitolo. Mi è venuto così all'improvviso, qualche sera fa (giuro solennemente di non aver fatto uso di sostanze strane!) e boh, mi sono detta: ma sì, propiniamolo a quelle povere anime che si sorbiscono la mia storia!! (Mi sono ripromessa - per tutelare la mia e la vostra salute mentale - che d'ora in poi di notte dormirò)
Il capitolo, oltre ad essere, come già detto, un anacronismo totale, contiene anche un sacco di riferimenti a tutte quelle canzoni che sono state la colonna sonora mentre scrivevo ( quindi potete benissimo immaginare perché sia uscito così.)
Va be', vi lascio, alla prossima!

saradepp : grazie mille dei complimenti! Spero di soddifare sempre le tue aspettative.

weasleywalrus93: non potevo tenere separati quei due per molto, ne hanno passate (e ne passeranno -mhuaaaaa, mi sento diabolica.-) molte, quindi per il momento... peace n love.
Non devi dirlo neanche per scherzo, le tue recensioni mi fanno sempre piacere, mi illuminano la giornata, mi rendono felicissima... insomma, capito no?

JennyWren: ma figurati! questa recensione, comunque, vale doppio!! Anchio adoro Astrid e Stuart ( e ti dirò, sto facendo un pensierino per un altra storia) e comunque sono d'accordo con te: ci vorrebbero più John in questo mondo Più Lennon per tutti!!!!!!! (?) Non so come ringraziarti per i complimenti e per la recensione!

Judee: fidati, non sembra affatto che te la tiri! Grazie mille per i commenti accurati ( non è contorto, e anche se lo fosse... adoro le cose contorte! Non si era capito, vero? Proverò a continuare su questa strada, lo prometto!

Peace n Love.

  
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