Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Kastel    01/10/2013    4 recensioni
Ovvero, il percorso di Akashi e Kuroko che faranno insieme, tra insegnamenti vecchi e scoperte nuove.
Perché non è solo il passato, quello che conta.
E che spirito, si poteva osservare! Non solo così vanitoso da abbellirsi di kimoni di primissima qualità, ma anche così sottilmente furbo nel comprendere che basta l'etichetta per poter dimostrare la propria potenza! Così dannatamente attaccato ai giovani da rendere le vite di due di loro un mezzo inferno!
Né Akashi né Kuroko potevano comprendere, prima del loro incontro che è il punto di partenza di questa storia, quanti e quali danni avessero fatto due donne troppo simili nell'essere state cresciute come portatrici di una tradizione ferrea.

[Coppia: AkaKuro]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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-Di noi due, però, ero stato il solo che li avesse guardati; a Sonoko erano sfuggiti completamente. In famiglia l'avevano abituata a non vedere le cose che è meglio ignorare.-
Yukio Mishima, Confessioni di una maschera

 

Lasciò scorrere la fusuma quanto bastasse per poter accedere nel bustuma, dove ovviamente non trovò nessuno. Non si aspettava di certo di vedere il padre inginocchiato davanti all'altare: quello era diventato un suo compito.
Accese l'incenso e lasciò che il forte profumo invadesse la stanza, chiudendo poi gli occhi e iniziando a pregare per Kimiko Akashi. Ovvero colei che lo aveva cresciuto ed educato.
Kimiko era stata una donna dotata di una bellezza splendente, ereditata appieno dal figlio. E in lei non era esistita dissonanza tra fisico e animo, poiché ogni parte del suo aspetto ricordava un lato del suo carattere. I lunghi capelli infuocati richiamavano l'animo ardente e feroce, che le aveva permesso di ottenere tutto ciò che desiderava; gli stretti occhi castani, freddi a discapito del colore che portavano, erano lo specchio della sua razionalità e del suo bisogno di raggiungere il traguardo che si era prefissata; il suo viso ovale e regolare (che assomigliava parecchio a quello del figlio) per la maggior parte del tempo era serio e privo di quella dolcezza che rendeva tale una donna, e nonostante ciò era comunque bellissima e splendida. Il fisico, poi, non era semplicemente snello o formoso. C'era qualcosa, in quel corpo, che dava un'idea di forza e sicurezza, qualcosa che non poteva essere arrestato né a parole né coi i gesti. Era la rappresentazione del nome che portava. Era un'autentica Imperatrice.
Per quanto però avesse ben in mente com'era stata sua madre a livello visivo (grazie anche alle foto che il padre conservava gelosamente, come il più prezioso dei tesori) non riusciva a ricordare perfettamente che tipo di rapporto avesse avuto con lei. Certo, non lo aiutava il fatto che lo aveva lasciato quando lui aveva solo dieci anni, ma pur tornando indietro nella memoria non riusciva a trovare una traccia della sua presenza nella sua vita. Tutto quello che ricordava di lei era il Kurotomesode che la donna indossava abitualmente, come a sottolineare a quale casato appartenesse. L'assurda freddezza che aveva nei suoi confronti, quasi non fosse stato suo figlio. E la sala del tè, dove...
Spalancò gli occhi, ritrovandosi a fissare il ritratto di Kimiko con uno sguardo perplesso. Perché diavolo era rimasto in quella stanza per così tanto tempo? Doveva sbrigarsi se non voleva fare tardi a scuola.
Si alzò in piedi dopo aver salutato un'ultima volta la madre, tornando poi nella sua stanza a prendere la borsa.
Se solo avesse potuto ricordare, allora, forse non sarebbe rimasto così tranquillo. Né avrebbe iniziato a leggere “Cinque nō moderni” con tutta la calma di questo mondo mentre si incamminava a prendere il treno.

 

 

“Come va? Sei riuscito a capire che tipo di basket vuole Akashi?”
Camminavano fianco a fianco in quella strada deserta, svuotata dal tram tram quotidiano di pendolari e studenti. Erano le sette di sera e solo chi, come Kuroko e Aomine, aveva finito gli allenamenti o le mansioni degli uffici era ancora in giro, diretto verso casa o in altri luoghi. Era quel momento di stallo tra chi viveva di giorno e chi di notte.
Alla domanda di Aomine l'altro ragazzo non poté fare a meno di sentirsi scoraggiato, arrivando addirittura a dimostrarlo con un'espressione stanca e amareggiata.
“Non ancora.”
La risposta di Aomine non fu altro che la conferma di quanto il vice-capitano fosse complesso agli occhi di chiunque.
“Non mi sorprende. Anzi, mi sta venendo il dubbio che volesse solo prenderti in giro!”
La risata del ragazzo, priva di qualsiasi malizia, fece quasi più male a Kuroko della risposta che gli aveva dato. Nonostante ciò la sua espressione, tranquilla e seria, non cambiò di una virgola, poiché tale idea non gli era mai venuta.
Aveva una mezza idea su come Akashi fosse fatto.
Gli era bastato osservarsi allo specchio e fare qualche aggiustamento qua e là.
“Dubito molto che Akashi-kun voglia farmi qualche tiro mancino. Non mi sembra proprio il tipo.”
Aomine spostò lo sguardo sulla vetrina di un negozio, iniziando a ragionare su cosa Kuroko gli avesse appena detto.
“Aomine-kun, visto che tu lo conosci meglio di me, cosa ne pensi di lui?”
“Uhm... Non credo che tu ci sia andato troppo lontano nel giudicarlo. Sembra proprio un bravo ragazzo. È intelligente e nota tutto quello che gli sta attorno. Non posso proprio lamentarmi di lui come playmaker.”
Lo sguardo di Kuroko si fece concentrato mentre tirava le somme e cercava di capire su cosa puntare.
“Allora non devo cercare di diventare un playmaker, non che ciò abbia mai funzionato in terza squadra. Non voglio e non posso intralciare Akashi-kun.”
Aomine lo osservò un poco sorpreso.
“Perché pensavi a quel ruolo?”
“Non sono portato a fare canestro, quindi pensavo di concentrarmi sui passaggi. E quello mi sembrava il ruolo migliore per aiutare la squadra. A quanto pare invece dovrò concentrarmi su altro.”
“Uhm...”
Era quasi comico vedere come Aomine si stesse sforzando per aiutare Kuroko. Il ragazzo lo fissò aspettando di vedere cosa si sarebbe inventato.
“Forse ho un'idea... Che ne dici di una specie di passaggio curvo? Tipo il Passaggio Banana!”
Per l'appunto. Kuroko pensò che Aomine non lo aveva deluso le sue aspettative neanche quella volta.
“. . . È impossibile.”
La risposta di Aomine fu stroncata sul nascere perché il suo occhio fu attirato dalla vetrina di una libreria.
“Scusami, c'è un libro che volevo comprare.”
“Ah... Va bene, ci vediamo domani.”
Si salutarono con un gesto della mano e Kuroko entrò nel negozio, dirigendosi subito nello scaffale dove stavano i libri sullo sport.
Quello che si accingeva a comprare era il quinto libro sul basket nel giro di un mese. Eppure ancora non bastava. Per quanto leggesse teorie su teorie di passaggi, gioco di squadra, strategie e tattiche percepiva che tutto ciò era una perdita di tempo. Imparava ma non riusciva a trovare un riscontro pratico di ciò che aveva appreso.
Sospirò girando il viso per poter vedere altri titoli e capire su quale buttarsi quella volta. Il suo sguardo, invece, si perse nella sezione Hobby-Giardinaggio.
Si avvicinò allo scaffale, vagando su di esso alla ricerca di quella scintilla che gli avrebbe dato le risposte che cercava.
Per prima cosa, per inventare qualcosa di nuovo devi uscire dai canoni prestabiliti.”
Spostò il dito sul dorso delle copertine, scartando velocemente i libri che non erano di suo interesse.
Secondo, questa tua forza non cambia il fatto che sei comunque debole. Usa questa forza per la squadra, non per te stesso.”
La sua ricerca si fermò non appena riuscì finalmente a trovare il libro perfetto per ciò che aveva in mente. Lo tirò giù dallo scaffale, prendendolo in mano e osservando il titolo, con lo sguardo concentrato.
Che ne dici di una specie di passaggio curvo?”
Quella che all'inizio pareva un'idea pazzesca e fuori di testa cominciava a prendere forma nella mente di Kuroko, come se avesse finalmente trovato la chiave per sbloccare quel tesoro che era la sua non presenza.
Strinse con forza “L'arte del manipolare lo sguardo” come se da esso dipendesse tutto.
E forse, alla fine, era proprio così.

 

 

Note.
Questa volta, fortunatamente, ci sono poche note.

Avevo già parlato, nella nota sulla casa tradizionale giapponese, della stanza con l'altare buddista domestico. Questo luogo è il butsuma.

Il Kurotomesode è un tipo di kimono formale, usato soprattutto dalle donne sposate e dalle madri degli sposi. Ho scelto tale kimono perché hanno stampati cinque kamon (stemmi famigliari) sulle maniche, sul petto e sulla schiena. Il perché la donna è così ossessionata dalla famiglia lo scoprirete più avanti, ma credo vi siate già fatti un'idea vaga.

Il nome Kimiko (后子) significa imperatrice (kimi) in combinazione con bambina (ko).

 


Con questo ho finito, al prossimo capitolo.

   
 
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