CAPITOLO 3
Questa è stata
la goccia che ha fatto traboccare il vaso. L'ennesimo litigio,
l'ennesima lancia che trafigge il mio cuore.
Eppure ormai
sono anni che convivo con la doppia personalità di mia
madre, ma
ancora non riesco ad abituarmi.
E' una
sofferenza troppo grande, ogni litigio è un devasto
interiore, piano
a piano sento sgretolarsi la briciola di serenità che ero
riuscita a
raggiungere. Mi sento persa e per l'ennesima volta sola, è
la
riconferma che non ho nessuno da amare, è la riconferma che
non sono
amata da nessuno.
Non sentirei
questo vuoto precipitoso dentro me se avessi qualcuno a cui
aggrapparmi..
Quanto
desidererei scoprire cosa sia l'amore, non l'ho mai appreso, non l'ho
mai vissuto, quel poco che so, lo devo solo ed esclusivamente a me
stessa, alla mia mente che mi aiuta a fantasticare, a viaggiare in
posti dove non sono mai andata, dicono che sia bello il posto dove
vive l'amore. Vorrei proprio andarci..Prendere un'astronave e
vagabondare nell'universo alla ricerca di questo amore che tutti
ambiscono, che tutti, almeno una volta provano..Chissà,
forse
persino una disperata come me riesce a trovare questo
amore..Chissà..
La nostra non è
mai stata una famiglia.. è una dittatura dove mia madre vive
come
sovrana incontrastata. Non puoi pensare, è lei a prendere
ogni
decisione, non hai il libero arbitrio. Se ti mette davanti ad una
scelta puoi star tranquillo che è sempre quella sbagliata.
Lei è
l'unica che sa fare bene le cose, tu sei solo un servo incapace.
Non m'ha mai
insegnato nulla, di lei mi ricordo solo le sue grida e la cattiveria
che usciva a fiumi da quegli occhi neri. Mi terrorizzava, il mio
corpo non reagiva, penso di non dimenticare mai la sensazione di
immobilità che mi prendeva..una statua, proprio una statua
incapace
persino di chiudere gli occhi davanti alle lacrime che facevano a
pugni per uscire..Non le diedi mai la soddisfazione di piangere
davanti a lei, uscivo di casa a corse e correvo, correvo, correvo
finchè non mi fermavo sfinita su una panchina e li il fiume
si
trasformava in vero e proprio torrente in piena mentre nelle mie
orecchie risuonavano ancora le sue urla..non mi spiegò mai
il perchè
gridava in quel modo, mi diceva solo“Sei la solita
incapace! Sei
una stupida! Ma da dove sei uscita tu?!”, ma cosa
pretendeva da
una bambina di sette anni, mi ha solo traumatizzata.
Sono cresciuta
con la paura nel sangue, ho paura della gente, non so mai cosa dire
alle persone, per mia madre ogni cosa che dicevo era stupida o
insensata.
Dopo oggi la
mia decisione è definitiva: me ne vado!
Continuare mi
porterebbe alla pazzia, ho bisogno del mio angolo, del mio spazio, ho
bisogno della mia libertà.
E così, inizio
a preparare i miei bagagli, andrò da Alan finchè
non troverò una
casa tutta mia, o almeno qualcuno con cui conviverci.. suppongo che
sarà dura giungere a questo secondo punto conoscendo il mio
carattere, spero solo di trovare una persona per bene e che si faccia
i carpacci suoi.
-”Cosa stai
facendo?”-
-”Me ne
vado!”-
-”Non dire
idiozie, tu non vai da nessuna parte! Non saresti in grado di
concludere nulla da sola!”- il disprezzo nella sua voce, il
sangue
inizia a ribollire nelle vene.
-”Non sta a
te dirlo”- pacata, calma, nascondendo i miei sentimenti..
devo
continuare così, non posso cedere all'ira.
Respiro
profondamente, un lungo sospiro mi aiuta a scaricare l'energia
negativa che vibra nell'aria e investe il mio animo.
-”Sappi che
se esci da quella porta non potrai più ritornare!”-
-”Meglio,
così almeno ora sarò libera per sempre da questa
prigionia!”-.
Così detto,
presi i miei stracci e me ne andai ma prima di chiudere la porta..
-”Le mie
chiavi sono nel cassetto, non le ho prese, puoi stare tranquilla ora,
potrai vivere nel tuo mondo perfetto senza che io te lo
rovini!”-
-”Tanto
tornerai da me strisciando, sei e sarai per sempre una buona a
nulla!”- urlò dietro la porta che si era
affrettata a chiudere con
le chiavi.
Ora, inizia il
nuovo capitolo della mia vita, il risveglio è totale.
Vago per le
strade di questa piccola cittadina, non so nemmeno io dove sono
diretta, non voglio affrontare Alan, o almeno non ora, sono troppo
impregnata di rabbia per poter affrontare una discussione con lui,
arriverei a farmi odiare, e questo non posso permetterlo.
Decisi di
dirigermi al parco comunale, a dire il vero è molto
più di un
parco, è un posto magico dove la natura si combina in
armonia,
sembra una piccola oasi verdeggiante, con le sue piante carnose, i
roseti che in questo periodo sono in fiore, le risate dei bambini che
riecheggiano; chiunque entra in questo parco rimane meravigliato dal
suo assoluto senso di pace, riesce a trasmetterlo a chiunque entri,
è
per questo che adoro venire qui.
Mi dirigo verso
la mia panchina, è solitaria ma è proprio questa
sua solitudine che
la rende speciale, che la rende me. Vive fra lo scontro di due
nature, i sempre verde che fanno a gara a chi tocca prima il cielo, e
l'inizio di una lunga siepe dove alla base spuntano timidamente dei
gelsomini. Il profumo degli abeti e dei gelsomini mi aiuta a liberare
la mente, non penso proprio a nulla quando sono lì.
Mi lascio
cadere sulla panchina abbandonando le poche cose che mi sono portata
dietro: “Questo è il paradiso”
pensai.
La
mia mente si liberò e si mise a giocare con la parte
fantasiosa di
me, quella che cerca di trovare figure in ogni nuvola, ed è
proprio
mentre sto giocando che i miei occhi iniziano a sentirsi pesanti e
chiudendosi fanno scappare rivoli di acqua salata. Piano a piano il
ruscello si trasforma, c'è un'alluvione in arrivo; il mio
corpo, da
abitudine, si raggrinza in un piccolo feto mentre i polmoni vanno
alla ricerca di aria, si sentono ristretti, in una stanza troppo
piccola per loro, sta per finire l'ossigeno a disposizione nonostante
l'immensità delle piante intorno a me.
-”Lucy?..Lucy!”-
Qualcosa
mi percuote, mi sembra di essere su un trattore, le budella che vanno
su e giù, la testa che mi balla di qua e di là,
non ce la faccio a
riprendermi, non voglio svegliarmi, non voglio tornare alla
realtà.
-”Lucy,
svegliati!!”- ma questo è..
Apro
leggermente gli occhi, la vista è appannata ma il suo
inconfondibile
viso..
-”Lucy
che è successo?”-
-”Lascia
che si riprenda..”-
-”Parole
sante..”- sbiascicai appena la voce mi tornò.
Finalmente
la vista mi torna normale, ed ecco che incontro occhioni verdi,
quegli occhi che sanno cos'è la sofferenza, li riconoscerei
fra
mille.
-”Mi
hai fatto preoccupare scema!”-
-”Ma
allora ha funzionato!!”- cercai di mettere tutta l'enfasi
possibile, Ren è un bersaglio duro da ingannare.
-”Cosa
funzionato?.”- non sembra molto convinto.
-”La
mia parte! Oddio.. sto migliorando sempre di più! Il mio
insegnate
di teatro sarà estremamente contento di vedere i miei
progressi!!”-
-”E
da quando fai teatro?”- la sua faccia assomigliava
all'espressione
che si utilizza nei messaggi -.- .
Infatti
scoppiai a ridere senza trattenermi.
-”Sembri
il trattino punto trattino! Giuro d'ora in poi ti chiamerò
TPT!”-
-”Ma
sei matta?!?! Mi hai fatto preoccupare! Stavo persino per chiamare
Alan, e se lo viene a sapere lui vedi quante ne senti!Cavolo Lucy,
è
mai possibile che tu sia così idiota?!”-
-”Cosa?!?!
Idiota io?? Ma pensa piuttosto a te! Nessuno ti ha chiesto di venire
qui, e poi cosa ci facevi qui eh?eh?eh?.. Mi spiavi??
MANIACO!!!!”-
-”Ma
chi ti credi?! Non sei Claudia Schiffer! Lei si che l'avrei spiata
volentieri, non uno sgorbio come te!”-
Il
mio viso diventò rosso, gli occhi mi bruciavano, giuro che
adesso
questo lo ammazzo! Lo giuro! Con le mie stesse mani!
-”Bimbi,
ora basta!”-
-”E
tu che vuoi?!”- mi rimangiai subito la parola.
-”Oh,
scusa.. Piacere Lucy!”-
-”Peter,
ti presento Lucy lo sgorbio!”-
-”COME
OSI MANIACOOOOOOOOOOOOO!”-