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Autore: Joy    31/03/2008    4 recensioni
"Pensavi che ti avrei lasciato solo, stanotte?"
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Rabastan Lestrange, Regulus Black, Sirius Black
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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IN NOMINE FRATRIS

IN NOMINE FRATRIS



“Pioverà.”

Sollevo il volto e non è una cosa che faccio spesso, ultimamente.

Il cielo è nero, opprimente e gonfio d’acqua. Estela ha ragione: pioverà.

“Tesoro, non potresti usare le tue arti divinatorie per qualcosa di più positivo e magari… anche meno ovvio.”

Rabastan.

Sta camminando leggermente avanti a noi; ha preso a farlo… bè, più o meno da quando io ho smesso di camminare a testa alta.

I lembi del suo mantello si agitano, sferzati dal vento.

In balia della tempesta…

“Credi davvero che si possa predire qualcosa di positivo, data la nostra situazione?” mi permetto di ribattere cacciandomi in tasca le mani guantate.

Per tutta risposta, il mio amico scrolla le spalle.

“I Grifondoro stanno peggio di noi.”

Ha ragione. Ha dannatamente ragione.

Non ho visto mio fratello sorridere una sola volta da quando tutto questo è cominciato e sono passati quattro anni.

All’inizio ero quasi compiaciuto di quanto stava accadendo; odiavo vederlo scherzare con i suoi compagni, escludendo me.

E per ovvi motivi, più di ogni altro, odiavo James Potter.

Adesso, come molti della mia casa, provo per lui uno strano miscuglio di rispetto e ammirazione. Ma nessuno di noi si sognerebbe mai di compatirlo, come fanno i tassorosso, è il nostro modo di onorare il suo coraggio.

Una mano mi sfiora comprensiva il braccio.

Estela Jugson riesce a vedere molto più del futuro…

E sembra quasi incredibile che sia sorella di Tyrone Jugson. Lui ha due anni più di noi ed ha causato l’infermità mentale permanente al ragazzo con cui si stava allenando al Club dei Duellanti.

Magia oscura.

Il preside della scuola e il ministero sono stati concordi nel definirlo uno sfortunato incidente, naturalmente.

Lei e Rabastan si frequentano da quando Tyrone ha concluso il suo ciclo di studi. Un anno, poco più.

Ho sempre sospettato che lei sapesse già cosa avrebbe fatto suo fratello. Quella sera ingurgitò di nascosto una pozione che le avrebbe causato una febbre alta, e implorò Tyrone di rimanere vicino a lei, in infermeria. Ma quel che deve accadere, accade sempre.

E’stata lei stessa a insegnarmelo.

… E del resto, nessuno di noi può scegliere chi avere per fratello.

Copro la sua mano con la mia.

Lei è come la realtà: ignara di rubare i sogni, al mattino.

La sua condanna viene chiamata dai medimaghi divinazione inconscia. Ma non è stata ancora dimostrata la sua veridicità.

Spesso ho avuto la sensazione che fosse proprio lei a insinuare volontariamente dei dubbi negli studiosi che si occupano del suo caso.

Forse ha visto piombare su se stessa il destino della serva.

Lord Voldemort ha già sei divinanti a suo servizio, non credo che rinuncerebbe alla settima.

A Rabastan non interessano i suoi poteri, anzi, li deride con la sua solita aria da sbruffone elegante, ma da quel che ne so, l’ama da sempre.

E’ ancora avanti a noi, sebbene di poco. Ci aspetta con pazienza, ed ha un aspetto quasi apocalittico, così, stagliato contro il cielo cupo e la tempesta che incombe.

Indica verso l’alto con un dito, sollevando eloquentemente le sopracciglia.

Lo so. E’ quasi il crepuscolo e noi dovremmo già essere ai margini della foresta. Così richiede il nostro insegnante, ed è bene non farlo attendere.

“Niente di buono.” borbotta Estela al mio fianco.

“Come?”

“Non può accadere niente di buono.” ripete lei.

“Anche questo” se ne esce Rabastan “è piuttosto ovvio, mia cara.”

***

Chi verrà scelto dimostrerà il proprio valore.”

Osservo Rabastan che compie un passo avanti; come al solito, si pone tra noi e… tutto il resto.

Estela trema impercettibilmente, i suoi occhi chiari sono terrorizzati. La imploro mentalmente di trattenersi, di non mostrare in modo così evidente la paura, o lui la prenderà di mira…

Sollevo lo sguardo ed è già tardi.

“Forse, la signorina Jugson vuol dar prova di sé?” domanda, gli occhi innaturalmente rossi nell’ombra del crepuscolo.

“Mio signore” lo adula Rabastan “era da tempo che aspettavo quest’occasione. Desidero dimostrare quanto valgo.” Lo fissa con sguardo deciso, se non lo conoscessi perfettamente, direi che non c’è ombra di paura nel suo sguardo.

Ma è una menzogna, al pari di molte altre…

“Voglio essere all’altezza della mia famiglia.”

Una menzogna.

La sua ultima arma, la più efficace.

I Lestrange rientrano pienamente nelle grazie di Lord Voldemort.

“Bene, dunque.” cede “Sarai tu ad affrontare la foresta.” e c’è qualcosa di compiaciuto nel suo sguardo folle. S’incammina risoluto verso il castello, ma prima di andarsene, si volta verso di noi.

“Gli altri rientrino immediatamente.” ordina con sdegno.

Lo odio.

Rabastan è immobile, ancora di spalle, pochi passi avanti a noi.

Estela piange.

Lo odio perché aveva programmato tutto. Sapeva che limitando la scelta a noi tre soli, Rabastan si sarebbe offerto volontario.

Vuole un nuovo adepto, avrebbe scelto lui comunque, ma non voleva privarsi della soddisfazione di umiliare me.

Tanto per ribadire che dal sangue Black non si sa mai cosa aspettarsi.

“Regulus.” chiama il mio amico, senza voltarsi.

Aspetto in silenzio che seguiti.

“Portala via, velocemente.”

“Rabastan…” inizio con tono di protesta.

“Fa presto! Chiuderanno il portone e saremo in pericolo tutti e tre.”

“Io resto.” Non lascerò che vinca la paura.

Ma Rabastan si volta e per la prima volta vedo i suoi occhi. Non mi permetterà di restare. E’la sua sfida.

E’ anche una follia, ma del resto lui sa come gestirla; alla sua famiglia n’è stata elargita un dose non comune.

Impreco con rabbia, ma lui non sta ascoltando. Sorride alla sua ragazza e le scosta dal viso le ciocche disordinate.

“Estela…” sussurra. “Dimmi che andrà tutto bene.”

Lei annuisce e vorrei tanto che questa fosse una predizione.

Solleva il cappuccio del suo mantello e la bacia sulla guancia, i lembi di stoffa ancora stretti tra le mani.

“Andatevene!” grida un’ istante più tardi, spingendola tra le mie braccia. “Ora!”

Afferro la mano di Estela e la spingo verso il sentiero che porta al castello. “Manderò un gufo a Rodolphus.” vocio tra i sibili del vento. “Lui saprà cosa fare.”

Non risponde, né si muove.

La sua ragazza singhiozza forte, iniziando a camminare leggermente discosta da me.

Sì, lo so, lo sappiamo tutti.

Non verrà.

Mi trattengo dal dirle che come divinante non vale granché. Questo era molto più che ovvio.

***

“… un immenso onore…”

“… un dovere verso il proprio sangue…”

“… un’occasione imperdibile per mettere a frutto il proprio ingegno…”

“… per servire lealmente l’Oscuro Signore.”

Stronzate.

Non mi aspettavo certo di veder comparire Rodolphus all’istante, ma almeno qualche buon consiglio…

Stringo con rabbia i lembi della pergamena che il mio gufo ha appena consegnato e malvolentieri poso lo sguardo sulle ultime righe.

Mio fratello non sarebbe degno d’esser tale, se si dimostrasse così debole da rifuggire una simile prova, o da chiedere aiuto a chicchessia. In tal caso lo rinnegherei come consanguineo.”

Bastardo.

Anche se questo termine non è propriamente calzante per lui: è figlio di suo padre in tutto e per tutto.

Non che la mia situazione familiare sia migliore, ma non ce lo vedo proprio Sirius a liquidarmi con una scrollata di spalle, in una situazione simile.

Incendio la lettera con un colpo di bacchetta; né Rabastan né Estela dovranno mai avere il dispiacere di leggerla.

Lui, perché sicuramente avrà già sentito molteplici volte quelle stesse parole, e non c’è ragione per cui debba sentirsele ripetere in un momento come questo.

Lei, perché credo abbia già il suo bel da fare a tenere saldi i nevi e integra la mente. Mentre le passavo accanto per venire alla guferia ho sentito Amanda Mulciber che le consigliava di guardarsi attorno, che il dormitorio di serpeverde è pieno di bei ragazzi, e se proprio avesse sentito il bisogno di essere ribelle, neanche i corvonero sembravano tanto male, ma solo come divertimento di poche notti.

Da quel che ne so, Estela si è concessa per amore soltanto a Rabastan.

Povera Amanda, dubito che potrà mai capire cosa significa.

Levo ancora gli occhi al cielo, adesso è completamente buio; il coprifuoco è scattato e così anche le settantasette serrature che bloccano il portone d’entrata.

So di poter uscire infrangendo temporaneamente l’incanto, ma rientrare dopo sarà impossibile.

E’stato creato in questo modo volontariamente; una volta fuori, l’unica possibilità è affrontare l’oscurità.

Piuttosto sadico, come tante altre leggi.

La lettera sul pavimento della guferia è completamente bruciata; non ne resta che cenere.

Abbandono senz’altro indugio la torre.

Rabastan non avrà un fratello di sangue al suo fianco, stanotte.

***

Pensavi che ti avrei lasciato solo, stanotte?”

Sento il rumore dei cardini che si sigillano alle mie spalle. Del resto, sapevo che non avrei avuto la possibilità di tornare indietro.

… Ma fa freddo. Più di quanto immaginassi.

Fa freddo.”

e le coperte avvolgevano senza riscaldare.

L’aria è fradicia di nebbia. I Dissennatori scendono a controllare i confini della scuola; e di certo si accorgeranno che c’è un umano nella foresta.

Rabastan non potrà farcela da solo, giungono a decine.

Incubi e buio…

Dove sei?”

Le serre sono terrificanti, stanotte. Un intricato labirinto di ombre tremule e scure, l’odore della terra bagnata e dei concimi è soffocante.

Attutisco un colpo di tosse nel mantello, con l’intento, piuttosto stupido peraltro, di non fare rumore. Un intero esercito di piante carnivore ha già fiutato il mio odore e adesso stanno allungando sinistramente i loro tentacoli adunchi verso di me.

Piante carnivore.

Durante il mio primo anno, la professoressa Sprite ce ne mostrò un unico esemplare. Veniva tenuto sotto incantesimo.

Adesso quattro delle sei serre di Hogwarts vantano più di trecento esemplari appartenenti alla stessa famiglia, le rimanenti due ospitano, invece, un’ invidiabile piantagione di erbe velenose.

Tutto per volere del nostro insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.

Alzo lo sguardo: si sono accorti di me.

Il tetto trasparente è oscurato da diverse sagome nere.

Mi addosso alla parete più vicina, trattenendo il fiato, e qualcosa mi afferra repentinamente il braccio.

Sobbalzo e mio malgrado mi sfugge un gemito.

Ho già la bacchetta alzata, quando una risatina m’insinua il dubbio…

Lumos!” grido.

“Bella serata per passeggiare, fratellino.”

“Sirius.”

“Non sei sorpreso, noto.”

Pensavi che ti avrei lasciato solo, stanotte?”

Nove anni e la tempesta che infuriava dietro il vetro della finestra…

Non sono sorpreso, in effetti.

Ma nemmeno speravo nel suo aiuto…

“Sta giù.” sussurra spingendomi dietro i vasi più vicini.

Riemerge dopo soli pochi istanti.

“Se ne sono andati?” chiedo stupidamente.

Mio fratello scuote la testa. “Sanno che siamo qui, ma non possono entrare.”

“Come sapevi che stanotte...”

Ma lui m’interrompe agitando la mano come per liquidarmi in fretta. “Lascia stare, Regulus.”

Lasciar stare?

Certo, lascerò stare. Del resto ho già capito abbastanza.

“Lestrange è nella foresta?”

Annuisco.

“Allora dobbiamo trovarlo. Poi raggiungeremo il Platano…”

“Il Platano?” mi sfugge senza volere e lui mi guarda con un vago sorriso.

“Paura, fratellino?”

Per Merlino! Mi parla come quando avevo cinque anni e una voglia matta d’imitarlo in tutto.

“Non sono un incosciente come te, per cui sì, ho una discreta paura.” ribatto con stizza, ma non è esattamente ciò che volevo dire e lo sa anche lui.

Paura, fratellino?”

No!”

“…”

Q..quando sono solo…”

“Andiamo, allora.” risponde, spalancando, a bacchetta alzata, la porta della serra.

Lo osservo fiondarsi senza riserve nel buio della notte.

Pensa di meritarsela, quell’oscurità.

Eppure la combatte, se è necessario. E’ diventato inclemente solo verso se stesso.

“Hai con te un ricordo felice?” vocia poco dopo, senza smettere di correre.

Per tutti i maghi del ministero! Mi sfugge un sorriso per la comicità della sua uscita. Cosa dovrei fare? Tenere i ricordi felici nella saccoccia, per poterli sfoderare al momento giusto?

All’improvviso realizzo che probabilmente è ciò che fa lui e nell’istante in cui l’ho pensato, il mio sorriso scompare.

Ricordi felici.

Sì, ne ho alcuni.

E paradossalmente sono tutti recenti.

Dei primi due anni di Hogwarts non ne ho alcuno; soltanto rancore e gelosia.

Sono state le ingiustizie a riunirci.

La Paura.

E poco conta, adesso, se la divisa di mio fratello è rossa e oro.

Expecto Patronum!” grida contro un dissennatore già pericolosamente vicino a noi.

Resto immobile pur non volendo. E’ un’enorme cane luminoso, il suo patrono, e mi rendo conto solo adesso che lo sto vedendo per la prima volta.

Avanti a noi, all’interno dei confini della foresta, un cavallo argenteo sta galoppando in direzione di tre sagome scure. E’ quello di Rabastan; l’ho visto spuntare innumerevoli volte dalla sua bacchetta, nelle serate umide che dedicavamo a imparare incantesimi utili alla nostra nuova… condizione.

E forse è soltanto la mia immaginazione, ma ha un portamento elegante, il suo patrono, e una criniera fluente che mi ricorda innegabilmente le ciocche dorate di Estela.

Incespico leggermente sul ciottolato, non ci siamo mai fermati da quando siamo usciti dalla serra, Sirius, davanti a me, si sta già dirigendo verso il punto da cui abbiamo visto comparire il patrono; è molto più veloce di me, agile e silenzioso.

E come al solito, mostra un’inguaribile sfrontatezza nell’affrontare il pericolo.

Si direbbe quasi che non conosca il terrore, e quand’ero piccolo pensavo che fosse davvero così.

Adesso so che è una finzione.

Teme molte cose, mio fratello. Troppe per smettere di nasconderle.

E scommetto che quelle che posso immaginare sono solo una piccola parte.

E’egoista da parte mia, ma mi sento sollevato al pensiero di non essere a conoscenza di tutto…

Siamo vicini, l’aria è più fredda in mezzo alla foresta; Sirius si ferma in ascolto.

Sento il frusciare di un mantello e un lieve scalpiccio.

“Regulus?”

Rabastan spunta proprio dietro a noi; è teso, ma c’è qualcosa che somiglia al sollievo, nel suo sguardo.

“Ho visto il patrono.” inizia. “Ma non crede-

“Pensavi che ti avrei lasciato solo, stanotte?”

Sirius mi osserva attraverso la penombra, chiedendosi, forse, perché me ne sia uscito con quella frase, ma i suoi occhi hanno qualcosa a che fare con la comprensione, e forse è così.

Ricorda, così come ricordo io.

Osservo il volto interrogativo di Rabastan e provo a spiegargli, senza parlare, che per me è come un fratello, e ho bisogno che lo sappia.

Ma lui sposta lo sguardo da me a Sirius, i suoi occhi diventano assenti, e improvvisamente so cosa prova.

La lettera incenerita sul pavimento della guferia…

Vorrei non averla mai letta.

E nonostante tutto, lui si riprende subito.

“Dovevo aspettarmelo da te.” sussurra con semplicità.

L’aiuto nel quale soltanto sperava, invece, non è giunto. Lo leggo dietro quel sorriso accennato.

Non è mai stato un illuso e nemmeno io, ma Sirius è al mio fianco stanotte; di Rodolphus abbiamo soltanto le inutili ceneri di una lettera ipocrita.

Sento il gelo che m’invade, la mano di mio fratello indica qualcosa oltre le spalle di Rabastan; intravedo la sagoma scura in movimento.

Expecto Patronum!” grido senza esitare e la creatura argentea si materializza tra noi e quel demone nero.

“Che diamine…”

La voce di Sirius è incredula e interrogativa. Evidentemente neanche lui aveva mai visto il mio patrono prima d’ora.

L’enorme cane argenteo cha scaccia via gl’incubi.

< Ebbene, adesso lo sai. > vorrei dirgli. < Anch’io l’ho scoperto da poco. >

Del resto siamo fratelli, non è insolito che la medesima essenza protegga entrambi.

Ma Sirius sembra molto più turbato di me e nel suo sguardo intravedo il guizzo di qualcosa che non conosco.

Quanti segreti, ancora…

“Dobbiamo andarcene da qui.” ci riscuote Rabastan indicando il cuore della foresta, che si fa pian piano brulicante di fruscii.

Sirius è di nuovo in allerta. “Al Platano.” sussurra lesto.

***

Non ero mai entrato nella Stamberga Strillante, non ero nemmeno a conoscenza del tunnel, e dall’espressione lievemente guardinga di Rabastan capisco che nemmeno lui è mai stato qui. Si muove con cautela.

Sirius invece procede con disinvoltura, potrei giurare che ne conosce ogni angolo. Vorrei chiedergli quante volte è stato qui e in quali occasioni, ma lui si volta come se avesse sentito ciò che non ho pronunciato e i suoi occhi dicono:

< Questi sono fatti miei. Non essere petulante, fratellino. >

< Va bene, va bene… Non invaderò i tuoi spazi. > rispondo mentalmente.

E intanto l’unico suono che si ode è la scala di legno che cigola.

“Estela?” mi chiede sottovoce Rabastan.

“Sta bene.” mento e lui mi guarda con aria esasperata. “Forse… un tantino agitata…” tento di rimediare, abbozzando un mezzo sorriso come ammissione di colpa. “Se la caverà.” aggiungo poi.

Una porta sbatte.

Sobbalziamo tutti perché è quella più vicina a noi, e perché la tensione è alta.

Sirius la guarda con apprensione, poi le sue labbra si stringono e un istante dopo ha già allungato la mano verso la maniglia.

Inclemente verso se stesso e irruente con la paura…

Rabastan lo precede; sono simili, loro due.

Apre la porta e al di là c’è il buio.

Stringo gli occhi, compare una sagoma…

Nessuno respira, l’aria è troppo gelida.

Il mio amico spalanca le labbra come per parlare, ma non ne esce alcun suono. Non ricordo di averlo mai visto così spaesato.

Di fronte a lui c’è una stanza lussuosa e decadente, con un’enorme scrivania intagliata nel legno scuro. Rodolphus Lestrange è seduto dietro di essa.

“E’ INUTILE.” tuona la sua voce profonda. “QUALSIASI COSA FARAI, SARA’ SEMPRE INUTILE.”

Ha gli occhi ardenti, crede in quel che dice, è composto, ma appassionato.

“NON SARAI MAI DEGNO.” continua. “NON LO SARAI MAI.”

La voce si perde dentro una nube di fumo e polvere.

Sirius si è messo di fronte a noi; ha strattonato Rabastan senza riguardo e ha preso il suo posto. Quello ha barcollato prima di trovare il braccio che gli avevo allungato d’istinto.

E’sconvolto.

Nella stanza risuona ancora l’eco dell’ultimo “mai”, ma le pareti stanno già cambiando.

Sirius trattiene il fiato.

Adesso è una cella di nudi mattoni, grondante di sangue.

Al centro, un lupo grigio agonizza riverso sul pavimento. Il pelo è rossastro e appiccicoso, gli occhi vitrei. Sta morendo.

Riddiculus!” grida e tutto scompare.

Mio fratello si volta, ancora visibilmente sconvolto. “E’ solo un molliccio.” dichiara.

E’ quasi realtà…

Non fa dell’ironia e non critica il nostro tremore. Ha a malapena la forza di richiudere la porta; che non è poco, dopo quello che abbiamo visto. Era terribile.

E non so cosa significhi esattamente per lui, ma una cosa è certa: non sono io la causa della sua paura e questo un po’ mi rincuora. Sarebbe stato un peso troppo grave da portare.

E poi ci sono cose di lui che non mi devono riguardare, sentimenti dai quali sono escluso…

Li rispetto.

Rispetto le sue scelte e il suo dolore.

Lui sente il bisogno di provarlo.

“Di qua.” ci fa segno di seguirlo.

Rabastan ha il passo ancora incerto. Si somigliano, certo. E’solo che Sirius ha un po’ più d’esperienza con la paura.

Apre una porta senza esitare, questa volta non ci sono incubi ad attenderci al di là della soglia. Soltanto un letto a baldacchino dalle tende sfilacciate e qualche mobile vistosamente danneggiato.

“Possiamo rimanere qui tutta la notte.” dice sedendosi sul pavimento, la schiena appoggiata alla parete. “Non ci troveranno.”

Chiude gli occhi; ha un’espressione finalmente rilassata, sembra a casa. La sua casa.

Sono anni che non lo vedo così.

La stanza è spoglia e piena di spifferi, mi chiedo come sia possibile, ma le mie mani stanno ritornando tiepide.

Rabastan si appoggia al materasso consunto. “Grazie, Black.”

Il nostro cognome mi colpisce, improvvisamente diventa ciò che ci accomuna.

Sirius scrolla le spalle incurante e non risponde.

Sta molto meglio adesso, e anch’io.

Questo luogo racchiude molti dei suoi segreti, lo leggo sul suo viso, dalle palpebre abbassate.

Sento quasi caldo. L’aria è densa dei suoi ricordi e io l’ho visto spalancare la porta con decisione e senza rimpianto, perché potessimo entrarvi. E’ rimasto con noi.

L’ha fatto lui, a nome di tutti gli altri fratelli.

***

Questa mattina il portone si è aperto per noi.

Non abbiamo nemmeno tentato di nasconderci, Sirius ed io.

Sarebbe inutile. Lui già saprà che abbiamo passato la notte fuori, ma non dirà niente. Non gl’importa, in realtà.

Il suo divertimento è finito quando Rabastan si è fatto avanti.

Mio fratello, di fianco a me, rabbrividisce vistosamente sotto il mantello. La nebbia è densa e fradicia stamani.

Si strofina con forza le braccia, non sapevo che soffrisse così tanto il freddo.

Ma del resto, non pensavo nemmeno che sarebbe venuto in mio aiuto…

Non aveva nemmeno ma visto il suo patrono…

Il nostro fedele cane argentato.

Estela è proprio davanti ai battenti, come se di trovarci lì, lei già lo sapesse…

Non si è legata i capelli, questa mattina, forse non è nemmeno andata a letto.

Le strizzo l’occhio perché è la mia migliore amica e perché sono contento che ci sia qualcuno ad aspettarci, ma lei è già al collo di Rabastan, la nuvola dei suoi capelli biondi si rovescia sul mantello.

Si abbracciano sotto le volte dell’ingresso e il tempo sembra fermo.

Sirius sogghigna.

Sì, il tempo si è fermato e sento che stiamo per ridere, tutti e quattro.

Ho un altro ricordo felice.

E potrei quasi scommettere che adesso ne ha uno nuovo anche Sirius. Per la sua saccoccia, senza dubbio.

L’atrio è ancora deserto ad eccezione di un unico ragazzo che sta scendendo le scale a passo spedito.

Riconosco Lupin, e mi sento sollevato al pensiero che qualcuno sia rimasto sveglio ad attendere mio fratello.

Si avvicina senza mai distogliere gli occhi da Sirius e dal suo modo sguaiato di ridere e sul suo volto scopro un’espressione nostalgica e felice. Gli si mette di fianco e punta la propria bacchetta contro i suoi vestiti.

Sussurra un incantesimo autoriscaldante; evidentemente lui sa che mio fratello soffre il freddo…

Mi chiedo se conosca anche il suo molliccio…

Certe cose, credo, non le saprò mai.

Estela scuote la testa a conferma dei miei pensieri; le sorrido, forse adesso può leggere anche la mente, insieme al futuro.

E solo ora mi rendo conto che non mi aveva predetto alcun aiuto, per stanotte.

Ma forse la responsabilità è tutta di Sirius.

Questa volta è riuscito a gabbare persino la preveggenza.

FINE.

  
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