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Autore: Niere    03/10/2013    1 recensioni
Livia e Gianluca, in passato, erano una coppia affiatata, ma la vita li ha cambiati e tutto ciò che è rimasto del loro amore è un bambino di quattro anni e tanto rancore. Il rancore però annebbia la ragione ed entrambi si ritroveranno a mettere in dubbio le scelte fatte, le loro convinzioni e i loro sentimenti.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Finalmente vacanza - POV Livia

Arrivammo a Capo d’ Orlando alle due del pomeriggio. La casa che avevo affittato si trovava a due passi dal mare e non fu difficile da trovare. Gianluca parcheggiò la macchina nel piccolo cortile in pietra dell’ abitazione e scendemmo dalla macchina, incuriositi dall’ abitazione. Eravamo un po’ stanchi per il viaggio e avevamo una fame da lupi. Matteo si guardò intorno, incuriosito e dalla sua espressione capii subito che quel posto gli piaceva. Puntai il mio sguardo su Gianluca: “Prima di scaricare la macchina, che ne dici di parlare con la proprietaria? Ha detto che ci avrebbe aspettato in casa.”.
Mi avviai alla porta, tenendo Matteo per mano. Gianluca mi seguì, anche lui intento a guardarsi intorno. Suonai il campanello e ci aprì una donna dai capelli neri e cortissimi. Doveva avere all’ incirca l’ età di mia madre. La donna mi rivolse un sorriso, che ricambiai. Le chiesi: “Lei è la signora Donato?”.
La donna mi strinse calorosamente la mano: “Si, e tu devi essere Livia. Prego, entrate pure. Come è andato il viaggio?”.
Entrammo e la donna ci studiò attentamente: prima analizzò me, poi Gianluca e infine Matteo, che la guardava timidamente. Le risposi: “E’ stato un po’ stancante, ma eccoci qui.”.
Mi guardai rapidamente attorno. Ci trovavamo nel salotto, arredato in maniera semplice ma elegante. Al centro c’erano un divano e due poltrone che sembravano appena acquistate e un tavolino in legno pieno di oggettini in vetro. Alla parete c’era una bella tv al plasma, di circa trentadue pollici, addossato alla parete color pesca. Alla mia destra c’era una sorta di zona pranzo e angolo cottura, separata dal soggiorno da un muretto alto all’ incirca un metro e trenta.
La signora Donato mi distolse dalla mia rapida analisi della casa: “E questo giovanotto deve essere tuo marito. Siete una coppia giovanissima…”.
Gianluca si presentò e lo stesso fece Matteo, che le rivolse un saluto timidissimo. La signora Donato ci mostrò rapidamente la casa, disposta su due piani. Al piano superiore si trovavano tre camere da letto non molto grandi e un bagno color crema. Ci consegnò le chiavi di casa e ci consigliò di chiamarla se avessimo avuto bisogno di qualcosa.
Quando ci lasciò soli, mi rivolsi a Matteo: “Allora, cosa ne pensi?”.
Matteo si tuffò sul divano e rispose: “Questa casa è molto bella. Però, mamma, io ho fame!”.
Gli sorrisi, dolcemente. Aveva ragione, avevamo mangiato solo un po’ di cracker, pensando di arrivare prima a destinazione. Gianluca propose: “Livia, ho visto che a pochi metri da qui c’è una pizzeria a taglio. Che ne pensi di farci un salto insieme a Matteo mentre io scarico le valigie? In questo modo ottimizziamo i tempi.”.
“Si, potremmo fare così. Sei sicuro di potertela cavare da solo, con i bagagli?”.
Mi rivolse un sorriso di sfida: “Mi hai preso per un rammollito? Certo che ce la faccio!”.
Alzai gli occhi al cielo. Perché gli uomini erano così fanatici? “D’ accordo. Dai, Matteo, andiamo a prendere un po’ di pizza.”.
Uscimmo dall’ abitazione e l’ aria calda ci investì nuovamente. Ci avviammo per la strada isolata a quell’ ora della giornata e raggiungemmo in pochi istanti la pizzeria. Entrammo nel piccolo locale, attirando l’ attenzione del proprietario e dei due signori seduti al tavolino. Dovevano aver capito immediatamente che eravamo turisti. Gli chiesi dei tranci misti di pizza, da portar via. Il proprietario li pesò, mi comunicò il prezzo, pagai e mi consegnò il tutto racchiuso nel cartone con una scritta verde. Uscimmo e ci avviammo rapidamente a casa, volevo far pranzare Matteo al più presto.
Sentivo i muscoli indolenziti per il troppo tempo passato seduta, tra l’ aereo e la macchina, ma ero contenta di essere lì, di sentire il profumo della salsedine che sembrava impossessarsi anche della mia pelle. Arrivati al cortiletto, Matteo si mise a correre, superandomi notevolmente. Trovò la porta aperta e disse a Gianluca: “Papà, è ora di pranzo.”.
Entrai anche io e chiusi la porta alle mie spalle: “Ragazzi, a tavola.”.
Matteo e Gianluca si sedettero vicini, ed io di fronte a loro. Prendemmo due tranci a testa ed iniziammo a parlare del luogo e di quello che avremmo potuto fare in quei giorni. In quell’ istante mi sentii bene, accanto alle persone che avevano completato la mia vita. Osservavo Gianluca e Matteo, stupendomi di quanto fosse semplice quel momento, ma anche di quanto significasse per me. Sembravamo il ritratto di una famiglia unita e serena, cosa che non si verificava da diversi mesi. Mi stavo convincendo sempre di più che avrei risolto i miei problemi con Gianluca, che quella vacanza ci avrebbe finalmente dato l’ opportunità di mettere da parte il passato e i rancori, per poter ricominciare tutto da capo.
Matteo, tra un boccone e l’ altro, disse: “Dopo possiamo andare in spiaggia?”. Guardava me e Gianluca speranzoso.
Gli sorrisi e replicai: “Tesoro, ma non sei stanco del viaggio? Non vorresti riposare un po’? Questa mattina ti sei svegliato presto…”.
Scosse la testa: “No, non sono stanco. I veri guerrieri non dormono mai.”.
Io e Gianluca scoppiammo a ridere. Ma dove aveva sentito quella frase? Gianluca a quel punto, si rassegnò: “Va bene, più tardi andremo in spiaggia…”.
Matteo sorrise trionfante, aveva vinto lui, come sempre. Terminammo il nostro semplice pranzo e mi dedicai a sistemare la mia valigia e quella di Matteo nelle camere. Scelsi per Matteo la stanza più piccola e per me quella accanto. Io e Gianluca avremmo dormito separati, era la soluzione migliore, per il momento. Dopo aver messo i vestiti negli armadi, mi affacciai al balcone della stanza. Dal piano superiore, la vista era fantastica, si poteva vedere la spiaggia e il mare. Mi persi in quello spettacolo e non sentii Gianluca avvicinarsi a me. Mi accorsi della sua presenza solo quando mi avvolse in un abbraccio e mi regalò un bacio sulla guancia. Mi sussurrò all’ orecchio: “E’ veramente molto bello, qui.”.
Mi voltai verso di lui, per nulla infastidita dalla vicinanza dei nostri volti. Mi persi nei suoi occhi color nocciola e gli sorrisi dolcemente: “Sono contenta che ti piaccia. Volevo che sembrasse un piccolo paradiso.”.
 “Ci sei riuscita… Sei meglio degli impiegati delle agenzie di viaggio. Tienilo a mente, se la società dove lavori adesso dovesse fallire.”.
Mi allontanai leggermente e risposi sarcastica: “Certo, come no!”. Guardai l’ orologio che portavo sempre al polso e constatai: “Credo che sia ora di scendere in spiaggia. Mai infrangere le promesse con Matteo, sarebbe capace di rinfacciartelo per giorni!”.
  
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