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Autore: Evelyn Doyle    03/10/2013    4 recensioni
Avvertenze: la storia contiene un alto tasso di battute ironiche e sarcasmo, si consiglia di dosare attentamente le pagine.
Cosa potrebbe succedere se un giorno qualcuno osasse sfidare Nathalie, quindici anni, mente brillante e sarcasmo alle stelle?
Nessuno lo sa, almeno finché Edoardo non diventa il nuovo alunno della 3^A scientifico del Liceo Statale A. Manzoni, che, da amante della letteratura classica, di World of Warcraft, delle Converse fluo, degli abiti multicolori e di Star Trek, viene ben presto etichettato da Nathalie come "Tizio Luminescente" o "nerd-in-erba".
I loro mondi entreranno presto in collisione, scatenando in un batter d'occhio un conflitto combattuto a colpi di fogli protocollo e matite fluorescenti, anche se, per loro sfortuna, il destino ci metterà; presto lo zampino, facendoli stare troppo spesso vicini.
Senza contare che Nathalie ha da combattere anche un altro conflitto, precisamente con Leonardo, migliore amico del suo migliore amico, dal comportamento più ambiguo di un'incognita elevata all'ennesima potenza.
E poi entra in scena anche Mattia, atletico e affabile con tutti e, tra l'altro, anche fratello maggiore di Tizio Luminescente.
- So far away, and yet so close together -
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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So Far Away And Yet So Close Together

By Evelyn Doyle.


Prologo.


Da dove posso iniziare?
Dal principio? Probabilmente un vero principio non c’è, perché a volte la vita è così incredibilmente stramba che sinceramente stento a credere a ciò che succede.
Potrebbe sembrare quasi una barzelletta ciò che dirò, ma, in fondo, lo è.
Una barzelletta iniziata un week-end, precisamente in libreria, davanti alla porta della “Penna d’Oro”, la libreria più grande che avessi mai visto in tutta la mia giovane vita.

«Nathalie, tu sei completamente impazzita se pensi che io possa entrare in questo inferno»

Susanna, sedici anni e frivolezza fatta persona, mi informò della sua incredibile voglia di intraprendere un’emozionante avventura nel mondo della letteratura.
Ma, dopotutto, se la carissima prof. di italiano ci voleva costringere a leggere la Divina Commedia interamente, di certo colpa mia non era.
O forse sì, dato che durante l’ultima assemblea con i professori avevo innocentemente proposto la lettura di un libro in parallelo con il programma di letteratura al posto dei soliti noiosissimi libri.
Ma, dopotutto, sono cose che capitano e di certo non credevo che la mia proposta da quattro soldi venisse presa sul serio e così presto.

«Susanna, volente o nolente questo è il tuo destino. Entriamo, la prendiamo e usciamo, niente di più facile»

Risposi con una punta di acidità, mia principale caratteristica.

«Io ti ho avvertito, Nathalie, saremo circondate da ultra-nerd o secchioni libro-dipendenti prolissi da far venire la nausea, per cui io mi astengo»

Sì, ci stavo appunto arrivando, dopotutto è così palese che potrei fare a meno di spiegarlo, ad ogni modo quando intendevo che Susanna era la frivolezza fatta persona, non lo dicevo per scherzare, niente affatto, lo dicevo perché questo era.
Ed io? Io cos’ero? Non saprei, non ero niente di speciale, dopotutto.
Una mente contorta che non fa altro che esprimere pareri sull’altra gente, con un tocco di una sorta di narcisismo, più che altro per le mie doti intellettive, che per l’aspetto.
Acidità a livelli interstellari, almeno così mi hanno sempre fatto notare.
Anche ironia, ma, dopotutto, senza essa credo che ci si annoierebbe in modo assurdo, non credete?

In ogni caso, Susanna non volle sentire ragione alcuna e mi costrinse ad entrare da sola in quel meraviglioso posto, dove il fantasy e i gialli, la letteratura classica e, addirittura, la fantascienza si incontravano.
Data la mia scarsa voglia di iniziare una lunga ricerca attraverso i corridoi della libreria, chiesi direttamente alla prima commessa che vidi.

«La Divina Commedia integrale? Ne è rimasto un solo volume: le scuole ne richiedono anche troppi e gli ordini tardano ad arrivare. Dovrebbe esserci una copia nel corridoio ventidue, l’area dedicata ai classici della letteratura italiana»

La giovane commessa mi indicò un punto imprecisato della libreria, così mi detti alla ricerca di questo corridoio ventidue, sicura di non trovarlo nemmeno per la fine della giornata.
Il mio ottimo pessimismo era una cosa inevitabile, mi veniva così spontaneo pensare in negativo che spesso anche nel positivo vedevo lo sfavorevole.
Che cosa strana, non credete?
Ad ogni modo, il famoso corridoio ventidue non era ancora visibile all’orizzonte ed io iniziavo a credere che avrei dovuto rivolgermi ad un qualche mercatino dei libri usati o affini.
Ma l’illuminazione arrivò, ebbene sì, non mi ero accorta di essere arrivata infatti al corridoio ventuno, per poi passare al fatidico ventidue.
Mi fiondai davanti agli scaffali, scrutai attentamente ogni targhetta che segnava l’inizio di una sorta di sezione dedicata ad un particolare autore, finché non trovai Dante Alighieri.

Ovviamente sperare che il tanto agognato volume ci fosse era una cosa fin troppo ottimistica, eppure esso era lì, solo soletto, in attesa di un acquirente che se lo portasse a casa, lo tenesse lindo, curato e magari lo leggesse.
Lo presi, con uno scatto, come fosse un tesoro prezioso che qualcuno avrebbe potuto strapparmi dalle mani da un momento all’altro.
Eppure, tutto era troppo bello per essere vero.
Io che riuscivo a prendere l’ultimo volume disponibile, insomma, per un nanosecondo credetti davvero che la cosiddetta dea bendata mi avesse colpito.
Giusta osservazione: ho detto esattamente per un nanosecondo.
Perché? Perché le cose stavano così: io non avevo preso la Divina Commedia.
Allora cosa avevo preso, vi chiederete?
Le rime, una raccolta spaventosa di poesie e liriche dantesche.
Questo fu il mio madornale errore, esattamente questo.
Perché non ho guardato la copertina?
Mi chiesi osservando il titolo – scritto anche con un carattere più che leggibile – del volume preso con tanta veemenza poco fa.

Ero oltremodo infuriata con la mia negligenza: come avevo potuto fare un tale errore?
Un errore patetico, che mi avrebbe portato però ad odiose conseguenze, perché a pochi metri dalla mia minuta figura intenta ad osservare esterrefatta la copertina del volumetto errato, la mia Divina Commedia faceva capolino tra le mani di un ragazzo.
Ero intontita e allo stesso tempo infuriata a morte: quel volume doveva essere mio! Non potevo permettere ad un tizio saltato fuori da chissà dove di prendere l’ultimo volume della Divina Commedia facendo rimanere la sottoscritta ad un mercatino dell’usato dove avrei, probabilmente, trovato un volume dalle pagine ingiallite e colme di appunti dalla calligrafia alquanto illeggibile.
No, quel volume era mio, lo pretendevo!
Tra tutti questi pensieri contestatori non mi accorsi che il ragazzo in questione mi stava guardando con una strana aria.
Per carità, un obbrobrio non era, “passabile”, “nella media” potrei definirlo: capelli castani corti e un po’ mossi, occhi di un verde acqua abbastanza decente da essere notati e fisico nella media. Niente di troppo mostruoso, insomma, ma la vera oscenità era il suo abbigliamento.
Abbigliamento composto da camicetta dai colori psichedelici, che, alla sola vista, facevano sanguinare le mie povere orbite, a completare un perfetto abbigliamento da camaleonte impazzito c’erano anche un paio di jeans fino al ginocchio più strappati che interi e delle sneaker di un verde fluorescente da far venire il voltastomaco.
Insomma, come se tutto ciò non bastasse, aveva una tracolla con una scritta fluorescente (anche questa, sì) molto simile a Star Trek.
Il mio disgusto era fin troppo, se solo avessi avuto la pancia piena credo proprio che avrei avuto un conato di vomito, e, badate, non esagero affatto!
Dopo qualche secondo a rimirare il sopracitato obbrobrio ambulante, mi rivolse la parola.

«Perché mi guardi? Ho qualcosa di strano?»

Lo disse in modo talmente sprezzante da farmi seriamente chiedere se questo individuo fosse un mezzo schizzato mentale o stesse solamente recitando in modo sopraffino.
Avrei voluto ridere, ve lo assicuro, ma ridere così forte da farmi venire le lacrime, però risposi soltanto in tono pacato e freddo.

«Assolutamente. In realtà mi interessa il libro: è tutto il giorno che lo cerco e mi piacerebbe terminare qua le ricerche, se non ti dispiace»

La mia aria da saccente ragazzina era la cosa più odiosa che avessi, ma, dopotutto, io ero una saccente ragazzina.
In ogni caso il significato della suddetta frase era, brutalmente: “Dammi il libro senza scassare le palle”.
Ovviamente una tale cosa non sarebbe uscita dalla mia bocca tanto facilmente, dato che avevo il vizio di mostrarmi una presuntuosa e puntigliosa rompiballe, il che è molto più divertente che essere una “normale e semplice” ragazza, non credete?
Tralasciando la mia stramba mentalità... Il ragazzo mi guardò in modo particolarmente strano, le sue pupille si dilatarono facendo sembrare gli occhi neri più del dovuto.

«Non vedo il motivo per il quale dovrei lasciarti il libro. È mio, l’ho trovato io»

Lo guardai in cagnesco, ma cercai di nascondere tale emozione con un falsissimo e forzatissimo sorriso.

«Complimenti, allora»

Nel mio tono una nota di disprezzo scivolò quasi per caso, mentre il misterioso ladruncolo e orrore ambulante tentava di nascondere un sorriso sghembo in modo oltremodo pessimo.
Non sapevo più che dire o fare, anche se l’avrei preso molto volentieri a cazzotti per tutto il giorno.
Non sapevo niente di lui, per carità.
Non mi aveva fatto nemmeno un peccato capitale, assolutamente.
Ma c’era qualcosa nel suo modo di fare che mi mandava in bestia.
No, non era il suo modo di vestire, insomma, se lui era contento di sembrare un pagliaccio ambulante io non potevo avere nulla di contrario.
Era, più che altro, qualcosa che non capivo nemmeno io, qualcosa di più astratto, psicologico forse.
Ma, dopotutto, quando mai lo avrei rivisto?
Le possibilità di incontrarlo nuovamente erano molto meno che le possibilità di Daniel di prendere un otto in chimica, per cui potevo stare certa che nella mia vita non avrei mai più rivisto l’obbrobrio ambulante.
Mai più.
Poco ma sicuro.

Eppure questo fu il mio secondo errore: basarmi sulla statistica, quando la vita se ne frega altamente di questioni matematiche.

Perché, sì, come è facile immaginare niente va mai come vogliamo.

La mia barzelletta era appena iniziata, ma ancora vivevo nella fin troppo ottimistica convinzione che certe cose non possono capitare una seconda volta.




Author's Corner

Allora... salve!
Non allarmatevi, insomma, so che ho già due storie in alto mare, ma... non ce la facevo! Dovevo riscrivere “Così lontani eppure così vicini” ed ecco qua un nuovo prologo per essa.
La storia in sé sarà “uguale”, ma, come avete notato, cambierò mooolti eventi.
Metterò dei personaggi in più, come il – solo citato per ora – Daniel.
Susanna sarà sempre la stessa, forse un pochino più frivola xD
Forse lo avrete notato, ma ho leggermente modificato il nome di Natalia, che ora è Nathalie.
So che non è un nome italiano, ma c’è una spiegazione a tutto, ovviamente.
Beh, per chi non ha mai letto la prima stesura della storia in tutta la sua vita, consiglio di non andare a leggere appunto la versione “vecchia” (la tengo ancora nel profilo), perché è scritta malissimo, in confronto a questa... Anche se, comunque ero appena al capitolo 8, per cui grandi cose non ne avevo dette.
Ah, un ultima cosa: se il titolo ha qualche errore ditemi pure, non sono sicura di averlo scritto giusto e chiedo umilmente venia in caso sia errato.
In ogni caso, vi ringrazio di averla letta e ricevere qualche parere mi farebbe immensamente piacere: ci tengo a sapere le vostre impressioni sulla storia :D
Adesso vi saluto, chiedendo venia per la “lunghezza” del prologo, che soltanto è una brevissima introduzione alla prossima sconvolgente vicenda (almeno, sarà così per la nostra protagonista xD).


Evelyn.
   
 
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