La
conversazione con Veles avrebbe finito col rovinargli le
vacanze di assoluto relax che aveva
progettato, ne era certo. Non faceva che pensare alla Pietra, a
Voldemort, a
Piton. Lavr gli aveva suggerito di non ossessionarsi troppo su quelle
che erano
semplici speculazioni, ma come poteva non rimuginarci su? Uno dei suoi
professori stava aiutando Voldemort! Doveva sapere. Doveva scoprire da
chi
doveva guardarsi. E sapeva chi poteva aiutarlo. Per questo quella sera,
a cena,
decise di affrontare il discorso con il suo tutore.
«Devo
parlare con Veles» gli disse dopo avergli
raccontato dei mesi trascorsi a scuola.
«Perché?»
chiese il demone, senza però mostrarsi sorpreso.
«Voglio
indagare nel passato di Raptor e Piton, ma per
farlo ho bisogno di qualcuno che abbia contatti nel mondo magico, e
tu…»
«Non
sono la persona adatta» convenne Lavr «Se
è
davvero quello che vuoi, gli parlerò. D’altronde,
sono certo che abbia iniziato
a raccogliere informazioni da quando ha intercettato la lettera che mi
hai
mandato. Ma voglio che tu stia attento».
«Lo
so, non vuoi che mi metta in mezzo».
«Quello,
e devi fare attenzione con Veles. Il momento è
delicato, e lui non aspetta altro che l’occasione di usarti a
suo vantaggio.»
«Di
cosa stai parlando?» domandò il ragazzo, confuso.
Lavr
sospirò. «C’è agitazione
nell’aria. Sono stato
alla corte di Veles in questi mesi. Vi si respira
un’atmosfera di attesa
febbrile. Si colgono sussurri, ovunque risuonano frasi concitate
mormorate nel
buio. I vampiri sono in subbuglio, ed erano secoli che non ne vedevo
così tanti
radunarsi intorno al loro Signore. Sono sul piede di guerra».
«Guerra?
Contro chi? Io non ho sentito niente!»
«Questo
perché la mia razza agisce nell’ombra, e i pochi
segnali vengono ignorati dalle alte sfere e mascherati al
pubblico».
Harry
si girò, sorpreso, vedendo l’oggetto della loro
conversazione entrare nella stanza con i vestiti strappati e macchiato
di
vernice gialla.
«Ma
cosa…?» esclamò stupefatto; con la coda
dell’occhio
vide Lavr portarsi un calice alla bocca per mascherare un ghigno.
«Cosa
ti è successo?» domandò il ragazzo.
«Niente,
ora anche gli edifici hanno il
senso dell’umorismo» grugnì il vampiro,
levandosi
ciò che restava della sua camicia e sedendosi accanto a
loro. «Quindi, mi pare
di capire che ti serva il mio aiuto.»
Harry
annuì.
«Molto
bene. È bello vedere che sei capace di decidere
con la tua testa, pasticcino. Conosco la persona che fa al caso nostro,
ed è
già al lavoro. Come ha detto lui»
indicò Lavr «questa faccenda ha catturato il
mio interesse. Ma voglio qualcosa in cambio del mio aiuto.»
«Veles…»
lo ammonì il demone.
Il
vampiro alzò una mano. «Tranquillo, tranquillo.
Non
metterò nei guai il tuo protetto. Chiedo solo che tenga gli
occhi bene aperti a
scuola e mi metta al corrente di ogni cosa sospetta. Entrambi non
vogliamo che
Voldemort metta le mani sulla pietra, tanto vale collaborare per
prevenire che
questo accada.»
«D’accordo»
disse Harry. «Ma c’è una cosa che non
capisco. Tu detesti Silente. Perché allora odi anche
Voldemort?»
Veles
lo guardò carico di disappunto. «A quanto pare,
non sai ancora niente sul mondo magico» disse sepolcrale.
Harry
arrossì davanti al suo sguardo, sentendosi punto
sul vivo. Era vero, nonostante i libri che aveva letto e lo sforzo
incessante
di documentarsi il più possibile, quando era arrivato a
Hogwarts si era sentito
un estraneo. Non si sentiva parte del suo mondo: era stato cresciuto da
dei
babbani prima e da un demone dopo, e alcune tradizioni dei maghi gli
sembravano
ancora aliene. Come nella notte di Halloween, quando si era scoperto
ignorante
sulla festività di Samhaine. «Allora informami
tu» disse fermamente, fissando
il vampiro negli occhi cremisi.
«Molto
bene. Ma sarà un discorso lungo, mi servirà
qualcosa per sciacquarmi la bocca. Lavr, hai qualcosa o devo rifarmi i
canini
sul marmocchio?».
Il
demone gli scoccò un’occhiata annoiata e
invocò un
calice dorato, colmo di sangue. «Tieni, affogatici pure. Se
non vi dispiace, io
mi ritiro nel mio studio. Questa conversazione non
m’interessa. Harry,
bentornato. Veles, non distruggere niente. A dopo».
Aprì un passaggio nascosto
nel muro e sparì.
«Non
sapevo ci fosse un passaggio là»
commentò Harry.
«Si
beh, buona fortuna a orientarti in questo posto.
Torniamo al discorso. Presta attenzione, perché ti
parlerò di miti tramandati
dall’alba dei tempi, di leggende perdute e riscoperte
infinite volte nel corso
dei millenni, di guerre e di conflitti, e dell’origine stessa
del mondo»
cominciò il vampiro, gesticolando «Immagino che tu
sappia, che le più antiche
civiltà veneravano la Dea madre, la natura benigna, la fonte
di vita. Ma fin
dalle epoche più remote, diverse razze popolavano la terra.
Ciascuna con le
proprie credenze, le proprie aspirazioni, le proprie debolezze.
Inizialmente,
anche i non maghi erano consapevoli dell’esistenza della
magia e di razze
senzienti non umane, ma con il passare dei secoli, questa conoscenza
è andata
perduta e si è trasformata in mito. Ma al momento, questa
parte della storia
non c’interessa. Quello che conta, è che i maghi e
le altre razze magiche, un
tempo facevano realmente parte dello stesso mondo: convivevano fra di
loro,
nonostante le differenze. Come i babbani credevano nella Dea Madre, noi
credevamo nella Magia. Secondo la tradizione, il mondo è
stato creato in
equilibrio tra i contrari: luce e buio, maschile e femminile, bene e
male.
Questi opposti cercheranno sempre di prevalere l’uno
sull’altro, ma questo non
dovrà mai accadere».
«E’
il principio cardine delle filosofie orientali»
«Si,
ma nel nostro mondo non si tratta di speculazioni
filosofiche, è la realtà delle cose.
L’intero mondo magico e le sue creature
sono divisi in due fazioni per nascita: luce e buio.»
«Ma
questo è ridicolo» lo interruppe Harry
«Ognuno
sceglie il proprio destino. Sono i maghi a decidere che tipo di magia
praticare!»
«E’
vero, ma non puoi negare che per nascita si è più
portati per un certo tipo di incantesimi. La magia scorre nel
sangue».
«Non
dirmi che sei anche tu un fanatico del sangue
puro!» esclamò Harry.
Il
vampiro fece una smorfia. «Credimi, non è solo una
teoria quella della preservazione del sangue puro, ma non
m’interessano le
beghe tra maghi e non ho il tempo, né la voglia, di colmare
tutte le tue
lacune. Se l’argomento t’interessa, ti consiglio di
parlarne con i tuoi adorabili
compagni di casa. Io ti sto
offrendo un quadro più ampio. Nel corso della storia le due
fazioni rivali si
sono scontrate ripetutamente e si sono alternate al potere. Si dice che
la
storia è un cerchio che si ripete all’infinito:
una delle due parti prende il
potere e lo conserva, finché l’altra non si
ribella, e dallo scontro
solitamente nasce una nuova era. La storia è piena di grandi
figure che hanno
assunto il ruolo di leader, la cui superiorità era tale da
essere accettati e
seguiti da tutte le razze del loro stesso schieramento. Dopo la morte
del Lord
Oscuro Dimitrov, avvenuta negli ultimi anni del Settecento, la luce ha
assunto
il controllo dell’intera Europa. La situazione è
rimasta immutata finché uno
dei maghi più potenti maghi di sempre non ha cominciato a
radunare seguaci. Gli
schieramenti si sono preparati alla guerra, da ogni parte
d’Europa maghi e
creature oscure si sono alleate per combattere. Ma la guerra non
c’è stata; il
conflitto è stato risolto da un duello tra i due leader,
Silente e Grindewald.
Come saprai, il loro scontro è stato leggendario, ma
sfortunatamente Grindewald
è stato sconfitto e rinchiuso a Nurmengarden, la prigione
che egli stesso aveva
costruito. Il suo esercito si è sfaldato, le speranze di
riscatto delle forze
oscure sono state deluse e la luce ha continuato a governare, e lo fa
tuttora.
Ma ormai ha tenuto il controllo troppo a lungo. Dopo due secoli di
potere, la
nostra nemica è diventata audace come non mai. Nella foga di
distruggere tutto
ciò che era oscuro o semplicemente diverso, i maghi hanno
dimenticato gli
antichi miti, hanno scordato l’importanza
dell’equilibrio. Il mondo ha bisogno
di qualcuno che rimetta le cose a posto».
«Qual
è il ruolo di Voldemort in tutto questo?»
«Voldemort
non è che l’ombra di un Lord Oscuro, un
fantoccio, figlio delle politiche cieche e ignoranti degli ultimi
secoli. Non
ha niente a che vedere con i grandi maghi oscuri del passato»
rispose Veles,
sprezzante.
«Eppure,
viene considerato il più grande mago oscuro di
tutti i tempi» obiettò Harry.
«Più potente dello stesso Grindewald».
Il
vampiro alzò gli occhi al cielo «Per prima cosa,
tu
fra tutti dovresti sapere bene che questo non è vero. Per
quanto duecento anni
di governo della luce siano riusciti a spazzare via dalla memoria dei
maghi la
verità su Merlino, tu ed io sappiamo che
lui era il più potente mago oscuro del mondo.
Né Voldemort né Grindewald
possono reggere il confronto. In ogni caso, forse Voldemort era
magicamente più
potente del mago tedesco, ma ciononostante non merita il titolo di
Lord. Questo
spetta a colui o colei che viene incaricato dalla Magia di guidare
tutti gli
esseri oscuri. Voldemort si è autoassegnato il titolo e
l’ha usato per
procurarsi seguaci tra le creature magiche emarginate e discriminate,
che hanno
creduto alle sue vuote promesse. Tuttavia, Voldemort non combatte per
creare un
mondo nuovo. Forse all’inizio, ma poi le sue paure lo hanno
reso folle. Lui e i
suoi seguaci non sono diversi dai patetici ometti che governano
attualmente
l’Europa. Credono che i maghi possano sopravvivere senza
l’appoggio delle altre
creature, pensano di essere superiori. Hanno
dimenticato le regole della magia. Il problema non è la
supremazia della luce,
ma che l’equilibrio è andato perduto: le due
fazioni si sono disgregate; maghi
oscuri e della luce si sono mischiati tra loro, si sono alleati
nell’intento di
combattere i loro naturali compagni. Capisci ora? L’ultima
guerra magica è
stata una farsa: un Lord Oscuro che non era tale, interessato solo al
potere, e
ad opporglisi un Lord della luce incapace di fare il suo
dovere».
«Parli
di Silente?»
«Silente
conosce bene le leggi della magia. Sa meglio
di chiunque altro che questa situazione non può continuare.
Eppure, dopo la
sconfitta di Grindewald, si è rintanato a Hogwarts, senza
rivendicare appieno
il suo titolo di Lord della luce, lasciando che personaggi greti e
mediocri
distruggessero ciò che restava delle antiche tradizioni,
opponendosi con
debolezza alle leggi discriminatorie approvate contro i non umani,
nella
convinzione che il vero nemico fosse la Magia Oscura, e che la perdita
dell’identità
fosse il prezzo da pagare per sconfiggerla e estirparla. Silente si
è convinto
che sia la cosa migliore, che il mondo può andare avanti
anche senza la
tensione tra le due opposte tendenze. I suoi deboli tentativi di
sostenere
l’uguaglianza tra tutte le creature non sono che un modo per
ripulirsi la
coscienza. Ma le leggi della magia non possono essere bleffate. La
guerra è
alle porte. Non resta che sperare che quando scoppierà, ci
sarà un Lord Oscuro,
uno vero, a guidare le forze oscure, di nuovo unite, e riportare
l’ordine,
altrimenti il futuro sarà quanto mai incerto. Finora la mia
razza e le altre
creature si sono astenute dal combattere i maghi, nel tentativo di
restare
fedeli alle regole, nella speranza che i maghi comprendessero la
gravità delle
loro azioni, ma non rimarremo ancora a lungo inerti a farci
schiacciare. Le
forze oscure combatteranno, e se non potranno farlo con i maghi oscuri,
lo
faranno contro di loro».
«Che
cosa intendi?»
«Intendo
che se qualcuno tra i maghi non aprirà gli
occhi, la vostra razza pagherà a caro prezzo la vostra
tracotanza. Pensate di
essere superiori al resto del mondo, siete sicuri che la vostra magia
vi
protegga da ogni minaccia, ed in passato forse è stato
così. Ma io non credo
che la storia sia ciclica. Io penso che le cose possano cambiare. Se i
nostri
naturali alleati si ostineranno a combatterci, ci rivolgeremo da
un’altra parte».
«Stai
dicendo che visto che maghi oscuri e della luce
si sono alleati contro i non umani, questi si alleeranno tra di loro
contro i
maghi? È una possibilità remota, forse non so
molto sul mondo della magia, ma
so che i centauri, gli elfi, i goblin, non farebbero mai causa comune
con voi.
E tra le creature oscure, senza un leader, sarà difficile
che vampiri, giganti,
e lupi mannari si uniscano».
Il
vampiro ghignò, e Harry percepì
un’ondata di potere
venire da lui. Non era propriamente magia oscura, perché in
quanto vampiro, il
potere magico di Veles era limitato, ma era un’autorevolezza
che prima non gli
aveva mai visto. Per la prima volta da quando lo aveva conosciuto,
capì perché
i vampiri lo consideravano il loro Signore indiscusso. «Oh,
ma ci sono anche
altre strade da percorrere. Strade mai battute prima, che potrebbero
generare
effetti imprevedibili. Vedi, sono ormai cinquant’anni che
un’immagine mi gira
in testa. Da quando il mondo è entrato nel più
grande conflitto della sua
storia. Ecco vedi, io immagino il Ministero della Magia e i trionfi
maghi che
vi lavorano, così convinti della loro superiorità
da non prestare attenzione a
ciò che accade al di fuori del loro piccolo mondo. E mi
chiedo quanto
durerebbero, in una guerra, contro le bombe e i missili e le armi
chimiche. Mi
chiedo che difesa potrebbero offrire, le vostre amate bacchette, contro
le
tecnologie sempre più potenti e distruttive dei
babbani».
Un
brivido attraversò la schiena del ragazzo, ma Veles
si affrettò a rassicurarlo, con aria compiaciuta:
«E’ uno scenario interessante
non trovi? Ma io spero che non si arrivi a questo, no. Ho vissuto
più di quanto
tu non possa immaginare, i millenni mi hanno reso saggio, e non voglio
contravvenire alle leggi che regolano il mondo per capriccio. No, io
spero che
questa buia epoca termini per mano di un nuovo Lord oscuro.»
«E
il ritorno di Voldemort complicherebbe le cose.
Merlino, tutto questo è… è troppo! Non
so cosa pensare».
«Devi
sapere cosa c’è in ballo; dovrai prendere una
posizione prima o poi» disse Veles, serio come non mai.
«Perché?
Perché continui a ripetere che io sono
immischiato in questa storia? Io non…»
«Non
ti sei mai chiesto perché Voldemort abbia tentato
di ucciderti quando eri un neonato, Harry Potter?»
Preso
in contropiede, il ragazzo scosse il capo.
«Non
si sa per certo, ma alcuni pensano che volesse
prevenire il sorgere di un nuovo, vero, Lord Oscuro».
«Io?»
boccheggiò Harry «ma avevo solo un anno!»
«Molte
speranze sono riposte in te. E che sia vero o
no, ti ho visto studiare la magia con Lavr. Ho visto la tua passione,
così come
ho visto la tua ambizione, la tua brama. Hai un grande potere, sei
l’erede di
Merlino, l’unica persona al mondo ad essere sopravvissuto
alla maledizione
senza perdono. Non ti preoccupare, avrai tempo per decidere, ma sappi
che
nell’istante in cui Voldemort dovesse tornare, ti
darà la caccia, e la tua
nuova identità non basterà a
proteggerti». Si alzò in piedi. «Devo
andare ora.
Fatti trovare qua domani alle nove. Scopriremo la verità sul
servo di Voldemort
insieme. Au revoir».
Il
resto della giornata passò velocemente. Harry non
cercò la compagnia di Lavr, preferì restare solo
per metabolizzare le nuove
scoperte. Nella sua mente, ripensava alle parole di Veles, alla
prospettiva di
una guerra imminente. Eppure, ciò che più lo
aveva colpito, era l’idea che
alcuni credessero che lui potesse diventare il leader delle forze
oscure.
Scosse il capo, cercando di fare chiarezza tra i suoi pensieri. Meglio
dormirci
su. Si recò in bagno per lavarsi i denti, ma si
bloccò davanti allo specchio.
Osservò il suo riflesso, e non poté fare a meno
di immaginarsi adulto,
circondato da un esercito. Il Lord Oscuro scelto della magia. Qualcosa
si
risvegliò dentro di lui, qualcosa di bestiale, una brama
intensa, mai
sperimentata prima, e scoprì di desiderare che
quell’immagine diventasse realtà
con ogni fibra del suo essere.
Dopo
una notte agitata da sogni confusi, Harry si
preparò per l’appuntamento con Veles. Scese in
cucina vestito di tutto punto,
salutò Lavr e si versò del succo di frutta, senza
nemmeno sedersi. «Ho un
appuntamento con Veles» spiegò.
«Credimi»
disse il demone alzando gli occhi al cielo
«non c’è bisogno di
affrettarsi.»
Harry
iniziò a capire cosa avesse voluto dire quando le
lancette dell’orologio segnarono i minuti e poi le ore senza
che il Signore dei
vampiri si degnasse di arrivare. Quando infine comparve in cucina alle
cinque
del pomeriggio, il ragazzo dovette faticare non poco per trattenersi
dal
lanciargli qualche fattura.
«Avevi
detto di svegliarmi presto» sibilò.
«Si
beh, non è salutare dormire fino a tardi»
replicò
Veles, ilare. «Comunque sono stato trattenuto, ma ora
possiamo andare».
«Dove
esattamente?»
«A
Londra». Il vampiro afferrò una mela dal
centrotavola proprio mentre Lavr entrava nella stanza.
«Mi
dimentico sempre di metterci il veleno» commentò
casualmente il demone. Veles gli lanciò
un’occhiataccia e addentò il pomo con
aria di sfida.
«A
Londra dove?» chiese Harry.
«Devo
incontrarmi con la donna che ho incaricato di
raccogliere informazioni, una magano che lavora al Ministero. Non sa
nemmeno da
che parte si regga una bacchetta, però è la
migliore quando si tratta
d’intrufolarsi e spiare, e non c’è
serratura che riesca a resisterle. Così,
visto la paga da fame che le danno, arrotonda facendo dei lavoretti in
proprio
nelle case dei babbani, e a volte accetta qualche incarico che le
affido io o
altri abbastanza furbi da riconoscere del talento quando lo vedono. Mi
ha
mandato un messaggio proprio ieri per dirmi che ha raccolto abbastanza
informazioni.»
«D’accordo»
disse Harry «Andiamo. Tu vieni Lavr?»
«Non
me lo perderei per niente al mondo» fu l’annoiata
replica.
«Non
penso di poter stare qui» mormorò Harry poco dopo,
sentendo le guance andargli a fuoco. Veles li aveva trascinati in
quello che
aveva tutta l’aria di essere un night club; era praticamente
deserto, visto che
era ancora presto, così presero posto in un tavolino in
prima fila davanti al
palco dotato di palo per la lap dance. Una ragazza vestita con dei
cortissimi
pantaloncini e un reggiseno che lasciava poco spazio
all’immaginazione si
avvicinò immediatamente e salutò Veles con un
bacio a fior di labbra.
«Era
da un po’ che non passavi da queste parti»
esclamò. Aveva una voce leziosa che la rese immediatamente
antipatica al
maghetto. «Sei qui per vedere Alex? Manca ancora un
po’ alla sua esibizione.»
«No,
cherie, in realtà sono qui per affari»
replicò il
vampiro abbracciandola per la vita. «Portami il solito, e lo
stesso anche per
il mio amico».
La
cameriera scoccò un’occhiata ammirata al demone,
che
la ignorò. «D’accordo. E il bambino cosa
prende?» chiese, girandosi verso Harry
con un sorriso più falso del suo seno.
Il
ragazzo stava per rispondere, ma Veles lo precedette
e ordinò una coca. Come si fu allontanata, Lavr chiese, con
la solita calma:
«Ma non potevi scegliere un altro posto per questo
incontro?»
«Che
tu ci creda o no, l’ha scelto il mio contatto, non
io. Non ci vengo così volentieri, ma visto che tutti quelli
che ci lavorano
sono sul mio libro paga, non c’era ragione di
protestare».
«Quando
dici sul tuo libro paga…»
«Intendo
che sono tutti sotto Fascino, si» confermò
gioviale. «Questo posto ha una clientela variegata. Io gli
aiuto a coprire
certi loro affari con la polizia, e loro procurano cibo ad alcuni dei
miei
neovampiri. Sapete, qui girano tante persone di cui nessuno
noterà mai la
scomparsa. E loro si occupano anche di non lasciare tracce.
È perfetto».
Harry
preferì non commentare. Si girò a guardare il
locale, lieto che fosse troppo presto perché si riempisse.
Si chiese quanti
babbani fossero sotto il controllo del vampiro. Ripensò alle
sue parole del
giorno prima, all’idea dei vampiri alleati con i non maghi, e
rabbrividì.
La
ragazza di prima tornò poco dopo con le loro
ordinazioni, che servì avendo cura di sporgersi in avanti
per donare ai due
adulti una panoramica del suo seno. Harry sogghignò quando
vide il suo
risentimento per l’indifferenza del demone, e anche Veles
parve averlo notato,
perché sembrava diviso tra il divertito e il seccato per la
noncuranza
dell’amico.
Dopo
qualche minuto passato in silenzio, una donna si
avvicinò a loro tavolo. Non c’erano dubbi sul
fatto che non lavorasse lì: era una
signora di mezza età dall’aspetto anonimo: magra,
con dei vestiti spenti e
troppo larghi e dei grossi occhiali che le davano l’aspetto
di una mosca. Li
salutò e si sedette con loro. Aveva una voce bassa, sottile.
Era il tipo di
persona che passa sempre inosservata; lo stesso Harry - che pure aveva
una
buona memoria per le fisionomie - era sicuro che se l’avesse
incontrata in un
altro contesto non l’avrebbe mai notata. Eppure, Veles parve
estasiato di
vederla. Le rivolse un gran sorriso e si affrettò a
richiamare la cameriera per
farle portare un drink, che lei vuotò in un sorso.
«Allora,
hai portato tutto?» le chiese.
«Si,
ho tutto qua nella mia borsa» rispose la donna,
asciugandosi la bocca con la manica destra. «Lei ha portato i
soldi?»
Harry,
che stava osservando attentamente il vampiro,
notò un fremito agli angoli della sua bocca, e lo
attribuì allo sforzo del
biondo di essere gentile. Veles allungò un mazzo di
banconote babbane alla
donna, che le afferrò e le contò rapidamente, per
poi annuire soddisfatta e
tirare fuori una pila di fogli dalla borsa.
«Qui
troverete le informazioni che avete richiesto»
disse. Si raddrizzò e cominciò, con tono chiaro e
professionale: «Dagli archivi
del Ministero della Magia, processo a Severus Piton, accusato di
attività
criminali e di appartenenza al gruppo di seguaci di colui che non deve
essere
nominato noti con il nome di mangiamorte. In data 9 dicembre 1981, la
suprema
corte del Wizengamot dichiara Severus Piton non colpevole. Motivo della
sentenza: pur essendo stato accertato che Piton fosse un mangiamorte e
nonostante le prove che egli abbia partecipato in diverse occasioni
alle retate
degli stessi, la corte ha preso atto della testimonianza di Albus
Silente, il
quale assicura che Piton non ebbe mai un ruolo centrale nelle
attività illecite
dei mangiamorte e che, pentitosi delle sue scelte, sia diventato una
spia per
la luce mesi prima della caduta di Colui che Non Deve essere
Nominato».
«Piton
era una spia tra i mangiamorte?» ripeté Harry,
sbalordito.
La
donna si girò verso di lui e annuì.
«Queste sono le
informazioni che ho trovato negli archivi giudiziari, ma nel fascicolo
troverete tutto il resto. Per quanto riguarda l’altro uomo,
Raptor, non ho
trovato precedenti penali; in generale, è stato
più difficile indagare sul suo
passato. A mio parere, questo è sospetto, ma giudicherete
voi».
Veles
prese le due cartelle e le sfogliò rapidamente,
annuì soddisfatto. «Molto bene, hai fatto un
ottimo lavoro, come sempre.»
«Non
è difficile quando puoi intrufolarti negli archivi
inosservata».
«Ed
è lì che sta la tua bravura. Per ora è
tutto. A
meno che voi due non vogliate aspettare che inizi lo
spettacolo…» sorrise a Harry
e Lavr, ma davanti alle loro facce poco entusiaste tornò
serio «Allora noi
andiamo. Tu divertiti, Magnolia. I drink sono sul mio conto. Domani ti
farò
sapere se mi occorre altro». Si alzò e si diresse
verso l’uscita, e Lavr e
Harry lo seguirono.
Improvvisamente,
lo videro bloccarsi, come
pietrificato. Seguendo la direzione del suo sguardo, Harry vide una
ragazza
mora, bellissima ma truccata pesantemente, vestita con una corta
vestaglia
rossa e dei tacchi altissimi. La mascella di Veles si
indurì, mentre la
sconosciuta lo guardava con rabbia crescente; i lineamenti dolci del
suo viso
si deformarono in un’espressione animalesca, gli occhi
vermigli brillarono
nella penombra, la bocca si aprì a rivelare dei canini
affilati.
«Alex,
che cazzo stai facendo? Muovi il culo, tra un
po’ inizia il tuo spettacolo» urlò una
voce maschile. La ragazza parve
calmarsi, il suo viso tornò normale. Con un’ultima
occhiata di puro disgusto,
si voltò e sparì dietro una porta riservata.
Senza commentare, Veles uscì dal
locale.
Tornati
al Palazzo, Harry e Veles si diressero verso
l’accogliente soggiorno per studiare i documenti che Magnolia
li aveva
consegnato. Lavr li seguì, ma s’immerse nella
lettura di un tomo antico,
ignorandoli. Decisero di dividere il lavoro per fare più
velocemente; Harry
scelse di studiare il fascicolo di Piton, mentre il vampiro prese
quello di Raptor.
Fin
dalle prime pagine, rimase impressionato
dall’accuratezza delle ricerche. Nel fascicolo, la donna
aveva ricostruito
dettagliatamente la vita del suo capocasa. C’era la sua
scheda scolastica,
inserti di giornale sulla sua attività di pozionista, schede
informative sulle
persone a lui più vicine, vecchie foto e perfino
l’abero genealogico della sua
famiglia. Via via che scorreva le pagine, sentiva di essere una spanna
più
vicino a comprendere Piton, un uomo che nei pochi mesi trascorsi a
Hogwarts
aveva imparato ad apprezzare, nonostante il suo carattere cinico e
sarcastico.
Scoprì che era mezzosangue: sua madre, Eileen Prince, era
l’erede di un antica
casata purosangue nota per la pratica delle arti oscure; era stata
smistata a
serpeverde e finita la scuola si era sposata con un babbano, Tobias
Piton,
perché incinta. Severus era nato il nove gennaio 1960 nel
quartiere di
Spinner’s End, dove abitava tuttora. Sua madre era stata
privata di quel poco
che restava del patrimonio dei Prince a causa del suo matrimonio, e
Tobias era
un muratore e un alcolista. Così Piton, cresciuto in un
ambiente familiare poco
felice, probabilmente era stato lieto di andare a Hogwarts. Era stato
smistato
a serpeverde, ovviamente, ed era stato uno tra i più
brillanti studenti del suo
anno, con un particolare talento per le pozioni. Nella parte del
fascicolo
dedicata agli anni a Hogwarts erano riportate anche delle note sul suo
comportamento o che comunque lo riguardavano. Nel leggerle, il cuore di
Harry
perse un battito più di una volta. Il nome di suo padre
compariva di frequente,
in genere in compagnia di quelli che erano sicuramente suoi amici,
Sirius
Black, Peter Minus, e talvolta anche un certo Remus Lupin.
All’inizio,
scorrendo i resoconti di scherzi, duelli e liti, ne ricavò
l’idea che James e
Piton fossero stati rivali, cosa non inconsueta tra grifondoro e
serpeverde, ma
continuando con la lettura, notò che era quasi sempre suo
padre ad attaccare. Gli
diede fastidio, e non poco, pensare che l’uomo che gli aveva
dato la vita fosse
stato un bullo, soprattutto visto che Piton era stato il suo bersaglio.
Eppure,
fin dagli ultimi anni di scuola, poté vedere un
cambiamento nel suo capocasa: a partire dal quinto anno,
iniziò a trovare cenni
di attività proibite compiute da lui e un gruppetto di altri
serpeverde.
Magnolia aveva riportato qualche informazione su ognuno di loro. Avery,
Nott,
Lestrange, Malfoy. Tutti in seguito accusati di essere mangiamorte e in
alcuni
casi condannati.
Non
provò biasimo per Piton. Poteva comprendere quanto
dovesse stato felice, il ragazzo emarginato, preso di mira dai bulli,
nel
stringere amicizia con un gruppo di ragazzi ricchi e influenti.
Sicuramente, in
quel periodo aveva iniziato a praticare le arti oscure. Finiti gli
studi, la carriera
di Piton era stata brillante. Il suo vecchio professore, Lumacorno, lo
aveva
caldamente raccomandato, e l’amicizia con Malfoy e il suo
innegabile talento
avevano fatto il resto. Poi era scoppiata la guerra. C’erano
poche informazioni
su quegli anni, la maggior parte delle quali contenute nei verbali del
processo. Harry le lesse con attenzione, consapevole che le risposte
che stava
cercando era quasi certamente contenute tra quelle poche righe. Il suo
professore era stato accusato nei primi mesi dalla scomparsa del
signore oscuro,
in seguito alle testimonianze di alcuni mangiamorte di poco conto. Non
appena
era stato fatto il suo nome, Albus Silente si era fatto garante della
sua non
colpevolezza e la sua testimonianza era risultata decisiva: il processo
era
durato solo un giorno e Piton era stato scagionato da tutte le accuse.
Da quel
momento in poi, aveva lavorato a Hogwarts. Seguivano alcuni appunti
sugli
ultimi anni che Harry saltò, frustrato. Non sapeva cosa
pensare! Severus era
stato un mangiamorte, eppure Silente sembrava fidarsi di lui.
Perché?
Cercò
di immedesimarsi nel suo professore. La sua vita
non era stata facile, nessuno gli aveva mai regalato niente, anzi. Era
stato un
figlio non voluto, un mezzosangue nella purissima casa di serpeverde,
perseguitato dai compagni di scuola; ma si era rialzato, con le sue
sole forza.
Aveva trovato un mezzo di riscatto nella sua intelligenza e nella
pratica di
arti proibite. Cosa aveva significato, per lui, essere un mangiamorte?
Sentirsi
parte di qualcosa di grande, far parte di una cerchia influente.
Potere,
gloria, rivincita.
Piton
era un mago oscuro per lignaggio e per scelta. E
lo era ancora, aveva sentito il suo potere fin dalla prima volta che
aveva
messo piede nell’aula di pozioni. Allora perché
cambiare fazione? C’era forse
qualcosa che gli sfuggiva, qualcosa che Magnolia non era riuscita a
scoprire,
qualcosa che lo aveva cambiato? O forse Silente si era sbagliato.
Magari,
dopotutto, Piton era ancora fedele a Voldemort.
«Dannazione»
sbottò Harry, chiudendo di scatto il
fascicolo. Era deluso. Aveva sperato di scoprire che no, il suo
capocasa non
stava tentando di resuscitare l’assassino dei suoi genitori,
e invece i suoi
dubbi erano aumentati piuttosto che scomparire.
«Deduco
che non hai trovato quello che cercavi» ghignò
Veles.
«No!
Piton era un mangiamorte, ma Silente si fida di
lui. In questa cartella c’è riportata tutta la sua
dannata vita, ma non c’è
traccia del motivo per cui il preside lo ha tenuto fuori da
Azkaban!»
«Cosa
dice la sua testimonianza al processo?»
«Te
l’ho detto, niente. Stando ai verbali, Silente si
è
alzato in piedi, ha detto che Piton era passato dalla loro parte prima
della
caduta di Voldemort e che si fidava di lui, e il Wizengamot lo ha
dichiarato
innocente. Tutto qui.»
«Non
mi stupisce. Quei processi sono stati una vera
farsa. Io invece credo di aver avuto più fortuna».
L’attenzione
di Harry venne immediatamente catturata.
«Cosa hai trovato?»
«Un
sacco di noiosi dati sulla sua noiosa vita, ma proprio
quando stavo per dar fuoco al fascicolo, ho letto qualcosa di
interessante.
Dopo aver occupato la carica di professore di Babbanologia, Raptor
chiese un
congedo di un anno per viaggiare. E indovina dove
andò?». Fece una pausa per
aumentare la suspense, e poi esclamò, vittorioso:
«Albania!»
Lo
guardò senza capire, e Veles gli rivolse
un’occhiata
di sufficienza. «Albania» ripeté
«Merlino, non dirmi che non lo sai! È opinione
comune, che Voldemort, o almeno quello che resta di lui, si sia
rifugiato in Albania».
«Raptor
potrebbe averlo trovato. O forse è andato là
apposta per cercarlo» ipotizzò Harry.
«Esattamente
la mia teoria. È un uomo mediocre,
desideroso di fare qualcosa di grande. Immagino che sognasse di trovare
Voldemort, aiutarlo a tornare e diventare il suo servo più
fedele o boiate
simili».
Il
ragazzo non poté fare a meno di sentirsi sollevato,
ma durò poco. «E’ solo una supposizione,
però. Non abbiamo prove» disse.
Il
vampiro prese il fascicolo di Piton e lo sfogliò
velocemente, senza rispondere. Harry lo vide saltare gli anni di scuola
e
soffermarsi sui verbali del processo, la fronte aggrottata per la
concentrazione e la bocca incurvata in una smorfia di disappunto.
«Silente si è
esposto molto per far scagionare Piton» pronunciò
infine. «Dubito lo avrebbe
fatto se non avesse avuto l’assoluta certezza sulla sua
lealtà. E se anche
Piton fosse riuscito a ingannarlo, perché cercare di rubare
la pietra sotto il
suo naso? No, sono quasi sicuro che sia Raptor il nostro uomo. Ma io
non li
conosco. Tu cosa pensi?».
«Contro
Raptor abbiamo solo il viaggio in Albania…».
«Quello
e il fatto che al ritorno ha fatto domanda per
la cattedra di difesa e per ottenerla ha dato sfoggio di
capacità magiche che
in precedenza non aveva mai mostrato» disse il vampiro,
indicandogli una pagina
sulla cartella di Raptor. «Fossi in te mi concentrerei su di
lui, anche se non
devi sottovalutare Piton. Se proverai a prendere la
pietra…»
«Credevo
avessimo concordato sul fatto che fosse una
pessima idea». Harry e Veles si girarono contemporaneamente.
Aveva dimenticato,
e evidentemente anche il vampiro, che Lavr fosse nella stanza.
«Lavr
ha ragione. Non sono affari miei. Silente sa che
qualcuno sta dando la caccia alla pietra e saprà anche
perché la vuole. Se ne
occuperà lui. Ora scusatemi, devo andare in
bagno». I due adulti storsero il
naso all’ultima frase, ma lui non se ne curò e
uscì dalla stanza.
Quando
stava tornando, però, commise l’errore di
appoggiarsi per un secondo alla parete del corridoio, aprendo
inavvertitamente
un passaggio segreto. Incuriosito, entrò. Fosse stato un
poco più alto, avrebbe
dovuto camminare curvo: il passaggio era stretto e basso, e la fioca
luce della
bacchetta lo illuminava completamente. Lo percorse velocemente,
arrivando
davanti a un muro. Deluso, stava per tornare indietro, quando gli
giunse la
voce di Lavr, nitida come se fosse a pochi passi.
«La
ragazza del night club. Alex» stava dicendo il
demone.
Harry
si avvicinò al muro. Lo toccò con la bacchetta, e
quello si trasformò in un vetro trasparente, dal quale
poteva vedere Lavr e
Veles seduti nel accogliente salone. Stando alla prospettiva dal quale
li
osservava, doveva trovarsi dietro al grande specchio situato in fondo
alla
stanza. I due uomini erano poco lontani: Lavr gli dava le spalle,
mentre poteva
vedere il profilo del vampiro.
«Era
la ragazza che mi avevi mostrato in quel locale
quattro anni fa» continuò il demone.
«Mi
sorprende che te la ricordi» lo derise Veles. Il
suo tono era indisponente, ma Lavr non diede cenno di esserne
infastidito.
«Sai
bene che la mia memoria è perfetta, inoltre quella
ragazza era particolare. Aveva una bella voce. Sembravi molto preso da
lei».
Il
vampiro lo ignorò, girandosi a guardare verso il
punto in cui si trovava Harry. Il ragazzo temette che lo avesse
scoperto, ma
poi il vampiro tornò a fronteggiare Lavr. Sospirando per il
sollievo, il mago
si disse che avrebbe fatto meglio a smettere di origliare, ma non
riuscì a
vincere la propria curiosità.
«Ho
avuto l’impressione che fosse ridotta male» disse
ancora il demone.
«Senti,
a te che te ne frega eh? L’ho trasformata
quattro anni fa, e ora lavora in quel buco. Questo è tutto.
Ah, lei mi odia, ma
questo immagino lo avessi intuito».
«Però
ti piaceva. Perché lasciarla a vivere in quelle
condizioni? Perché non l’hai portata alla
corte?»
La
domanda cadde nel vuoto. Harry si decise ad
andarsene, aveva giocato fin troppo con la sua buona sorte, quando
colse la
risposta del vampiro, mormorata con tono pieno di sprezzo e delusione.
«Credevo
fosse speciale. Era così bella, così fresca.
Volevo darle tutto, volevo che lei mi desse tutto».
«E
poi cosa è successo?»
«L’ho
trasformata, ma è stato uno sbaglio. È diventata
tediosa,
insignificante, debole. L’immortalità non le
dona».
Harry
non tornò dai due adulti, bensì decise di stare
un po’ da solo, in camera sua. Quei pochi giorni erano stati
pieni di scoperte,
tra ciò che gli aveva detto Veles e le scoperte su Piton, e
ora questa
conversazione.
L’immortalità
non le dona.
Ripensò
al bel viso della giovane, carico di rabbia e
disperazione, e provò un’ondata di sdegno per il
modo in cui Veles aveva
parlato di lei. Sembrava un bambino che avesse rotto il giocattolo
preferito!
Era
troppo. Tutte le informazioni che gli erano state
date… pensò a Voldemort, a Silente, a Veles, e si
rese conto che non era che un
bambino, confronto a loro. A scuola poteva anche essere considerato un
prodigio, ma loro avevano un esercito, influenza, decenni di
esperienza, anzi,
nel caso di Veles, millenni.
Doveva
diventare più forte. Non per quello che gli
aveva detto Veles, non era ancora pronto ad accettare l’idea
di diventare il
capo delle forze oscure. Quello era un pensiero stravagante, alieno.
No, doveva
diventare potente, perché solo quando sarebbe stato
invincibile, sarebbe stato
completamente libero. Come Lavr.
Di
scatto, colto da un impulso irrefrenabile, si gettò
fuori dalla stanza e corse verso la biblioteca; gli bastò
pensare al libro che
stava cercando perché questo gli apparisse davanti.
Introduzione
alle arti oscure nel combattimento.
Si
sedette sulla poltrona, e iniziò la sua lettura.