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Autore: Panenutella    03/10/2013    4 recensioni
Lo guardai meglio: era un angelo….
Aveva il viso cordiale e aperto. Gli occhi neri e profondi come due pozzi guardavano attenti il mondo e risplendevano come la luna. I suoi lineamenti era fini e eleganti, proprio come quelli di un Elfo. La sua stretta era gentile, la sua pelle calda. I capelli corti e neri erano pettinati in modo sbarazzino. Indossava una maglietta bianca a maniche corte e mi salutò con un largo sorriso.
Nella mia mente contorta cominciai a sbavare come un mastino.
ATTENZIONE: la protagonista interpreta il ruolo della figlia di Galadriel – ovviamente inventata da me -, Hery, che ha una storia d’amore con Legolas e segue i protagonisti nel loro viaggio.
La maggior parte degli avvenimenti narrati in questa fic sono realmente accaduti, ma sono raccontati dal POV della protagonista.
Divertitevi, leggete e recensite in tanti! :)
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lesley's World'
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Luce

Stava lì in piedi davanti a me, immobile, vestita con la sua solita tuta, esattamente com’era l’ultima volta che l’avevo vista. Esattamente come me la ricordavo. Senza sacchetto di patatine. Eppure non era reale, tridimensionale: era una specie di ombra colorata e opaca, che lasciata intravedere ciò che stava dietro di lei come coperto dalla nebbia. Così eterea e irraggiungibile, ma così vera.
Ero rimasta come una statua di sale, perciò lei si spazientì e inclinò la testa.
- Beh?
Esattamente la stessa voce. Ero sul punto di cominciare a prendermi a schiaffi.
- Tu… - boccheggiai. – Tu…
- Rilassati Les, non ti mangio!
- Ma… sei un fantasma?
- No – rispose. – Sono il tuo riflesso allo specchio!
- Bella battuta.
Sorrise.
- Ma se sei un fantasma che ci fai qui?
Jess si strinse nelle spalle. – Sai, non avevo niente da fare e ho deciso di farti visita.
- Davvero?
Mi guardò come se fossi scema. – Les, sono venuta a dirti che non è colpa tua.
- Scusa?
- Devi smetterla, capito?
- Di far che?
- Di incolparti della mia morte! Tu non c’entri niente, chiaro? Nessuno poteva prevedere una cosa del genere, e men che meno avresti potuto consegnare quel pacco. Non è colpa tua.
Rimasi a guardarla con un groppo in gola.
- E devi anche smetterla di pensare a me, sai? Mi piacerebbe tanto passare da quella bella luce paradisiaca e fare visita a nonna Pearl, ma non posso se continui a piangere per me!
- Non è possibile che io sia l’unica a farlo! E tua madre?
Mi rivolse uno sguardo triste. – Mia madre mi ha già dimenticato affogandosi nell’alcool. Ed io che pensavo fosse una persona originale, credevo iniziasse direttamente con le metamfetamine!
- Mi dispiace…
- Capisci? Tu sei l’unica che continua ad andare in giro dicendo “Jess di qua, Jess di là”… Anche i tuoi amici l’hanno superata!
- Loro ti conoscevano da un mese, io da tutta la vita! Mi dispiace! – Scoppiai in singhiozzi. Jess si avvicinò ancora un po’ guardandomi con tenerezza.
- Non piangere. Non voglio.
Mi asciugai gli occhi con una manica e tornai a guardarla. Non potevo staccare gli occhi da lei.
- Lesley, non c’è motivo di essere tristi. Io sto bene. Sono serena. Sono in pace. Non c’è motivo di piangere.
- Non so come fare senza di te…
- Hai degli amici che ti amano e che ti aiuteranno a superarla, come hanno fatto loro stessi.
- Puoi seguire tutti loro?
Jess sorrise. – Ovviamente no. Se potessi, passerei tutto il tempo a guardare Dom nudo sotto la doccia.
Risi. – E se ci incontrassimo tutte le sere e chiacchierassimo come facevamo prima?
- Oh andiamo, Les! È come se chiedessi a Dio di farti visita alle cinque per il tè.
- Un po’ troppo irrazionale?
- Un tantino, già.
- Dimmi dove sta la razionalità in questo esatto momento.
- Sono venuta a portarti un messaggio.
Alzai una mano come per zittirla. – Sì, ho capito, non è colpa mia.
- C’è anche un’altra cosa – puntualizzò. – Devi lasciarmi andare.
Sentii un tuffo al cuore. – Non posso lasciarti andare Jess.
- Lesley – sospirò. – So che mi vuoi bene. Te ne voglio anch’io! Ma arriva il momento in cui devi lasciare andare anche i morti. Io non ci sono più, ma tu sei viva! Tu respiri, il tuo cuore batte, puoi toccare gli oggetti e sentire il sapore del cibo e l’odore dei fiori, hai degli amici che ti amano, farai grandi cose e hai tutta la vita davanti! E stai sprecando il tuo tempo a versare lacrime su una persona che sta meglio ora! È inutile e non è giusto! Lasciami andare!
Abbassai lo sguardo. Non avrei potuto smettere di pensare a lei, non ne sarei stata capace anche se l’avessi voluto.
- Sì che puoi – rispose.
- Mi leggi nel pensiero?
Jess annuì. – Direi. E tanti saluti alla privacy, vero? Io posso sentire tutto quello che pensi e ti dirò una cosa: ogni volta che pensi alla mia morte io la rivivo. Giuro. E ti assicuro che volare giù da un grattacielo tre volte al giorno non è piacevole!
Ci rimasi malissimo: adesso la questione non riguardava soltanto il mio cervello, ma lei. Pensando di continuo all’11 settembre l’avevo costretta a rivivere quell’esperienza un milione di volte. Dovevo assolutamente smettere per evitare di farle del male e farla stare bene.
Jess sorrise. – Vedi che ci arrivi, coi tre minuti di ricarica che hai?
- Perdonami. – Mi mordicchiai il labbro.
- Lasciami andare, Les.
Gli occhi tornarono a riempirsi di lacrime. Come sarebbe stata la mia vita senza pensare più a lei?
- Il passato non esiste altro che nei nostri ricordi, Les. Cos’è che ti tormenta adesso?
Esitai a parlare perché sentivo di avere un groppo in gola e, se avessi aperto bocca, sapevo che avrei ricominciato a piangere.
Non ti ho detto addio, pensai.
L’espressione di Jess si addolcì. – Lo stai facendo ora.
Dovevo parlare. Per forza. – Ti sto lasciando andare, vero?
Le lacrime ricominciarono a scorrere. Jess sorrise.
- Stiamo già meglio, vedi?
Annuii e mi passai una mano sugli occhi. – Vedi la luce?
Lei indicò un punto alla mia sinistra. Mi voltai a guardare, ma vidi soltanto il panorama del set vuoto e buio. Jess lo guardava con un riflesso si stelle negli occhi.
- Vai, Jess. Vai verso la luce!
Jess mi guardò di nuovo. – Tra un istante.
- Perché?
Si avvicinò e mi abbracciò. Vidi la sua ombra avvolgere la mia e una sensazione di calore mi pervase.
- Addio, Lesley.
Nuove lacrime scesero. – Ti voglio bene, Jessie.
Sciogliemmo l’abbraccio e Jess, con uno sguardo complice, andò verso la luce. Seguendola con lo sguardo, incontrai qualcosa di anomalo nel paesaggio: come se un’alba senza colori stesse sorgendo in un punto lontano del prato, invisibile agli occhi del mondo. Lei stava andando in quella direzione, ma a un tratto si fermò e si voltò verso di me con un sorriso smagliante.
- Non è bellissima?
Sorrisi anch’io. – È tutta tua, baby! – Risposi.
Jess fece un passo in avanti, poi si voltò di nuovo.
- Ah, Les? Ho riso parecchio per la lapide. – Sorridemmo. – E un’altra cosa: svegliati. Addio.
Drizzai le orecchie. – Cosa?
Jess sorrise ancora e guardò la luce e, con un passo, scomparve con un lampo di luce. Ma la sua voce mi arrivò ancora una volta.
- SVEGLIATI! – Mi ordinò.
Spalancai gli occhi e scattai a sedere, ritrovandomi al buio sul letto della mia stanza d’albergo, con la luce della luna che entrava dalla finestra.
   
 
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