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Autore: Tra I Fiori Il Ciliegio    04/10/2013    3 recensioni
[Larry]
Sente ancora le impronte delle sue dita sul corpo, se si concentra. Gli basta ascoltare la sua voce intonare una qualsiasi canzone, che fosse loro o di qualcun altro, registrata o dal vivo, che sente i suoi polpastrelli scorrergli sulla schiena, tracciare le forme dei tatuaggi sulle braccia, passare tra i suoi capelli.
Ricorda la consistenza della sua pelle, le sfumature dei suoi colori, il rumore delle sue ossa sotto le dita: le costole che scricchiolavano sotto al cuore, le ginocchia che sbattevano contro il divano, le vertebre che strusciavano sull'aria.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo due

 

 

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It’s like you’re my mirror
My mirror staring back at me
I couldn’t get any bigger
With anyone else beside of me
And now it’s clear as this promise
That we’re making two reflections into one
‘Cause it’s like you’re my mirror
My mirror staring back at me


Fa caldo, a Miami, nonostante sia il quindici dicembre. Liam non è abituato a quell’afa appiccicosa e alla spiaggia piena di bagnanti né a Niall che russa accanto a lui, sdraiato sulla sabbia.
Sono passati anni, dall’ultima volta che l’ha visto dormire, ma gli sembra sempre lo stesso: gli occhi leggermente aperti, la bocca spalancata e i capelli sconvolti, ancora biondissimi. Forse è quello che è cambiato di meno, tra loro. Non ha un accenno di barba neanche adesso e i suoi occhi azzurri sono sempre luminosissimi; a guardarlo sorridere, come quando si sono abbracciati, appena incontrati in hotel, si direbbe che sia lo stesso Niall di tre anni prima. Ma Liam lo conosce e sa che è sempre stato il più bravo a fingere che tutto andasse bene; sa che anche a lui mancano i suoi amici e Harry e la musica.
Che il vedersi una volta al mese se tutto va bene e non condividere le giornate, i pasti e l’aria ogni istante è destabilizzante e ancora nessuno di loro si è abituato.
Ha visto Louis, quella mattina, con Eleanor accanto, e sorrideva, sforzandosi di sembrare convincente. Liam ci aveva quasi creduto, ma poi l’altro si era distratto, un attimo solo, con lo sguardo fisso nel vuoto e non era riuscito a nascondere la malinconia che provava nel ritrovarsi tutti insieme, senza l’unico che avrebbe realmente voluto vedere.
“Smetti di pensare, fai rumore.”
Niall si alza un po’, poggiandosi sui gomiti. Guarda il mare, serio, mentre muove un piede nella sabbia, creando dei piccoli cerchi concentrici.
“Digrigni i denti, quando sei nervoso,” gli sorride e Liam ricambia, stupito di come l’amico si ricordi questi piccoli particolari di lui.
“Ti ricordi quando immaginavamo i nostri matrimoni?” chiede, tornando a guardare l’orizzonte e una piccola barca in lontananza. “Cambiavano gli scenari, le spose, le decorazioni…”
“Ma eravamo sempre insieme,” Niall lo interrompe e si alza, senza guardarlo e avvicinandosi al bagnasciuga. È quello il suo modo di affrontare i problemi, non parlarne. Non ammettere neanche una volta, quanto vorrebbe anche lui che Harry fosse lì, per poterlo perdonare e dirgli che non importa se ha infranto i sogni di tutti, basta che stia bene e sia con loro.
“Niall…”
Si gira e finalmente lo fissa negli occhi e sta sorridendo di nuovo, ironico, canzonatorio. Sembra il Niall che a diciassette anni cantava a X-Factor, con gli occhi azzurri come il mare alle sue spalle e un sogno ancora da vivere.
“Ha solo bisogno di tempo. Prima o poi tornerà.”
A Liam tre anni sembrano abbastanza, ma non dice altro. Guarda l’amico sparire tra le onde e nuotare un po’ ed è quasi pronto a raggiungerlo e scrollarsi di dosso l’umidità della Florida, quando Zayn si siede accanto a lui, sorridendo.
“In albergo c’è una sorpresa per voi…”
“Se sono le cugine di terzo grado di Perrie, quelle che l’ultima volta per poco non mi hanno fatto arrestare per atti osceni in luogo pubblico nonostante non le stessi toccando, puoi rimandarle indietro…”
Zayn ride e a Liam si scioglie sempre il cuore quando lo fa; come se i suoi occhi non fossero abbastanza luminosi e il suo viso abbastanza perfetta. Sorride anche lui, quasi felice, come se tutto il resto non facesse così schifo: il suo migliore amico si sposerà. Non c’è niente di più importante di quello.
“Harry,” dice, quando la risata si spegne. “Ho convinto Harry a venire.”

*

Le stanze d’albergo lo confondono. Asettiche, impersonali, vuote di ogni oggetto che lui abbia mai conosciuto. C’è un letto enorme, attaccato al muro color pesca. Due poltrone, un divano nero e una televisione a schermo piatto; la parete alla sua sinistra è un’unica vetrata da cui riesce a osservare l’oceano e le onde che si ingollano centimetri su centimetri di sabbia, fino quasi alla Avenue che costeggia la spiaggia.
L’odore di varichina e deodorante per ambienti lo confondono. Quell’assoluta mancanza di familiarità, lo destabilizza. Anche quando i One Direction erano all’apice del loro successo, non c’era niente che lui odiasse di più che essere lontano da casa, dalla sua Holmes Chapel e dal suo letto. Poi però Louis lo aveva scoperto che quel suo malumore era dovuto a una nostalgia che spesso si vergognava a mostrare.
E allora aveva imparato come tranquillizzarlo e farlo sentire a casa, in ogni situazione, in qualsiasi angolo del mondo. Aveva cominciato ad accompagnarlo alla sua stanza, prima di vedere la sua, e precederlo nell’entrare, per diffondere un po’ del suo odore.
Si spogliava della giacca o posava la borsa in un angolo e si lanciava sul letto, dicendo di essere troppo stanco. Era un rito. Un rito così bello e familiare che Harry aveva smesso di sentirsi malinconico ogni volta che partivano, perché avere Lou accanto era come avere il proprio cuscino sotto la testa, il materasso morbido sotto la schiena, le pareti della stessa tonalità di arancione della sua stanza.
Per anni avevano vissuto quella routine con tranquillità, lo spogliarsi piano e inaugurare il letto, ordinare da mangiare qualcosa, le docce scherzose per lavare via la stanchezza e i brutti pensieri. Poi Eleanor aveva cominciato a seguirli di più, a essere ovunque, in Australia, in America, in ogni posto in cui loro arrivavano, lei li raggiungeva. Non importava quanto fossero lontani da casa, era come un’ombra progettata per oscurare la luce che emanavano insieme e Louis aveva smesso di raggiungerlo in stanza, di entrare con lui, di lasciare il proprio profumo in ogni angolo del suo mondo.
Non ha più messo piede in un albergo, Harry, finora. Guardandosi intorno, si rende conto che non è cambiato nulla nel senso di estraneità che lo coglie fino in fondo, lì dove nessuno è mai arrivato se non Louis, che era diventato più di un amico, più di un amante, ma una famiglia.
Ora è da solo, in quella stanza d’hotel. Il lusso, i decori, la vasca da bagno idromassaggio, il letto… niente ha il sapore di un posto in cui sentirsi a casa, perché Louis non è entrato.
E pensare che forse è sullo stesso corridoio, a poche stanze, che potrebbe addirittura sentirlo respirare attraverso il muro, se solo non avesse così paura di trovarlo, è elettrizzante e spaventoso. E riscalda quel posto, gli da un colore diverso, una sfumatura aromatica più intensa.
Spera che parli con lui, che lo guardi negli occhi e legga quello stringere intenso dei denti, come un dolore soffocato, in fondo al suo viso. E che lo perdoni, alla fine. Che nella stanza accanto sia solo, che saranno pronti a vivere davvero questa volta, senza scuse o attenuanti.
Che la boccetta di profumo di Louis che compra una volta al mese, potrà essere buttata nella spazzatura, perché non ne avrà più bisogno per sentirsi finalmente a casa.

Quando esce dalla propria stanza, un’ora dopo, non sa dove andare. Non sa dove sia Zayn, dove siano gli altri, se vorranno vederlo, se saranno arrabbiati. Dov’è Louis, cosa stia facendo, se è solo, se pensa a lui, ogni tanto, non sempre, magari prima di andare a letto, o dopo aver visto un film in televisione.
Cammina per il corridoio con aria persa, si guarda intorno, come a voler attraversare con lo sguardo le pareti e le porte e trovare chi cerca e sbirciare solo un attimo nella vita dei suoi amici, per trovare il momento adatto a rientrare a farne parte, in punta dei piedi, senza pretese.
Cammina piano, poi si ferma, poi riparte e si riferma, si appoggia al muro e si avvia all’ascensore, poi ci ripensa e imbocca le scale. Ed è lì, a metà di una rampa tra il quinto e il quarto piano, che si ferma, perché ci sono dei passi che si avvicinano e qualcosa dentro di lui si smuove, senza pietà, un avvertimento, forse, un presagio, qualcosa che fa paura e lo immobilizza. Incapace di scappare, di salire, scendere, fare un passo o semplicemente lasciarsi cadere per terra. Aspetta che i passi li possa vedere e non solo sentire, che possa riconoscere i suoi occhi e non solo i suoi piedi, solo un attimo, osservarlo solo un attimo e poi scappare, solo per vederlo, perché è passato troppo tempo e a lui manca, manca come gli manca un posto da chiamare casa, qualcuno da cui tornare, qualcuno a cui potersi stringere la notte, quando a Glasgow fa freddo, qualcuno di cui riconoscere l’odore e i passi, e il ciuffo sbarazzino sempre troppo lungo sulla fronte.
Louis non alza subito lo sguardo su di lui. Non lo vede, non se lo aspetta. Non lo riconosce, forse, o forse anche lui ha sentito qualcosa e ha deciso di ignorarlo, quel presagio, quella stretta allo stomaco, quella vertigine. Ma poi si ferma davanti a lui, perché Harry gli intralcia la strada e la rampa di scale è troppo stretta per superarlo e basta. E mentre alza lo sguardo su di lui, in quel momento, quando ancora non si è fermato sul suo volto e ancora sa chi sia, solo un altro sconosciuto in cui imbattersi per caso in un hotel di Miami, solamente un suono sfugge dalle sue labbra.
“Ops…”
Harry vorrebbe piangere e probabilmente lo fa e non se ne accorge né gli importa, perché Louis ora lo fissa a occhi sbarrati e il suo sembra orrore e paura, entusiasmo, rabbia, qualcosa che sembra sorpresa, qualcosa di positivo, in fondo ai suoi occhi. Azzurri, come sempre. Più stanchi di un tempo, ma meravigliosi.
“Ciao,” sussurra, Harry, e nota la barba che gli accarezza le guance e il mento, un po’ incolta, come piaceva a lui, e nota un tatuaggio in più che spunta dal collo largo della maglietta e nota un paio di centimetri di più, la maglietta macchiata di sugo, gli incisivi piccoli e un po’ storti, quella piccola imperfezione di lui che amava più del resto, perché apparteneva a lui che quei denti li aveva sentiti addosso ogni giorno, sulle labbra, sulla spalla, sul corpo.
Louis rimane in silenzio e non smette di fissarlo. Ora quegli occhi sono lastre di ghiaccio che Harry non riconosce, ma sa di meritarli. Non lo saluta, non gli chiede di spostarsi, non lo insulta. È fermo. Immobile, specchio di Harry, come erano sempre stati, immagini riflesse le une nelle altre, nei movimenti e pensieri e parole. Una superficie liscia di vetro, senza increspature, identiche, ma uniche. Amici, amanti, fratelli. Quel pezzo di famiglia che avevano sempre con sé, in ogni angolo del mondo, in ogni singolo giorno.
Harry apre la bocca e vorrebbe parlare. Louis scuote la testa ed è di nuovo rabbia, che legge tra i suoi lineamenti affinati, più duri, più adulti. Tra le guance incavate e le clavicole sporgenti, tra i capelli spettinati e la linea dura della mascella. C’è rabbia e qualcosa che riconosce come dolore, uguale al suo, specchio del suo. Insieme anche in quello.
Harry vorrebbe fare un passo verso di lui, ma Louis lo sente, quel movimento impercettibile, timido, spaventato. E si sposta, di un passo e poi di un altro.
“Lou…”
Sta per piangere, o forse lo sta già facendo e non se lo ricorda. Ma lui non si ferma. Non come quando litigavano e sentiva la voce di Harry spezzata o tremante e allora lo abbracciava, per consolarlo anche se arrabbiato.
Ma Harry non sa chi sarà la persona che li consolerà, questa volta. Se sarà Eleanor o Zayn, o il tempo, la lontananza. Ma lo vede quello specchio, rimesso insieme per un attimo solo, un fuggevole incredibile attimo da mani inesperte, con colla scadente. E tutti i frammenti riaccostati in maniera così dozzinale, esplodono ancora. Harry, quando Louis gli da le spalle e senza aggiungere altro sparisce nella tromba delle scale, capisce che quello specchio ormai è impossibile da aggiustare.

 

 

Note:
Salve! Eccomi con il secondo capitolo, in cui finalmente Harry e Louis si rincontrano... Mi sto facendo del male da sola a far così del male a Harry, ma credo che il comportamento e la rabbia di Lou siano più che giustificati. Ciò no toglie che sono triste :(
Spero che la storia vi stia piacendo, io mi sto divertendo a scriverla. I capitoli però non dovrebbero essere più di sette, a meno che non cambierò qualcosa in corso d'opera!
Un grazie a chi ha recensito, a chi ha messo Get Home tra le preferite, seguite e ricordate, siete tantissime ♥
Baci
Eva 

   
 
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