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Autore: PrimaLetteraDellAlfabeto    04/10/2013    3 recensioni
« È da non credere vero? » D’un tratto Mirajane decise di soffiare via il silenzio, e sfoggiò sorriso amaro, falso, sperando dentro di sé che il nemico potesse guardarla.
« In questo momento stanno combattendo, ma ci pensi? Pochi giorni fa eravamo tutti insieme e adesso loro sono laggiù a combattere, a rischiare la vita per noi.
A rischiare la vita...
E noi qui, ferme, ad aspettare. »
Lucy si voltò verso di lei, e vide un volto stanco, marchiato dalla sofferenza, stremato dalla guerra.
La guardò a lungo, e si convinse che una ragazza così bella non dovrebbe mai avere un’espressione smile.
« È frustrante. »
Nonostante le parole sibilate, nonostante il dolore celato dietro di esse, la sua voce risultava ugualmente melodiosa, in ogni sua nota.
Una donna è gentile perfino da ferita.
« Già. »
Genere: Azione, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Lucy Heartphilia, Luxus Dreher, Natsu, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Nell’aria riecheggiava solo il rumore di passi incalzanti e pesanti, che come un metronomo scandivano i secondi ed emanavano vibrazioni autoritarie, ma al contempo mal celavano una nota distorta, in cui era racchiusa un’urgenza allarmante.
L’odore di umidità ristagnava nell’ambiente, e il clima freddo e pungente proveniente dall’esterno si propagava tra le mura spesse e le gelide pareti, fino ad insidiarsi maligno in ogni angolo dell’area.
Ad ogni falcata soffici granelli di polvere fluttuavano dalle piastrelle del pavimento, come moschini fastidiosi svolazzavano nell’aria, e si mischiavano con quel lezzo madido, conferendo al posto la tipica caratteristica di un luogo non molto curato.
Con andatura sicura e altezzosa, Laxus percorreva velocemente il lungo corridoio che conduceva alla stanza d’ufficio del Tenente Generale, il quale aveva richiesto la sua presenza.
Benché non avesse percorso un breve tragitto, non ci mise molto ad arrivare.
Trovandosi la porta chiusa, bussò fugacemente con un solo colpo di nocche, e senza attendere risposta entrò all’interno della stanza.
La sua attenzione venne catturata da un uomo adulto, che al dì la di una scrivania pulita ed ordinata, contemplava il paesaggio da una grande finestra, dandogli le spalle.
Si richiuse l’uscio a ridosso, senza staccare gli occhi dalla schiena del Generale, e rimase in silenzio ad aspettare.
« Diligente come sempre Capitano. Ha fatto più in fretta di quanto potessi immaginare. » un’intonazione ironica, nettamente fuori luogo per una situazione delicata come quella. Laxus sentì la tensione prendere il sopravvento su di sé.
« L’ascolto Signore. » Più che ad un asservimento somigliò ad un ringhio.
Il Generale sfoggiò segretamente un sorriso compiaciuto, si avvicinò ulteriormente alla finestra poggiando il busto sull’infisso, e incrociando le braccia.
« Lo sa Capitano mi piace guardare le nuove reclute che si danno da fare, mi ricorda quand’ero giovane. A quei tempi ero affascinato dall’ignoto, mi sorprendevo per ogni cosa, e avevo come l’impressione che se mi sarei fermato avrei perso contro la vita. Dovevo muovermi, non mi importava poi molto di quale sarebbe stata la mia meta, io dovevo muovermi per sopravvivere. Così all’età di diciassette anni ho iniziato a viaggiare per il mondo nel tentativo di colmare me stesso, mi spostavo da un luogo all’altro, ed ero perfino convinto che prima o poi avrei visitato ogni angolo di questo emisfero.
Che anni quelli, ero così carico, così entusiasta di ciò che il fato avrebbe potuto propormi…
Non che sia cambiato granché, non sono poi così vecchio non le pare?. »

Tensione che stava inesorabilmente sfociando in rabbia.
Il giovane Capitano dovette appellarsi a tutta la sua pazienza per riuscire ad attenersi alla carica che ricopriva.
Non che ne abbia mai avuta molta lui, di pazienza.
« Generale, se non sbaglio mi ha fatto chiamare per un motivo differente dal parlare dei suoi tempi d’oro. Gradirei che mostrasse un po’ più buonsenso, e si decidesse a dirmi cosa sta succedendo una volta per tutte. »
« Non può neanche immaginare quante me ne sono capitate. Lo sa che una volta sono finito in una terra di nativi cannibali? All’inizio ero convinto che mi stessero preparando per qualche loro assurda cerimonia di benvenuto, e invece volevano mangiarmi!. Che ricordi… Era un vulcano attivo, affamato di sapere, di conoscere ogni sfaccettatura di questo mondo, non volevo farmi mancare niente dalla vita. Ero anche così pieno di ormoni, non per vantarmi ma nel mio viaggio mi sono dato parecchio da fare. Ma credo di dover smetterla di piangermi così addosso. Sa, fare parte del corpo militare ha i suoi grossi vantaggi per quello. Tra l’altro, se gli eventi sfavoriranno nel peggiore dei casi, ho sentito che la prima città in cui ci fermeremo sarà piena di belle donne…»
« Sono serio Gildarts. »
Il Generale si voltò per la prima volta da quando Laxus fece capolino nel suo ufficio, e lo guardò dritto negli occhi.
Responsabilità, questa era la parola che aleggiava all’interno di quella stanza chiusa.
La sentirono penetrargli nei polmoni, avvertirono che l’aria si stava sporcando di macchie scure e frastagliate, invisibili agli occhi, ma quasi palpabili.
Responsabilità.
Lentamente li stava inghiottendo, e pesava, come un macigno sulle spalle dal quale nessuno dei due poteva sottrarsi.
Sapevano entrambi che non vi erano vie di fuga, che avrebbero dovuto prenderla di petto, sorreggersi da loro stessi e mutare diventando uomini.

Gildarts sentì il bisogno di voltarsi nuovamente per trovare la forza di parlare.
« Sono riusciti a coalizzarsi, alla fine hanno creato un’alleanza con il fine di espandere il loro regime autoritario. Si sono anche già impadroniti di alcune città del Sud, e vogliono risalire fino ad occupare l’interno territorio. In quanto al servizio del nostro paese, noi non possiamo permettere che ciò accada. »
« Nome? »
« Alleanza Balam. Non sappiamo ancora di preciso quali siano esattamente le provincie coinvolte in quest’organizzazione, ma puoi star certo che lo scopriremo presto. »
Lasciò cadere degli attimi di nulla prima di riprendere il discorso.Voleva dare al ragazzo il tempo necessario per assimilare la notizia, quel minimo lasso di tempo di cui avrebbe avuto bisogno per riuscire a concretizzare i suoi timori.
« Il nostro Governo vacilla, ma noi siamo al servizio del Capo di Stato tutt’ora in carica, ed è stato richiesto un nostro intervento. »
Ancora silenzio.
Ne avevano entrambi bisogno, eppure Laxus sapeva fin dall’inizio il movente che spinse il Generale a richiedere la sua presenza.
Se lo sentiva nelle viscere che il peggio sarebbe diventato la sua realtà, che avrebbe preso la forma dei suoi giorni.
« Non lasceremo che Fiore cada sotto una dittatura. »
L’aveva capito da quando quel cadetto era venuto a riferirgli le intenzioni di Gildarts, gli si era appiccicato addosso mentre aveva percorso il tragitto tra la caserma e l’ufficio del suo Generale, i suoi muscoli si erano involontariamente contratti, le spalle irrigidite, i respiri si erano fatti pesanti, e lo stomaco gli si era contorto in una morsa molesta ed opprimente.
I presentimenti non sono doni, ma maledizioni.
« È guerra. »


Guerra, che parola orrenda.
Eppure viene spesso pronunciata dall’uomo, per incitamento, per gioco, come provocazione, ma quando assume la forma di una constatazione ti piomba addosso come un falco, e ha il potere di lacerarti dentro con degli artigli incorporei, lasciandoti disperare dal dolore per ogni singolo millimetro di carne strappata.
Guerra, non è vero che i soldati non hanno paura.


« Sicuramente nel giro di due settimane apriremo il fuoco. Loro non hanno la minima intenzione di patteggiare con il nostro Governo. Fra poco più di una settimana dovremo muoverci verso la città di Oracion Seis. »
« Ma non avevi detto che non eri sicuro di quali fossero le città coinvolte? »
« È vero, ma Oracion c’è dentro al cento per cento, hanno fatto un baccano assurdo laggiù, e non hanno neanche tentato di nasconderlo. Mi sorprende che tu non lo sappia. »
« Certo che lo so, ma volevo esserne certo. Prendo comunque ordini da te. »
Gildarts lo guardò nuovamente, ma questa volta era uno sguardo quasi compassionevole, quasi paterno.


Laxus, mi ricordo quand’eri un ragazzino incosciente, esaltato, sempre un po’ imbronciato, un po’ come adesso.
Hai sempre avuto fretta di crescere, di essere il migliore, ma io so che avevi un mondo di emozioni impenetrabili dentro te.
Guardati, guardati ora. Guarda che uomo che sei diventato.



« Ancora dobbiamo comunque decidere quale corpo d’armata attuerà l’attacco, quale sarà quello di difesa…, quindi hai due giorni di tempo. »
Lui non capiva, tempo, tempo per cosa?.
« Dobbiamo fare approvvigionamento di quante più armi possibili, la città più vicina che ne ha il più ampio mercato è la nostra. Con te verrà anche un ente specializzato nel commercio bellico, avranno loro il denaro, e sarà loro il compito di attuare il processo d’acquisto e di svolgere i relativi controlli, ma tu devi comunque assicurarti che facciano il loro dovere. »
Del tempo, Gildartz gli stava dando del tempo.
« Due giorni, non di più. »
Chiaro.
« Partite adesso. »
Laxus si ricompose al suo ruolo di sottoposto.
« Si Signore. »
Si avviò verso l’ingresso, quando venne bloccato da parole ardenti come il fuoco, ma avvolgenti come un abbraccio.
« Porta con te i tuoi ragazzi. »
Uscì dal suo ufficio chiudendosi la parta alle spalle, senza dire una parola.


I suoi ragazzi, Laxus era da poco diventato il Capitano dell’esercito di Fiore, e di soldati al suo servizio ne aveva davvero molti, ma non tardò a comprendere il significato di quella frase.
I suoi ragazzi. I suoi.
Percorse nuovamente quel corridoio polveroso ed umido, svoltò a destra, scese le scale, svicolò silenzioso dall’edificio appartenente al corpo militare, si infangò gli scarponi di terra bagnata e fango, e nel mentre di tutte queste sue azioni poteva vedere chiaramente il suo Generale ancora affacciato alla finestra, con un espressione lugubre in volto.
Lo sentiva sussurrare.
« Portali nella nostra città, portali a Fairy Tail. Forse sarà l’ultima volta che la vedranno…»

Si incamminò velocemente in direzione di una determinata caserma. Quand’era ancora un soldato semplice era stata anche la sua, ma ora era il Capitano, ricopriva una delle più alte cariche dell’esercito, e naturalmente aveva una sua stanza privata.
Tutti si ricomponevano con una precisione quasi meccanica al suo passaggio, e guardavano sempre oltre le sue spalle in segno di rispetto, a meno che non fosse egli stesso a richiedere il contrario.
Il suo sguardo gelido incuteva timore ad ogni soldato, a tutti, tranne che a loro.
Era nell’ora comunemente definita come pausa pranzo, per cui non si stupì di trovarli dentro una volta aperto il portone, fuori faceva un freddo cane.
Ricordò come, nel primo periodo di arruolamento, quella caserma pullulasse di soldati, quasi tutti provenienti dalla stessa città, ma in quell’istante notò quanto il numero dei cadetti al suo interno fosse rovinosamente calato.
Corrugò la fronte in un piglio di rammarico, cercando di ricordare cosa avesse portato ad una situazione tanto scoraggiante; probabilmente molti, come lui, avevano ambito a ricoprire una carica maggiore all’interno dell’esercito, e avanzarono di ruolo, magari altri dovettero ritornare in famiglia per questioni economiche, o molto più probabilmente la maggior parte di loro non aveva la stoffa del militare.
Erano rimasti davvero in pochi, erano rimasti in tre.
Piombò un silenzio spento, e venne attorniato da sguardi attoniti e respiri muti, gesti lasciati a mezz’aria, parole spezzate.
La sorpresa è figlia di Medusa.
Laxus diede un occhiata fugace a quell’alloggiamento spoglio e squallido, quando la sua attenzione venne catturata da un borsone accasciato malamente sotto ai piedi di un letto.
Lo riconobbe, era il suo, ci ficcava dentro tutte le cose in più che non entravano nell’altro più grande, tutte quelle che reputava inutili ma che comunque si portava sempre appresso, era convinto di averlo perso.
Con passi lunghi si portò al centro della stanza, e chinandosi afferrò i manici della sua borsa, sotto lo sguardo sbigottito dei pochi presenti; una volta tirata fuori da quel nascondiglio abbietto, la sbatté brutalmente per liberarla dalla polvere accumulata in quel lasso di tempo in cui era stata privata di un proprietario, e se la trascinò dietro in direzione dell’uscio.
Il suo improvvisato pubblico rimase a guardarlo ancora paralizzato sotto l’effetto dello stupore, e si isolò in un recinto invisibile fatto di occhiate istantanee, cariche di domande, ma a dispetto di tutto il caos che erano soliti creare, nessuno di loro parlò.
L’ingresso era stato lasciato leggermente aperto, il freddo umido e le foglie morte di un autunno terminale entravano moleste propagandosi fin all’interno, per un istante Laxus tentò nuovamente di spolverare il suo borsone al meglio che poteva, e spalancando il portone della caserma, se lo caricò in spalla.
« Coraggio palle mosce, si torna a casa. »













~
Devo avere qualcosa che non va per scrivere un’altra long (oddio, Long, Loooooooooong, ora che ho usato questo termine sono un’efpiana dock!) (No.)
La verità è che quest’idea girovagava nella mia testa da parecchio, poi un giorno mi è parso tutto molto chiaro, i luoghi, le azioni, i vari gradi di comando, e allora ho sentito il bisogno di scrivere.
Spero vi piaccia, e giusto per fare chiarezza l’unico fuoco che emanerà Natsu sarà quello proveniente dalla canna del suo fucile.
All’inizio poi neanche volevo scriverla, la situazione è stata più o meno questa:
-Ehi ciao, sono Idea, non farmi morire! :D -
-No mi spiace ma devi crepare, io non ho né tempo né voglia-
-Troppo tardi ormai sono nata! :) -
-Ho detto no, non ho tempo-
-Senti non cercare scusa con me e vedi di darmi una forma. Dici che non hai tempo quando certi giorni li passi ancorata per casa, invece di non fare un emerito pene potresti già iniziare a scrivermi! E adesso non campare la scusa che ne stai già scrivendo un’altra perché quella non piace nemmeno a te.-
- ..A me piace..-
-Scrivimi!!-
-..Vabbè stai calma..-

Potere degli scompensi vieni a me.
   
 
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