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Autore: DulceVoz    05/10/2013    7 recensioni
Ad un mese dalla scomparsa di Maria, l’incubo non sembra ancora terminato: messaggi minacciosi cominciano a tormentare la vita delle persone a cui la famosa cantante aveva voluto bene… e se a questo vi si aggiungono misteriose scomparse la vicenda si complica ulteriormente… e se quello della maggiore delle Saramego non fosse stato un incidente? Se Violetta e Angie rischiassero tanto in una situazione davvero troppo complicata? La loro protezione, affidata a due bodyguards davvero speciali, cambierà le loro esistenze e nulla sarà più come prima… chi sarà il folle misterioso degli inquietanti avvertimenti? Riusciranno le nostre protagoniste a salvarsi dalle ire di qualcuno che vuole solo vendicarsi per motivi sconosciuti? Una storia di intrighi, azione e amore per gli amanti del giallo e del mistero.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Leon, Pablo, Un po' tutti, Violetta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Lo Studio On Beat era ancora chiuso quella mattina e i ragazzi erano nel cortiletto antistante l’entrata della scuola a parlottare fittamente tra loro su quanto accaduto alla loro amica Violetta, non ancora tornata dopo la scomparsa misteriosa di suo padre. “- Poverina! A distanza di circa un mese ha perso la mamma e il papà! Che tragedia!” esclamò Francesca, seduta sul muretto accanto a Federico con sguardo velato di tristezza e incredulità per l’accaduto. “- Già… e poi è tutto così strano! Nemmeno al telegiornale hanno spiegato bene la vicenda! Dicono che, probabilmente, si sia difeso contro un ladro, o qualcosa del genere…” disse l’italiano, pensieroso, passandosi nervosamente una mano nel ciuffo bruno. “- Il punto è che nemmeno la polizia si spiega come sia stato eliminato Castillo e perché, soprattutto! Stanno brancolando nel buio, si intuisce!” sussurrò quasi Lena, accomodandosi vicino a Napo che le fece subito spazio. “- E perché poi tutto questo riserbo sulla vicenda? E’ come se ci fosse altro sotto che non vogliono far sapere…” intuì il giovane Ferro, grattandosi il mento come per riflettere ancor meglio sulla questione. “- Sta arrivando Vilu, mi raccomando, tacete sulla faccenda! Dobbiamo distrarla, ok?” esclamò Camilla, facendo annuire tutti gli altri con decisione.
“- Buongiorno Vilu! Leon...” salutò Maxi, sempre freddo, come gli altri, nei confronti del bodyguard. “- Ciao, ragazzi!” sorrise cupamente lei, abbracciando subito Fran e Cami che le erano saltate al collo con entusiasmo stringendola forte. “- Come va?” buttò lì Nata, titubante ma restando sul vago per non farla rattristare subito. “- Meglio, grazie.” Sussurrò lei, rivolgendo un sorriso alla spagnola che abbassò subito lo sguardo, convinta forse che sarebbe stato meglio tacere. “- Per qualsiasi cosa noi ci siamo, non lo dimenticare!” esclamò DJ, staccando gli occhi dal suo tablet, che fissava da un po’ per tentare di scampare a quella brutta situazione. Non sapeva cosa dire di preciso ma, in fondo, quella frase era l’unica che valesse sul serio la pena di pronunciare. “- Grazie ragazzi, sul serio.” Esclamò la Castillo, mettendo la mano sulla spalla dell’ultimo arrivato che ricambiò con un sorriso rassicurante. “- Volevamo venirti a trovare ma arrivare da tua nonna senza auto è un po’ complicato… tranquilla però! Ci organizzeremo e verremo spesso.” Disse Francesca, riabbracciandola con affetto. Leon assisteva alla scena sapendo di essere considerato poco dagli altri. Ad un tratto, però, Andres gli si avvicinò, tirandoselo un po’ da parte: “- Mi dispiace per come ti stanno ignorando, dopo la serata karaoke… in effetti quello che sta facendo l’infantile è Thomas, non tu. Sappi che io comunque non ti giudico. Non giudico mai le persone, non lo trovo corretto... anche se molti lo fanno con me e so quanto possa dar fastidio sentirsi sotto esame!”. Leon rimase a fissarlo per qualche secondo, come pietrificato da quelle parole. “- Pensano che abbia portato via io Violetta ad Heredia, vero?” chiese il giovane agente, convinto della sua ipotesi che aveva teorizzato sin da quando il gruppo di amici aveva cominciato a guardarlo diversamente dal solito, dopo la sera della festa al locale di musica dal vivo. “- Sì, ma alcuni si stanno già ricredendo… hanno visto come Thomas si sia già presentato ad Halloween in compagnia di Emma. Se ci teneva sul serio a Vilu non la lasciava andare così facilmente.” Sentenziò Andres, serio, fissando dall’altra parte del giardino, la figlia del sindaco abbracciata allo spagnolo. “- Lo sta facendo solo per ingelosire la Castillo.” Sbuffò Leon, guardando male Heredia che nemmeno si accorse dell'occhiataccia, troppo preso a sussurrare paroline dolci alla Toledo. “- Sì, questo l’ho capito persino io! Lo so, il suo gioco è fin troppo chiaro… ma se si ama davvero, non si vuol mai vedere la propria metà soffrire. Mai.”. Quella mattina Andres stava sconvolgendo sin troppo Vargas. Lo aveva creduto uno sciocco, un idiota in balia degli altri… invece non era per niente così. Il moro era forse quello con più coraggio, il più astuto. Aveva avuto il fegato di staccarsi dagli amici per andare a parlare con lui, aveva capito il piano di Thomas contro Vilu e sembrava anche volergli essere amico. “- Hai ragione. Comunque grazie per…” tentò di dire Leon, serio e un po’ in imbarazzo, fuggendo allo sguardo del giovane che lo scrutava attento con i suoi occhi nerissimi. “- Di nulla! Amico!” sottolineò Andres, facendogli un goffo occhiolino e ritornando verso gli altri, seguito da Leon. “- Ciao Vilu!” persino Ludmilla, la più insopportabile e vanitosa della scuola, si stava avvicinando alla ragazza per salutarla dopo la drammatica vicenda che l’aveva riguardata. La Ferro era cambiata: prima amava dar fastidio a chiunque, ora, invece, da quando stava con Diego Dominguez, sembrava essersi un po’ calmata. “- Ludmilla! Salve!” disse, un po’ freddamente, la Castillo. “- Sai che ci sono per qualunque cosa ti occorra! Ad esempio: oggi vado a fare shopping! Se ti va possiamo andarci insieme!” sorrise, quasi ghignando, dando uno spintone a Nata che per poco non finì a terra… per fortuna Maxi la prese al volo e l’aiutò a sedersi, nervoso e diventando rosso di rabbia, come il cappellino che indossava.
“- Se vuoi ti ci porto io per negozi, anche se di solito non è tra i miei passatemi preferiti!” Inaspettatamente, Diego Dominguez si era materializzato alle spalle del gruppo, attirando l’attenzione con il suo solito sarcasmo. “- Cosa ci fai qui?” chiese, quasi istintivamente, Leon, fissandolo sorpreso. “- Sono venuto a salutare la mia principessa, qualche problema?” ghignò il moro, cingendo la vita di Ludmilla dalle spalle e schioccandole un bacio sul collo, facendola quasi arrossire cosa per niente usuale considerando il carattere della Ferro. “- No, sul serio… come mai sei venuto?” chiese questa volta all’orecchio dell’agente, il bodyguard. “- E va bene! Ok! Volevo anche parlare con te… hai un minuto?” chiese, staccandosi controvoglia da Ludmilla e tirandoselo per un braccio vicino ad un albero, lontano da occhi e orecchie indiscrete. “- Allora? che c’è? Vuoi baciarmi?” lo prese in giro Leon, facendo scoppiare a ridere l’altro. “- Al massimo ti tiro un pugno sul naso, a te la scelta Vargas!” ironizzò ancora Diego, fissandolo con decisione. “- Dai, parla! Allora?” disse la guardia del corpo, non perdendo mai d’occhio Violetta, ancora nel bel mezzo di una chiacchierata con gli amici. “- La scritta in rosso sulla parete di villa Castillo… tieniti forte: non era sangue! E nemmeno la macchia sul pavimento lo era. Dagli esami è risultato che si trattasse di vernice rossa. Quindi, a parte un capello, purtroppo non del folle ma di Castillo, non abbiamo altre novità.” Disse Diego, facendosi serissimo. “- Quindi non era sangue! E mio padre potrebbe essere ancora…” Violetta era comparsa alle loro spalle e li fissava con un luccichio negli occhi. Leon non voleva darle false speranze e abbassò lo sguardo su una radice sporgente della quercia a cui era appoggiato. “- Se non abbiamo il corpo si parla ancora di scomparsa, come per La Fontaine. Quindi, in teoria, sì. Potrebbe essere vivo.” Disse, come se nulla fosse, Diego, fissando gli occhi color nocciola della giovane illuminarsi a quelle parole. “- Sì ma non è detto che lo sia, giusto Diego?” si intromise Leon, che non voleva illudere la giovane. “- E chi l’ha detto che non è possibile? Tutto è possibile finche non lo ritroviamo! Come per La Fontaine!” esclamò il giovanissimo poliziotto, incrociando le braccia muscolose al petto, mentre Violetta lo fissava ancora felicemente stupita. “- Grazie Diego!” urlò, per poi voltarsi e correre alle lezioni, in accademia.
“- Sei idiota per caso?” tuonò Leon, afferrandogli il collo della camicia. “- Giù le mani, amico! Ricordati chi sono… vuoi farti sbattere dentro?” ridacchiò Dominguez, come se nulla fosse. “- Le hai appena dato una falsa speranza, un’illusione! Lo sai anche tu che al 99% sia Matias La Fontaine che German Castillo sono stati uccisi!” strillò Vargas, quando, ormai, il cortile si era svuotato. “- Non sottovalutare quell’ 1%, Vargas! Perché non lasciarle credere qualcosa di positivo? Hai visto com’era felice, no? Che problema hai?!” borbottò il moro, andando ad appoggiarsi con la schiena al tronco dell’albero. “- Perché se non fosse così soffrirebbe il triplo di quanto non lo abbia già fatto abbastanza! Lo capisci questo?” strillò il bodyguard, fissandolo quasi con aria di sfida. “- Sì, ma calmati, amico! Era giusto che lei sapesse come stanno le cose, tutte!” esclamò, con calma glaciale, Dominguez. “- Aspetta… ti piace! La ragazzina ti piace! Io lo sapevo! Lo sapevo che prima o poi avresti ceduto! Ammettilo!” cominciò a sghignazzare Diego, con il suo solito sarcasmo che non veniva mai meno nelle sue parole. “- Sta’ zitto! Anche tu stai con una mocciosa, tra l’altro!” ribatté Leon, abbassando lo sguardo per non dar a vedere il suo imbarazzo. “- Ludmilla ha due anni in più rispetto a Violetta! E poi non stiamo neppure insieme!” borbottò Diego,  finalmente colpito nel segno! “- Ah, non si direbbe dato alcuni baci appassionati che ho visto! Raccontala ad un altro, Dominguez!” rise Leon, dandogli uno spintone scherzoso, facendogli alzare le braccia in segno di resa… o, più probabilmente, di protesta! “- E va bene! Ma tu dì la verità sulla Castillina! Non me la conti giusta!” borbottò l’agente, con aria divertita. “- No, sul serio! Tra di noi non c’è niente! Ma non eri venuto a parlarmi del caso?” tentò di cambiare disperatamente discorso Leon. “- VARGAS! Sei ridicolo! Riesci a negare l’evidenza in maniera sublime, complimenti! Sono un poliziotto! Con me non hai scampo, colgo sempre tutto al volo!” rise Diego, facendogli assumere un' aria sconsolata e rassegnata. “- Senti ho lezione, ci si vede!” si divincolò il biondino, avviandosi verso l’ingresso della scuola. “- Leon!” urlò ancora Dominguez, facendolo voltare di colpo. “- Mi manchi. Mi mancano le nostre cavolate, le bevute, i tuoi metodi di rimorchio alquanto discutibili… insomma, mi manca passare del tempo con il mio migliore amico.” Esclamò, serio, il poliziotto. “- Se non avessi detto ‘amico’ avrei sospettato che ti fossi preso una cotta per me.” Ironizzò subito Leon, ripagando il ragazzo con la sua stessa moneta: il sarcasmo. “- Ma quanto sei idiota?! Io cerco di farti per la prima volta in vita mia un discorso serio e tu mi prendi in giro? Sei pessimo, Vargas!” disse Diego, scuotendo il capo e allargando le braccia con aria disperata ma, allo stesso tempo, comica. “- Meglio che me ne vada!” ridacchiò Leon, voltandosi di nuovo e lasciando Diego con un sorriso sornione e astuto stampato sul viso. Lui lo conosceva fin troppo bene. Sapeva già cosa provasse l’amico per la sua protetta… e il fatto che negasse lo divertiva ancora di più. Prese un grosso respiro e uscì dal cortile dello Studio On Beat per tornare dal commissario Lisandro che lo attendeva con ansia… e se non voleva partacce, come al solito, doveva sbrigarsi.
 
 
“- Bene, ho bisogno che i pezzi per lo spettacolo siano pronti già per lunedì prossimo. Dobbiamo… emh, dovete, voi dovete cominciare già ad impararli a memoria, d’accordo?” esclamò Angie, andando nervosamente avanti e indietro nell’aula di canto, mentre Pablo l’osservava da dietro alla tastiera come ipnotizzato dalla donna. “- Quanti pezzi dobbiamo preparare?” chiese Camilla, alzando la mano.
“- Dunque, voi cominciate a comporne uno ciascuno o in gruppo, basta che ognuno di voi collabori alla composizione del brano… e per le coreografie organizzatevi con Jackie e con il direttore, Gregorio. Se vi serve aiuto con la musica io, Pablo e Beto siamo a disposizione.” Sorrise Angie ai ragazzi che prendevano appunti sulle varie notizie date dall’insegnante. “- Dobbiamo riferirci ad un tema in particolare?” esclamò Maxi, pensieroso. “- No, la composizione è libera. E trovo che sia la scelta migliore, così ognuno potrà esprimersi come preferisce. Lo spettacolo sarà un insieme di canzoni, coreografie e brani con coreografie. Dovrà risultare originale e, per esserlo, bisogna che prima lo siate voi con i pezzi, quindi, a lavoro!” esclamò la professoressa, mentre i ragazzi fecero partire un applauso che inondò l’aula e che concluse la lezione.
“- Ho parlato con Leon… sulla parete di villa Castillo era solo vernice rossa.” Sentenziò Galindo, vedendo la bionda afferrare la bottiglietta d’acqua e bere di fretta. Le ore in classe le mettevano un’ansia assurda. Da quando Maria era scomparsa non riusciva nemmeno a sfiorare un tasto del pianoforte, o peggio, a cantare. Per fortuna c’era Pablo che, avendo intuito il perché di quell’atteggiamento, suonava al posto suo a lezione. “- Quindi non era sangue. E con ciò?” chiese lei, tappando nuovamente l’oggetto e posandolo sulla tastiera. “- E quindi German, come Matias, è sparito nel nulla. Ma niente ci vieta di sperare che siano vivi.” Concluse il moro, sorridendole e sperando di sollevarle almeno un po' il morale. “- Almeno per quanto riguarda German sappiamo da dove sia scomparso. Di La Fontaine non sappiamo molto, a parte che è uscito dalla discoteca e da lì, di lui si sono perse le tracce.” Sentenziò la donna, serissima, afferrando degli spartiti dal leggio della tastiera. “- Beh, mi pare di capire che, dalle indagini, nemmeno da villa Castillo sia emerso nulla di più. Diego ha parlato con Vargas e non sembrano esserci novità, a parte la questione della vernice rossa.” Concluse lui, raccogliendo dei registri dalla scrivania e alzandosi per andare in corridoio. “- Già. Ma questo matto è fin troppo intelligente per noi e la cosa mi innervosisce! Nessuno che riesca a fermarlo! Com’è possibile?!” disse Angie, seguendo Galindo e sbattendo con forza la porta dell’aula, provocando un suono potente che rimbombò per tutto lo Studio. “- Calmati! Essere tesi di certo non gioverà a nessuno.” Borbottò Pablo, fermandosi al distributore. “- Tieni!” esclamò poi, dandole un bicchiere di succo d’arancia. “- Cosa dovrei farci? Sono troppo incavolata per questa!” urlò lei, sarcasticamente. “- Berla ad esempio?!” rise lui, divertito e con tono ovvio, fissando l’aria sconvolta della donna. “- Non tentare di tranquillizzarmi! La cosa mi da un fastidio immane!” Sussurrò lei, con aria di sfida. “- Uh, sei carina quando ti innervosisci e io che volevo calmarti con l'aranciata! Se resti stizzita la bevo io!” esclamò lui, divertito, strappandole il bicchiere dalle mani e cominciando a bere con decisione. “- Smettila! Mi stai facendo infuriare ancora di più!” urlò lei, bloccandogli il passaggio con un braccio teso lungo il muro che lui aggirò senza difficoltà. “- Sono il tuo protettore e tu pensi di bloccarmi così? E no, bellezza!” la prese in giro Galindo, facendola diventare ancor più rossa di rabbia. In qualche modo, la donna riuscì però ad afferrarlo e a bloccarlo alla parete, con aria seria. “- Vedi che so difendermi anche da sola?” sussurrò, a bassa voce, fissandolo intensamente con i suoi grandi occhi verdi, facendolo ghignare divertito. “- Non lo mettevo in dubbio ma vedi… io il mio lavoro…” iniziò  con calma il moro, aggirando anche quella presa e allontanandosi da lei come se nulla fosse. “- :.. dicevo, il mio lavoro, lo so fare fin troppo bene, signorina.” Sibilò l’uomo, alzando il bicchiere in segno di saluto. “- Aspetta!” urlò lei, seguendolo di fretta con difficoltà a causa dei tacchi vertiginosi che indossava. “- Cosa?” chiese lui, con la sua solita calma, ma avendo già capito tutto, come al solito. “- Non puoi lasciarmi qui!” si lamentò la Saramego, raggiungendolo velocemente, sino ad arrivare da lui con il fiato corto. “- Ah, sbaglio o tu hai appena detto di saperti difenderti da sola?!” rise ancora l’uomo, sollevandole il viso con un dito per innervosirla ancora di più. “- Che c’è, adesso? Vuoi baciarmi?!” sorrise lei, fissandolo con decisione. Lui la guardò con aria astuta, distogliendo lo sguardo da quello della donna che lo faceva sempre rabbrividire. “- Per carità! Non sarei mai così folle da compiere un gesto simile! La pazzia lasciamola al nostro amico stalker!” ironizzò Galindo, avviandosi a passo deciso nel corridoio. “- Come se ti dispiacesse farlo!” borbottò la donna, mentre un gruppo di allievi li sorpasso, facendoli azzittire. “- Oh, credimi. Mi dispiacerebbe davvero tanto.” Ribatté lui, tornando in dietro e andandole in contro. “- Ma smettila!” esclamò la bionda, andando verso la sala professori. “- Levami una curiosità: perché non vuoi suonare? Sei fin troppo nervosa in classe, sempre quando ci resti e non tenti di aggirare la lezione…” chiese il moro, fermandosi fuori dalla porta blu notte della stanza. “- Non sono affari tuoi!” replicò acidamente Angie con aria glaciale e seria. “- Pensavo stessi cambiando, invece sei la solita scorbutica di sempre.” La provocò l’uomo, sapendo che lei gli avrebbe risposto senza mezzi termini. “- Scorbutica io? Se tu avessi passato un decimo di quello che ho subito io e che sto continuando a subire, probabilmente, ti avrebbero già rinchiuso in una clinica psichiatrica!” strepitò lei, ricordandosi poi della vicenda di Tamara che l’uomo le aveva raccontato. “- Scusa…” aggiunse, infatti, abbassando gli occhi con aria dispiaciuta. “- Ti perdono se vieni di la a suonare con me.” Sentenziò lui, pacato come al solito. “- Mi prendi in giro? Non ho ricominciato a suonare per me e per le lezioni! Perché mai dovrei iniziare di nuovo per te?” chiese la donna, stizzita. “- Perché penso seriamente che tu abbia perso allenamento. Sia con il piano che con il canto… anzi, non è che lo pensi solamente, ne sono certo.” adorava provocarla, lo divertiva troppo. E sapeva che, in quel modo, le avrebbe fatto ritornare la voglia di musica.
“- Non attacca con me, Galindo!” esclamò lei, ancor più astutamente. “- Ah no?” uscendo di nuovo dalla sala professori e dirigendosi verso la sala teatro, in cui vi era un enorme pianoforte a coda nero. Entrò e si sedette allo strumento, fissandola di tanto in tanto, cominciando a suonare una dolce melodia. Sbagliò volutamente e ripetutamente alcuni accordi facendole alzare gli occhi al cielo.
“- Incapace! Spero che tu sia meglio come guardia del corpo che come musicista. Levati da lì!” esclamò, facendo sì che lui si spostasse e le facesse spazio sulla panchetta del piano. Cominciò a suonare ad orecchio la stessa parte suonata qualche minuto prima dalla guardia del corpo e lui la fissava, come incantato. Osservava le sue dita sfiorare i tasti con delicatezza ma, allo stesso tempo, decisione. Aveva gli occhi bassi sulla tastiera del piano e ondeggiava lentamente il capo, facendo ondeggiare i suoi boccoli biondi a ritmo di quello splendido e perfetto suono. Ad un tratto, si rese conto che conosceva quel brano… quasi meccanicamente iniziò a canticchiarlo, prima a bassa voce, poi con più energia. Lui accordò un po’ con la voce ritrovandosi a cantare insieme a lei che neanche si rese conto di quello che stava facendo. Aveva funzionato! Ci era riuscito! Angie aveva recuperato la musica, aveva ripreso una parte importante della sua vita, della sua anima. Il brano finì e lei sollevò le mani tremanti dai tasti e restò con lo sguardo basso su di essi, senza proferire parola. “- Ci sei riuscita.” Le sussurrò l’uomo all’orecchio, facendo rendere finalmente conto alla Saramego di quello che aveva appena fatto. “- E’ impossibile.” Rispose lei, con un filo di voce. “- No, lo hai appena dimostrato.” Sorrise lui, inclinando il capo per scrutare la sua espressione, imperturbabile. “- Mi hai incastrato!” esclamò lei, però con aria divertita. “- Già. Sapevo che ci saresti riuscita!” Disse l’uomo, circondandole le spalle con un abbraccio a cui lei, per la prima volta, non si spostò. “- Pablo…” tentò di dire, stupita di quella sua piccola ma tanto importante conquista. “- Sì?” Chiese lui, stringendola ancora. “- Grazie.” Balbettò la donna, fissandolo con i suoi grandi occhi, tanto magnetici per lui. “- E di cosa?” rispose lui, gentilmente. “- Erano mesi che non toccavo più uno strumento musicale, che non riuscivo a cantare. Era come se una parte di me, quella della musica, fosse andata via con Maria. Quando mi avvicinavo ad una tastiera provavo un senso di vuoto, di disperazione. E quando tentavo di iniziare a cantare… no, in realtà non ci provavo neppure. La voce non riusciva a venir fuori dalla mia bocca, mi si bloccava come un groppo alla gola. Era più forte di me. Sono stata troppo male. Avevo perso lei e la musica.” Una lacrima solcò la guancia pallida della donna che l’asciugò rapidamente con la mano per cercare di non farla cogliere all’uomo. Lui la tenne ancora stretta a sé, con affetto. “- Va tutto bene, Angie.” Le sussurrò il moro, accarezzandole i capelli con dolcezza. “- No! Non va niente bene! Niente! Mia sorella è stata uccisa, il mio ex è stato eliminato, mio cognato è sparito dalla circolazione, mia nipote ha rischiato la vita e probabilmente, non solo potrei essere la prossima, ma Lisandro continuerà comunque a credere che io c’entri con tutta questa assurda vicenda, anche se dovessi scomparire nel nulla anch’io! Non ce la faccio più! Io non posso!” si sfogò la donna, ricominciando a piangere, affondando la testa sulla spalla dell’uomo. “- No. Hai superato questa che, per quanto sembrasse una sciocchezza, non lo era affatto. Supererai anche tutto il resto. D’accordo?” chiese teneramente lui, schioccandole un bacio sulla fronte. “- Ho superato questa grazie a te! Da sola non sono in grado di superare un bel niente!” singhiozzò lei, finalmente mostrandosi fragile, come era sempre stata, come Pablo aveva capito che lo fosse sempre stata. “- Chi ha detto che dovrai affrontare tutto da sola?” disse con calma il moro, facendole sollevare gli occhi rossi e gonfi. Non disse nulla ma gli sorrise. Un sorriso che valeva più di mille parole. Si alzò dal pianoforte e, insieme, uscirono dalla sala.
 
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No, ok… io sto delirando per l’ultimo pezzo… *-* ma andiamo con ordine: Diego porta buone nuove, la scritta era stata fatta con vernice e quindi di sangue non ci sono tracce… che entrambi, sia Matias che German, siano ancora vivi? E dove saranno finiti? Dominguez tenta di far confessare Vargas sul sentimento che prova per Violetta ma lui nega… ancora per poco, credetemi! *-* Poi la scena di Pablo e Angie non la commento o sul serio svengo!!! *-* Bene, alla prossima! Questa era solo la quiete prima delle prossime tempeste! Ciao! ;) 
  
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