Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Starlet    05/10/2013    2 recensioni
"[...] - Non nego la tua preparazione, ma... hai mai pensato che dietro ad ogni leggenda possa celarsi un fondo di verità?
- Tu pensi che sia vero, Robin?
- Non lo so. Ma i fatti inspiegabili accadono. Tu come medico dovresti saperlo bene."
Leggenda e realtà si mescolano in una nuova avventura.
Pronti a imbarcarvi sulla nave più famosa del Grande Blu per risolvere il mistero dell'enigmatico Edipo?
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chopper, Nico Robin, Roronoa Zoro, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tutta colpa di Edipo


Capitolo 5


Il volto scioccato della donna seduta davanti a sé non lo sconvolse minimamente: sapeva che reazione poteva provocare una notizia di quel genere. Quello che non sapeva, era che lo stupore di Robin era legato a tutt’altro pensiero.
- Fortunatamente io ero già un adolescente, per questo riuscii a rendermi conto in tempo della situazione. Se il tuo compagno ha diciassette anni, sono convinto che accadrà la stessa cosa. Basta affrontarlo nel modo giusto.
Robin non rispose, ma, una volta ripreso il libro fra le mani, sussurrò alcune parole. - Il complesso di Edipo...
L’uomo non riuscì a trattenere la propria curiosità. - Come dici?
- Il complesso di Edipo. - ripeté l’archeologa rivolgendosi al suo sguardo. - Ecco dove avevo già sentito questo nome.
- Complesso di Edipo?
La donna annuì. - Si tratta di un problema psicologico solitamente diffuso fra i bambini, che li porta ad innamorarsi del genitore del sesso opposto. Risale da un’antica leggenda che narrava di un uomo colpevole di aver ucciso, inconsapevolmente, il proprio padre ed essere convolato a nozze con la madre. Dev'essere da qui che nasce il nome con cui è contrassegnato il protagonista della vostra leggenda. Probabilmente la sua identità si è persa nei secoli e nel libro si è deciso di ometterla fino al momento in cui è chiamato Oedipus, con chiara valenza dispregiativa.
Robin ripose il libro e la spilla. - Non era una maledizione, solo un disturbo psichico.
Non aveva sbagliato dunque nell’esaminare i libri dell’osservatorio. Nella costante ricerca di libri nuovi da sfogliare, doveva certamente essersi imbattuta in qualche tomo che trattava della leggenda.
- Probabilmente ne era affetto, ma in seguito a tutte le lodi di cui era stato oggetto, non è mai stato capace di superare questo problema. - affermò sicura di sé analizzando la situazione.
- Dimentichi che io ho incontrato quell’uomo, e che quell’uomo mi ha spinto alla malattia psichica che dici tu. Come è possibile? E perché è successo se non ero più un bambino?
Il pittore non si accontentava della spiegazione scientifica: quell’uomo e i suoi fiori lo avevano stregato, non era di certo una sua immaginazione.
- Non lo so. - rispose Robin. - Ma credo che sia meglio chiedersi come abbia fatto ad incontrarlo.
- Perché, pensi che non me lo sia già domandato? - le chiese ironico Fuad. - Avevo letto la leggenda. L’avevo riconosciuto. So benissimo che l’uomo che ho incontrato non era vivo, ma non è questo quello che mi preoccupa.
Robin si dimostrò nuovamente pronta ad ascoltarlo: forse poteva ancora ottenere qualche informazione dal pittore.
- Non voglio che altri subiscano la mia stessa sorte. - le disse Fuad riprendendo il discorso. - In tutti questi anni sono sempre stato tranquillo, perché credevo che la spilla non esistesse più e nessuno mi aveva più parlato di questa storia. Ora che mi hai detto che anche il tuo compagno si comporta in modo strano, voglio sapere come fare a proteggere le persone che conosco. Edipo è tornato. Non posso più ignorare la sua presenza.
- Crede che Edipo sia legato alla spilla?
- Non ne ho idea. - le disse. - So solo che quando quell’oggetto è sparito, io sono stato molto meglio. Volevo liberarmi da tutto ciò che me lo ricordasse.
Robin annuì. - Per questo motivo ci ha venduto il libro e il quadro.
- Non volevo distruggerli. - continuò l’uomo. - Era solo la spilla ad avermi creato dei danni.
- E la sua unica speranza per liberarsene era venderli a degli stranieri. - finì per lui la donna ricordando la conversazione della mattina precedente.
Rimasero qualche istante in silenzio, finchè Robin non riprese il discorso. - Cosa è successo esattamente ai genitori di Edipo?
L’uomo le rispose con tono freddo e distaccato. - Uccise il padre con le proprie mani in seguito ad un attacco d’ira. La madre si suicidò per il dolore dopo aver visto il figlio accanto al cadavere del marito. La leggenda dice che Edipo pianse dopo quell’episodio, e si consegnò spontaneamente alle autorità per poter dare ai genitori le onoranze funebri che meritavano. Le Sagge di allora lo ritennero pazzo e lo bandirono. L’unica cosa che potè fare fu posare un mazzo di Oedipus sulla tomba della madre, prima di sparire per sempre.
Posso farti una domanda personale? - le chiese poi il pittore.
- Dica pure. - rispose immediatamente la donna.
- Mi stavo chiedendo come potesse un pirata essere soggetto ad un simile potere. Nella vostra ciurma non credo siano presenti anche i suoi genitori, quindi come avete fatto ad accorgervi del suo cambiamento?
- La colpa è mia. - gli rispose la donna con un sorriso triste. - Sono sempre stata molto affezionata a questo mio compagno, tanto da comportarmi quasi come una madre per lui. È stato il suo eccessivo affetto nei miei confronti a farmi insospettire.
- Capisco. - le rispose comprensivo il pittore. - Ma non devi sentirti colpevole. Non c’è nulla di male nel voler bene a qualcuno.
- Sì, se lo si tratta come un bambino. - affermò Robin ricordando le parole di Zoro. - Questo mio compagno non lo è e non deve essere trattato come tale.
- Su questo hai ragione. - riprese lui. - Ma non essere così severa con te stessa. Non è solo compito dei genitori educare i ragazzi.
Robin sorrise. Sapeva bene cosa stava cercando di dirle quell’uomo: non aveva bisogno di essere imparentata con Chopper per poterlo aiutare a crescere. Si erano sempre vantati di essere una famiglia più che una ciurma, creando dei legami che andavano al di là della semplice amicizia, e quel concetto di nakamaship li aveva aiutati tutti a migliorarsi.
Le vennero in mente il rimprovero di Zoro a Chopper di fronte alle sue lacrime durante il Davy Back Fight, le parole di Rufy quando l’aveva salvata ad Alabasta e a Enies Lobby, il discorso dello spadaccino a Water Seven quando si erano posti il problema dell’abbandono di Usop. Era così che si erano aiutati fino a quel momento, e così avrebbero continuato.
Il rumore di qualcosa di metallico che cadde sul pavimento dell’altra stanza la fece risvegliare dai propri pensieri.
- Questo deve essere Zayd. - disse divertito l’uomo. - Starà preparando la tavola. Vuoi fermarti per il pranzo?
“Pranzo?” Pensò l’archeologa. - No, grazie. Devo tornare subito sulla nave. I miei compagni mi staranno aspettando.
Si alzarono e l’uomo le sorrise. - Cosa hai intenzione di fare con il problema del tuo compagno?
- Cercherò di risolverlo e chiederò ai miei compagni di porre fine alla questione di Edipo. - gli rispose sicura la donna. - Non si preoccupi più.
- Vieni pure da me se hai bisogno d’altro.

Quando tornò sulla Thousand Sunny, l’archeologa sentì distintamente le voci dei suoi compagni provenire dalla cucina. Non aveva previsto di ripresentarsi così tardi, ma ora aveva tutte le informazioni che le servivano.
Quando entrò nella stanza calò il silenzio e tutti si volsero a guardarla: non stavano pranzando. Stavano semplicemente parlando comodamente seduti, mentre Sanji era al lavoro ai fornelli.
- Guarda un po’ chi si è deciso a comparire. - disse Nami con tono scocciato. - Si può sapere perché te ne sei andata, Robin?
Comprendeva l’irritazione della navigatrice, poiché non aveva tenuto fede al suo compito.
I volti degli altri mostrarono una certa sorpresa nel sentire il tono di Nami: la ragazza non si era mai spinta ad un simile comportamento nei confronti dell’altra donna della ciurma.
- Nami, so che non dovevo e mi dispia-
- Ti dispiace?! - la interruppe la rossa. - Sai cos’è successo mentre non c’eri? Eh? Lo sai?
L’archeologa fece segno di no con la testa, e cominciò a preoccuparsi viste le facce dei propri compagni.
- Zoro è stato male. Lo abbiamo riportato sulla Sunny io e Sanji, e volevamo chiamare Chopper, ma tu non c’eri. Usop è dovuto correre in città. Hai idea del tempo che abbiamo perso?!
Robin non sapeva cosa dire: già solo dopo le prime parole si era sentita un tuffo al cuore.
- Come sta adesso? - disse mantenendo tutta la calma di cui era capace.
- Chopper è con lui in infermeria. Ha detto che non dobbiamo preoccuparci, ma non è questo il punto, Robin! - continuò la navigatrice alzando la voce.
- Nami-san, ora calmati. Sono sicuro che Robin-chwan abbia avuto le sue buone ragioni per- provò a dire Sanji per calmarla, ma la rossa lo interruppe e si rivolse nuovamente all’archeologa. - Giusta osservazione, Sanji-kun. Perché sei scesa, Robin?
- Dovevo parlare urgentemente con una persona. - rispose la donna incamminandosi verso la porta dell’infermeria.
- Ah sì? E chi sarebbe?
Robin non rispose ed aprì la porta dell’infermeria. Davanti a lei comparve Chopper, in piedi sulla sedia accanto al lettino, che avvicinava pericolosamente un paio di forbici al corpo del proprio paziente.
Uccise il padre con le proprie mani. - Tres Fleur!
Immediatamente, due braccia immobilizzarono la renna, mentre un terzo strappava le forbici dalla zampa del medico. Chopper, preso alla sprovvista, perse l’equilibrio e cadde dalla sedia, portando con sé anche gli strumenti che aveva appoggiato accanto a lui. Le conseguenze furono un tonfo e il rumore di oggetti metallici che urtavano il pavimento di legno.
- Cosa diavolo è successo?! - urlò ancora nervosa la navigatrice affacciandosi alla porta. Vedere Robin che immobilizzava Chopper non portò molti miglioramenti alla situazione già problematica dell’archeologa.
- Ma sei impazzita?! - le chiese immediatamente la navigatrice costringendola a voltarsi verso di lei.
Anche il resto della ciurma era in piedi, accanto alla porta, ciascuno curioso di sapere cosa stesse accadendo.
- Si può sapere cosa ti è preso? Non ti riconosco più! - gridò la navigatrice con le lacrime agli occhi.
Robin non sapeva come risponderle: lasciò andare la piccola renna e appoggiò le forbici sulla scrivania, accanto ai vari medicinali che il medico di bordo aveva allineato ordinatamente. Nami la rivolse nuovamente verso di sé, costringendola per una spalla: la rabbia che la animava sembrava incontenibile.
Rufy intervenne a dividerle, rimuovendo la mano di Nami e parandosi davanti a Robin. - Smettetela adesso!
Rimasero tutti impietriti da quel gesto così insolito: nessuno si sarebbe aspettato una mossa del genere, soprattutto dal proprio allegro e bonario capitano, che invece in quel momento sfoggiava una delle sue espressioni più serie. La sua determinazione li aveva colpiti ancora una volta. Nemmeno Sanji, che guardava atterrito la scena, era riuscito ad intervenire: forse, si trattava di un litigio troppo inconsueto. Nami soffocò un moto di stizza.
- Bene. - sbottò la navigatrice ricomponendosi. - Se qualcuno mi cerca sono nella mia cabina.
Uscì a passo di carica dalla stanza, lasciando tutti in quell’aria pesante che si era formata. A nessuno piaceva la sensazione che provava in quegli istanti. Eccezion fatta per Brook e Franky, sembrava di essere tornati ai tempi della Metropoli dell’Acqua.
- Tutto bene, Chopper? - fu svelto a chiedere il cecchino dopo essere passato tra Rufy e Robin ed essere entrato in infermeria per soccorrere la renna.
- S-sì, credo di sì. - rispose il medico poco convinto. - Perché mi hai attaccato, Robin? - aggiunse poi con tono innocente e sinceramente stupito.
L’archeologa sospirò: sentiva su di sé lo sguardo di tutti i suoi compagni, ma non poteva certo dar loro torto.
- Perdonami, Chopper. - disse alla renna dopo essersi inginocchiata per essere alla sua stessa altezza. - È stata una reazione istintiva, non avevo intenzione di farti del male. Ti ho visto con quelle forbici e-
L’abbraccio della renna la prese alla sprovvista. - Non preoccuparti. Non mi hai fatto niente. - disse sorridente. - Ora però devo tornare al lavoro: Zoro ha bisogno di me.
L’archeologa  non lesse alcuna bugia in quei grandi occhi neri: solo il dovere che il piccolo nutriva verso la propria professione. Rispose al sorriso e si rialzò, accompagnata dal resto della ciurma al di fuori della stanza.
- Quanto tempo credi che ti serva per il pranzo, Sanji? - chiese poi al cuoco come se non fosse successo nulla.
- Mi sono appena messo ai fornelli, Robin-chwan. Ci vorrà ancora un po’ di pazienza. - rispose il cuoco ancora leggermente scosso.
- Ne approfitterò per parlare con Nami allora. - disse tranquillamente. - Devo scusarmi ancora per quello che  è successo stamattina: con te, Usop, perché non avrei dovuto lasciarti solo sulla nave, e con te, Rufy, perché ho disubbidito ad un ordine. Vi assicuro che non accadrà di nuovo.
- Nah, figurati! - la rassicurò il capitano con un sorriso a trentadue denti. - L’importante è che ora sia tutto a posto! - aggiunse incrociando le braccia dietro la testa. - Non voglio più vedere te e Nami litigare così.
- Su questo puoi stare tranquillo. - gli rispose Robin. - Non ho intenzione di creare altri problemi. Bastano quelli che ci sono già. - Detto questo uscì, lasciando i suoi compagni confusi e stupiti dal suo tono enigmatico.

- Quest’isola ha qualcosa di strano. - affermò Franky non appena l’archeologa se ne fu andata. - Prima lo strano comportamento di Chopper, poi Zoro che sta male, e ora anche Robin è irriconoscibile.
- Anche tu che non ricordi più niente, Franky! - aggiunse sicuro di sé il capitano. - Chopper dev’esserci rimasto malissimo in città!
Lo sguardo del carpentiere si oscurò, facendo venire i brividi al cecchino e al musicista che non si sarebbero mai voluti trovare nei panni del loro capitano.
- Quante volte devo ancora ripeterti che non è colpa mia?! - ruggì infine il carpentiere. Rufy non si scompose: si limitò a tenersi il cappello di paglia sulla testa.
- Piantatela! - li ammonì Sanji, rimasto impassibile fino a quel momento. - Ci manca solo che litighiate anche voi due.
- Senti chi parla. - disse Franky tornando a sedersi sul divano. - Se lo spadaccino fosse in piedi sareste già pronti a scannarvi l’un l’altro.
Mentre Sanji si avvicinava pericolosamente al cyborg alzandosi le maniche della camicia, Usop rifletté ad alta voce.
- Chissà perché Robin si è comportata in quel modo con Chopper poco fa.
Quelle poche parole bastarono perché i suoi compagni lo facessero oggetto della propria attenzione. Il cecchino, imbarazzato, cominciò ad agitare furiosamente le mani davanti a sé. - I-Intendevo dire che mi è sembrato un po’ strano, tutto qui! Quei due sono sempre andati d’accordo!
- Il problema non è Chopper, naso lungo. - continuò Franky. - Deve essere lo spadaccino che l’ha preoccupata.
- Non dire stronzate! - s’intromise il cuoco. - Perché la mia bellissima Robin-chwan dovrebbe preoccuparsi per quella specie di palla di muschio?!
- Yohohoho! Magari quei due ci nascondono qualcosa! - affermò lo scheletro allegro.
Dopo pochi secondi di silenzio, però, tutti scossero la testa decisi, facendo risuonare un “nah...” in tutta la stanza.
- Adesso Sanji rimettiti a cucinare! Ho fame! - urlò il capitano riacquistando immediatamente il sorriso che lo contraddistingueva.
Il cuoco ubbidì, commentando sommessamente le solite frasi di Rufy.
- La cosa non mi convince ugualmente. - riprese poi Usop.
- Non convince nessuno. - gli rispose il cyborg. - Per questo dobbiamo aspettare la spiegazione di Robin.
Il carpentiere si rilassò sul divano prima di riprendere il discorso. - Già che stiamo parlando... dove hai detto che hai trovato la renna, Usop?
- Non molto distante dal porto. - rispose immediatamente. - Mi è sembrato strano che non fosse con voi, ma ero troppo preoccupato per darci peso. Si può sapere cos’è successo?
- Beh... è sparito. - gli disse tranquillamente Franky. - Semplicemente sparito. Stavamo guardando i cantieri e- il cyborg si arrestò di colpo quando una scarpa lo colpì in pieno volto.
- Si può sapere perché diavolo l’hai fatto?! - urlò poi in direzione del cuoco, che rimase di spalle, sempre rivolto verso il piano cottura. Sanji alzò semplicemente una mano, indicando con il pollice la porta dell’infermeria.
- Oh... - fu il commento di Franky accorgendosi della situazione. - Ragazzi, cosa ne direste di un aperitivo nel Bar-Acquario? - disse forzando il tono cordiale con cui aveva pronunciato la frase.
- No, preferisco rimanere qui a sentire il profumino del cibo di San- ma il capitano venne subito zittito dal cecchino, che immediatamente gli sigillò la bocca con una mano. Fortunatamente Usop aveva capito al volo le vere intenzioni di Franky. - Ma certo! Andiamo subito!
Rufy mugolava e si dimenava, ma venne trascinato a forza dai compagni al di fuori della stanza.

Chopper ascoltò distrattamente la prima parte della loro conversazione: non si sarebbe mai aspettato un attacco di Robin, ma sapeva bene che l’aveva fatto per proteggere Zoro, come sapeva anche che la donna non aveva agito così istintivamente solo per difendere un semplice compagno. Zoro era importante per lei e non faceva altro che dimostrarlo.
Soffriva nella consapevolezza di non essere allo stesso livello dello spadaccino. Si sentiva schiacciato dal conoscere qualcosa che i suoi compagni, forse, neppure immaginavano. Forse se non avesse scoperto nulla, le cose sarebbero state diverse. Quel confronto con Zoro non sarebbe esistito e lui si sarebbe di certo sentito meglio.
Ripensando a quei pochi attimi, però, non riusciva a capire cosa avesse potuto scatenare quel gesto da parte dell’archeologa.
Possibile che ce l’avesse con lui? E per cosa, se non aveva fatto nulla?
Sospirò: in fondo si era già scusata e lui l’aveva perdonata. Era inutile pensarci ancora.
Si rivolse nuovamente a Zoro: lo spadaccino sembrava che dormisse rilassato, come se non ci fossero problemi di alcuna sorta.
Si avvicinò nuovamente con le forbici e un’espressione arrabbiata si dipinse sul volto della renna, accompagnata da un lieve bagliore negli occhi neri: solo un colpo deciso. Ne bastava solo uno.
Abbassò di colpo l’oggetto, tranciando di netto le bende sulla spalla dello spadaccino. Scosse la testa, tornando quello di sempre: non poteva fargli del male. Aveva un dovere a cui attenersi.
Mentre preparava un nuovo bendaggio, sentì il cambiamento di tono nelle parole del carpentiere: non aveva più prestato molta attenzione alla conversazione, ma le urla del cyborg l’avevano riscosso. Tese l’orecchio, e lo incuriosì molto come la loro chiacchierata fosse bruscamente cambiata: il falso tono di Franky, l’interruzione di Rufy forzata dal cecchino, i suoi amici gli stavano nascondendo qualcosa, se lo sentiva. Si rivolse nuovamente allo spadaccino: dormiva ancora, ma sembrò lamentarsi sommessamente. Il primo segno di vitalità che dava da tempo.
Chopper lasciò perdere gli altri: ancora doveva capire cosa stava succedendo al corpo del suo paziente.

Robin aprì lentamente la porta degli alloggi femminili: Nami era seduta sul suo letto, intenta a sfogliare una mazzetta di banconote. Contare era sempre stato un modo con cui amava calmarsi: se si trattava di soldi, poi, poteva unire l’utile al dilettevole.
- Cosa vuoi? - fu la domanda secca dopo aver calcolato le paia di scarpe possibili all’acquisto.
Robin si sedette ai piedi del letto, e notò il rossore degli occhi di Nami quando quelli si sollevarono per incontrarla: senza dubbio aveva pianto.
- Mi spiace, Nami. - cominciò con tono calmo e rassicurante. - Non era mia intenzione provocare problemi, e non sai quanto mi senta in colpa per quanto è successo sia stamattina che poco fa.
Gli occhi della navigatrice ricominciarono ad inumidirsi, ma fu pronta a scacciare le lacrime strofinandoli con una mano e rivolgendo lo sguardo altrove.
- Lo sai che non avrei mai fatto una cosa simile senza un buon motivo, no?
Nami si arrese e la guardò di nuovo. - E tu sai che mi hai delusa, vero? - disse mentre nuove lacrime si accumulavano sulle sue ciglia. - Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere. Mi sono sempre potuta fidare di te e...
Si interruppe, riprendendo a strofinarsi gli occhi. Non riusciva a parlare, si sentiva un nodo in gola.
Robin sorrise comprensiva e le appoggiò una mano sulla spalla. Ciò che non si aspettava, era essere ricambiata da un caldo abbraccio della navigatrice.
Dopo un primo momento di stallo, rispose felice alla stretta dell’amica, mentre la ragazza riprese a parlare.
- Non sapevo cosa fare quando sono arrivata sulla nave insieme a Sanji. Ero preoccupata per Zoro e nello stesso momento per te. Cosa avrei dovuto pensare?! Tu che prendi e te ne vai senza dire niente a nessuno, e noi che ci ritroviamo con un compagno svenuto, senza sapere nemmeno da dove cominciare.
Nami la strinse più forte mentre singhiozzava: aveva bisogno di sfogarsi, di lasciar andare tutto lo stress che si sentiva addosso e che non le lasciava tregua.
Robin non disse nulla. Rispondeva semplicemente alla stretta della compagna, aspettando che si calmasse.
Quando Nami sciolse l’abbraccio, l’archeologa si sentì porre la domanda che si aspettava. - Perché hai abbandonato la nave stamattina?
- Sono stata a casa del pittore che abbiamo conosciuto ieri mattina. - rispose. - Ho letto il suo libro, ma purtroppo le ultime pagine erano molto danneggiate. Ho voluto chiedergli il finale della storia.
- Solo per questo?! - domandò incredula la navigatrice. - Hai abbandonato la nave per una sciocchezza simile?
- Non credo si tratti di una sciocchezza. - fu la risposta immediata della donna. - Ho trovato un collegamento significativo tra la leggenda e il comportamento di Chopper.
- Quale comportamento? - la interruppe l’amica. - Sei tu quella che ha cominciato a comportarsi in modo strano: hai disubbidito agli ordini, hai attaccato Chopper... mi sono persa qualcosa, non è vero?
Robin sospirò. - È da quando è tornato ieri a pranzo sulla nave che ho notato questo suo cambiamento: è molto più attento nei miei confronti, e geloso delle altre persone che mi stanno vicine. Ora però raggiungiamo gli altri: ho bisogno di spiegare a tutti questa strana situazione.
Nami annuì consenziente, curiosa di sapere finalmente cosa stesse succedendo.

Quando uscirono dalla stanza e si recarono sul ponte, videro Usop che, dalla porta del Bar-Acquario, le invitava calorosamente ad entrare.





Angolino dell’autrice
Ciao a tutti! ^^
Sono in colossale ritardo... lo so. Quanti mesi sono che non pubblico nulla? Ormai ho perso il conto... Ma tra vacanze, impegni, ecc ecc., il tempo per scrivere non era molto. -.-
Tra l'altro, questo è forse il capitolo peggiore che mi sia toccato scrivere. -.- Ho dovuto riscriverlo più volte, e la mia beta ci è impazzita a continuare a rileggerlo. XD quindi tra il tempo per scriverlo, quello per correggerlo, e i problemi della rete... sì, è passato un bel po'.
Spero comunque che vi piaccia e che vogliate farmi sapere cosa ne pensate. :)
Non ho assolutamente idea di quando riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo. Spero presto, ma non posso assicurarvelo. Mi spiace di tenervi ancora sulle spine, ma prometto che farò del mio meglio. :)
E, a proposito di impegno, dedico questo capitolo a Middle Earth, che con me ha passato il suo tempo a "cercare" di correggerlo. XD Grazie!
E ovviamente ringrazio ancora tutti quelli che leggono e che mi seguono. :)
Alla prossima! ^^
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Starlet